Condominio. Bacheche condominiali e tutela della privacy

Libro dell'anno del Diritto 2012

Condominio. Bacheche condominiali e tutela della privacy

Antonio Scarpa

Condominio.
Bacheche condominiali e tutela della privacy

L’ordinanza 4.1.2011, n. 186, della Corte di cassazione pone all’attenzione, nell’ambito della disciplina del condominio negli edifici, il tema della tutela dei diritti intangibili connessi al trattamento dei dati personali, appartenenti ai singoli condomini e perciò estranei al metodo collegiale ed al principio di maggioranza che governano la gestione della collettività organizzata condominiale.

La ricognizione

Nell’attesa paziente di una riforma del condominio – che mai come in questo anno 2011 era sembrata ad un certo punto davvero imminente1 –, la giurisprudenza è continuamente sollecitata a scovare, fra i ventitré sparuti articoli correnti dall’art. 1117 c.c. all’art. 1139 c.c., gli strumenti che consentano un’effettività di tutela rispetto a situazioni ed esigenze che emergono nell’attuale realtà del fenomeno giuridico condominiale e che erano invece certamente ignote alla originaria disciplina codicistica. Quest’ultima, del resto, appare rivolta unicamente a comporre i conflitti tra i condomini cagionati dal contrapporsi dei singoli interessi individuali, che, al fine di un migliore godimento delle porzioni oggetto di proprietà solitaria, si contendono il godimento delle parti comuni: la regolamentazione legislativa data dal codice civile al condominio negli edifici è, perciò, indissolubilmente modulata sul valore del piano, inteso come misura della partecipazione all’uso e della gestione delle parti comuni2. La diffusa coscienza del bisogno di estendere il campo degli interessi che possono essere oggi curati dall’organizzazione condominiale induce l’interprete a non ravvisare più nella nozione giuridica di «condominio» l’espressione di una mera situazione soggettiva di natura reale, dovendosi piuttosto rendere con la medesima nozione altresì il senso della consistenza funzionale del gruppo dei condomini, il quale ha la sua sintesi nelle figure gestorie dell’assemblea e dell’amministratore. Le vicende sempre più complesse sottoposte all’esame delle nostre Corti non potrebbero cogliersi rimanendo al livello statico della fonte, ovvero del condominio visto unicamente come situazione giuridica di contitolarità dei diritti, ma devono necessariamente transitare nella dimensione dinamica del rapporto, dimensione nella quale si muove l’organizzazione dei condomini, dotata di propri organi aventi competenze esclusive, e, in quanto tale, centro di imputazione di diritti e doveri. Non di meno, vi sono relazioni tra i condomini, o tra i condomini e l’assemblea, o tra i condomini e l’amministratore, che esulano dal soddisfacimento del bisogno di «godimento», ossia dai margini del fenomeno attinente alla utilizzazione obbiettiva delle res, e perciò non possono arbitrariamente costringersi nell’ambito del gruppo dei partecipanti: si tratta, in sostanza, di situazioni singole che non trovano adeguata tutela, laddove combinate in una situazione soggettivamente collettiva.

La focalizzazione

Il criterio di organizzazione e di unificazione dell’insieme, caratteristico del regime condominiale, ha certamente favorito l’incedere di un reale «processo di entificazione » del condominio3. Rimane tuttavia agevole l’individuazione di diritti intangibili appartenenti ai singoli condomini, estranei al metodo collegiale ed al principio di maggioranza, e dei quali non può perciò dirsi titolare, e neppure soltanto gestore collettivo, il «gruppo»4.

2.1 L’intangibilità del diritto al trattamento dei dati personali dei condomini

È questo certamente il caso dei diritti connessi al trattamento dei dati personali, i quali, come tutti i fondamentali diritti della personalità di rilevanza costituzionale, sono contornati da un nucleo di intangibilità, sicché ne è impedita ogni invadenza o limitazione che, nella specie, sia imposta da ragioni di gestione della collettività organizzata condominiale5. Il tema è stato affrontato dall’ordinanza 4.1.2011, n. 186, della Corte di cassazione6, resa all’esito di procedimento di decisione in camera di consiglio, ex art. 380 bis c.p.c. La Corte di cassazione, adita con ricorso immediato ai sensi dell’art. 152, co. 13, d.lgs. 30.6.2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), ha cassato la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la domanda proposta da una condomina nei confronti del condomino e del suo amministratore, volta al risarcimento dei danni derivanti dall’esposizione nella bacheca condominiale di dati ritenuti sensibili, nonché alla cessazione dei comportamenti illegittimi. In particolare, la condomina ricorrente denunciava la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 12 del d.lgs. n. 196/2003 (c. privacy), stante l’illiceità della diffusione dei propri dati personali effettuata dall’amministratore mediante l’affissione di avvisi di mora o comunque di sollecitazioni di pagamento in spazi condominiali accessibili al pubblico. L’ordinanza della suprema Corte premette che i dati riferiti ai singoli partecipanti al condominio, raccolti ed utilizzati per le finalità riconducibili alla disciplina civilistica di cui all’art. 1117 ss. c.c., ed alle relative norme di attuazione, compresi quelli relativi alle posizioni debitorie di ciascuno dei partecipanti nei confronti della gestione condominiale, costituiscono dati personali, ai sensi dell’art. 4, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 196/2003, trattandosi di informazioni riferibili ad un soggetto determinato o determinabile. Il rilievo contabile che assumono, nell’amministrazione del condominio, la quota del contributo dovuto da ciascun condomino per la partecipazione alle spese condominiali, nonché i dati relativi alla mora nel relativo pagamento, non priva, invero, tali informazioni della loro natura di dati personali, in quanto tali soggetti alla disciplina del trattamento prescritta dal codice in materia. In particolare, le informazioni relative alla ripartizione degli oneri condominiali ed alle eventuali morosità possono senz’altro essere oggetto di trattamento, anche senza il consenso dell’interessato, come si desume dall’art. 24 c. privacy. afferma sul punto la Cassazione che «difatti, le attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni implicano che l’amministratore possa procedere alla raccolta, registrazione, conservazione, elaborazione e selezione delle informazioni concernenti le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti al condominio. Del pari, ragioni di buon andamento e di trasparenza giustificano una comunicazione di questi dati a tutti i condomini, non solo su iniziativa dell’amministratore in sede di rendiconto annuale o di assemblea ovvero nell’ambito delle informazioni periodiche trasmesse nell’assolvimento degli obblighi scaturenti dal mandato ricevuto, ma anche su richiesta di ciascun condomino, essendo questi investito di un potere di vigilanza e di controllo sull’attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni, che lo abilita a domandare in ogni tempo all’amministratore informazioni sulla situazione contabile del condominio, comprese quelle che riguardano eventuali posizioni debitorie degli altri partecipanti». Tuttavia, la liceità del trattamento dei dati personali postula pur sempre l’osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti (art. 11 del codice), il che responsabilizza l’amministratore del condominio ad adottare le cautele opportune ad evitare l’accesso ai medesimi dati di gestione da parte di persone estranee alla collettività condominiale. Osserva perciò il supremo Collegio che «l’affissione nella bacheca dell’androne condominiale del dato personale concernente le posizioni di debito del singolo condomino va al di là della giustificata comunicazione dell’informazione ai soggetti interessati nell’ambito della compagine condominiale; tale affissione, infatti, avvenendo in uno spazio accessibile al pubblico, non solo non è necessaria ai fini dell’amministrazione comune, ma, soprattutto, si risolve nella messa a disposizione di quei dati in favore di una serie indeterminata di persone estranee e, quindi, in una indebita diffusione, come tale illecita e fonte di responsabilità civile, ai sensi degli artt. 11 e 15 del codice». A fronte del diritto alla protezione dei dati personali, tutelato dall’art. 2 della Costituzione e dall’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, devono allora soccombere quelle «esigenze di efficienza» della gestione condominiale che erano invece apparse prevalenti al giudice del merito.

2.2 Morosità dei condomini e protezione dei dati personali. I provvedimenti del Garante

Il tema è dunque quello del trattamento, mediante comunicazione o diffusione, dei dati personali concernenti le eventuali situazioni di morosità dei singoli condomini. Sin dai primi anni di applicazione della l. 31.12.1996, n. 675, il Garante per la protezione dei dati personali aveva in proposito più volte sostenuto, da una parte, che il singolo condòmino ben potesse avere legittima conoscenza delle informazioni sulle morosità, disponibili presso l’amministratore, e, dall’altra, che occorresse tuttavia verificare se le modalità del trattamento, di volta in volta in concreto adoperate – in quanto potenzialmente idonee a rendere tali informazioni accessibili ad un numero indeterminato di soggetti esterni al condominio – fossero compatibili con le disposizioni contenute nella normativa sulla tutela dei dati personali. Nella risposta resa con provvedimento del 19.5.2000, il Garante aveva così riconosciuto a tutti i singoli condomini la «contitolarità» del trattamento dei dati personali in possesso al condominio, affidandone però all’amministratore «la concreta gestione». Quale inevitabile conseguenza dell’attribuzione a ciascun condomino della qualità di «contitolare» (concepita pure dall’attuale art. 4, lett. f, d.lgs. 30.6.2003, n. 196), l’autorità, aveva quindi concluso che fosse «lecita per ciascun condomino la conoscenza dei dati personali trattati presso il condominio ai sensi degli artt. 1117 e ss. del codice civile, dati che sono raccolti ed utilizzati correntemente per le finalità riconducibili a tale disciplina». Con la decisione 12.12.2001, poi, il Garante aveva accolto il ricorso proposto da una condomina che lamentava che l’amministratore avesse affisso nella bacheca «posta nello spazio di accesso comune» al palazzo l’ordine del giorno di un’assemblea condominiale, nel quale comparivano alcuni dati personali relativi alle posizioni debitorie della stessa ricorrente nei confronti del condominio. Il Garante evidenziava come il trattamento consistesse dunque nella esposizione di avvisi e documenti in luoghi di transito, nei quali potessero avere accesso anche persone estranee al condominio, sicché l’affissione dell’ordine del giorno dell’assemblea del condominio avrebbe dato luogo ad una diffusione dei dati personali della ricorrente ivi riportati. Affermava, tra l’altro, quella decisione: «L’esposizione di dati personali riguardanti i singoli condomini in luoghi aperti al passaggio di soggetti estranei deve essere infatti limitata predisponendo gli avvisi, le convocazioni e gli ordini del giorno di cui si ritenga necessaria l’inserzione in bacheche condominiali in modo da inserirvi le sole informazioni necessarie per una più efficace comunicazione dell’evento (es.: assemblea condominiale), indicando eventuali dati personali relativi al merito delle singole questioni solo nell’ambito di documenti inviati ai singoli aventi diritto, oppure all’interno della discussione comune. Tale cautela non è stata osservata nel caso di specie, essendosi superfluamente indicato nell’avviso n. 2/2001 pubblicato in bacheca anche uno specifico riferimento ad una asserita, personale morosità divenuta così conoscibile anche da terzi non interessati». In seguito, l’8.2.2006 il Garante aveva avviato una «Consultazione pubblica in materia di trattamento di dati personali nell’ambito dell’amministrazione di condomini». Nell’allegato Documento di consultazione, a proposito del Trattamento di dati riferiti ai singoli condomini, l’autorità affermava: «Possono formare oggetto di trattamento, in particolare da parte dei condomini e, ove nominato, dell’amministratore, le sole informazioni personali riferite a ciascun condomino che siano necessarie allo svolgimento delle attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni: in particolare, i dati anagrafici e i recapiti di condomini, le quote millesimali attribuite a ciascuno di essi. I singoli condomini possono essere resi edotti degli eventuali inadempimenti di altri condomini nelle forme del rendiconto annuale o su espressa richiesta di uno di essi rivolta all’amministratore. Per il trattamento di tali informazioni non è necessario il consenso dell’interessato ». Si aggiungeva: «La condivisione di informazioni relative alla gestione della cosa comune avviene di norma in sede di discussione nell’assemblea condominiale o tramite l’amministratore». Per contro: «salvo che il condomino interessato abbia precedentemente reso il consenso o che ricorrano gli specifici presupposti di esclusione dal consenso stabiliti dalla legge, ad esempio l’esercizio di un diritto in sede giudiziaria (art. 24, comma 1, lett. f) del codice), non possono essere messi a disposizione di soggetti terzi dati personali riportati nei prospetti contabili o dei verbali assembleari o consentendo la presenza in assemblea di soggetti non legittimati a parteciparvi. Analogamente non possono essere diffusi dati personali, ad esempio mediante l’affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) in spazi condominiali accessibili al pubblico». La restrizione imposta dal Garante, con riguardo alle «informazioni personali riferite a ciascun condomino che siano necessarie allo svolgimento delle attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni», richiamava la portata della vecchia lettera q), co. 5 ter, dell’art. 7, l. 31.12.1996, n. 675, così come aggiunto dal d.lgs. n. 255/1997. Così, con provvedimento del 18.5.2006 (pubblicato in G.u. n. 152 del 3.7.2006) recante prescrizioni ai sensi dell’art. 154, co. 1, lett. c), d.lgs. 30.6.2003, n. 196, dirette ai soggetti titolari di un trattamento di dati personali nell’ambito dell’attività di amministrazione dei condomini, il Garante evidenziava come:

1) il trattamento di dati personali, effettuato nell’ambito dell’attività di gestione del condominio da parte della compagine condominiale unitariamente considerata − di regola con l’ausilio dell’amministratore di condominio, in veste di responsabile del trattamento −, può considerarsi conforme al principio di liceità purché riguardi le sole informazioni personali pertinenti e necessarie rispetto allo svolgimento delle attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni ed idonee a determinare, secondo le regole degli artt. 1117 ss. c.c., le posizioni di dare ed avere dei singoli partecipanti;

2) le informazioni trattate possono concernere non solo l’intera compagine condominiale unitariamente considerata, ma anche il singolo partecipante, se indispensabili ai fini dell’amministrazione comune; possono quindi formare oggetto di trattamento anche «le quote millesimali attribuite a ciascuno dei condomini e i dati personali necessari a commisurarle o, comunque, rilevanti per la determinazione di oneri nell’ambito condominiale»;

3) allo scopo di esercitare i controlli in ordine all’esattezza dell’importo dovuto a titolo di contributo per la manutenzione delle parti comuni e per l’esercizio dei servizi comuni, ciascun partecipante può essere informato in ordine all’ammontare della somma dovuta dagli altri; l’amministratore, in ragione delle regole sul mandato, informa i singoli partecipanti degli eventuali inadempimenti, sia nelle usuali forme del rendiconto annuale, sia a seguito dell’esercizio del potere di vigilanza e controllo spettante a ciascun partecipante al condominio sull’attività di gestione delle cose, dei servizi e degli impianti comuni;

4) a meno che non ricorra una causa giustificatrice (quale il consenso dell’interessato o uno degli altri presupposti previsti all’art. 24 del codice), è sempre illecita la comunicazione a terzi di dati personali riferiti ai partecipanti: il che può avvenire, ad esempio, mettendo a disposizione di terzi dati personali riportati nei prospetti contabili o dei verbali assembleari;

5) «integra un trattamento illecito (anche in violazione del principio di proporzionalità) la diffusione di dati personali effettuata mediante l’affissione di avvisi di mora (o, comunque, di sollecitazioni di pagamento) in spazi condominali accessibili al pubblico, potendo tali informazioni venire a conoscenza di una serie indeterminata di soggetti, nell’intervallo di tempo in cui l’avviso risulta visibile. L’esposizione di dette informazioni in tali luoghi può contenere solo avvisi di carattere generale utili ad una più efficace comunicazione di eventi di interesse comune (ad esempio, inerenti allo svolgimento dell’assemblea condominiale o relative a comunicazioni urgenti: si pensi ad anomalie nel funzionamento degli impianti), rimettendo a forme di comunicazione individualizzata, o alla discussione in assemblea, la trattazione di affari che importi il trattamento di dati personali riferiti a condomini individuati specificatamente ». Successivamente, con decisione del 18.6.2009, il Garante ha rilevato l’illiceità del trattamento da parte dell’amministratore dei dati personali di alcuni condomini, relativi alla targa e al modello delle rispettive autovetture, nonché alla collocazione dei veicoli in posti-auto numerati, trattamento consistito nella affissione nella bacheca condominiale dell’avviso contenente tali dati. Osservava al riguardo il Garante: «il trattamento delle predette informazioni da parte del condominio, in base agli elementi allo stato in atti, avrebbe potuto essere effettuato con modalità parimenti efficaci ma meno invasive, ricorrendo a forme di comunicazione individualizzata nei confronti dei condomini che non avevano tempestivamente provveduto a rimuovere il veicolo, ovvero ricorrendo a un invito a provvedervi, pur affisso nella bacheca, ma privo di riferimenti atti ad identificare gli interessati». Ancor più di recente, con decisione dell’8.7.2010, il Garante ha dichiarato l’illiceità del trattamento svolto da un amministratore di condominio, consistito nell’esposizione nelle bacheche condominiali dell’avviso di convocazione dell’assemblea e della copia del ricorso per impugnazione di una delibera assembleare proposto da una condomina, nonché del prospetto recante informazioni sulla ripartizione delle spese condominiali, prescrivendo al condominio di omettere negli avvisi di carattere generale informazioni idonee ad identificare i dati personali dei singoli partecipanti, e di privilegiare modalità di comunicazione individualizzata anche ai fini della ripartizione dei contributi attinenti alla gestione condominiale.

2.3 I progetti di riforma del condominio

Può da ultimo farsi un cenno alla regolamentazione della materia contenuta nel d.d.l. n. 4041, recante Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, approvato dal senato il 26.1.2011. L’art. 19 del d.d.l. n. 4041, nel sostituire l’art. 63, disp. att. c.c., prevedrebbe l’obbligo per l’amministratore di «comunicare ai creditori del condominio non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi». A sua volta, il co. 6 del riformulato art. 1129 c.c. dovrebbe sancire il diritto di ciascun condomino ad accedere direttamente al conto corrente intestato al condominio, per prenderne visione ed estrarre copia della rendicontazione periodica, in modo da avere diretta notizia pure delle somme pagate dai singoli condomini o da terzi. Nulla di dissacrante, tutto sommato, rispetto ai principi di tutela dei dati personali elaborati in argomento dall’autorità Garante − e fedelmente ripresi dall’ordinanza 4.1.2011, n. 186, della suprema Corte −, se si fa il confronto con quanto era stato diabolicamente progettato qualche anno fa nel testo provvisorio proposto il 24.2.2004 dal Comitato ristretto condominio, che doveva raccordare i diversi disegni di legge di riforma; la disposizione che si voleva all’epoca introdurre (co. 8 dell’art. 1129 c.c.) imponeva, piuttosto, l’affissione della notizia della morosità in locali di uso comune per dieci giorni consecutivi, e pure la contestuale comunicazione della medesima notizia ai creditori insoddisfatti del condominio.

I profili problematici

Occorre distinguere tra la comunicazione delle situazioni di morosità agli altri condomini e la comunicazione delle situazioni di morosità ai terzi creditori.

3.1 La comunicazione delle situazioni di morosità agli altri condomini

sia il provvedimento del Garante 18.5.2006, che Cass., ord. 4.1.2011, n. 186, ravvisano nel rendiconto annuale la modalità di comunicazione dell’amministratore tipicamente destinata a rendere edotti i singoli condomini degli eventuali inadempimenti di altri partecipanti. Non si tratta, peraltro, di un contenuto irrinunciabile del rendiconto, ben potendo l’assemblea validamente approvare un bilancio di gestione che non presenti, in realtà, alcuna analitica indicazione dei nominativi dei condomini morosi nel pagamento delle quote condominiali e dei corrispondenti importi da ciascuno dovuti, purché le poste attive e passive risultino comunque correttamente iscritte nel loro importo7. Peraltro, secondo il Garante, qualsiasi condomino potrebbe rivolgere «espressa richiesta» all’amministratore circa la situazione di morosità degli altri partecipanti; né occorrerebbe in tal caso premunirsi del consenso espresso, libero, specifico e documentato per iscritto (art. 23 d.lgs. 30.6.2003, n. 196) dei condomini inadempienti interessati. Diversamente, per la liceità della comunicazione dei dati relativi ai morosi in favore di soggetti terzi rispetto al condominio, occorrerebbe verificare la sussistenza o del consenso del condomino interessato, o della causa di esonero dal consenso, ex lett. f), art. 24 d.lgs. 30.6.2003, n. 196, prevista per le ipotesi di trattamento volto a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria. Aggiunge la dottrina che la superfluità del consenso dei condomini inadempienti al trattamento dei loro dati personali discenderebbe già dalle prime due cause di esonero contemplate dall’art. 24 d.lgs. 30.6.2003, n. 196, non essendo invero il consenso richiesto ogni qual volta il trattamento sia: «a) necessario per adempiere ad un obbligo previsto dalla legge, da un regolamento o dalla normativa comunitaria», oppure «b) necessario per eseguire obblighi derivanti da un contratto del quale è parte l’interessato o per adempiere, prima della conclusione del contratto, a specifiche richieste dell’interessato ». Basterebbe, cioè, ad affermare la liceità della comunicazione ai condomini delle situazione di morosità la considerazione dell’ampiezza degli obblighi posti in capo all’amministratore dagli artt. 1130, 1131, 1133 c.c, nonché dal contratto di mandato ad amministrare8. In sostanza, si assume che il consenso del condomino interessato al trattamento dei dati concernenti il suo mancato pagamento dei contributi, trattamento consistente nella comunicazione della morosità destinata agli altri condomini, risulterebbe irrilevante, giacché una tale comunicazione sarebbe per sua natura essenziale allo svolgimento delle attività di gestione delle parti comuni, ed anzi rientrerebbe nel contenuto degli obblighi gravanti in capo all’amministratore in forza della legge ed in forza del mandato conferitogli dall’assemblea. La conclusione appena riassunta parte dal presupposto che i condomini, in quanto tutti condebitori dell’intero importo verso i terzi creditori in virtù della solidarietà passiva tra loro operante, abbiano diritto di essere costantemente informati sulle effettive possibilità di adempimento di ciascuno di loro. Questa ricostruzione sconta però approssimazioni e rivela inesattezze nel delineare la struttura e gli effetti del rapporto obbligatorio di debito che coinvolge il condominio, il terzo creditore e i singoli condomini. Alla stregua di quanto affermato da Cass., s.u., 8.4.2008, n. 91489, non avendo la solidarietà tra i condomini per i debiti nei confronti dei terzi alcun fondamento normativo, e prevalendo, anzi, al riguardo l’intrinseca parziarietà dell’obbligazione, il creditore può al più procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli condomini soltanto nei limiti della rispettiva quota di ciascuno e giammai per l’intero. una volta identificati i condomini morosi, incombe quindi sull’amministratore del condominio, in ragione dell’ufficio privato conferitogli con la nomina, il potere-dovere di attivarsi per l’esazione delle quote dovute e non versate, non potendo l’amministratore stesso, né l’assemblea, né tampoco il terzo creditore, escutere nuovamente i condomini già adempienti pro quota per conseguire il soddisfacimento integrale delle loro aspettative di soddisfazione parzialmente deluse dai morosi. In sostanza, il singolo condomino, che abbia già versato il suo contributo all’amministratore, non essendo un condebitore solidale, non può essere escusso dal terzo creditore per l’intero debito contratto dal condominio; non è quindi neppure sostenibile che allo stesso condomino adempiente spetti un diritto di regresso nei confronti degli altri condomini, sia pur limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi. L’azione di regresso ex art. 1299 c.c. non è, invero, ravvisabile nelle ipotesi di parziarietà: sicché in favore del condomino, che per avventura abbia pagato oltre la propria parte, può al più ammettersi o la surrogazione legale nei diritti del creditore ai sensi dell’art. 1203, n. 3, c.c., o l’azione di ripetizione dell’indebito. se non sussiste allora alcuna azione di regresso – perché non sussiste a monte alcun debito solidale – nei rapporti tra condomini adempienti e condomini morosi, non può affatto ritenersi ex se finalizzata «allo svolgimento delle attività di gestione ed amministrazione delle parti comuni» la comunicazione delle morosità resa ai primi dall’amministratore, non avendo costoro interesse a conoscere la quota dovuta da ciascuno degli inadempienti. Un diritto dei singoli condomini alla conoscenza delle eventuali situazioni individuali di morosità nella riscossione dei contributi può, per contro, discendere dall’obbligo di rendiconto cui è tenuto l’amministratore in forza del contratto di mandato che intercorre con il gruppo, obbligo che, tuttavia, concerne necessariamente la specificazione non dei dati personali degli inadempienti, quanto dei dati meramente contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale, nonché di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell’incarico, onde stabilire se l’operato dell’amministratore si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione. Esula, inoltre, dall’adempimento degli obblighi legali e contrattuali dell’amministratore (ed impone, perciò, il consenso, ex art. 23 d.lgs. 30.6.2003, n. 196) ogni profilo di trattamento di dati che coinvolga, interessi dei condomini «nella qualità non di comproprietari ma di proprietari», qual si rivela, appunto, l’interesse proprio del condomino che intenda agire per il recupero di quanto pagato al terzo in eccedenza rispetto alla propria quota, potendosi in tal caso soltanto ipotizzare la ricorrenza della ipotesi di esonero dal consenso di cui alla lett. f), art. 24, d.lgs. 30.6.2003, n. 196. Andrebbe quindi rimeditato il diffuso convincimento circa la ravvisabilità in capo a qualsiasi condomino di un interesse in re ipsa ad apprendere dall’amministratore le notizie relative alla situazione di morosità degli altri partecipanti nominativamente indicati.

3.2 La comunicazione delle situazioni di morosità ai terzi creditori

Quanto alla liceità della comunicazione dei dati relativi ai morosi resa a soggetti terzi, essa viene subordinata o al consenso del condomino interessato, o al riscontro della causa di esonero stabilita nel caso di trattamento volto a consentire la tutela giudiziaria di un diritto. Si è scritto in proposito addirittura che «le improvvide norme sulla cd. privacy» rappresentano un serio ostacolo alle garanzie di soddisfazione del terzo contraente nei confronti dei singoli condomini, ed anzi uno strumento di maggiore tutela dell’inadempiente10. Sull’obbligo di collaborazione dell’amministratore di condominio nei confronti dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale è noto un significativo precedente giurisprudenziale. Cass., 13.9.2006, n. 19636, sanzionò la colpevole inerzia dell’amministratore che, «quale unico soggetto in grado di conoscere eventuali situazioni di morosità», non aveva indicato all’impresa appaltatrice dei lavori di manutenzione di un fabbricato condominiale, i nominativi dei condomini inadempimenti, morosi, sia pur in presenza di una clausola contrattuale che prevedeva la facoltà di azione diretta dell’appaltatrice nei confronti dei singoli condomini morosi, all’uopo segnalati dall’amministratore. Al di fuori dei casi in cui sia pattuita un’apposita clausola contrattuale di tale contenuto, però, andrebbe ripensato a monte l’imperativo categorico, che ritorna spesso nelle sentenze, inerente alla riferibilità ai singoli condomini degli effetti delle obbligazioni assunte dall’amministratore, riferibilità da cui poi discende l’individuazione di una pluralità di debitori vincolata ad un’unica prestazione in forza di un unico titolo. Il postulato è che il terzo creditore «deve» poter agire direttamente nei confronti dei singoli condomini, e, per favorire tale azione, è perciò lecita la comunicazione in suo favore dei dati relativi ai morosi. Potrebbe tuttavia ribattersi come il singolo condomino non sia titolare di alcun diritto di natura sinallagmatica nei confronti del terzo contraente prescelto dall’amministratore o dall’assemblea. L’obbligo di pagamento degli oneri condominiali da parte del singolo partecipante ha causa diretta nella disciplina del condominio, e non in un rapporto contrattuale che obblighi una controparte ad una controprestazione; come il condomino non è legittimato ad agire direttamente contro il terzo per ottenere l’adempimento dell’obbligazione che questi abbia nei confronti del condominio, così allora dovrebbe negarsi al terzo, creditore verso il condominio, la legittimazione ad agire, in via diretta, nei confronti dei singoli condomini, e, di conseguenza, parimenti negarsi ogni suo interesse ad apprendere i dati personali concernenti i partecipanti morosi.

Note

1 Ci si riferisce al d.d.l. 4041, recante Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, approvato in prima lettura dal senato il 26.1.2011, ma poi giacente all’esame della Camera dei deputati.

2 Costantino, Contributo alla teoria delle proprietà, Napoli, 1967, 275-276.

3 Basile, Condominio negli edifici: I) Diritto civile, in Enc. giur. Treccani, VIII, Roma 1988, 8.

4 Cfr. Corona, Proprietà e maggioranza nel condominio negli edifici, Torino, 2001.

5 Sempre di recente, nella giurisprudenza di merito, proprio su un aspetto connesso all’applicazione della normativa sulla privacy in ambito condominiale, si è affermato che esula dalle attribuzioni dell’assemblea dei condomini l’installazione di un impianto di videosorveglianza degli spazi comuni dell’edificio, coinvolgendo tale installazione il trattamento di dati personali di cui l’assemblea non può ritenersi soggetto titolare: Trib. Salerno, ord. 14.12.2010, in Foro it., 2011, I, 622.

6 Il provvedimento è pubblicato, tra gli altri, in Foro it., 2011, I, 1128 ss.; in Danno e resp., 2011, 133 ss., con nota di Foffa, L’illiceità dell’esposizione in bacheca degli elenchi dei condomini morosi.

7  In tal senso, Cass., 28.1.2004, n. 1544, in Giust. civ. Mass., 2004, 1; in dottrina, Celeste-Salciarini, La privacy nel condominio, Milano, 2007, 151.

8 Si vedano Scripelliti, Condominio e privacy: una convergenza ancora incompleta, in Arch. loc., 2005, 13 ss.; Salciarini, Amministrazione del condominio e legge sulla privacy, in Arch. loc., 2001, 195 ss.

9 In Foro it., 2008, I, 3255, con nota di Scarpa, Titolarità ed attuazione delle obbligazioni di gestione del condominio.

10 Izzo, Sull’apparenza del diritto nel condominio e l’onere di consultazione dei registri immobiliari, in Giust. civ. 2002, I, 1848, in nota a Cass., s.u., 8.4.2002, n. 5035.

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