SIBILIATO, Clemente

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 92 (2018)

SIBILIATO, Clemente

Massimo Galtarossa

SIBILIATO (Sibilato), Clemente. – Nacque a Bovolenta, nella bassa Padovana, il 10 febbraio 1719 da Giovanni Battista e da Diana Alfonsi.

Diversamente da quanto affermato da Giuseppe Fossati per il quale la famiglia era antica e originaria di Venezia, stando all’informato abate Giuseppe Gennari, era di «oscure origini» (1982-1984, p. 818). Il fratello maggiore Matteo, mancato nel 1785, fu stimato cappellano e organista del duomo. L’altro fratello Giovanni frequentò a lungo casa Gozzi e, accompagnandosi con un chitarrino, improvvisava versi in dialetto veneziano e pavano.

La prima formazione culturale di Sibiliato avvenne presso le scuole esterne del seminario di Padova con il maestro Ghisi e poi a diciassette anni come giovane seminarista, coltivando con passione la poesia latina e italiana. La buona riuscita negli studi è confermata dall’insegnamento di grammatica e retorica a vent’anni, tre anni prima di diventare sacerdote. Erano questi anni di fecondi contatti culturali: nel 1743 fu eletto socio dell’Accademia patavina dei Ricovrati, e a quel periodo risale l’amicizia con il matematico veronese Giuseppe Torelli di cui redasse nel 1792 la biografia (De vita ac studiis).

Dal 1750 fu, per un breve periodo, custode della biblioteca del seminario e poi professore di storia ecclesiastica nello stesso istituto religioso. Oltre alla composizione di madrigali nel seminario erano apprezzati anche i classici latini come dimostrano le sue lezioni manoscritte Ad studiosos seminarii alumnos, ut latinam Terentii fabulam agant. La circolazione delle sue osservazioni manoscritte sopra l’Eneide di Virgilio a uso degli scolari attirò l’attenzione di Francesco Algarotti da Potsdam, che, entrato in corrispondenza con Sibiliato, gli chiese chiarimenti su due passi delle Georgiche di Virgilio.

Fra il 1749 e il 1756 tradusse dal francese i discorsi, sermoni e panegirici per il calendario liturgico dell’Abate di Breteville nonché i Principii di religione (1753) di Claude Roussel. Seppe entrare nelle grazie del cardinale Carlo Rezzonico con le Stanze (1745) e le Rime gratulatorie (1751). L’apprezzamento come oratore era confermato dall’Oratio in funere Benedicti papae XIV, letta nel duomo di Padova (1758).

In quegli anni il seminario di Padova era un istituto di formazione culturale del clero di alto livello per gli studi greci e latini, dotato di una ricca biblioteca e di una rinomata tipografia, che assicurò all’Università di Padova nel secondo Settecento l’arrivo nelle aule universitarie di un gruppo di prestigiosi docenti come Melchiorre Cesarotti, Giuseppe Toaldo e lo stesso Sibiliato, che collaborò con alcune aggiunte alla seconda edizione del Totius latinitatis Lexicon di Egidio Forcellini (1805). Il pensionamento di Giovanni Antonio Volpi, titolare della cattedra di umanità greca e latina, dopo una combattuta concorrenza con Gasparo Gozzi e Natale Dalle Laste, aprì nel 1760 la via all’insegnamento superiore di Sibiliato che, oltre al favore della nobildonna Lugrezia Pisani, poteva contare, nella terna dei Riformatori dello Studio, sulla stima del colto patrizio Marco Foscarini.

Anche se la produzione di epigrammi, sonetti e stanze d’occasione fu oggetto di critiche nella corrispondenza fra gli abati Giuseppe Gennari e Gasparo Patriarchi, fu apprezzato il suo De eloquentia Marci Foscareni Venetorum ducis (Patavii 1765), in cui Sibiliato dava conto dell’unione fra eloquenza e politica, fra poesia e azione che aveva contraddistinto la personalità del doge defunto.

Negli anni Ottanta del secolo, ormai divenuto uno tra i più noti letterati dello Studio, poteva essere ricondotto al gruppo di professori di ispirazione moderatamente progressista, come il letterato Cesarotti e lo scienziato Toaldo, collaboratori del Giornale enciclopedico di Vicenza di Elisabetta Caminer e frequentatori del salotto letterario della contessa Francesca Capodilista, inseriti in importanti reti nobiliari con i patrizi Girolamo Ascanio Giustinian, Gerolamo Zulian, Angelo Querini, Andrea Memmo. Le frequentazioni fra i patrizi e i professori erano favorite dalla condivisione dell’eredità culturale dell’abate Antonio Conti, come traspare dalle vicende dell’edizione del secondo tomo pubblicato postumo dal titolo Prose e poesie del filosofo veneziano curata da Toaldo (dei manoscritti era stato erede anche Sibiliato).

Nell’assenza di una produzione di maggiore impegno la posizione culturale di Sibiliato emerge in diversi scritti di minore respiro, oltre che nella passione per la pittura e soprattutto per la musica (suonava il clavicembalo ed era amico di Giuseppe Tartini): ad esempio, nell’operetta Della bellezza umana, occasionale scrittura per nozze, si coglie una personale rielaborazione del classicismo di secondo Settecento: la bellezza è «un accordo di proporzioni, di parti e di colori, che nel modo più facile e più vero rappresentano gli usi a qual per natura è destinato il corpo unito alla mente» (Per il giorno delle faustissime nozze del conte Alvise Bragadin colla contessa Susanna Revedin, Padova 1858, p. 36). L’impegno maggiore di Sibiliato fu però un trattato sull’eloquenza estemporanea, un’opera ritenuta utile ai predicatori, ai politici e agli avvocati; e sul tema della ‘poesia estemporanea’ pronunciò presso l’Accademia di scienze, lettere ed arti di Padova cinque importanti memorie, una di queste nella forma di censure e difese (1789), nel 1787, 1789, 1791, 1794, quattro fra le quali apparvero postume a stampa, fra il 1842 e il 1844.

Fu anche socio della Reale Accademia di scienze e belle lettere di Mantova, dalla quale fu premiato per la sua Dissertazione sopra il quesito se la poesia influisca nel bene dello Stato e come possa essere oggetto della politica (Mantova 1771). La tesi, in cui si avverte l’influenza del pensiero di Giambattista Vico, era sostenuta in senso positivo in quanto la poesia, secondo l’abate, svolgeva una funzione educatrice con le immagini poetiche per il popolo. Minore successo ottenne la sua dissertazione Qual sia presentemente il gusto delle belle lettere in Italia e come possa restituirsi scevro da corruzione, se in parte depravato (1785), sempre inviata per il concorso di Mantova.

Nel rinnovamento dell’Accademia dei Ricovrati di Padova, divenuta Accademia di scienze, lettere ed arti (1779), Sibiliato lesse la sua prima dissertazione Sopra lo spirito filosofico nelle belle lettere (poi in Saggi scientifici e letterari dell’Accademia di Padova, I, Padova 1786, pp. 456-509), volta a rilevare l’incongruenza del miscuglio fra la moderna filosofia naturale e la letteratura (e la poesia e l’oratoria) nel dibattito coevo del tempo. Tra le altre sue memorie accademiche si segnala quella sopra il poemetto per le nozze di Peleo e Teti di Catullo, con le annotazioni di Giovanni Antonio Volpi (Memoria [...] Sopra un luogo celebre di Catullo, e sulle fattevi annotazioni dal sig. Volpi (letta il dì XXIII marzo MDCCLXXXVI), in Saggi scientifici e letterari dell’Accademia di Padova, III (1794), 2, pp. 255-271). La sua presenza fu sempre più attiva in questa accademia: direttore della classe di lettere (1781-83) e presidente (1786-87, 1793-94).

Sappiamo inoltre che frequentò la loggia massonica degli Albrizzi a Venezia.

Morì a Padova, dopo lunga paralisi, il 14 febbraio 1795.

Fonti e Bibl.: Padova, Biblioteca del seminario, 468: C. Sibiliato, Orationes, Prefationes latine preceptoris Rhetorice... Tuttavia la fonte principale è costituita dall’epistolario; da C. Viola, Epistolari italiani del Settecento. Repertorio bibliografico (Verona 2004) si segnalano circa 45 corrispondenti, fra i quali: Francesco Algarotti, Saverio Bettinelli, Gasparo Gozzi, Angelo Pindemonte e Clementino Vannetti. Per dimensioni spiccano le grandi raccolte conservate a Siena, Biblioteca comunale, Autografi Porri (365 lettere a Sibiliato) e Pisa, Biblioteca universitaria, 424, (quasi 200 lettere indirizzate a Fabroni), per cui si veda il contributo di P. Del Negro, Una fonte per la storia dei professori e della vita universitaria di Padova nel tardo Settecento: le lettere di C. S. ad Angelo Fabroni (1771-1794), in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XXXIII (2000), pp. 207-220. Fra gli atti accademici in edizione anastatica si veda la Memoria [...] Sopra lo spirito filosofico nelle belle lettere (letta il dì XXIX novembre MDCCLXXIX), nonché la Memoria... Sopra un luogo celebre di Catullo, cit. entrambe promosse per cura dell’Istituto veneto di scienze, lettere ed arti (Venezia 2000).

Elogio dell’abate C. S. p.p. di belle lettere ed accademico di Padova scritto da Giuseppe Fossati, s.l. né d. [ma 1796]; G. Vedova, Biografia degli scrittori padovani, II, Padova 1836 (rist. anast., Bologna 1967, pp. 277-290); Scrittori latini del Seminario di Padova. Raccolta di prose e versi, a cura di S. Serena, Padova 1836, pp. 274-290; A. Scottoni, Un professore del sec. XVIII all’Università di Padova, Padova 1901; G. Bellini, Sacerdoti educati nel seminario di Padova distinti per virtù scienza posizione sociale, Padova 1951, pp. 327-330; P. Del Negro, Giacomo Nani e l’Università di Padova nel 1781. Per una storia delle relazioni culturali tra il patriziato veneziano e i professori dello Studio durante il XVIII sec., in Quaderni per la storia dell’Università di Padova, XIII (1980), pp. 77-114; G. Gennari, Notizie giornaliere di quanto avvenne specialmente in Padova dall’anno 1739 all’anno 1800, introduzione, note e apparati di L. Olivato, I-II, Cittadella 1982-1984, passim; A. Maggiolo, I soci dell’Accademia patavina dalla sua fondazione (1599), Padova 1983, pp. 398 s.; P. Del Negro, L’Università, in Storia della cultura veneta, V, 1, Il Settecento, a cura di G. Arnaldi - M. Pastore Stocchi, Vicenza 1985, p. 73; D. Nardo, Gli studi classici, ibid., p. 239; F. Biasutti, La problematica filosofica, ibid., V, 2, 1986, pp. 219, 223; F. Venturi, Settecento riformatore, V, L’Italia dei lumi, 2, La Repubblica di Venezia (1761-1797), Torino 1990, pp. 31, 226-229, 406; G. Santinello, Vico e Padova nel secondo Settecento (S., Gardin, Colle, Cesarotti), in Id., Tradizione e dissenso nella filosofia veneta fra Rinascimento e modernità, Padova 1991, pp. 200-213; M. Giro, Saggi intorno le cose sistematiche dello Studio di Padova, a cura di P. Del Negro - F. Piovan, Padova 2003, p. XXX; M. Cesarotti, Lettera d’un Padovano al celebre signor abate Denina, a cura di G. Ronconi, Venezia 2010, p. 73.

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