CONDOMINIO

Enciclopedia Italiana (1931)

CONDOMINIO

Luigi PERLA
Enrico CATELLANI

È, nel diritto privato, il concorso di due o più diritti di proprietà sul medesimo fondo. Nel diritto internazionale condominio è il concorso di due sovranità sul medesimo territorio. Le due proprietà nel primo caso e le due sovranità nel secondo, sussistono egualmente su tutta la cosa e, nell'esercizio del diritto e nella disposizione della cosa stessa, si limitano vicendevolmente così da rendere possibile la continuità nell'esistenza dei due diritti e nella tutela dei due corrispondenti gruppi d' interessi.

Diritto internazionale. - Rispetto ai terzi stati, ogni condomino ha il diritto di impedire nel territorio comune qualunque ingerenza di autorità oltre a quella propria e a quella del suo condomino ma, mentre ciascuno dei condomini può agire da solo per la tutela del dominio comune contro le usurpazioni di terzi, non può effettuarsi (fatta eccezione per la rinuncia al proprio diritto), se non per volontà concorrente dei condomini, alcun atto di disposizione del territorio comune o di limitazione su quello all'esercizio della sovranità territoriale.

Dal punto di vista storico il condominio (o co-imperium) è il risultato di una transazione fra le due sovranità che non riescano o non vogliano effettuare la divisione o l'attribuzione assoluta a una delle due della medesima cosa. Perciò esso ha necessariamente un carattere transitorio e temporaneo che risulta evidente dall'esperienza storica dei condominî in vario tempo costituiti, la grande maggioranza dei quali non rappresentano ormai che ricordi del passato. I condominî possono distinguersi in tre specie:1. di sovranità diretta; 2. di alta sovranità; 3. di concessione in amministrazione. Hanno cessato di esistere da pochi anni i condominî sul territorio di Moresnet, sui ducati di Schleswig, Holstein e Lauenburg, sull'arcipelago delle Spitzberg (ora Svalbard), sulle isole Samoa.

1. Dei condominî ora esistenti corrispondono alla comunanza di sovranità diretta: il condominio franco-spagnolo sulle isole dei Fagiani e della Conferenza sul fiume Bidassoa, regolato dal trattato di Baiona del 2 dicembre 1856, e, nei riguardi dell'esercizio della giurisdizione e della polizia nell'isola della Conferenza, dalla convenzione del 27 marzo 1901; e il condominio franco-inglese sull'arcipelago delle Nuove Ebridi, regolato genericamente dagli accordi dell'8 aprile 1904 coi quali le due potenze si impegnavano a determinare il regime dell'arcipelago con una convenzione successiva, che fu infatti stipulata il 20 ottobre 1906. Le isole vi erano dichiarate territorio di influenza comune; il governo vi doveva essere retto da due alti commissarî, uno francese e uno inglese, con eguaglianza di diritti quanto alla residenza e alla tutela giuridica per i sudditi delle due potenze; con un servizio comune di polizia, di trasporti e di comunicazioni; legislazione promulgata d'accordo dai due alti commissarî; regime dei tribunali misti; ordinamento comune della giurisdizione e della tutela dei diritti personali, del regime immobiliare e del regime del lavoro; e corso legale delle monete dei due stati sovrani. Questo regolamento ha subito ritocchi di dettaglio nel febbraio e nel marzo 1922.

2. Il più antico dei condominî di alta sovranità ancora in vigore, è quello della repubblica di Andorra (v.) esercitato per parte francese dal prefetto dei Pirenei orientali e per parte spagnola dal vescovo di Urgel. Il più recente condominio di alta sovranità è quello anglo-egiziano sul Sūdān già egiziano ricuperato con la cooperazione dell'Inghilterra e riordinato con la convenzione anglo-egiziana del 19 gennaio 1899. In questo caso l'apparenza è di un condominio diretto o coimperio, ma la sostanza è di un condominio di alta sovranità (v. sūdān). Il condominio è costituito dalla coesistenza di una sovranità effettiva e di una nuda sovranità, spettanti la prima all'Inghilterra e la seconda all'Egitto; stato subordinato di fatto alla sovranità britannica nel suo territorio di diretto dominio e di diritto alla stessa sovranità in questa dipendenza comune.

3. Alla categoria dei territorî concessi a due o più potenze o a gruppi di residenti stranieri di varia nazionalità in semplice amministrazione appartiene il Quartiere delle legazioni di Pechino amministrato dai rappresentanti diplomatici accreditati presso il governo cinese come una municipalità comune. Alla categoria analoga dei territorî concessi in possesso temporaneo per quanto indeterminato sempre a due o più potenze o a gruppi di residenti stranieri di varia nazionalità, appartengono i settlements, o municipalità internazionali costituenti comuni stranieri distinti dagli adiacenti e omonimi comuni cinesi, e distinti dalle municipalità costituite in concessioni analoghe unilaterali dai concessionarî cittadini di un solo stato estero. A questa categoria appartengono i settlements internazionali di Canton e di Shanghai e quelli esclusivamente internazionali di Amoy e di Kiu kiang. Questi municipî, che ora la Cina cerca, mediante accordi con le potenze europee, di ricondurre nell'orbita normale dell'amministrazione cinese, sono retti da municipalità costituite dagli abitanti di varia sudditanza, considerati nei riguardi dell'amministrazione municipale come costituenti altrettante popolazioni omogenee e sono subordinati all'autorità tutoria dei consolati e delle legazioni degli stati dei gruppi concessionarî.

Diritto privato. - Con l'espressione condominio, che suona genericamente come sinonimo di comproprietà (v.), si suole oggi intendere più in particolare l'istituto della proprietà separata per i varî piani orizzontali di una medesima casa, riconosciuto dal codice civile italiano (articoli 448, 562, 564) sull'esempio del codice francese (articoli 553, 664).

Fino a non molti anni addietro e soprattutto nel momento in cui furono emanati i codici francese e italiano tuttora vigenti, l'istituto in parola aveva nella pratica una diffusione piuttosto limitata ed era inoltre riguardato dal legislatore con qualche diffidenza. Mentre in alcuni paesi era quasi sconosciuto e finanche rigettato espressamente dalla legge (cod. civ. germanico, § 12 segg., § 94,994 segg.), in altri, come per es. in Francia, rimaneva limitato a poche città di provincia (Grenoble, Rennes). In Italia il condominio edilizio appariva più di frequente in alcuni grossi centri urbani (Napoli, Genova), favorito soprattutto dalla scarsa disponibilità delle aree edificatorie e dal loro costo conseguentemente alto, condizioni queste che determinavano la pratica delle costruzioni intensive e frazionabili tra diversi acquirenti. Con l'andar del tempo l'uso del condominio andò estendendosi in quasi tutti i centri urbani per effetto delle condizioni del mercato edilizio dappertutto mutate; lo stesso legislatore da parte sua incominciò, con una serie di leggi sulle case popolari, a favorire tra le classi meno abbienti la progressiva costituzione di questa forma particolare di proprietà. Ma l'incremento più poderoso al condominio fu dato infine dalla crisi economica ed edilizia verificatasi durante la guerra e nel dopo guerra, quando gl'inquilini, assillati dalle richieste di aumento dei canoni d'affitto e dalle minacce di sfratto e dubbiosi di una prolungata tutela legislativa, si volsero ad acquistare l'appartamento abitato o altro disponibile sul mercato e d'altro canto i proprietarî, specie di grandi istituti edilizî, nei quali si erano per l'innanzi accentrati molti stabili privati a uso di abitazione, trovarono conveniente di vendere a lotti per valorizzare in questo modo i forti capitali immobilizzati che altrimenti avrebbero dato scarso reddito. A questa condizione di cose attualmente esistente deve aggiungersi, infine, quella che verrà a prodursi in futuro in rapporto alle numerose cooperative tra impiegati dello stato a contributo statale allorché, ottenuto dai soci il riscatto delle abitazioni, verrà a tramutarsi in rapporto di diritto privato l'attuale rapporto sui generis di diritto pubblico derivante dall'assegnazione dei singoli appartamenti.

Dal punto di vista giuridico il condommio, nel senso della divisione della proprietà di una casa per piani, appare come un istituto ignoto al diritto romano e sviluppatosi a poco a poco attraverso diverse fasi corrispondenti a diverse figure giuridiche (superficie, dominio utile, proprietà separata). Fino al sec. VI d. R. (II a. C.), la natura stessa dell'edifizi0 costruito a un sol piano, rendeva inconcepibile la divisione della proprietà in senso orizzontale. Allorché poi s'incominciarono a costruire le case di diversi piani, si ammise solo la possibilità di dividere l'edifizio in senso verticale mediante un muro divisorio. Nel senso orizzontale invece non si concepiva che un diritto di superficie; la proprietà non si ammetteva in questo caso in coerenza alla regola superficies solo cedit. A tale regola generale si sottrassero peraltro alcune provincie orientali dell'Impero; specialmente quelle nelle quali si riscontrava, come avviene attualmente a Genova e a Napoli, una notevole angustia delle aree edilizie comprese tra la montagna e il mare. Successivamente nel diritto germanico, che riconobbe il principio del lavoro anziché quello dell'accessione, fu ammessa la possibilità della proprietà della superficie e del suolo e conseguentemente non fu creato alcun ostacolo teorico alla concezione della proprietà separata per i diversi piani di una medesima casa. Per influsso del diritto germanico e per il temperamento del rigoroso principio romano l'istituto venne estendendosi fino ai tempi più recenti e fu quindi oggetto di ampie discussioni da parte degli scrittori di diritto comune. Il principio romano penetrò invece in Germania con la recezione del diritto romano, influendo largamente sulla prevalente dottrina, sul diritto comune tedesco e infine sulla redazione del codice civile.

Nel diritto italiano l'istituto del condominio trova il suo regolamento positivo negli articoli 562,563 e 564 del cod. civ. Gli articoli 562 e 563 contengono le regole da applicarsi in ordine al carico delle spese per le riparazioni e ricostruzioni delle varie parti dello stabile quando i titoli di proprietà non provvedono altrimenti: esse hanno pertanto carattere suppletivo. L'art. 564 si riferisce all'ipotesi di soprelevazione dello stabile da parte del proprietario dell'ultimo piano. A queste disposizioni particolari si debbono aggiungere quelle relative alla comunione che siano applicabili nel caso. Da questti insieme di disposizioni debbono ricavarsi, mediante l'interpretazione del sistema della legge, le norme fondamentali circa l'istituto, ma la formulazione di tali norme va incontro a molteplici difficoltà derivanti dal fatto che all'istituto stesso, non contemplato in maniera autonoma e non regolato organicamente dalla legge, vengono a riferirsi rapporti di diritto che non hanno ancora una completa definizione e che mentre da una parte si spingono fino all'assolutezza del diritto di proprietà, dall'altra subiscono particolari limitazioni come se si trattasse di una servitù. Ora, posto che la figura del condominio sorge dal fatto della coesistenza di altrettante proprietà divise per i singoli piani, la configurazione giuridica dell'istituto deve necessariamente dipendere dal criterio che si adotta nello stabilire la natura del rapporto tra queste varie proprietà divise. In proposito si deve innanzi tutto escludere che tale rapporto possa essere configurato sotto la specie della comunione. Non potendosi poi raffigurare il rapporto in parola sullo schema della servitù prediale (come il Coviello e il Ferrini, hanno pensato), sembrerebbe più esatto considerarlo come una limitazione delle singole proprietà, dalla quale vengono a derivare obbligazioni di carattere personale.

Al di fuori delle parti che costituiscono il dominio esclusivo dei singoli proprietarî, le più gravi incertezze della dottrina e della giurisprudenza in materia di condominio si riferiscono a quelle cose che non si possono dividere in parti. In riguardo si sono delineate due tendenze diverse: l'una che considera normale il regime di comunione e restringe la proprietà esclusiva solo all'appartamento come spazio limitato dalle mura, l'altra che attribuisce la maggior estensione possibile alla proprietà divisa, restringendo al minimo il campo della comunione pro indiviso. Tra queste posizioni estreme è stata formulata inoltre una terza teoria a caratteri meno netti, cioè quella della comunione pro diviso (cosa di proprietà esclusiva ma di uso comune, secondo alcuni; cosa di uso comune nella quale la proprietà esclusiva si esercita da parecchie persone per frazioni diverse, secondo altri). Queste varie tendenze e teorie sono state in concreto applicate nell'esame della condizione giuridica delle varie parti dell'edificio sottratte alla proprietà esclusiva, e cioè i muri maestri o perimetrali, il suolo, il tetto, la scala, la soprelevazione, ecc.

Circa il regolamento delle spese occorrenti per la manutenzione dello stabile in condominio le norme fondamentali sono dettate dal codice civile. L'art. 562 del detto codice dispone al riguardo: "Quando i diversi piani di una casa appartengono a più proprietarî, e i titoli di proprietà non provvedono circa le riparazioni e ricostruzioni, queste devono farsi nel modo che segue: i muri maestri e i tetti sono a carico di tutti i proprietarî in proporzione del valore del piano che appartiene a ciascuno. Lo stesso ha luogo per gli anditi, le porte, i pozzi, le cisterne, gli acquedotti, le altre cose comuni a tutti i proprietarî; le latrine però sono a carico comune in proporzione del numero delle aperture d'immissione. Il proprietario di ciascun piano o porzione di esso fa e mantiene il pavimento su cui cammina, le volte, i solai e i soffitti che coprono i luoghi di sua proprietà. Le scale sono costruite e mantenute dai proprietarî dei diversi piani a cui servono, in ragione del valore di ciascun piano. Si considerano come piani di una casa le cantine, i palchi morti e le soffitte o camere a tetto". Il successivo art. 563 dispone: "Le norme stabilite per la contribuzione della spesa di riparazione o ricostruzione dei tetti di una casa appartenente a più proprietarî si osservano anche nei casi di riparazione dei lastrici cosiddetti solari. Ove l'uso dei medesimi non sia comune a tutti i proprietari della casa, quelli che hanno l'uso esclusivo di uno o più lastrici solari, per ragion del calpestio, sono tenuti a contribuire per una quota parte delle spese delle riparazioni o ricostruzioni, e le altre tre quarte parti saranno a carico di essi e degli altri proprietarî della casa, nella proporzione stabilita dall'articolo precedente, salve le particolari stipulazioni".

Bibl.: C. Ferrini e G. Pulvirenti, Della servitù prediali, 2ª ed., I, Napoli-Torino 1920; P. Coppa Zuccari, La proprietà dei singoli piani di un edificio, in Studi in onore di V. Scialoia, I, Milano 1905; A. Visco, Le case in condominio, Roma 1930; D.R. Peretti Griva, Il regime della proprietà delle case divise fra più condomini, Milano 1928; R. Amati, Il condominio pro diviso delle case, in Riv. del diritto commerciale, XXV (1927); N. Coviello, Natura dei rapporti tra le proprietà dei vari piani di un edifizio, in Foro Italiano, XVIII (1893); A. Ascoli, Il diritto dei propietari di casa in rapporto con la proprietà del suolo, in Foro Italiano, XVI (1891).

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