SPERA, Clemente

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SPERA, Clemente

Fausta Franchini Guelfi

– Figlio di Gaudenzio, nacque probabilmente nel Novarese nel 1662, come attesta l’atto di morte, che nel 1742 lo dichiara ottantenne (Geddo, 1996, p. 378, doc. 51). Nulla si sa della madre. La documentazione relativa all’artista è stata in gran parte rintracciata nel corso delle ricerche svolte per la preparazione della grande mostra sulla pittura di Alessandro Magnasco allestita al Palazzo Reale di Milano nel 1996 ed è pubblicata nel Regesto e nell’Appendice documentaria del catalogo.

Allievo del pittore quadraturista novarese Pietro Francesco Prina, nel 1690 risulta residente a Milano con la moglie Margherita Bregonzi e i figli Giovanni Battista, Rosa e Carlo Giuseppe. Sono documentate in seguito le nascite degli altri tre figli, Cecilia (1692), Anna Antonia (1695) e Giulio Cesare (1701). A Milano, dove era iscritto all’Accademia di S. Luca ricoprendovi anche incarichi direttivi, visse fino alla morte, come attestano gli Stati delle anime parrocchiali (Regesto, 1996; Geddo, 1996).

Nel variegato ambiente dei pittori “specialisti” (paesaggisti, naturamortisti, animalisti, fioranti) Spera si caratterizzò come “ruinista”, dedicandosi alla rappresentazione pittorica di rovine architettoniche classicheggianti, e collaborò con il genovese Magnasco, anch’egli attivo a Milano, e con altri pittori che ambientavano scene sacre, mitologiche e figure di viandanti, pastori e lavandaie nelle sue scenografiche composizioni. Il successo della collaborazione con Magnasco è attestato da Antonio Francesco Albuzzi (1776), che cita «lo Spera ne’ diroccati casamenti e l’Alessandrino nel fervido e risoluto estro delle abbozzate figure» (in Nicodemi, 1948, p. 4). Nelle opere realizzate dai due artisti, gli interventi di Magnasco sulle architetture di Spera (oggetti appesi alle colonne, statue collocate nelle nicchie, figure che si affacciano fra i ruderi) creano una straordinaria unitarietà iconografica e pittorica. I due pittori lavorarono anche alla realizzazione di apparati effimeri per le festività liturgiche. È infatti documentato un «sepolcro per la riposizione del SS. Sacramento nel giovedì santo» (non più esistente) decorato da Magnasco e da Spera (Caprara, 1984, pp. 277, 282, doc. 58): alla pratica della pittura Spera univa dunque quella della scenografia per il theatrum sacrum delle chiese.

Spera lavorò per diverse famiglie nobiliari milanesi, come attestano alcuni antichi inventari: in quello della collezione del generale Giovan Francesco Arese (1718), arricchita in seguito dal nipote Benedetto Arese (1721 circa; Caprara, 1996, p. 312), sono elencati diciotto dipinti di collaborazione di Spera con Magnasco (finora non rintracciati), descritti con parole elogiative per la maestria del “ruinista”: «L’architettura è di Clemente Spera, con solido fondamento dell’arte maestosamente lavorata, alternata da rottami producenti per la vetustà germinate verdure […] architettura […] lavorata a tinte calde e graduate. I rottami in essa sono frammezzati d’arbusti e frondi, il di cui vago disordine serve di contrapposto all’orizzonte che dà risalto a tutto il fabbricato» (Regesto, 1996, p. 364). Emerge da questa descrizione il carattere soprattutto decorativo di queste opere, spesso di grandi dimensioni, destinate ad arredare le pareti di residenze aristocratiche. Nello stesso inventario sono citati sei dipinti di «scuola di Clemente Spera» (Regesto, 1996, p. 363); l’artista dirigeva dunque una bottega con allievi e collaboratori. La collaborazione con Magnasco è dichiarata dal biografo del pittore genovese (Ratti, 1769) ed è attestata da numerosi dipinti, fra i quali alcune coppie di grandiosi pendants, come i due Baccanali del Museo Puškin di Mosca e dell’Ermitage di San Pietroburgo, le due Rovine architettoniche con soldati e pitocchi della collezione Lechi a Brescia, Il trionfo di Bacco e Il trionfo di Venere del Paul Getty Museum di Malibu, le due Scene mitologiche di collezione privata (Franchini Guelfi, 1977, p. 152). In queste opere, come anche in coppie di tele di piccole dimensioni (il Riposo di Diana e il Riposo di Sileno fra rovine architettoniche della Banca Carige di Genova e la Scena di magia in coppia con La morte di Archimede di collezione privata: Franchini Guelfi, 1977, p. 126; Ead., 2015), le architetture sono disposte specularmente a rappresentare uno spazio teatrale con quinte laterali che convergono prospetticamente in direzione di un fuoco centrale, attestando da parte di Spera una progettazione unitaria. Il riferimento al teatro è tanto evidente da far supporre che questi dipinti possano a volte documentare spettacoli realmente rappresentati nella Milano della prima metà del Settecento.

Tutte le attribuzioni a Spera si basano sulle sue due sole opere documentate, l’Allegoria della Primavera e l’Allegoria dell’Autunno della Quadreria arcivescovile di Milano (Colombo, 1996), con figure di Tommaso Formenti, che presentano il linguaggio inconfondibile dell’artista: maestose rovine classiche delineate, con prospettica precisione e con ricchezza di particolari decorativi, da una pennellata morbida e pastosa, in un’impostazione scenografica che dà profondità spaziale alla composizione. L’incidenza della luce sui dettagli della corrosione e del disfacimento delle muraglie, degli archi, degli architravi spezzati e cadenti, invasi dalla vegetazione, rivela in Spera una particolare sensibilità per la poetica delle rovine, che anticipa il gusto della seconda metà del Settecento.

Spera morì il 13 giugno 1742 e fu sepolto nella chiesa di S. Nazzaro Maggiore a Milano.

Fonti e Bibl.: C.G. Ratti, Delle vite de’ pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1769, p. 159; G. Nicodemi, Le “Memorie per servire alla storia de’ pittori, scultori e architetti milanesi” raccolte dall’abate Antonio Francesco Albuzzi, in L’Arte, LI (1948), pp. 1-14 (in partic. p. 4); F. Franchini Guelfi, Alessandro Magnasco, Genova 1977, passim; V. Caprara, Documenti settecenteschi inediti per la milanese basilica di San Giorgio al Palazzo, in Archivio storico lombardo, CVII (1984), pp. 273-283 (in partic. pp. 277, 282, doc. 58); Id., C. S., in Alessandro Magnasco 1667-1749 (catal.), a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1996, p. 312; S.A. Colombo, Schede nn. 105-106, ibid., Milano 1996, pp. 312-315; C. Geddo, Appendice documentaria, I, ibid., Milano 1996, pp. 372-379; Regesto, a cura di E. Camesasca - M. Bona Castellotti - C. Geddo, ibid., Milano 1996, pp. 353-363; F. Franchini Guelfi, Schede nn. 2-3, in Alessandro Magnasco (1667-1749). Gli anni della maturità di un pittore anticonformista (catal., Parigi - Genova, 2015-2016), a cura di F. Franchini Guelfi, Parigi 2015, pp. 36-39.

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