Colibacillo

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Batterio ospite abituale dell’intestino degli animali omotermi (Bacterium coli commune, scoperto da Th. Escherich nel 1886 e perciò denominato anche Escherichia coli), frequente nell’intestino degli eterotermi. Considerato già come un semplice saprofito innocuo, anzi utile alla digestione intestinale, è risultato poi dotato, in certi casi, di azione patogena ( colibacillosi): alcune forme di enterite, infezioni a carico di organi addominali (vie biliari e urinarie, soprattutto), forme setticemiche come complicanza di focolai infettivi da Escherichia.

È un bacillo diritto e regolare, dotato di mobilità perché provvisto di 4-12 ciglia laterali, isolato o riunito in coppie o in corte fila, aerobio o anaerobio facoltativo; si colora con i meto­di batteriologici semplici, non con il metodo di Gram; ha scarse esigenze colturali; non fluidifica la gelatina; fermenta il glucosio con produzione di acidi e gas e il lattosio con produzione di acidi; non produce spore. Sui terreni colturali elettivi (Drigalski-Conradi-Endo) le colonie di c. appaiono rosse, distinguendosi così da quelle del tifo che restano violette.

Affine al c. è Bacterium lactis aërogenes Escherich, privo di mobilità e di ciglia. La distinzione non è netta, perciò si è costituito il gruppo Coli-aërogenes. Le feci umane contengono in un grammo da 100 milioni a 1 miliardo di colibacilli. La presenza di c. negli strati superficiali del terreno è segno rivelatore d’inquinamento da deiezioni.

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