TODESCHI, Claudio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 95 (2019)

TODESCHI, Claudio

Miriam Turrini

– Nacque a Ferrara il 22 dicembre 1737 dal marchese Luca Antonio e da Maria Girolama Marescalchi, secondo di due figli.

Nel 1744 il padre vendette la casa ferrarese e si trasferì in Romagna in un podere di proprietà; morì il 17 maggio 1747. I due figli restarono a Ferrara e furono affidati allo zio marchese Paolo Todeschi, più volte giudice dei Savi a Ferrara dal 1758 al 1769, che ne curò l’istruzione (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Mss., Cl. I, 556: G.M. Riminaldi, Memorie o’ sia diario delle cose di Ferrara dell’anno 1747). Insieme al fratello Pier Luigi Achille fu paggio di Clemente XIII e dichiarato cavaliere dello Speron d’oro (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Mss., Cl. I, 813: Indice alfabetico che conduce a ritrovare tutte le scritture dell’eccellentissima casa Todeschi di Ferrara compilate nel repertorio generale, p. 257). Todeschi ricordò gli studi di diritto civile presso un avvocato ferrarese, consultore del giudice dei Savi, Ippolito Giorgi (Discorsi accademici, 1768, p. IV).

Non risulta più a Ferrara nel 1763, probabilmente già a Roma per tentare una carriera ecclesiastica e politica (Franceschini, in Claudio Todeschi, 1992, p. 18). Il 16 settembre 1764 si candidò in caso di vacanza del posto di residente di Ferrara a Roma. Ferrara godeva infatti dai tempi della devoluzione il privilegio di mantenere a Roma un proprio ambasciatore, al quale rinunciò definitivamente nel 1738, accontentandosi di un residente che curasse gli affari della comunità ferrarese in congregazioni e uffici romani. Oltre a Todeschi concorsero il marchese Carlo Sacrati e il conte Alfonso Aventi. Todeschi fu eletto dal magistrato dei Savi il 5 novembre 1764, ma l’elezione fu contestata dal cardinal legato Marcello Crescenzi per vizi formali, in quanto eletto con il maggior numero di voti rispetto ai candidati e non agli elettori e in quanto il legato riteneva che l’elezione fosse di spettanza del Consiglio centumvirale, l’organo consiliare cittadino. Ne nacque una lunga contesa legale, conclusa con un decreto di Clemente XIII del 3 luglio 1765 che confermava la nomina di Todeschi per le particolari circostanze dell’elezione, ma che tuttavia accoglieva le osservazioni formali del legato.

Valentino Sani (1995, pp. 95 s. nota 115) ipotizza che l’elezione di Todeschi sia stata una «vittoria» degli «oppositori» di monsignore Giovanni Maria Riminaldi, allora uditore del tribunale della Rota romana, che ne criticò l’impreparazione in occasione dell’ammissione tra i referendari delle due Segnature (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Mss. Cl. I, 136: lettera di G.M. Riminaldi a G.A. Barotti, Roma, 14 giugno 1766). Anche il conterraneo Francesco Containi espresse un giudizio negativo sul suo operato come residente (Sani, 1995, pp. [26, 32]).

Todeschi fu «assistente ai pubblici affari in Roma» per un trentennio. Non giunse ad alti livelli nella carriera prelatizia: nel giugno del 1766 fu ammesso tra i prelati referendari delle due Segnature (Ferrara, Archivio storico comunale, Archivio antico, Corrispondenza ambasciatori, b. 110). Nel 1769 fu nominato ‘ponente’ della congregazione del Buon Governo (Notizie per l’anno 1769, Roma 1769, p. 77), della quale divenne decano nel 1785 (Notizie per l’anno 1785, Roma 1785, p. 74), mentre già dal 1767 risulta tra i consultori della congregazione delle Indulgenze e sacre reliquie (Notizie per l’anno 1767, Roma 1767, p. 81), due cariche che ricoprì fino al 1798 (Notizie per l’anno 1798, Roma 1798, pp. 142, 154). Nel 1777 compì una ‘visita’ a Leprignano, oggi Capena in provincia di Roma, paese agricolo, annotando le sue osservazioni in due volumi, nei quali condannò lo sperpero di «liberalità» da parte dei feudatari non orientate a un utile investimento per la popolazione e auspicò l’impianto di manifatture tessili e il miglioramento delle strade per favorire il commercio (Brunetti, 1974-1975, pp. 22 s.: Archivio di Stato di Roma, Buon Governo, s. IV, voll. 379-380). Compì altre due visite nel 1788 e nel 1789, in due località del feudo Astalli, una a Sambuci nella diocesi di Tivoli e una a Valle Pietra nella diocesi di Anagni. Vi trovò una situazione di grande miseria, che gli fece conoscere direttamente la realtà della Campagna romana (Brunetti, 1974-1975, pp. 24 s.: Archivio di Stato di Roma, Buon Governo, s. IV, voll. 710, 870).

Nelle relazioni di visita emergono gli orientamenti riformistici che Todeschi aveva espresso nelle sue opere. Nel 1768 uscirono per le stampe a Roma i Discorsi accademici sopra varie materie di filosofia civile, nei quali si trovano i temi della felicità, della concordia tra ragione e fede in un Dio creatore, provvidente e benefico, del valore civile del culto esterno, necessario quanto l’interno, ma anche le questioni dibattute dell’interesse e dei mutui e suggerimenti sul buon governo, trattati in una prosa limpida. I Discorsi furono editi con il nome arcadico di Rosmiro Celenio, essendo stato ammesso in Arcadia a Roma nel 1766.

Egli partecipò attivamente alle iniziative dell’Arcadia, come dimostrano la sua presenza tra i dodici colleghi e le composizioni poetiche inserite in raccolte collettive, tra le quali: Adunanza tenuta dagli arcadi per la coronazione della celebre pastorella Corilla Olimpica, Roma 1775, p. 78; Adunanza tenuta dagli arcadi per la gloriosa esaltazione al pontificato [...] di [...] Clemente XIV, Roma 1769, p. 40; Voti quinquennali celebrati dagli arcadi nel Bosco Parrasio ad onore [...] di [...] papa Pio VI, [Roma 1780]. Partecipò all’incoronazione di Maria Maddalena Morelli, in Arcadia Corilla Olimpica, avvenuta in Campidoglio nel 1776 (Atti della solenne coronazione fatta in Campidoglio della insigne poetessa Maria Maddalena Morelli Fernandez pistoiese tra gli arcadi Corilla Olimpica, Parma 1779, p. 79). Scrisse inoltre: Il tempio della gloria omaggio di Rosmiro Cellenio uno dei 12 colleghi d’Arcadia alla Santità di Nostro Signore felicemente regnante per l’ottimo ristabilimento della pace, s.n.t.

Con i Discorsi del 1768 Todeschi fu uno dei primi a occuparsi in modo concreto della morale ed economica situazione dello Stato della Chiesa (Angelini, in Claudio Todeschi, 1992, p. 38). Nel 1770, poi, pubblicò a Roma i Saggi di agricoltura, manifatture e commercio, coll’applicazione di essi al vantaggio del Dominio pontificio, con i quali confermò la sua convinzione della necessità di riforme nello Stato pontificio. Nel 1774 a Roma uscì a stampa una Dissertazione sul dominio del mare, ma soprattutto furono pubblicati i Pensieri sulla pubblica felicità, con i quali Todeschi continuò il suo apporto al dibattito sulle forme dell’economia e della morale atte a favorire il benessere della popolazione. Werther Angelini ha notato che in quegli anni, in cui «è già piena la stagione politica per i Braschi», a Roma Todeschi «ha già larga entratura in tutti i casati», «ospite degli Altieri e dei Mattei», in contatto con il cardinale François-Joachim de Pierre de Bernis, ambasciatore per la Francia. La carica di residente per Ferrara gli conferisce prestigio ed esperienza nelle questioni amministrative, sulle quali è informato anche dal fratello, allora giudice dei Savi nella città un tempo estense, e l’appartenenza all’Arcadia lo mette a contatto con i ceti elevati della società romana (ibid., p. 37).

Nel 1779 uscì la prima raccolta dei suoi scritti con alcune varianti (Opere, I-III, Roma 1779). Le successive Opere filosofiche, economiche, politiche, edite a Firenze nel 1784-1785 in quattro volumi, escludono i discorsi accademici e i testi poetici d’occasione, tra i quali numerosi nuptialia, compresi nella raccolta precedente, incentrandosi soltanto sulle opere di carattere economico e morale.

Fortemente debitore al pensiero di Ludovico Antonio Muratori, Todeschi fu anche attento alla cultura illuministica, pur sempre con una propensione per la proposta economica e convinto della funzione civile della religione. Secondo queste prospettive Angelini (in Claudio Todeschi, 1992) lo ha avvicinato al conterraneo Containi e al cremonese Isidoro Bianchi, pure autori di coeve opere sulla «pubblica felicità», ma anche a Casto Innocente Ansaldi, professore a Ferrara, al bresciano Giovambattista Almici e al romano Giovan Cristoforo Amaduzzi, con il quale fu in contatto, nonostante gli intellettuali ferraresi fossero ancora lontani dalla polemica antigesuitica e dalle simpatie gianseniste di certi ambienti romani del tempo (pp. 41-50).

L’Elogio del cardinale Silvio Valenti Gonzaga (segretario di Stato durante il pontificato di Benedetto XIV), edito a Roma nel 1776, fornisce il ritratto dell’uomo politico abile nel mantenere la pace come caratteristica suprema della felicità pubblica.

Secondo Enzo Piscitelli (1957) l’informazione di Todeschi risulta «larga e attuale» e vi sono presenti sia la letteratura straniera sia le opere italiane, con una grande influenza del pensiero di Antonio Genovesi (pp. 421-423). Todeschi si inserì così tra le proposte dei riformatori dello Stato pontificio degli anni Sessanta e Settanta, poi in parte confluite nel progetto riformistico di Pio VI, caratterizzate da temi comuni: «incremento dell’agricoltura, delle manifatture e delle arti», «sviluppo e potenziamento del commercio», «razionalizzazione del sistema daziario e tributario», «necessità di una politica di uguaglianza sociale» e «lotta ai privilegi nobiliari» (Sani, 1995, p. 34).

Todeschi sottolineò la dignità connessa al suo ruolo di rappresentante pubblico con la scelta di indossare l’abito prelatizio e nel 1772 chiese senza successo che fosse ripristinato il titolo di ambasciatore per il rappresentante di Ferrara a Roma (Angelini, in Claudio Todeschi, 1992, p. 52). Presentò richiesta a Pio VI di essere nominato uditore del tribunale della Rota romana quando si profilava vacante il posto destinato a un ferrarese, allora di monsignor Giovanni Maria Riminaldi, eletto cardinale nel 1785 (Ferrara, Archivio storico comunale, Archivio antico, Corrispondenze, b. 114), ma non fu nominato. Delle sue deluse aspirazioni a una progressione di carriera dovette più volte lamentarsi, come ricordò Filippo Maria Renazzi (1806) in un suo breve ritratto nel quale lo definì uomo «istrutto, dotto, e faticatore». Nel 1782 fu incluso come «interprete delle lingue» nel seguito di Pio VI nel viaggio a Vienna da Giuseppe II (Bandini, 1914, p. 142, nota 1).

Ammiratore del poeta estemporaneo ferrarese Angelo Talassi e attento al valore dell’arte e della musica, fu in corrispondenza con Giulio Perini, con il matematico Ruggero Boscovich (Brunetti, 1974-1975, p. 18) e con Angelo Maria Bandini, bibliotecario della Medicea Laurenziana, tra il 1774 e il 1782 (Firenze, Biblioteca Marucelliana, B, B.II.27/XXX, cc. 446r-448v, 460r-460v; XXXI, cc. 377rv, 380rv; XXXII, cc. 519r-520v, 539r-540v; XXXVIII, cc. 501r-508v, 523r-529v) e in rapporto con l’ex gesuita Juan Andrés y Morell (Sani, 2001, p. 54 nota 92).

Tra maggio e giugno del 1797 rientrò a Ferrara (p. 105 nota 303) e il 9 novembre 1797 risulta ancora dimorante nella città estense (Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Archivio Pasi, Famiglie, b. 14, f. 955, n. 8; b. 23, f. 1539, n. 5).

Non sono noti né il luogo né la data della sua morte. Renazzi (1806, p. 336) ritiene che sia morto a Ferrara «nel fine» del Settecento.

Non va confuso con l’omonimo e contemporaneo don Claudio Todeschi (1708-1782), del quale è stata scritta un’agiografia: G. Baruffaldi sr., Vita del servo di Dio d. Claudio Todeschi sacerdote ferrarese, Ferrara 1784.

Opere. Oltre agli scritti citati sopra e ai nuptialia riediti nel terzo volume delle Opere pubblicate nel 1779, scrisse il Poemetto... in occasione de le felicissime nozze di Sua Eccellenza il signor d. Luigi Onesti, nipote di Sua Santità coll’eccellentissima signora d. Costanza Falconieri, s.n.t.; Delle nozze. Discorso accademico, in Per le felicissime nozze dei nobilissimi signori il signor marchese Francesco Naro Patrizi e la signora marchesa Porzia Patrizi componimenti, Roma 1770, pp. I-XXII, dissertazione «che prima aveva recitata nella rispettabile adunanza, che si teneva in casa del Sig. Avvocato Mazzei» (In occasione delle fauste nozze tra la marchesa Dorotea Angelelli e il signor Gio. Battista Sampieri. Lettere di due pastori arcadi, Roma 1775, p. XIV nota 2), riedita nel quarto volume delle Opere filosofiche, economiche, politiche pubblicato nel 1785; versi in Per le Nozze degli Eccellentissimi Signori Donna Marianna Altieri e Don Antonio Caracciolo Duca di Castelluccio. Poesie de’ Pastori Arcadi, Roma 1786.

Fonti e Bibl.: Ferrara, Archivio storico comunale, Archivio antico, Corrispondenza ambasciatori, bb. 110-114; Copialettere della Comunità, regg. 37-43; sull’elezione a residente di Ferrara a Roma: Archivio antico, Registri delle Deliberazioni, reg. AAA (8 gennaio 1762-28 giugno 1765), pp. 459 s., 5 novembre 1764; pp. 494-496, 29 gennaio 1765; Copialettere della Comunità, reg. 37 (1764-1766), da 26 settembre 1764 a 13 luglio 1765; Serie patrimoniale, b. 373, f. 33; b. 375, ff. 5, 11; Corrispondenza ambasciatori, b. 110, 13 e 20 luglio 1765.

F.M. Renazzi, Storia dell’Università degli studj di Roma, IV, Roma 1806, pp. 335 s.; C. Bandini, Roma e la nobiltà romana nel tramonto del secolo XVIII. Aspetti e figure, Città di Castello 1914, p. 142 nota 1; E. Piscitelli, Uno studioso di problemi economici romani del ’700. C. T., in Studi romani, V (1957), 4, pp. 415-424; L. Dal Pane, Lo Stato pontificio e il movimento riformatore del Settecento, Milano 1959, pp. 183-188; E. Piscitelli, La riforma di Pio VI e gli scrittori economici romani, Milano 1959, pp. 167-177 e passim; G. Franceschini, C. T. illustre dimenticato ferrarese, estratto da Voce cattolica di Ferrara, 8 maggio 1960, n. 20; V.E. Giuntella, Roma nel Settecento, Bologna 1971, pp. 279 s., 285, 288, 292, 296; G. Franceschini, Gli ambasciatori ferraresi a Roma nei secoli XVII e XVIII, in Strenna ’72 della Ferrariae Decus, Ferrara [1972], pp. 20 s.; A. Brunetti, Il pensiero economico e sociale di C. T., tesi di laurea, Università degli studi di Roma, a.a. 1974-75; Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, a cura di A.M. Giorgetti Vichi, Roma 1977, pp. 223 s.; W. Angelini, Economia e cultura a Ferrara dal Seicento al tardo Settecento, Urbino 1979, passim; C. T. nel 250° anniversario della nascita. Atti del Convegno..., 1987, Ferrara 1992 (in partic. G. Franceschini, I Todeschi e monsignor Claudio, pp. 11-36; W. Angelini, C. T. e il problema della pubblica felicità, pp. 37-62; F. Giovanelli, C. T. poeta arcadico, pp. 73-87); M. Zaccaria, Filosofia e politica negli scritti di C. T., in Atti dell’Accademia delle scienze di Ferrara, LXX-LXXI (1992-1994), pp. 115-127; V. Sani, Ferrara felice ovvero Della felicità dello Stato di Ferrara di Francesco Containi, Manziana 1995, pp. 30-34, 59, 95 s. nota 115, [26, 32]; Id., La rivoluzione senza rivoluzione. Potere e società a Ferrara dal tramonto della legazione pontificia alla nascita della Repubblica cisalpina (1787-1797), Milano 2001, pp. 54 nota 92, 104 s. nota 303, 106, 127; S. Cardinali, Morale cattolica e pubblica felicità nell’opera di C. T. (1737-179?), in Cultura nell’età delle Legazioni. Atti del Convegno. Ferrara, ...2003, a cura di F. Cazzola - R. Varese, Firenze 2005, pp. 71-88; B. Emich, Territoriale Integration in der Frühen Neuzeit: Ferrara und der Kirchenstaat, Köln-Weimar 2005, pp. 827, 1020.

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