CLUNIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi CLUNIA dell'anno: 1959 - 1994

CLUNIA (v. vol. II, p. 725)

P. de Palol

Città romana della Spagna fondata probabilmente, al tempo di Tiberio, come municipium di diritto latino o romano.

C., oggi, è una distesa di rovine, la cui pianta ha una forma approssimativamente stellare, che si sviluppa per 130 ha; è quindi la più estesa delle città romane di Hispania. E stata scavata in gran parte, ed è stato ritrovato un complesso di edifici pubblici di dimensioni considerevoli che testimoniano la sua importanza amministrativa come capitale dell'ampio territorio del conventus. I livelli stratigrafici profondi non offrono materiali anteriori al I sec. d.C.; è stata ritrovata ceramica sigillata d'epoca tiberiana (italica o aretina), sostituita molto presto dalla produzione ispanica.

Sono stati scavati soprattutto tre grandi complessi architettonici: il foro e il suo ambito urbano; il complesso delle terme pubbliche; il teatro. Sono state inoltre portate alla luce alcune residenze private al centro e nella periferia della città.

Il foro costituisce il vero e proprio centro di C.: si tratta di un grande rettangolo orientato a NO. Il lato minore a NE è occupato per intero dalla grande basilica, mentre in un prolungamento nel lato E è situata la curia. Nel suo insieme, il complesso occupa uno spazio di 166 x 100 m. È una struttura di tipo arcaico con una fila di tabernae in ogni lato, precedute da un portico interno, e un grande tempio, su un possente podium all'estremo dell'asse maggiore, all'interno del recinto. Si tratta, probabilmente, del Tempio di Giove cluniense ricordato da Svetonio (Galb., 9).

La basilica è suddivisa in tre ampie navate, separate da colonne corinzie. Presenta un piccolo tribunale quadrato a E, tra le prime due colonne. A N, sull'asse principale del foro ma all'esterno di esso, sono i resti di un basamento, presumibilmente di un’aedes imperiale.

Il tempio centrale del foro ha caratteristiche arcaiche, quali l'abside in corrispondenza della parete di fondo, e l'accesso al podium costituito da due piccole scalinate laterali. Per quanto riguarda il portico perimetrale del complesso, la serie di tabernae del lato E è formata da ambienti di dimensioni uguali (larghi m 5,95) a parte uno di grandezza doppia che, con i due laterali, costituisce un complesso dedicato probabilmente a un culto familiare imperiale. In una delle altre tabernae si sono rinvenuti due busti-ritratto maschili di principi giulio-claudi.

Il complesso del foro è da datare, in base ai dati forniti dallo scavo stratigrafico, in epoca giulio-claudia. Per le sue caratteristiche ricorda esempi italiani (da Cosa o Alba Fucente agli esemplari augustei di Velleia o Brescia), ma anche della Narbonense (Lugdunum Convenarum, Glanum) o di altre province (Augusta Raurica, Virunum).

All'angolo NE del foro è situato il «grande palazzo». L'edificio appare incentrato su un atrio circondato da un criptoportico; in epoca costantiniana, la galleria O di quest'ultimo fu occupata da un triclinio. Nella parte terminale a NE dell’insula, vi è un grande peristilio rettangolare.

Sul lato orientale del foro, da cui è separato mediante uno stretto cardo, si trova un edificio di epoca flavia di pianta particolare: presenta a NO, in luogo del lato breve, una grande esedra semicircolare, nella quale si apre l'ingresso, preceduto all'esterno da quattro colonne. Si tratta forse del macellum della città. La struttura, con un ampio porticato perimetrale interno, ricorda quelle di altri macella del mondo romano, come quello di Gigthis o di Boughan in Tripolitania, o di Timgad in Numidia, o quello di Ordona in Italia, o quello di Belo (Bolonia) nella Hispania Baetica.

Sempre a E del foro, e a S del supposto macellum, si innalza una casa, indicata dagli scavatori con il n. 3. Macellum e casa rivelano, rispetto al foro, un orientamento diverso, lasciando intendere che vi furono consistenti variazioni nei successivi momenti dello sviluppo urbanistico di Clunia. Più a S vi è (sempre adiacente al foro) un piccolo impianto termale, del II secolo. A questo complesso, già caduto in disuso nella seconda metà del IV sec., si sovrappose una piccola necropoli tardoromana e visigota.

A 250 m c.a a NE del foro si trovano i resti del complesso termale di Los Arcos, I e II. Si tratta di due edifici molto estesi. Il I è di tipo «imperiale», caratterizzato cioè da un asse centrale, rispetto al quale si dispongono simmetricamente i vari ambienti. Presenta un'ampia facciata di più di 50 m; all'interno si allineano su due file parallele due palestre, due apodyteria, due frigidaria (fatto piuttosto raro: se ne conosce un altro esempio a Lambaesis), due tepidaria, che confluiscono in un unico vasto calidarium centrale. Tra le palestre si trova una grande natatio. All'esterno vi sono numerose camere sussidiarie. Si possono identificare i praefurnia e le sudationes. L'edificio presenta ampie modifiche, dopo le prime strutture della fine del I sec., e ha avuto il momento di vita più intensa nel periodo adrianeo o severiano. Caduto in disuso dal IV sec., venne riutilizzato come officina per la produzione di terra sigillata tardo-ispanica. Il secondo edificio del complesso di Los Arcos, anche questo termale, è della stessa epoca. Scavato solo in parte, sembra fosse di schema «lineare»: si entra attraverso un apoditerio ottagonale coperto da una cupola; seguono, un frigidario, un tepidario, un calidario con doppia piscina e un piccolo ambiente di sudationes presso il labrum. La palestra è collocata lateralmente, accanto all'apoditerio e al frigidario.

Il terzo grande edificio è il teatro, con le cavee media e alta scavate nella viva roccia. Corrisponde ai moduli vitruviani con caratteristiche arcaiche, come la forma diritta della frons scaenae o il pulpitum molto largo con un profondo hyposcaenium, con entrata laterale dal parascaenium. La sua capacità è di 9.300 posti a sedere; quindi è il teatro più capiente di tutta la Hispania romana. La struttura, lo stile dei capitelli corinzi della scaenae frons e i dati emersi dallo scavo stratigrafico permettono di datare il monumento negli anni di fondazione della città.

Merita inoltre speciale attenzione l'approvvigionamento idrico: l'acqua proviene da una grande falda freatica del sottosuolo, dove esistono numerosi bacini di origine carsica. Gli ingegneri romani trassero profitto da questa sorgente attraverso numerose gallerie. In una di queste, appare un notevole gruppo di iscrizioni, con i nomi e le cariche di magistrati del municipium, accanto a una serie di rappresentazioni falliche.

Le terme e il foro cadono in disuso gradualmente dalla fine del III sec., perdono la loro funzione originaria e vengono riutilizzati come centri di fabbricazione della ceramica. Altre zone della città, come la «casa-palazzo», acquistano invece nuovamente importanza, tanto che vi si installano nuovi pavimenti musivi.

Sono stati trovati pochi esemplari di scultura. Interessanti sono alcuni ritratti, come una testa femminile dell'epoca di Giulia, figlia di Tito, o i due (di cui si è già detto) raffiguranti giovani della famiglia giulio-claudia. Sono stati trovati anche resti di un grande trofeo augusteo. Ricche sono le testimonianze epigrafiche, senza un'abbondante documentazione dei cursus honorum amministrativi, ma con molti esempi di onomastica prelatina romanizzata. Interessante è l'evoluzione della produzione ceramica: all'inizio vi sono vasi dipinti di botteghe indigene al servizio della città romana mentre a partire dal IV sec. si trovano ricchi esempi di ceramica sigillata tardo-ispanica.

Bibl.: F. Huebner, CIL, II, Berlino 1869; P. de Palol, Clunia Sulpicia, ciudad romana, Burgos 1958; DEA, II, 1, 1961, p. 311, s.v.; P. de Palol, Guia de Clunia, Valladolid 1982s (con bibl.); P. de Palol Salellas, El teatro romano de Clunia, in El teatro en la Hispania romana. Actas del Simposio, Mérida 1980, Badajoz 1982, p. 65 ss.; id., Clunia, cabeza de un convento jurídico de la Hispania Citerior o Tarraconense, I, Burgos 1985, p. 395 ss.; J.M. Gurt Esparraguera, Clunia, III, Hallazgos monetarios (Excavaciones arqueológicas en España, 145), Madrid 1985; P. de Palol, J. Vilella, Un santuario priápico en Clunia?, in Koinè, II, 1986, p. 15 ss.; iid., Clunia, II, La epigrafia de Clunia (Excavaciones arqueológicas en España, 150), Madrid 1988; P. de Palol, El foro romano de Clunia, Valencia 1988.