COMUNIONE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

COMUNIONE (XI, p. 27)

Pio FEDELE

La questione, molto controversa, relativa alla determinazione del concetto di comunione non è stata espressamente risolta dal codice civile italiano del 1942, nel quale il legislatore non ha creduto opportuno formulare una sua propria teoria circa la struttura del rapporto di comunione. Da alcune disposizioni del nuovo codice si argomenta che la personificazione della collettività dei partecipanti alla comunione non è stata accolta, in quanto si ammette che il comunista abbia un diritto reale su tutta la cosa pro quota indivisa, che resta distinto dal diritto spettante in modo unitario. È da rilevare una differenza rispetto al codice del 1865; mentre questo, disponendo, nell'art. 679, che ciascun partecipante alla comunione ha la piena proprietà della sua quota, sembrava avere accolto espressamente la teoria della proprietà plurima frazionata, il nuovo codice, con la formula dell'art. 1103 ("ciascun partecipante può disporre del suo diritto"), ha usato una espressione che non determina l'essenza di questo e non pregiudica problemi di costruzione teorica, come rileva la relazione ministeriale.

Il nuovo codice, a simiglianza del vecchio, non ha considerato il fenomeno della comunione nei confronti dei diritti di credito.

La determinazione delle facoltà che il singolo titolare del diritto indiviso può esercitare, dei limiti in cui tale esercizio deve essere contenuto e delle facoltà che non possono essere esercitate se non si raggiunga una certa maggioranza di partecipanti o la loro unanimità, è più compiuta ed ordinata nel nuovo codice che non nel vecchio ed è inspirata a criterî diversi da quelli seguiti dal legislatore del 1865, in quanto il nuovo legislatore ha creduto opportuno di dare una più completa organizzazione alla collettività dei partecipanti e di conferire ad essa, non solo per l'amministrazione della cosa comune ma anche per le innovazioni e per gli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, poteri più ampî di quelli che essa aveva sotto l'impero del vecchio codice, il quale, inspirato al riguardo del diritto del singolo partecipante, non consentiva di apportare nessuna innovazione, anche se vantaggiosa per la collettività, se non con il consenso unanime di tutti i partecipanti. Peraltro, ciò non sta a significare che il nuovo codice abbia accolto la tesi di una proprietà della cosa attribuita alla collettività dei comunisti, considerata come persona giuridica: che il diritto spetti ai singoli comunisti e non alla collettività di essi è dimostrato dalla disposizione per cui nella comunione la proprietà o altro diritto reale spetta in comune a più persone (art. 1100) e dall'altra per cui è necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune (art. 1108). Il legislatore ha, altresì, determinato i casi in cui è ammesso il ricorso all'autorità giudiziaria da parte di ciascuno dei componenti la minoranza dissenziente contro le deliberazioni della maggioranza (art. 1109).

Il nuovo codice ha mantenuto il principio sancito nell'art. 681 del vecchio, secondo il quale ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione, soggiungendo che l'autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, se l'immediato scioglimento possa pregiudicare gli interessi degli altri e chiarendo che il patto di rimanere in comunione per un tempo non maggiore di dieci anni è valido ed ha effetto anche per gli aventi causa dai partecipanti; ma il vincolo derivante dalla esistenza del patto di indivisione è temperato dalla disposizione, già esistente nel vecchio codice, secondo cui l'autorità giudiziaria può ordinare lo scioglimento della comunione prima del tempo convenuto, ove gravi circostanze lo richiedano (art. 1111). Il nuovo legislatore ha, inoltre, dettato norme particolari circa gli interventi volontarî, le opposizioni e le chiamate ad intervento di creditori ed aventi causa nella divisione, circa la divisione in natura della cosa che può essere comodamente divisa in parti corrispondenti alla quota dei partecipanti, circa l'estinzione, in sede di divisione, delle obbligazioni solidali dei partecipanti; ha infine rinviato alle norme stabilite per la divisione dell'eredità, in quanto esse non siano in contrasto con quelle relative alla divisione delle cose comuni (confronta articoli 1113-1116).

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