CLEMENTE da Osimo, beato

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

CLEMENTE da Osimo (della Marca, da Sant'Elpidio, da Orvieto; Clemente Briotti), beato

Carlos Alonso

Marchigiano, nacque fra il 1210 e il 1215, come si è potuto stabilire con le risultanze delle analisi compiute sui suoi resti mortali in occasione della ricognizione canonica del 4 maggio 1970. Incerta la città che gli dette i natali - ma sembra con ogni probabilità Osimo -, mute le fonti circa la sua biografia prima del 1269. Ignoriamo dunque la data esatta e il luogo della sua nascita, il nome dei suoi genitori; non conosciamo nulla del suo ambiente familiare e della sua formazione culturale e spirituale. Da documenti pubblicati recentemente da C. Pierucci risulta che C. era provinciale delle Marche nel 1269, il che rende più verosimile la sua presenza ad Avignone nel 1270, che ci viene testimoniata da un documento segnalato dall'Arbesmann. Possiamo affermare con sufficiente sicurezza soltanto che egli entrò in una comunità eremitica sottoposta alla regola di s. Agostino prima della grande unione delle famiglie agostiniane (1256), e che fece parte della Congregazione degli eremiti di Brettino (Fano), i cui romitori erano diffusi soprattutto nelle Marche (cfr. C. Alonso, pp. 9 s.).

Nelle fonti più antiche (secc. XIII e XIV) viene indicato come "Clemente da Osimo" o "Clemente della Marca e nella letteratura storica e agiografica egli compare tuttavia anche come "Clemente da Sant'Elpidio" e "Clemente da Orvieto" con allusione alle città che si vantano l'una di avergli dato i natali, l'altra di averne conservato le spoglie mortali. Il cognome Briotti compare associato a C. soltanto dal 1510, e non trova riscontro nella documentazione più antica.

Il 24 maggio 1271, giorno di Pentecoste, egli venne eletto priore generale dal capitolo generale dell'Ordine dei frati eremitani di S. Agostino - tale la denominazione assunta dagli agostiniani dopo l'unificazione del 1256. Non siamo in grado di stabilire, per il silenzio delle fonti in nostro possesso, se portarono alla designazione e alla nomina di C. la stima per l'austerità dei suoi costumi, il suo ideale di vita - che si accostava a quello degli Ordini mendicanti -, o la fama di pietà di cui C. poteva godere già allora; o se non entrarono piuttosto in gioco altre considerazioni, di ordine politico interno, per esempio, come quella di mantenere un certo equilibrio tra le diverse componenti dell'Ordine.

Quest'ultima ipotesi assume tanta maggior consistenza, quando si ponga mente al fatto che i priori generali succedutisi dopo il 1256 alla guida dell'Ordine furono tutti esponenti di rilievo od espressione delle tre principali Congregazioni agostiniane: il milanese Lanfranco Settala (1256-1264) era generale della Congregazione del gamboniti, diffusa soprattutto in Alta Italia; Guido da Staggia (1265-1271) si era formato in seno alle famiglie eremitiche toscane, mentre C. proveniva dalle comunità marchigiane, che facevano capo a quella di Brettino come spiritualità e prassi di vita. Allo stesso modo, non possiamo rispondere al quesito se la candidatura di C. venne imposta, o in quale misura appoggiata, dal card. Riccardo Annibaldi, corrector ac provisor del movimento eremitico agostiniano fin dal 1243 - da prima, quindi, della "grande unione" -, ed arbitro e ispiratore della vita e delle scelte di fondo dell'Ordine sino al 1276, anno in cui morì.

Data la vacanza della Sede apostolica, che durava dalla fine di novembre del 1268, il nuovo priore generale non poté venir confermato - come invece era d'uso - dal papa; né ci consta che il nuovo pontefice, Gregorio X, eletto a Viterbo il 1º sett. 1271 e consacrato a Roma il 27 marzo dell'anno successivo, abbia provveduto a farlo in un secondo tempo. Non siamo bene informati sui tre anni del primo priorato di C., che dovette intervenire fattivamente nella vita dell'Ordine con provvedimenti riguardanti sia la sua espansione materiale, sia il suo consolidamento spirituale, sia la precisazione del suo patrimonio dottrinario. È inoltre probabile che abbia compiuto le consuete visite pastorali nelle diverse fondazioni dell'Ordine in Italia e in Francia.

Dell'attività di governo svolta da C. in questo periodo ci restano tuttavia solo due testimonianze dirette. La prima è una lettera datata 9 luglio 1272, con cui egli accettava due appezzamenti di terreno presso San Gimignano, offerti all'Ordine da un "Brosius quondam Michaelis" perché su di essi venissero costruiti un convento ed una chiesa. La seconda lettera datata da Brettino il 23 luglio successivo, con la quale C. concedeva ad un gruppo di benefattori pesaresi la partecipazione ai tesori spirituali dell'Ordine. Questo provvedimento, che era stato richiesto dallo stesso arcidiacono della cattedrale di Pesaro, costituisce il primo esempio di aggregazione spirituale all'Ordine concessa da un priore generale degli agostiniani. Che C. si sia recato in Francia, sembrerebbero provarlo anche notizie riferite da una tradizione purtroppo tardiva (sec. XVII), secondo la quale il beato avrebbe ricevuto in dono, appunto nel corso di un suo viaggio in Francia, una reliquia della passione di Cristo. Le fonti non indicano con precisione né l'anno - il 1272 0 il 1274 -, né il donatore (fanno, tra gli altri, il nome del re Filippo III l'Ardito).

È certo, comunque, che C. si recò in Francia nel 1274 per prendere parte ai lavori del XIV concilio ecumenico, convocato a Lione dal papa Gregorio X. Rientrato in Italia nell'estate di quell'anno, preparò il capitolo generale dell'Ordine, che si tenne, sotto la presidenza del card. Riccardo Annibaldi, il 18 ottobre seguente, giorno di s. Luca, nel locus agostiniano fondato dallo stesso card. Annibaldi nel suo castello alla Molara. Nel corso di quest'assemblea C. compì un gesto clamoroso: rassegnò le dimissioni dall'incarico, dopo aver governato l'Ordine per poco più di tre anni e quattro mesi.

Non siamo meglio informati sulla vicenda. La nota relativa contenuta negli Atti della provincia romana si limita a registrare il fatto, del tutto anomalo nella storia dell'Ordine, senza fornire le motivazioni. Studiosi moderni hanno interpretato l'episodio nel quadro più ampio della violenta polemica, allora in atto, contro gli Ordini mendicanti. In particolare, hanno visto nella rinunzia di C. l'immediata conseguenza dell'attacco contro l'Ordine agostiniano condotto, nell'ultimo concilio ecumenico, dai rappresentanti del clero secolare. Tale ipotesi si fonda su accenni fatti da cronisti contemporanei, soprattutto da Salimbene de Adam, il quale, dopo aver accennato ai timori destati in seno alla gerarchia ecclesiastica dal gran numero di congregazioni e di comunità monastiche che vivevano di elemosine praticando gli ideali pauperistici, riferisce che a Lione Gregorio X aveva proposto di sciogliere l'Ordine agostiniano, sorto in contrasto con i canoni del IV concilio lateranense. Secondo Salimbene, il provvedimento sarebbe caduto per il decisivo intervento del card. Riccardo Annibaldi (Salimbene de Adam, Cronica, a cura di G. Scalia, Bari 1966, I, pp. 367 s.; II, p. 713). Altri studiosi hanno invece voluto vedere nel gesto di C. una reazione alla continua, pesante ingerenza del card. Annibaldi negli affari dell'Ordine, una clamorosa protesta pubblica contro l'autoritaria protezione del porporato. Tali interpretazioni non sembrano tuttavia confortate né dagli Atti del capitolo romano, né dalla bolla del 23 marzo 1275 con cui Gregorio X affidava al card. Annibaldi l'incarico di confermare l'elezione del p. Francesco da Reggio a successore di Clemente.

Concluso il suo priorato, C. si ritirò a vita di penitenza e di contemplazione, secondo alcune fonti, in una località desertica nei dintorni di Fano - forse Sant'Elpidio -, secondo altre, invece, nell'eremo di Lecceto. Da allora, per circa dieci anni - dalla fine del 1274 alla primavera del 1284 -, non possediamo altra notizia su di lui, oltre a quella della sua nomina a visitatore della provincia romana: sappiamo solo che C. venne scelto per questo incarico dallo stesso Francesco da Reggio nel corso del capitolo provinciale di Nepi (18 ott. 1277), e che lo resse sino al 1278, quando dal nuovo capitolo provinciale appaiono designati allo stesso ufficio altri due suoi confratelli. Il 28 maggio 1284 dal capitolo generale riunito in Orvieto C. venne chiamato ad assumere per la seconda volta il governo dell'Ordine, come successore di Francesco da Reggio: tra gli elettori, Egidio Romano, allora baccelliere alla Sorbona, il quale, come primo dei tre scrutatori, proclamò all'assemblea i risultati della votazione. La scelta venne confermata subito dopo dal papa Martino IV con la bolla Nuper generali capitulo (9giugno 1284).

Le fonti coeve sono estremamente parche su questa seconda elezione di C., che rappresenta un caso unico nella storia del primi secoli dell'Ordine; tuttavia, sia le espressioni usate dall'estensore degli atti della provincia romana sia il testo della bolla di conferma, che allude velatamente alla ripugnanza di C. ad accettare questo incarico, giustificano l'impressione che alla base della scelta degli elettori vi siano stati l'esempio di pietà e di zelo religioso offerto dal pio frate marchigiano, l'austerità dei suoi costumi e della sua vita, la fama della sua santità. Il documento pontificio specifica che C. si era acconciato ad assumere il governo dell'Ordine solo in considerazione dell'unanimità dei suffragi espressi dai suoi confratelli, ed aggiunge che questi ultimi avevano steso, subito dopo l'elezione, un documento ufficiale per chiedere al papa la sanzione solenne della loro scelta.

L'attività svolta da C. in questo suo secondo mandato fu di notevole importanza perché affrontò e risolse - o avviò a soluzione - un'ampia gamma di problemi sia nel campo amministrativo-disciplinare, sia in quello più propriamente spirituale, ed è abbastanza ben documentata. Intervenne costantemente nel governo delle province dando istruzioni dirette ai priori o nominando suoi vicari, impose l'osservanza di una povertà più stretta, curò la formazione spirituale e culturale delle nuove leve dell'Ordine istituendo o rinnovando studia, provvide alla fondazione di conventi femminili del secondo Ordine, sollecitò ed ottenne grazie e privilegi diversi dalla Sede apostolica al fine di aiutare economicamente le fondazioni più recenti, si fece concedere dispense pontificie di diverso genere, si preoccupò di far eleggere dal papa il nuovo cardinale protettore e, su incarico di Niccolò IV, designò il penitenziere minore della basilica di S. Pietro in Roma. Ma l'opera sua di maggiore rilievo fu senza dubbio la redazione di un codice normativo per l'intero Ordine, che si era retto sin'allora sulla cosiddetta Regula S. Augustini e sue disposizioni via via stabilite nei diversi capitoli generali.

Attenendosi alle risoluzioni del capitolo generale del 1284, che facevano divieto ai provinciali in carica di presiedere i capitoli delle loro province, dal 1285 C. provvide a nominare ogni anno suoi vicari col compito di dirigere i lavori dei singoli capitoli provinciali. La serie dei suoi interventi dal 1285 - quando conferì tale incarico ad Egidio Romano - sino al 1290 -, quando designò fra' Malachia della Marca -, ci è tuttavia nota integralmente solo per la provincia romana, l'unica per la quale ci sia pervenuta la documentazione completa di questi anni.

Uno dei problemi più urgenti, che il nuovo generale dovette affrontare appena eletto, fu quello della preparazione ideologica e dottrinale dei suoi confratelli e, in particolare, delle giovani leve dell'Ordine: problema allora tanto più sentito in quanto, appunto in anni, il movimento agostiniano stava rapidamente cambiando contenuti ideali e modelli di condotta, allontanandosi dagli originali modelli cenobitici per orientarsi sempre di più verso una concezione ed una prassi di vita comunitaria più vicine a quelle degli Ordini mendicanti; mutamento cui si accompagnavano, pertanto, anche un diverso apprezzamento ed una maggiore valorizzazione degli studi. Sin dal 1259 Lanfranco Settala, allora priore generale, aveva istituito a Parigi, fuori porta St.-Eustache, uno studio per gli agostiniani destinati a seguire i corsi in quella università: tuttavia, a causa dell'affluenza sempre maggiore di giovani frati, già nel 1284 lo studio non era più sufficiente, tanto che il capitolo generale tenutosi in quell'anno aveva dovuto proibire - sino al successivo capitolo generale del 1287 - l'invio a Parigi di più di uno studente per provincia. C. affrontò decisamente il problema, decidendo che l'Ordine avrebbe stanziato una forte somma di danaro per acquistare, entro le mura di Parigi e non lontano dalla Sorbona, un terreno su cui edificare il nuovo studio. Affidò quindi il compito delle trattative e della scelta a fra' Giovenale da Narni, personalità di un certo rilievo nella provincia romana, di cui aveva presieduto il capitolo provinciale tenutosi a Cori nel 1263.

Il 27 e il 28 ag. 1285 fra' Giovenale stipulò i contratti relativi all'acquisto di due terreni nella zona di Chardonnet, vicino al monastero di S. Vittore; nel successivo mese di novembre, quindi, acquistò un lotto contiguo ai due precedenti ed una casa di proprietà del monastero di S. Vittore. Nel gennaio del 1286 consegnò al catasto di Parigi la documentazione relativa al terreno e alla casa acquistati dal monastero di S. Vittore, mentre C. otteneva, nel novembre di quello stesso anno, l'approvazione e la conferma pontificia per tutte le transazioni fin'allora operate. Il complesso delle operazioni finanziarie, che si concluse nell'ottobre del 1287 con l'acquisto di una seconda casa, assicurò agli agostiniani una sede adeguata all'importanza che per essa aveva lo studio parigino.

Il 12 maggio 1287, giorno di Pentecoste, si riunì a Firenze il capitolo generale dell'Ordine, che confermò per altri tre anni come priore generale C., ratificò i provvedimenti da lui presi circa la fondazione parigina allo Chardonnet, e - forse su sua proposta - decise l'istituzione di quattro studi generali in Italia: uno presso la Curia romana, gli altri a Bologna, a Padova, a Napoli. Riconobbe inoltre Egidio Romano come teologo ufficiale dell'Ordine, ed indicò le sue dottrine come obbligatorie per tutti gli studiosi agostiniani, "quia venerabilis Magistri nostri fratris Egidii doctrina mundum universum illustrat".

Convocò infine a Ratisbona, in Baviera, per il 1290, il nuovo capitolo generale, il primo che si sarebbe celebrato fuori d'Italia dalla costituzione dell'Ordine. Voluta probabilmente da C., queste scelta appare della massima importanza perché rappresenta - da un lato - la conferma della grande fioritura del movimento, mentre sottolinea - dall'altro - il rilievo che andavano prendendo in esso le province transalpine.

Per ciò che riguarda l'istituzione degli studi in Italia decisa nel capitolo di Firenze, alcuni storici moderni hanno affermato che non si dovette tuttavia trattare di una vera e propria fondazione, quanto piuttosto di una conferma. Questa interpretazione si basa sul fatto che uno studio presso la Curia appare già ricordato in atti di precedenti capitoli, mentre nel giugno del 1287 lo "studio" agostiniano di Firenze risulta già aperto e funzionante.

Poiché la Sede apostolica era allora vacante (il papa Onorio IV era morto a Roma il 3 aprile di quello stesso anno), C. non poté venir confermato nell'incarico da alcuna sanzione pontificia; tuttavia, proseguì nella sua opera di governo con il medesimo impegno e con la stessa decisione che aveva mostrato nel trascorso triennio. In conformità alla determinazione da lui presa nell'assumere il priorato generale di far sostenere a tutto l'Ordine il peso degli studi che si sarebbero via via aperti, impose alle diverse province dell'Ordine di contribuire, secondo le proprie capacità, alle spese affrontate per la fondazione dello studio parigino allo Chardonnet, come è provato dagli Atti del capitolo provinciale romano del 1288, che registrano appunto la somma a questo scopo raccolta e inviata al priore generale. Il 16 genn. 1288, nella sala capitolare del convento romano di S. Maria del Popolo, pubblicò un decreto con cui proibiva a tutti gli agostiniani di passare ad altro Ordine religioso senza avere il suo esplicito consenso: ciò non fu sufficiente a troncare il deplorevole fenomeno, se un anno e mezzo più tardi dovette ricorrere all'appoggio del papa nella sua lotta contro gli "apostatae" e gli "insolentes", facendosi solennemente confermare la bolla Provisionis nostrae di Innocenzo IV del 27 apr. 1254. L'elezione di Niccolò IV (15-22 febbr. 1288) segnò un mutamento dei rapporti fra C. e la Sede apostolica che, dopo il capitolo, di Firenze, si fecero molto stretti: molto probabilmente la comune origine regionale - ambedue erano marchigiani - e l'appartenenza ad Ordini religiosi mendicanti - Girolamo Masci, poi papa col nome di Niccolò IV, era francescano - poterono facilitare l'incontro fra i due, incoraggiando la confidenza di C. verso il pontefice, e favorendo a quest'ultimo la comprensione dei problemi del movimento agostiniano. Già C. aveva ottenuto che Onorio IV concedesse al suo Ordine di celebrare con riti particolari la festività di S. Agostino (bolla Pro reverentia beati Augustini del 23 maggio 1286), ma le concessioni di grazie spirituali di questo tipo e di privilegi di diverso genere si fecero sempre più frequenti sotto il pontificato di Niccolò IV.

Il 6 febbr. 1289 C. ottenne dal papa due bolle, con le quali venivano concesse - alle solite condizioni - indulgenze a quanti aiutassero con elemosine l'Ordine, seguissero con pietà i sermoni predicati nelle chiese agostiniane in occasione dei capitoli generali, o che visitassero le chiese dell'Ordine stesso nelle festività dell'Assunzione di Maria, di S. Agostino, e nelle rispettive ottave. Il 23 agosto del 1289 ricevette la bolla Religiosam vitam suscipientibus, con la quale il pontefice accordava all'Ordine il privilegio della esenzione dalla giurisdizione episcopale, e ponendo gli agostiniani sotto "la protezione di S. Pietro". Questa bolla di esenzione che seguì dappresso quelle analoghe accordate ai francescani (1281) ed ai domenicani (1282), presuppone una notevole affermazione degli agostiniani nel mondo contemporaneo, e, se vista nel quadro della resistenza opposta dal clero secolare contro gli Ordini mendicanti, rappresenta senza dubbio un ulteriore successo di questi ultimi, che nei decenni seguenti finirono col vincere la battaglia, assicurandosi definitivamente la dipendenza diretta della Sede apostolica. Nel quadro della difesa dell'autonomia dell'Ordine è da vedersi anche la nomina del nuovo cardinale protettore, che C. ottenne dal papa alcuni mesi più tardi e l'intervento pontificio, di poco successivo, nella controversia fra gli agostiniani di Parigi ed il clero secolare di quella città. Il 30 giugno Niccolò IV con la bolla Immensi olim oneris affidò infatti questo incarico al card. Bernardo di Languissel, cardinale del titolo di S. Prassede; ed il 7 luglio, con la bolla Sua nobis Prior, incaricò il preposito di S. Andemaro (dioc. di Morin) ed il cancelliere della Sorbona, di risolvere la vertenza tra gli agostiniani e le chiese parrocchiali parigine, scoppiata a causa di privilegi, non meglio specificati, degli agostiniani.

L'ultimo documento pontificio indirizzato a C. prima del capitolo generale di Ratisbona fu probabilmente la bolla del 5 genn. 1290, con cui Niccolò IV lo invitava a scegliere venti frati, che predicassero in Italia la crociata contro i Saraceni, bandita dopo la notizia della caduta di Tripoli (marzo 1289). Non conosciamo, dei predicatori scelti da C., che il nome di uno solo, Pietro da Corneto, personalità di un certo rilievo nella provincia romana - nel 1289 ne era stato infatti l'economo. Il 21 maggio 1290, festa di Pentecoste, si riunì a Ratisbona il capitolo generale dell'Ordine, che rappresentò senza dubbio il momento culminante della vita di Clemente. Nel corso dei lavori - di cui ci rimangono i resoconti - appare chiaramente quali fossero i risultati raggiunti dall'attività pastorale, di C., e quali i problemi allora di maggior momento nella vita dell'Ordine. Innanzitutto ci si preoccupò della uniformità legislativa, dottrinaria, liturgica, essenziale in un Ordine che si era esteso in buona parte dell'Europa; si discusse della povertà, un tema cui C. annetteva una grande importanza; furono presi provvedimenti per gli studi ed i maestri più famosi dell'Ordine; si affrontarono i problemi relativi alla tassa che le province dovevano pagare alla Curia agostiniana; la questione delle dispense in genere, e, in specie dell'assoluzione degli "apostati"; si dispose la pubblicazione prudente di indulgenze, e si ribadì il divieto di ricorrere a secolari per ottener favori nell'Ordine.

L'uniformità legislativa venne raggiunta con l'approvazione e la promulgazione delle costituzioni dell'Ordine - le cosiddette Constitutiones Clementinae o Ratisbonenses - che, elaborate in gran parte da C. con l'aiuto del beato Agostino Novello, sarebbero state in vigore sia pure con modificazioni sino al concilio di Trento. Normative per gli studenti agostiniani presso la Sorbona e la Curia romana, come pure provvedimenti nei confronti di Egidio Romano e Giacomo da Viterbo assicurarono l'uniformità dottrinale, mentre quella liturgica fu raggiunta con un'altra opera di C., presentata probabilmente proprio allora alla approvazione dell'Ordine, il Cerimoniale od Ordinarium, che venne approvato e pubblicato dal capitolo di Ratisbona e che, come le Constitutiones Clementinae, sarebbe rimasto in vigore per parecchi secoli. L'importanza del Cerimoniale è provata da una risoluzione del capitolo generale di Genova del 1308, che imponeva il libro come obbligatorio in ogni comunità agostiniana e minacciava gravi misure nei confronti dei priori che non lo avessero fatto copiare con la più grande riverenza e attenzione.

Il capitolo ordinò inoltre l'istituzione degli archivi provinciali e la creazione di biblioteche presso gli studi generali, e demandò al priore generale e al procuratore dell'Ordine il compito di ottenere dal pontefice la concessione ai priori generali della facoltà di rinunziare all'incarico dinnanzi al capitolo generale, senza che vi fosse bisogno dell'approvazione papale. Come già a Firenze, anche a Ratisbona C. chiese insistentemente ai confratelli di accogliere le sue dimissioni, motivandole con lo stato della sua salute, cagionevole per l'età avanzata; ma inutilmente. I presenti, con unanime voto, lo confermarono nell'incarico per altri tre anni. Ai lavori del capitolo prese parte anche il teologo tedesco Heinrich von Friemar, che fu il primo cronista dell'Ordine: a lui dobbiamo uno schizzo rapido ed estremamente interessante della figura di C., che è anche la prima attestazione esplicita della santità dell'anziano priore generale "per quem Deus multa miracula ostendit in capitulo Ratisbonae celebrato me presente" (H. von Friemar, Tractatus de origine et progressu Ordinis Fratrum Eremitanorum..., a cura di R. Arbesmann, in Angustiniana, VI [1956], p. 113). Lo scrittore non riferisce nessuno dei miracoli operati da C. di cui egli fu testimone, ma alla luce delle espressioni da lui usate si comprende che, con il suo voto, il capitolo aveva inteso confermare alla guida dell'Ordine una persona che sebbene in età avanzata, era tuttavia eminente e per le sue virtù e per la suafama di taumaturgo.

Il 21 maggio 1290 C. inviò al canonico Richer, decano di S. Teobaldo di Metz, una lettera di ringraziamento per l'appoggio concesso agli agostiniani di quella città. Nella lettera, con la sua autorità di generale, confermava la decisione presa dal capitolo del convento agostiniano di Metz, di far celebrare giornalmente in pro' del Richer una messa, sinché rimanesse in vita, e di farne celebrare una ogni anno, dopo la sua morte, in suffragio della sua anima. Affiliava inoltre il canonico al corpo mistico dell'Ordine. Il 28 maggio successivo scrisse al vescovo di Ratisbona, Enrico di Roteneck, per ringraziarlo della benevolenza mostrata nei confronti dell'Ordine, specie in occasione del capitolo; lo affiliava quindi al corpo mistico dell'Ordine impegnandosi a far celebrare per lui, sinché fosse rimasto in vita, messe in ogni convento agostiniano e, dopo la sua morte, riti di suffragio nelle tre case agostiniane di Ratisbona, Schönthal e Seemannshausen. Dal contesto della lettera si trae inoltre che provvedimenti analoghi erano già stati presi da C. anche nei confronti di altri benefattori, fra cui Ludovico duca di Baviera, ilfuturo imperatore.

Recentemente sono state pubblicate da C. Pierucci due altre sue lettere: con la prima (Ratisbona, 29 maggio 1290) ordinava a tre frati delle Marche di vendere alcuni possedimenti non necessari di quella provincia; con la seconda (Rimini, 24 ag. 1290) nominava vicario provinciale della provincia marchigiana fra' Matteo de Follis de Camerino, perché il provinciale fra' Agostino durante il capitolo generale di Ratisbona era stato eletto procuratore generale dell'Ordine presso la Curia romana.

Non è nota, per il silenzio delle fonti, la data esatta della partenza di C. da Ratisbona dopo la conclusione del capitolo: un atto privato relativo a due case con orto acquistate in Acquapendente da fra' Bernardino Monaldi Rossi a nome e in rappresentanza del priore generale C. sembra presupporre quest'ultimo residente in Orvieto già nella seconda metà di agosto dell'anno 1290. C. si trovava comunque nella cittadina umbra il 21 ottobre, quando affidò ai padri Fino da Pisa e Luca Sismondi il compito di vendere sette romitori con i rispettivi terreni che l'Ordine possedeva nella zona di Pisa per finanziare, col ricavato, la costruzione del convento agostiniano in Pisa. Questa vendita - come del resto le altre attuate o solo progettate in quei mesi - rientrava nel quadro dell'esecuzione delle norme sul ritorno ad una più stretta povertà individuale e collettiva, che C. aveva fatto ratificare nel capitolo di Ratisbona. C. si trattenne in Orvieto, dove si trovava anche - la coincidenza è significativa - il pontefice Niccolò IV con la Curia romana. Appartengono a questo periodo due documenti, ricordati negli atti del capitolo generale di Siena del 1295, che egli emanò in favore del monastero urbevetano di S. Maria Maddalena, retto da suore agostiniane. Il 2 apr. 1291 ottenne da Niccolò IV una bolla di dispensa Super illegitimitate natalium diretta al vescovo di Worms: con essa il papa concedeva ad un agostiniano tedesco, certo Corrado, di poter accedere alle maggiori dignità dell'Ordine. Il provvedimento pontificio fu richiesto da C. - anche se in contrasto con le sue opinioni personali - probabilmente per fare cosa gradita o al priore provinciale o a qualche benefattore tedesco.

C. morì a Orvieto pochi giorni dopo, l'8 apr. 1291, domenica di Passione, come risulta da una nota premessa agli atti del capitolo della provincia romana, che fu celebrato nell'autunno seguente. Il suo corpo venne esposto "de mandato eiusdem Papae" nella chiesa degli agostiniani, e lì rimase per diverse settimane esposto alla venerazione dei fedeli, i quali accorsero così numerosi - "catervatim", scrive il cronista Heinrich von Friemer (cit., p. 325) - che le autorità municipali furono costrette ad abbattere alcune case per allargare la strada pubblica che portava al convento agostiniano. Tra gli altri che resero devotamente omaggio alla salma di C. vi fu il card. Benedetto Caetani - più tardi papa col nome di Bonifacio VIII -, di cui C. era stato confessore e padre spirituale.

Le spoglie mortali di C. vennero inumate nella chiesa annessa al convento agostiniano di Orvieto, dove rimasero sino alla fine del sec. XIX, quando vennero trasferite nella chiesa romana di S. Agostino (4 sett. 1895). Attualmente sono conservate nella cappella della Curia generalizia agostiniana in Roma; reliquie del beato si trovano tuttavia anche nella cittadina di Sant'Elpidio e ad Osimo. La S. Congregazione dei Riti ne ha confermato iI culto pubblico con decreto del 12 sett. 1761; la sua festa liturgica viene celebrata, secondo il calendario dell'Ordine agostiniano, il 19 maggio.

Nella Vita brevis aliquorum fratrum eremitanorum - il cui autore anonimo, un fiorentino che scriveva tra il 1326 e il 1342, riferisce dei poteri taumaturgici del beato e della sua paterna sollecitudine nei confronti dei malati e degli emarginati (Vita brevis aliquorum fratrum eremitanorum, a cura di P. R. Arbesmann, in Analecta Augustiniana, XXIX [1966], p. 40) - si afferma che C. visitò come priore generale tutte le province dell'Ordine, a piedi, per lo più seguito da un solo compagno. Abbiamo testimonianze relative ai suoi viaggi presso i loca dell'Ordine in Italia, in Francia e in Germania, ma non sembra probabile che egli si sia potuto recare in Spagna e in Inghilterra, mentre non siamo in grado di affermare, dato il silenzio delle fonti a noi note, se egli abbia visitato le fondazioni agostiniane d'altri paesi europei come l'Ungheria e la Boemia.

Fonti e Bibl.: C. Alonso, El beato C. da Osimo( 1291).Tercer prior general de los Augustinos, Roma 1970, che fornisce l'indicaz. completa e aggiornata delle fonti e della bibl. C. Pierucci, Carte agostiniane (1249-1291) tra le carte di Fonte Avellana, in Analecta Augustiniana, XXXVI (1973), 205-245, specialmente pp. 209-210, 225-229, 233-236. Notizie più brevi in Bibliotheca Sanctorum, IV, coll. 35 s., e in Enc. Catt., III, col. 1841.

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