CONFUCIANESIMO

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

CONFUCIANESIMO.

Amina Crisma

– Aspetti della rinascita confuciana. Il confucianesimo nella politica culturale della Repubblica Popolare Cinese. Confucio come brand culturale cinese. Scoperte e studi sul confucianesimo. Bibliografia

Aspetti della rinascita confuciana. – La rinascita del c., che si era significativamente delineata dalla metà degli anni Ottanta del Novecento come caratteristica temperie della Cina postmaoista e come più vasta tendenza negli scenari della globalizzazione, ha conosciuto ulteriori sviluppi nel corso dell’ultimo decennio. Essa costituisce oggi una corrente ampia e variegata, che sarebbe risultata difficilmente prevedibile per buona parte del secolo scorso, durante il quale la tradizione confuciana veniva per lo più reputata in Occidente un mero oggetto di interessi eruditi, e fra l’intellighenzia della Cina continentale prevaleva nei suoi confronti un atteggiamento polemico e iconoclasta culminato negli anni Settanta con la Rivoluzione culturale.

La fede in una sua inesausta vitalità animava allora solamente pochi individui isolati nella Repubblica Popolare Cinese (RPC) e una minoranza di studiosi a Hong Kong, a Taiwan e nella diaspora.

L’idea propugnata dal movimento noto come ‘nuovo confucianesimo contemporaneo’ (xiandai xin rujia) che esso rappresenti un retaggio perenne e inalienabile dell’identità culturale cinese e che, lungi dall’essere un ostacolo alla modernità, ne possa costituire una fondamentale componente armonizzatrice è oggi una convinzione prevalente nella leadership della RPC, e appare diffusa in Cina sia negli ambienti accademici sia nella cultura popolare (The renaissance of confucianism, 2011; Billioud, Thoraval 2014). A livello globale, il c. è ritenuto un riferimento significativo nell’ambito di una cultura postmoderna con-notata dall’acuta percezione di una stanchezza spirituale dell’Occidente. Lo designano come elemento essenziale per la costruzione di una global philosophy gli esponenti di un orientamento neopragmatistico da tempo largamente rappresentato nella sinologia statunitense (Ames 2011) e i cosiddetti Boston Confucians, attivi dagli anni Novanta (cfr. R.C. Neville, Boston confucianism. Portable tradition in the late-modern world, 2000), ma, soprattutto, oggi lo additano come risorsa universalmente valida pensatori cinesi convinti della fine imminente dell’egemonia culturale occidentale che si rivolgono in inglese a un pubblico internazionale facendosi banditori di una nuova egemonia sinocentrica (Fan Ruiping 2010; Yan 2011).

La rilevanza del fenomeno, percepibile sin dalla svolta del millennio, allorché già se ne offrivano vaste ricostruzioni storiografiche (U. Bresciani, Reinventing confucianism. The new confucian movement, 2001; trad. it. La filosofia cinese nel XX secolo. I nuovi confuciani, 2009) si è significativamente accentuata negli anni recenti, suscitando un vivace dibattito in cui si confrontano atteggiamenti divergenti. A una letteratura apologetica per la quale l’odierna rinascita confuciana rappresenta la spontanea espressione della più autentica sinità (zhonghuaxing) si sono contrapposte indagini critiche volte ad analizzare la specificità concreta dei processi e l’articolata pluralità dei soggetti che ne hanno prodotto le strategie discorsive (Makeham 2008). Ne è emersa, di contro alle rappresentazioni in chiave di essenzialismo culturale, la palese irriducibilità a una narrazione univoca di una ‘reinvenzione della tradizione’ i cui molteplici protagonisti ne offrono diversificate declinazioni (Crisma 2010).

Il confucianesimo nella politica culturale della Repubblica Popolare Cinese. – Benché non incontrastato, il rilancio del c. ha costituito nel corso di questo decennio un aspetto preminente della strategia di autolegittimazione della leadership della RPC, che ne ha incoraggiato fra l’altro lo sviluppo in forme cultuali e liturgiche tali da configurare una sorta di religione civile (Chen 2013; Scarpari 2013) e si è in particolare riferita a un suo precipuo valore, il rispetto filiale (xiao), per formulare un peculiare quadro normativo significativamente ispirato, piuttosto che al concetto di legge positiva, alla tradizionale nozione confuciana di modello virtuoso (Scarpari 2014). In tale complesso contesto è elemento cruciale il tema della ‘società armoniosa’, per cui il c. è presentato come fattore di coesione sociale e morale in grado di contrapporsi all’anomia delle pulsioni egoistiche e dell’ossessione del profitto; celebrato come irrinunciabile elemento identitario della nazione, esso risulta inoltre funzionale alla prospettiva di una rinnovata convergenza del mondo sinizzato, tale da ricomprendere in un’ideale unità fondata sul suo comune retaggio la Cina continentale, Taiwan e la diaspora. Rivendicato come patrimonio storico inalienabile, il c. è al contempo additato, in un orizzonte progettuale, come ingrediente essenziale di una specifica ‘via cinese alla modernità’ che, oltre che tema di politica culturale ufficiale, è argomento di elaborazioni teoriche variamente configurate (Scarpari 2015). Vi è chi ne asserisce un intrinseco dinamismo sul piano dello sviluppo economico, in una prospettiva di rivendicazione di Valori asiatici (Asian values) compendiabile nel motto «etica confuciana e spirito del capitalismo», e chi ne afferma la sintonia con i principi collettivi e solidaristici di un marxismo rivisitato, in antitesi al neoliberismo; vi è chi preferisce sottolinearne la dimensione spirituale e religiosa, chi ne sottolinea una laica razionalità, e chi ne desume, in un orientamento neoconservatore, il disegno di un modello costituzionale elitario presentato come alternativo a quello della democrazia liberale (Jiang 2012). Alle rivisitazioni in chiave autoritaria della tradizione confuciana si contrappongono alcune odierne proposte orientate a una sua riformulazione progressista e democratica, che si ispira fra l’altro a un’eredità storica non dimenticata, benché sfortunata e minoritaria, di esperienze liberali e riformiste (Angle 2012).

Confucio come brand culturale cinese. – Un cospicuo e controverso aspetto di mondializzazione del c. sviluppatosi in questo decennio è rappresentato dai 465 Istituti Confucio, a cui si aggiungono 713 classi Confucio, attualmente insediati nelle Università di 123 Paesi (dati aggiornati a fine settembre 2014), ai quali dal 2004 il governo della RPC ha affidato, oltre che la promozione dell’insegnamento della lingua cinese, il ruolo di ambasciatori dell’immagine culturale della Cina. La loro presenza ha suscitato il plauso dei convinti fautori della loro missione interculturale, ma anche le perplessità e le critiche di coloro che ne rilevano la funzionalità alle esigenze del soft power cinese e ne paventano il condizionamento della libertà di dibattito e di ricerca. Nella sua divulgazione planetaria, l’immagine di Confucio si è conquistata un’ambivalente celebrità: il suo statuto di icona della sinità se, da una parte, le frutta una straordinaria visibilità, dall’altra, rischia di ridurla a una monumentalità convenzionale, occultandone le più complesse risonanze che le indagini contemporanee hanno contribuito a porre in luce (Crisma 2011).

Scoperte e studi sul confucianesimo. – Se vi è una sintesi possibile dei molti studi sul c. che hanno caratterizzato gli anni recenti, la si può additare nell’accresciuta consapevolezza della sua natura multiforme, che ne connota sia le origini più antiche, fatte oggetto di rinnovate investigazioni, sia gli articolati sviluppi come pensiero dell’età classica, per cui esso risulta irriducibile a un sistema chiuso o a una formulazione univoca (Scarpari 2010). È tale intrinseca plasticità a rendere per certi versi problematiche le sue attuali versioni codificate in chiave di discorso filosofico o religioso contemporaneo (Sun 2013), e discussa è la sua stessa definizione identitaria, la cui elaborazione appare frutto di una complessa dialettica interculturale (Crisma 2012).

Una prospettiva ermeneutica rivelatasi particolarmente fertile è la configurazione del c. come ‘campo di tensioni’ fra istanze diverse: di ordine gerarchico e di potenzialità egualitarie, di dovere di obbedienza e di spirito di rimostranza. Essa ha consentito l’emancipazione da invalse convenzioni interpretative e anche da eccessi di attualizzazioni arbitrarie, contribuendo a individuare nelle fonti antiche fertili risorse per un nuovo umanesimo, sottratto alla vieta antitesi fra Oriente e Occidente (Roetz 2013). A questo orientamento, già delineatosi da tempo in significative prefigurazioni (P.C. Bori, Per un consenso etico fra culture, 1991) e incentrato sulla nozione di ren, il ‘senso dell’umanità’ confuciano, concorrono attualmente vari filoni di ricerca, fra i quali hanno spazio fra l’altro alcuni rinnovati dibattiti in tema di diritti umani e alcune originali rivisitazioni del ruolo del femminile nelle fonti classiche (J.D. Birdwhistell, Mencius and masculinities. Dynamics ofpower, morality, and maternal thinking, 2007; Crisma 2014).

Bibliografia: J. Makeham, Lost soul. ‘Confucianism’ in contemporary Chinese academic discourse, Cambridge (Mass.)-London 2008; A. Crisma, Confucianesimo, in Dizionario del sapere storico-religioso del Novecento, a cura di A. Melloni, 1° vol., Bologna 2010, ad vocem; Fan Ruiping, Reconstructionist confucianism. Rethinking morality after the West, Dordrecht-HeidelbergLondon-New York 2010; M. Scarpari, Il confucianesimo. I fondamenti e i testi, Torino 2010; R.T. Ames, Confucian role ethics. A vocabulary, Honolulu-Hong Kong 2011; A. Crisma, Chi è oggi per noi Confucio? Interpretazioni a confronto, in Confucio re senza corona, a cura di S. Pozzi, Milano 2011, pp. 71-136; Yan Xuetong, Ancient Chinese thought, modern Chinese power, Princeton-Oxford 2011; The renaissance of confucianism in contemporary China, ed. Fan Ruiping, Dordrecht-Heidelberg-London-New York 2011; S.C. Angle, Contemporary Confucian political philosophy, Cambridge-Malden (Mass.) 2012; A. Crisma, Il confucianesimo: essenza della sinità o costruzione interculturale?, «Prometeo», 2012, 30, 119, pp. 68-81; Jiang Qing, A confucian constitutional order, Princeton 2012; Chen Yong, Confucianism as religion. Controversies and consequences, Leiden 2013; H. Roetz, Confucian humanism, in Approaching humankind. Towards an intercultural humanism, ed. J. Rusen, Göttingen-Taipei 2013, pp. 119-38; M. Scarpari, Confucianesimo e religione, «Inchiesta», 2013, 43, 181, pp. 76-85; A. Sun, Confucianism as a world religion. Contested histories and contemporary realities, Princeton 2013; S. Billioud, J. Thoraval, Le Sage et le peuple. Le renouveau confucéen en Chine, Paris 2014; A. Crisma, Taoismo, confucianesimo e questione di genere nelle ricerche e nei dibattiti contemporanei, in Genere e religioni, voci a confronto, a cura di I. Crespi, E. Ruspini, Milano 2014, pp. 207-29; M. Scarpari, La confucianizzazione della legge. Nuove norme di comportamento filiale in Cina, in Il liuto e i libri. Studi in onore di Mario Sabattini, a cura di M. Abbiati, F. Greselin, Venezia 2014, pp. 807-30; M. Scarpari, Ritorno a Confucio. La Cina fra tradizione e mercato, Bologna 2015.

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