COMANDAMENTI

Enciclopedia Italiana (1931)

COMANDAMENTI

Felice M. Cappello

. Nel senso cristiano sono precetti generali che riguardano ogni fedele. Si dividono in due gruppi. Il primo comprende i Comandamenti di Dio, o Decalogo (v.), che nella forma catechistica comune, suonano così: "Io sono il Signore Dio tuo: 1. Non avrai altro Dio fuori di me. - 2. Non nominare il nome di Dio invano. - 3. Ricordati di santificare le feste. - 4. Onora il padre e la madre. - 5. Non ammazzare. - 6. Non fornicare (cioè: Non commettere atti impuri). - 7. Non rubare. - 8. Non dire false testimonianze. - 9. Non desiderare la donna d'altri. - 10. Non desiderare la roba d'altri". Gesù Cristo confermò e perfezionò la legge morale contenuta nei dieci comandamenti, e aggiunse che tutta la legge si può compendiare nei due precetti, di amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come noi stessi (cfr. Matteo, XXII, 36-40).

Il concilio di Trento ha tre canoni di somma importanza, che riguardano la possibilità e l'obbligo di osservare i comandamenti di Dio (Sess. VI, de iustif.). "Se alcuno dirà che i comandamenti di Dio sono impossibili ad osservarsi anche da un uomo giustificato e nello stato di grazia, sia anatema" (can. 18). "Se alcuno dirà che nel Vangelo vi è la sola fede, la quale sia di precetto; che tutte le altre cose sono indifferenti; che non sono né comandate, né proibite, ma lasciate in libertà, ovvero che i dieci comandamenti non riguardano in verun conto i cristiani, sia anatema" (can. 19). "Se alcuno dirà che un uomo giustificato, per quanto sia perfetto, non è obbligato all'osservanza dei comandamenti di Dio e della Chiesa, ma solamente a credere, come se il Vangelo non esistesse che nella semplice e assoluta promessa della vita eterna, senza nessuna condizione di osservare i comandamenti, sia anatema" (can. 20).

Comandamenti della Chiesa. - Si chiamano comandamenti della Chiesa, in largo senso, tutte le leggi promulgate dai concilî generali, o dai sommi pontefici, concernenti il culto divino, i costumi e la disciplina. In senso stretto s'intendono quei precetti generali, che costituiscono come la base e la manifestazione esterna della vita cristiana. Sono i seguenti: 1. Udire la messa la domenica e le altre feste comandate; 2. Non mangiar carne nel venerdì e negli altri giorni proibiti, e digiunare nei prescritti; 3. Confessarsi almeno una volta all'anno, e comunicarsi almeno alla Pasqua; 4. Sovvenire alle necessità della Chiesa, secondo le leggi e le usanze; 5. Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti.

Il primo comandamento della Chiesa ordina ai fedeli di ascoltare la messa intera e devotamente tutte le domeniche e le altre feste di precetto (v. festa). L'obbligo di ascoltare la messa in tali giorni è grave; perciò chiunque non l'ascolta, qualora non sia legittimamente impedito o scusato, commette peccato mortale.

Il secondo prescrive che si osservi il digiuno nella quaresima, nelle Quattro Tempora, e in alcune vigilie, e proibisce l'uso delle carni il venerdì e in alcuni giorni di digiuno, cioè nel mercoledì delle ceneri, nel mercoledì e sabato delle Quattro Tempora, nei sabati di quaresima, nelle vigilie di Natale, di Pentecoste, Assunzione e Ognissanti. Il digiuno consiste nel fare un solo pasto al giorno; al consueto pranzo si può aggiungere una piccola colazione e una moderata cena. L'obbligo del digiuno comincia al 21° anno di età compiuto, e cessa al 60° anno incominciato. Non sono tenuti al digiuno gl'infermi, i convalescenti, i deboli, e tutti coloro che non possono farlo senza grave incomodo. All'astinenza sono obbligati tutti i fedeli che hanno compiuto i 7 anni e hanno l'uso di ragione (can. 12, 1254). Non si deve confondere questo digiuno ecclesiastico col digiuno naturale richiesto per fare la Comunione.

Il terzo comandamento ordina ai fedeli, che sono giunti all'uso della ragione, di accostarsi al sacramento della penitenza almeno una volta all'anno, e di comunicarsi almeno nel tempo della Pasqua. Chi volontariamente non soddisfa al precetto della Chiesa, commette una grave disubbidienza.

Il quarto comandamento ricorda ai fedeli l'obbligo di concorrere al conveniente esercizio del culto divino e all'onesto sostentamento dei ministri del santuario. Talvolta, non bastando le offerte spontanee dei fedeli e quelle consuetudinarie, la competente autorità ecclesiastica stabilisce in qual modo si debba supplire (can. 1496).

Il quinto comandamento non vieta la celebrazione del matrimonio, ma solo, per ragione di convenienza, proibisce la solennità delle nozze dalla prima domenica dell'Avvento fino a Natale, e dal primo giorno di quaresima fino a Pasqua. L'ordinario del luogo può dispensare a norma del can. 1108, § 3.

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