CONCORDIA SAGITTARIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

Vedi CONCORDIA SAGITTARIA dell'anno: 1959 - 1994

CONCORDIA SAGITTARIA (Iulâa Concordâa Sagitrarâa)

G. Brusin

Da una stazione sull'Annia a circa metà strada fra Altino e Aquileia, si sviluppò quella che durante il secondo triumvirato (42 a. C.) divenne la colonia Iulia Concordia.

Collegata indi con una strada diretta nel Norico e poi, per mezzo della Claudia Augusta Altinate, con la Germania, Iulia Concordia fu, nei primi secoli dell'Impero, città fiorente. In tarda età romana ebbe una grande fabbrica di armi e vi furono di stanza militi di numeri varî, specialmente germanici, ma anche orientali. Fu distrutta da Attila, ma la vita non si spense, come risulta dal fatto che la sede vescovile rimase a Concordia.

Di documenti topografici dell'antica colonia rimane efficiente un ponte a tre arcate in un canale a O, subito fuori della città, fatto erigere da un liberto, il seviro Marco Acilio Eudamo. Di un altro ponte, sul Lemene, furono dragati alcuni blocchi a cuneo. La pianta di Iulia Concordia, disegnata più sulla base di indicazioni di avanzi antichi osservati in vario tempo che non di scavi organici e controllati, ci dà la linea della cinta muraria, tracciati di strade, la probabile ubicazione del Foro e del teatro. Molti i monumenti funerarî emersi, specialmente lungo l'Annia, tanto in direzione E che O, ma la loro distruzione ebbe inizio già nel corso del IV sec. d. C., come risulta dal sepolcreto delle milizie sterrato negli anni 1873-77, dove, a sostegno e a sistemazione delle arche dei militi e degli addetti alla fabbrica di armi, furono reimpiegati appunto monumenti funerarî romani, pietre onorarie e pezzi d'architettura.

Il Museo Concordiese, aperto a Portogruaro nel 1886, contiene pregevoli reliquie dell'antica città romana (purtroppo della ingente quantità di arche in pietra non rimangono che le iscrizioni, segate e inserite nelle pareti del museo, dietro singolare consiglio, a quanto pare, di Teodoro Mommsen): le lapidi ci parlano di ragguardevoli famiglie qui vissute come i Cominii, i Desticii, i Turranii, fregi e cornicioni di scalpello sicuro e curato, colonne e capitelli, lacunari e bassorilievi fanno intravvedere opere pubbliche di mole e di fasto, qualche statua, ritratti, busti, tessellati (fin qui soltanto monocromi) fontanine marmoree documentano le case signorili della città. Una epigrafe, scoperta di recente, ha accertato a C., cosa del resto ovvia, la presenza di un teatro.

I monumenti sepolcrali, oltre ai consueti tipi costituiti da are, edicole, stele, cippi e comuni urne cilindriche o quadrangolari e poi da sarcofagi, mostrano la preferenza per una forma a clipeo col ritratto del defunto e per una foggia di ossuarî quadrangolari con coperchio a mezza sfera o a cono con stilizzazione vegetale o di altro genere, di probabile derivazione etrusca. In tali forme coniche è talora scavata la nicchia con il ritratto del defunto. Dei sarcofagi, uno del tipo a colonne, forse importato dall'Asia, della fine del III o degli inizi del IV sec., con edicolette di cui la mediana a timpano triangolare, presenta una scena di dextrarum iunctio. Nel sepolcreto già ricordato le tombe constavano di arche di pietra calcarea col coperchio a spioventi e acroterî agli angoli; poche di esse recano iscrizioni. Qualcuna ha simboli paleocristiani, quali l'agnello e il buon pastore, il monogramma, la lotta dei galli, la palma. Il frammento con l'agnello è da credersi parte di un sarcofago marmoreo scolpito a Ravenna. Ciò vale anche per l'arca di Faustiniana, scoperta nel 1950 nello scavo del sepolcreto paleocristiano presso la cattedrale di C., in prossimità della presunta prima domus Dei del luogo. Questo sepolcreto, molto interessante per la forma dei loculi costituiti ciascuno da tre nicchie a mo' di minuscole trichorae, con arche manomesse e più o meno infrante, serbava un unico sarcofago di marmo scolpito, quello appunto della c(larissima) f(emina) Faustiniana, degli inizî circa del V sec. Anche in questo sepolcreto un grosso soffitto marmoreo con lacunari a floridi rosoni e pezzi di un'ara di marmo dalla ricca cornice a nitidi girali, tratti da opere della città e della necropoli romana, erano stati utilizzati a nascondere la nuda e liscia facciata di due arche lapidee Nello stesso sepolcreto una grande aula trichora (m 8,70 × 7,30) con gradone all'ingiro nell'abside mediana e con cattedra nel centro, ripeteva la struttura caratteristica per la celebrazione dei sacri riti commemorativi in cimiteri paleocristiani. La trichora è della fine circa del IV sec., come risulta dall'epigrafe di un sarcofago apparso nel 1954: iacet ante limina domuorum apostolorum... Maurentius presbiter. La detta trichora equivale pertanto alla basilica apostolorum consacrata con le relative reliquie forse da S. Ambrogio stesso. A S della trichora e basilica cimiteriale furono messi in luce più sarcofagi e il quadriportico.

Bibl.: D. Bertolini, in Not. Scavi, 1877, p. 78; 1880, ecc.; F. Poulsen, Porträtstudien i norditalienischen Provinzmuseen, Copenaghen 1928; G. Brusin, Il sepolcreto paleocristiano di Concordia Sagittaria, in Bollettino d'Arte, 1951, pp. 168-174; P. L. Zovatto, I recenti scavi di Concordia Sagittaria, in Atti del I° Congr. Naz. di Archeologia Cristiana, Roma 1952; id., Le scoperte concordiesi alla luce di nuove epigrafi, in Mem. Stor. Forog., XLI, 1954, pp. 247-251; G. Brusin, in Storia di Venezia, vol. I, Venezia 1957, p. 406, passim.

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