Condono edilizio

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Provvedimento amministrativo di sanatoria, che consente ai proprietari di costruzioni di sottrarsi, previo pagamento di somme a titolo di oblazione, oneri concessori, diritti e indennità risarcitorie, alle misure penali e amministrative tese a combattere il fenomeno illegale dell’abusivismo edilizio, vale a dire la costruzione o la successiva modificazione (anche soltanto funzionale) di edifici e manufatti edilizi non conformi alla legge e agli strumenti urbanistici vigenti.

La normativa prevede quattro tipi di sanzioni rivolte alla repressione dell’abusivismo edilizio. Alle sanzioni amministrative dirette a rimuovere gli effetti conseguenti all’offesa arrecata all’interesse pubblico (sanzioni pecuniarie per le ipotesi di minore gravità, quali la difformità parziale, le costruzioni su concessione annullata, la ristrutturazione in mancanza di concessione, sospensione dei lavori per le costruzioni e le lottizzazioni abusive, demolizione, per casi più gravi di difformità parziale, per difformità totale e per assenza di permesso di costruire, confisca e acquisizione al patrimonio comunale per immobili giudicati di prevalente interesse pubblico) e alle sanzioni penali per la punizione delle inosservanze di norme urbanistico-edilizie (la l. n. 380/2001, t.u. in materia, all’art. 44 raggruppa i reati urbanistico-edilizi in distinte previsioni, alle quali correla sanzioni penali di diversa entità), si aggiungono le cosiddette condono sanzioni civili, finalizzate a limitare (se non proprio a impedire) la circolazione di edifici e parti di essi illegittimamente costruiti, e alcune condono sanzioni accessorie (per es., quelle fiscali). Si tratta, in particolare, di un complesso di norme, di prevalente natura civilistica per la loro incidenza su atti conclusi da privati (che abbiano a oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali di godimento su edifici o loro porzioni, con l’esclusione del diritti di servitù), finalizzate comunque, mediante la previsione di nullità, vincoli di circolazione e responsabilità personali, a limitare la circolazione di edifici e parti di essi illegittimamente costruiti.

In questo quadro, il condono edilizio costituisce un procedimento amministrativo eccezionale e limitato nel tempo, non potendo essere utilizzato come procedimento «a regime» e dovendo riguardare esclusivamente il passato. A fronte dell’incapacità delle amministrazioni comunali di impedire l’abusivismo edilizio, si è pensato di sanare il passato, acquisendo, nel contempo, al patrimonio dello Stato e dei Comuni, ingenti risorse finanziarie. Poiché il provvedimento di sanatoria riveste il carattere di atto dovuto, non potendo il Comune negarlo pure se l’opera abusiva sia in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti, si è inteso privilegiare tale interesse finanziario, a discapito dell’interesse generale a una perfetta conformazione urbanistica del bene. Sono così state disposte varie sanatorie edilizie, a partire dalla l. n. 47/1985, che ha introdotto tale procedimento, relativamente ad abusi commessi entro il 1° ottobre 1983. I termini del condono edilizio sono stati riaperti nel 1994 e nel 2003.

Ai sensi dell’art. 31 della l. n. 47/1985, erano legittimati a proporre la domanda di condono i proprietari di costruzioni, coloro che avevano titolo a richiedere la concessione o l’autorizzazione edilizia in base all’art. 4 della l. n. 10/1977 e ogni altro soggetto interessato al conseguimento della sanatoria (usufruttuari, usuari, titolari del diritto di abitazione, superficiali, enfiteuti, conduttori miranti a impedire la sanzione della demolizione, congiunti e rappresentanti degli assenti, emigrati, malati, minori, creditori interessati a rendere commerciabile un bene del debitore, soci di cooperative di abitazione, assegnatari provvisori, detentori del bene a titolo precario, rappresentanti legali o volontari di soggetto legittimato). In ogni caso, se il primo condono non prevedeva limiti quantitativi, il secondo e, poi, il terzo c. hanno stabilito limiti qualitativi e quantitativi alla sanabilità degli abusi (in base al dettato del d.lgs. n. 168/2004, convertito in l. n. 191/2004, spetta alle Regioni la determinazione concreta delle opere sanabili, pur nel rispetto dei dettami di principio della disciplina nazionale). I termini per il compimento dell’abuso facevano poi riferimento non all’inizio della costruzione, ma al suo completamento. Al riguardo, si riteneva che una costruzione dovesse intendersi ultimata laddove ne fosse stato eseguito il rustico e completata la copertura, anche se la Cassazione penale riteneva necessaria la realizzazione, in aggiunta, della tamponatura perimetrale.

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