COCCONATO, Uberto di, detto il Conte Grasso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 26 (1982)

COCCONATO, Uberto di, detto il Conte Grasso

Aldo A. Settia

Il soprannome permette di distinguerlo, non sempre senza difficoltà, dal padre Uberto e da un nipote omonimo.

L'epiteto non è da considerarsi come un vero e proprio titolo comitale, ma come un soprannome, allusivo, oltre che a caratteristica fisica, all'esercizio di diritti signorili analoghi a quelli del potere pubblico ufficiale, come in altri casi attestati nel vicino territorio astigiano durante i secoli XII e XIII (Bordone, pp. 117); esso indica nondimeno che il titolo comitale, poi attribuito ai Cocconato in modo stabile nei documenti dopo l'inizio del XIV secolo, era già comunemente usato ai tempi del C. nell'ambito privato e familiare.

Uberto, padre del C., e un Ruggero di Cocconato sono i primi personaggi della casata di cui si abbia notizia sicura: sono citati dalle fonti, infatti, almeno dal 1148 al 1182. Il primo è fra i "pares curiae" del vescovo di Vercelli, ma entrambi appaiono anche legati da vincolo di vassallaggio nei confronti del vescovo di Asti: tale doppia dipendenza era probabilmente una conseguenza della posizione geografica dei loro principali domini, gravitanti attorno al centro di Cocconato, posto bensì nella diocesi di Vercelli, ma nella zona collinare a destra del Po al confine con Asti. Fu appunto tale collocazione geografica, lontana da forti centri di potere, a favorire le tendenze autonomistiche dei signori di Cocconato già nel XII secolo. Pur osservando una fedeltà formale verso la sede vescovile vercellese, le necessità politiche li portarono infatti ora ad avvicinarsi ai marchesi di Monferrato, ora a ricercare appoggi esterni che servissero da contrappeso alla tutela di costoro. L'abile, costante ricorso ad una tale politica, insieme con il forte associazionismo interno, consentì al dominio dei Cocconato di prolungare la sua esistenza sino all'età moderna. Rimane peraltro impossibile, per il sec. XII, determinare la consistenza dei possessi sui quali si basava la potenza della casata; il preteso diploma di Federico I concesso il 5 marzo 1186 ad un "Ottobono Radicate" non è infatti che una "tarda e spudorata falsificazione", probabilmente del sec. XVI, come dimostrano, fra molti altri elementi, il silenzio delle fonti su un tale personaggio e il predicato di Radicata a lui prematuramente attribuito.

Il C. aveva sicuramente già raggiunto la maggiore età nel 1181, quando viene ricordato per la prima volta dalle fonti a noi note come uno dei vassalli del vescovo di Asti. Nel giugno dell'anno successivo si trovava in Chivasso, alla corte del marchese di Monferrato; nell'ottobre, in Vercelli, insieme con il padre Uberto e con un Guglielmo di Montiglio, giurò il cittadinatico, promettendo di pagare 1.500 lire di fodro a quel Comune. In questa prima fase della sua attività pubblica non sembra che egli si sia allontanato dall'ambito della politica sino allora seguita dal suo gruppo familiare; e ad essa rimase del resto legato anche in seguito, pur giungendo a conquistarsi una certa influenza ed una posizione di prestigio di indubbio rilievo nel corso delle lotte combattute, nell'età di Enrico VI, fra i Comuni piemontesi e le dinastie aleramiche.

Dopo il 1182 segue nella documentazione a noi nota relativa al C. un vuoto di una decina di anni, che potrebbe essere spiegato con un'assenza del C. dalla sua dimora abituale, da mettersi forse in relazione con le spedizioni in Terrasanta compiute da Guglielmo il Vecchio di Monferrato prima, e dal figlio Corrado poi, che occuparono appunto il periodo dal 1183 al 1192; nessuna delle fonti a noi note conferma tuttavia questa congettura. Allorché ricompare nei documenti il nome del C., quest'ultimo risulta prevalentemente legato al Comune di Asti, anche se non mancano le prove di suoi temporanei riavvicinamenti al marchese di Monferrato. Talvolta egli appare anche in posizione intermedia, od almeno parzialmente autonoma, fra Asti, Vercelli, Monferrato e il vescovo di Torino, unitamente ad altri gruppi signorili geograficamente contigui come gli Avvocati di Moncucco Torinese e i Rivalba di Castelnuovo. I legami con Asti appaiono stretti negli anni immediatamente successivi al 1192; egli è infatti presente ad importanti atti pubblici compiuti dal Comune in Asti stessa o nel corso di campagne militari da quello intraprese. Nella lunga lotta impegnata dagli Astigiani contro Monferrato il C., quale partigiano del Comune, dovette essere privato delle terre che egli teneva dal marchese Bonifacio; questi promise infatti, l'11 apr. 1193, di restituirgliele a determinate condizioni. Forse a compenso, il 10 dicembre dello stesso anno (così va corretta la data del Codex Astensis erroneamente spostata al 1183) insieme con il nipote Uberto, venne investito dal podestà di Asti di una somma annuale di quindici lire perotto anni, da sostituirsi, entro tale termine, con terre di egual reddito. In seguito a tale investitura il C. prestò fedeltà al Comune "come vassallo al suo signore". Nel 1194, in un'alleanza offensiva rivolta contro il marchese di Monferrato, i Comuni di Asti e di Vercelli eccettuarono, oltre ai rispettivi vescovi, anche il C.; le medesime clausole appaiono in altri patti stretti nel 1197 fra Asti e Alessandria, e nel 1199 con i Comuni della lega lombarda. Tra il 1197 e il 1199 il C. presenziò ad Alba, ad Ivrea e a Paciliano ad alcuni trattati di notevole importanza locale come personaggio di prestigio al di sopra delle parti in causa.

Questa attività sembra segnare un riavvicinamento al marchese di Monferrato. Mentre il 29 apr. 1202 il nipote prometteva al Comune astigiano di far giurare il C. fra i castellani dell'Astisio, il C. era certamente intento nei preparativi per seguire Bonifacio di Monferrato nell'avventura della quarta crociata. Il "Cuens Cras de Lombardie qui era del marquis de Monferrat", menzionato dal Villehardouin, è infatti certamente da riconoscersi nel C., anche se la tradizione manoscritta ha talvolta alterato il nome in "Cuens Girars", evidente "lectio facilior" per "Cuens Cras", lezione, questa ultima, che appare però costante nei codici più antichi e autorevoli. Il C. si trovava dunque fra gli ottanta cavalieri "de mult bone gent" distaccati dal grosso dell'esercito crociato, tra il giugno e il luglio del 1203, durante la permanenza della spedizione a Scutari; ed era, tra il 15 e il 16 aprile 1205, fra coloro che ripiegavano su Costantinopoli, dopo la sconfitta di Adrianopoli, ricevendo "grand blasure" per il contegno ritenuto poco onorevole.

Il 28 aprile 1206 il C. era già ritornato in Piemonte e aveva ripreso la sua politica di bilancia fra Asti e il marchesato di Monferrato. Egli appare infatti come teste in una conferma di beni concessa al monastero di Rocca delle Donne dal marchese Guglielmo VI; fu presente, quindi, alle trattative che intercorsero fra l'indebitato marchese e il Comune astigiano per la vendita a quest'ultimo di Calliano e di parte del comitato di Loreto; il 15 novembre Guglielmo di Monferrato lo nominò suo "messo e vicario" per riscuotere le somme dovutegli dal Comune. Per tutto il mese successivo fu in Asti, intento a svolgere la sua missione. L'11 maggio 1207 presenziò alla cerimonia in cui i cittadini di Valenza Po giurarono di rispettare la pace firmata fra Asti e Monferrato.

È questa, l'ultima menzione sicura che noi possediamo del C.: Alberto di Cocconato attestato dal 1193 al 1240 circa, e mai contrassegnato dal soprannome di "Comes Grassus", è infatti da identificare con l'omonimo nipote.

Fonti e Bibl.: Chartarum tomus I, in Mon. hist. patriae, V, Augustae Taurinorum 1848, doc. 680; Codex Astensis qui Malabaila communiter nuncupatur, a cura di Q. Sella, Roma 1875-76, docc. 31, 36-45, 64 s., 75, 316, 568, 574, 576, 579, 617, 701, 734-737, 763, 910, 918, 922, 924, 989, 997; Il "Libre verde" della Chiesa d'Asti, a cura di G. Assandria, Pinerolo 1904-1907, docc. 5, 180 s., 211, 293; G. Barelli, Il "Liber instrumentorum" del Comune di Mondovì, Pinerolo 1904, doc. s; A. Tallone, Regesto dei marchesi di Saluzzo, Pinerolo 1906, nn. 73, 114, 117 s.; Il "Libro rosso" del Comune d'Ivrea, a c. di G. Assandria, Pinerolo 1914, doc. 179; F. Loddo, Le carte del monastero di Rocca delle Donne, Torino 1929, doc. 9; G. de Villehardouin, La conquête de Constantinople, a cura di E. Faral, I, Paris 1938, pp. 138 s., 177; M. C. Daviso diCharvensod-M. A. Benedetto, Gli statuti del consortile di Cocconato, Torino 1965, pp. 11-14, 123-126; L. Usseglio, I marchesi di Monferrato in Italia e in Oriente durante i secc. XII e XIII, a cura di C. Patrucco, II, Torino 1926, pp. 306 s.; R. Ordano, I Biscioni, II, 1, Torino 1970, p. 134; R. Bordone, Una valle di transito nel gioco polit. dell'età sveva. Le trasformazioni del potere e dell'insediamento nel comitato di Serralonga, in Boll. stor. bibl. subalp., LXXIII (1975), pp. 108-117; A. A. Settia, S. Maria di Vezzolano. Una fondazione signorile nell'età della riforma ecclesiastica, Torino 1975, pp. 135 s., 240 ss.; J. Longnon, Les compagnons de Villehardouin, Genève 1978, p. 234.

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