COLORE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

Vedi COLORE dell'anno: 1959 - 1994

COLORE (v. vol. Il, p. 770)

F. Tiradritti

Egitto. - Gli Egizi utilizzavano pigmenti ricavati quasi esclusivamente da minerali. Il nero era in genere ottenuto dal carbone, più raramente dall'ossido di manganese, estratto nel Sinai e che trovava invece largo impiego nella produzione del belletto nero. Il calcare o il gesso triturati servivano per il bianco. Dalle terre colorate o dall'ossido di ferro naturale si ottenevano la maggioranza dei pigmenti in polvere: l'ocra gialla dall'ossido di ferro idratato (limonite o goethite), quella rossa dall'ossido di ferro anidrato.

La mescolanza dei due minerali tra loro e con i pigmenti bianchi permetteva di ottenere una vasta gamma di sfumature, dal giallo al marrone, passando per il rosa e il rosso. A partire dalla XII dinastia è attestato anche l'uso dell'arsenico giallo. Il rosso minio fa la sua comparsa in Egitto solo in epoca romana. Il blu si ricavava dall'azzurrite, il verde dalla malachite.

Questi minerali erano importati dalle miniere che si trovavano in Sinai. Raro è l'uso di altri minerali per produrre il verde e il blu. Gli Egizi, proprio perché l'azzurrite e la malachite erano di difficile reperimento, provarono a sostituirli con pigmenti prodotti artificialmente mediante la fritta.

Quest'ultima non è altro che un miscuglio di quarzo, natron, carbonato di calcio addizionato con malachite, cotto a 850o C. Tale composto dava la fritta blu; la presenza di una certa quantità di ferro dava invece quella verde. La tecnica pittorica egiziana resta comunque ancora da studiare approfonditamente, soprattutto per quanto riguarda il modo di stendere il c. e i leganti. Per questi ultimi si ha conoscenza della gomma, del gesso e della cera, mentre invece non è sicuro l'uso dell'albume d'uovo.

Nell'arte egizia il c. aveva un ruolo estremamente importante e serviva da completamento a ogni opera, dal tempio più imponente fino all'amuleto. Ciò che più colpisce è la costante ricerca di una policromia luminosa, impostata sul contrasto misurato piuttosto che sull'accostamento.

I risultati sono eccellenti. Valga per tutti, l'esempio della statua di Mentuḥotep II da Deir el-Bahrī (museo del Cairo), dove il bianco smagliante del vestito si oppone al nero della carnagione e al rosso della corona. Il contrasto è netto, senza compromessi, e dona all'insieme un aspetto imponente e, in qualche modo, inquietante che trova il suo corrispettivo nella resa massiccia delle forme. Sulle pareti dipinte delle tombe e dei templi lo sfondo è quasi sempre di un c. neutro, in modo che le figure risaltino in maniera più vivida. Non mancano certo ricerche coloristiche più meditate, quali possono essere la trasparenza dei vestiti nelle figure femminili della Tomba di Menna a Tebe o il lieve rossore delle guance nelle immagini della regina Nefretere che decorano il suo sepolcro nella Valle delle Regine. Tali effetti sono ottenuti attraverso un sapiente uso dei colori. La ricerca della policromia non si manifesta soltanto nella pittura. Caratteristico è l'utilizzo di materiali e tecniche diversi nella statuaria e nelle arti minori. Il corredo funerario di Tutankhamon è una dimostrazione fin troppo nota di questo modo di intendere l'unione di materie diverse allo scopo di ottenere un risultato policromatico. Il blu e il rosso degli smalti si inseriscono nel giallo dell'oro, il bianco degli intarsi stacca sul nero del legno dipinto.

Le varie tonalità dei c. base venivano impiegate per soddisfare quel desiderio di realismo che contraddistingue gran parte della produzione pittorica egizia. Vi erano naturalmente convenzioni e tutta una simbologia da rispettare: sin dall'Antico Regno la carnagione delle donne è giallo opaco, mentre quella degli uomini rosso mattone. Per gli stranieri, caratterizzati anche sotto questo aspetto come diversi, il c. della pelle varia dal giallo brillante dell'asiatico, nella Tomba di Khnumḥotep a Benī Ḥasan, al marrone degli arcieri nubiani nel modellino in legno dipinto di Asyut (Museo Egizio del Cairo). La ricerca di effetti realistici mediante l'impiego del c. è invece riscontrabile nelle figure degli operai egiziani presenti nella decorazione pittorica della Tomba di Rekhmira a Tebe (Tomba Tebana 100). I corpi sono resi utilizzando una gamma cromatica che spazia dall'arancione al marrone. La pittura si associa così alla gestualità dei personaggi, molto vivida e non ripetitiva, nel rendere più naturale possibile la composizione.

Il pittore egiziano aveva a sua disposizione una paletta cromatica composta di otto c.; ognuno di essi, oltre alla funzione decorativa, possedeva anche un proprio significato. Il nero era il c. della terra, dell'oscurità e della morte; «la terra nera» è l'Egitto, neri sono gli dèi ctoni come Apis e Mnevis e le divinità tutelari dell'oltretomba Anubis e Min. Aḥmose Nefretere, la regina che dopo la morte fu eletta a patrona della necropoli tebana, è spesso rappresentata in nero. Il bianco è invece il c. della luce solare e dell'argento: a esso sono associate, nei testi, tutte le cose che risplendono. Il verde è il c. della vegetazione, del fresco, della giovinezza e del rinnovamento. Verdi sono l'acqua, il papiro e il dio Osiride, quando si desidera metterne in risalto l'aspetto di dio rigeneratore. Ammone ha invece la carnagione blu in quanto dio dell'aria e dell'umido! Blu è il cielo e sono blu le capigliature e le barbe degli esseri divini che risultano così metaforicamente accostate alla preziosità del lapislazzuli. Le carni degli dèi sono invece gialle, con chiaro rimando all'oro, e in giallo sono generalmente dipinti gli oggetti in metallo. Il rosso è invece il c. della collera e del disordine. Il deserto è «la terra rossa», spazio misterioso e fatale al di fuori del cosmo. Seth, il fratello malvagio di Osiride, è rosso. Nei testi, il suo nome e quello del serpente Apophis, che cercava di impedire il passaggio della barca solare durante il suo viaggio notturno, sono rubricati in segno di proscrizione. Rosso è il c. del sangue e del lago di fiamme cui sono destinati dopo la morte tutti gli ingiusti.

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