CONRADE

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 28 (1983)

CONRADE (Corade, Courrade, Corad)

Giuliana Santuccio

Ramo della famiglia di ceramisti Corradi di Albissola (Savona), i C. francesizzarono il loro nome quando, nella seconda metà del Cinquecento, si stabilirono a Nevers dove fondarono una fiorente manifattura e dove operarono per oltre un secolo, circa dal 1580 al 1673.

Domenico (I) fu il primo dei C. a trasferirsi a Nevers, che in quell'epoca ebbe una ricca colonia di italiani. Vi giunse, ancora giovanissimo, quale compagno d'armi di Luigi Gonzaga di Mantova, diventato duca di Nevers nel 1565 (Massillon Rouvet, 1898). Nel 1578 gli venne concessa da Enrico III la naturalizzazione francese (Fourest, 1966).

Da un documento del 1590 si apprende dell'insediamento a Nevers, dovuto anche all'interessamento e all'appoggio di Luigi Gonzaga, di un gruppo di artisti, tra i quali i due fratelli di Domenico: Battista e Agostino (Massillon Rouvet, p. 294). I tre fratelli fondarono in questa città, agli inizi del 1580, la prima manifattura di maioliche.

Verso il 1603 Enrico IV accordò al C. il privilegio di fabbricare maioliche per trent'anni (Fourest, 1966). Il nome di Domenico compare più volte in diversi atti dell'epoca: è citato come "maistre potier" in un documento del 12 luglio, 1602; e come "maître pothier en vaisselle de faïence" il 3 nov. 1604. L'8 aprile dello stesso anno, entrato a far parte della nobiltà, è citato con il titolo di "seigneur de Conrade", (Massillon Rouvet). Sposatosi con Henriette Samadet, ebbe tre figli, di cui gli ultimi due, Antonio e Giacomo, si dedicarono alla attività paterna. La sua dimora era sita a Saint-Eloi, a pochi chilometri da Nevers, vicino alla residenza dei duchi. Era ancora vivo nel 1638. Da allora non si hanno, più sue notizie (Ibid.).

Il fratello di Domenico, Agostino, è citato per la prima volta nel 1581, in un atto stipulato ad Albissola, quale socio del ceramista B. Salomone (Rossello, 1971). Quando la società si sciolse, Agostino si trasferì a Nevers, dove lavorò in qualità di "potier". Verso il 1588 si associò a G. Gambini, maestro faentino già operante a Lione (Savorgnan di Brazzà, 1942);unione destinata a sciogliersi dopo un paio d'anni.

Dal suo matrimmio con Francisque Bouaigne (Massillon Rouvet) o Bohaigne (Marzinot, 1979) non nacquero figli. Morì verso il 1612 (Massillon Rouvet).

Alla sua mano sono attribuiti due piatti: uno, conservato al Louvre, col Trionfo di Galatea risale probabilmente al periodo della associazione con Gambini, ed è marcato "Fesi a Nevrs 1589" (ill. in Fourest, 1966); l'altro (conservato al Museo di Sèvres), è firmato "Agostino Corado a Nevers" (ill. in Gallay, 1937) ed è importante perché è forse un esperimento unico, con rettili, pesci e molluschi a rilievo, alla maniera delle figuline rustiche di B. Palissy.

Il terzo fratello, Battista, lavorò nella fabbrica ottenendo diversi riconoscimenti, dei quali si ha notizia attraverso documenti dell'epoca: "sculpteur en terre de faîence" (8 ott. 1604); "maitre pottier en poterie blanche"; "potier sculpteur" (17 ott. 1606); "maître en vaisselle de faîence" (8 sett. 1608). Infine entrò a far parte della nobiltà (24 genn. 1613: Massilion Rouvet).

Della stima da cui fu circondato è prova il battesimo del figlio Carlo di cui furono padrini il duca Carlo Gonzaga e Renata di Lorena (Massilion Rouvet). Dei sette figli avuti dalla moglie Gabrielle Panseron, il primo, Agostino (II), fu medico di corte e il suo nome compare nell'atto di morte di Luigi XIII da lui redatto.

La data della morte di Battista è sconosciuta, ma pare che questa fosse già avvenuta nel 1618.

Antonio, figlio di Domenico (I) nacque nel 1604. Intrapresa la carriera militare, l'abbandonò per assumere la direzione della fabbrica paterna (Marryat, 1866). Anch'egli ottenne numerosi riconoscimenti di cui si ritrovano testimonianze in un atto del 5 febbr. 1634 ("maître potier en vaisselle de faïence") e in uno del 27 maggio 1643, nel quale è citato come "marchand faïencier" e come "noble Anthoine de Conrade". Nel 1644 fu nominato "gentilhomme servant" e "faïencier ordinaire et gendarme de la Reine" e infine "gentilhomme et faïencier de la Maison du Roi, brigadier de la compagnie des chevau-légers de la Reyne", il 9 marzo 1645 (Massillon Rouvet). Dal suo matrimonio con Catherine Rousseau nacquero sei figli. Morì nel 1648.

Giacomo, fratello di Antonio e terzogenito di Domenico (I), ebbe la qualifica di "potier en faïence". Nel 1614 e 1642 lavorava a Cosne (Marzinot, 1979). Mori il 7 ag. 1652 (Massillon Rouvet).

Domenico (II), figlio di Antonio, lavorò nella fabbrica di Nevers con il titolo di "maistre faïencier ordinaire de Sa Majesté", ma ricoprì anche altri incarichi: "gendarme de la compagnie de la Reine", e "gentilhomme servant Sa Majesté et gendarme de la Reine" nel 1651 (Massillon Rouvet). Anche a lui venne attribuito un titolo nobiliare. Ebbe cinque figli da Madeleine Noret. Verso il 1673 lasciò Nevers per fare ritorno in Italia. Da allora non si hanno più sue notizie (Marryat, 1866).

Con la scomparsa di Domenico (II) non si è a conoscenza di altri C. ceramisti a Nevers.

Dalla loro manifattura, usci una ricchissima produzione di maioliche (ill. in Savorgnan di Brazzà, 1942): mattonelle, piatti, vasche, brocche e fiaschette, ma anche bassorilievi, statue e statuine. I loro prodotti, generalmente, non sono marcati.

I C. introdussero a Nevers lo stile delle maioliche prodotte in Italia: da quelle in "camaïeu bleu", decorazione molto usata ad Albissola e a Savona, e che si nota in un piatto marcato "Conrado à Nevers" (ill. in Kiellberg, 1963), ora al Museo delle arti decorative nel Castello di Saumur, a quelle policrome dei primo periodo di Urbino che, con il loro stile "istoriato", si erano diffuse anche ad Albissola nella seconda metà del Cinquecento. I colori impiegati per queste maioliche policrome sono: il blu, usato prevalentemente come colore di fondo, il violetto o nero di manganese, soprattutto per profilare le figure, il giallo di antimonio e il verde di rame.

I C. riprendono anche lo stile "a compendiario", tratteggiando con linea sottile, in blu e giallo, leggere ghirlande di fiori. I soggetti dipinti sono, in genere, di carattere mitologico, marino, biblico, oppure rappresentano scene di caccia, fiori o animali. Risentono anche dell'influenza orientale probabilmente dovuta all'arrivo della porcellana in Europa (Garnier, 1882). Si può notare lo "stile persiano" in un piatto firmato "De Conrade à Nevers", dipinto in blu con animali, uccelli e figure umane (ill. in Lane, 1970).

Alla manifattura dei C. è attribuita anche la statua della Vergine conservata al Museo di Nevers, del 1636, e che reca come marca "DLF", iniziali di Denis Lefebvre, che lavorò per i C. dal 1629 al 1649. Il candore della statua è messo in risalto da qualche tocco di giallo e di blu (ill. in Fourest, 1966).

Fonti e Bibl.: A. Jacquemart, La faïence. Les faïenciers et les émailleurs de Nevers, in Gazette des Beaux-Arts, VI (1864), pp. 374 s.; J. Marryat, Histoire des poteries, faïences..., Paris 1866, I, pp. 277 s.; J.-J. Guiffrey, Liste dei peintres... de la Maison du Roi, in Nouv. Archives de l'art francais, I (1872), p. 72 (per Antonio); A. Jac quemart, Les merveilles de la céramique... . Paris 1874, III, pp. 146-148; H. Darcel, Les faïences françaises et les porcelaines, in Gazette des Beaux-A rts, XX (1878), p. 754; F. Jaennicke, Grundriis der Keramik, Stuttgart 1879, pp. 394 s.; E. Garnier Histoire de la céramique, Tours 1882, pp. 247-249; T. Deck. La faïence, Paris 1887, pp. 87 s.; E. O. Ris Paquot, La céramique, Paris 1888, pp. 134 s.; E. Garnier, Dict. de la céramique..., Paris [1893], p. 140; M. Massillon Rouvet, Les C., in Réun. des Soc. de Beaux Arts dei Départements, XXII (1898), pp. 291-304; R. Jean, Les arts de la terre, Paris 1911, pp. 137 s.; M. J. Ballot, La céramique française, Paris 1925, pp. 6-9; G. Liverani, L'influsso della maiolica ital. su quella d'Oltralpe, in Rass. dell'istruzione artistica, XIV (1936), pp. 11 s.;E. Gallay, La céramique nivernaise, in Retrospective de cérami que, Nevers 1937, p. 6; G. Montagnon, Origine della fabbricazione di faenze a Nevers, in Faenza, XXV (1937), 1, pp. 18 s.; L'opera del genio ital. all'estero, F. Savorgnan di Brazzà, Tecnici e artig. ital. in Francia, Roma 1942, pp. 108-110, 253, 284; A. Minghetti, I ceramisti ital., Roma 1946, pp. 130 s.; A. Lane, The Baroque fafence of Nevers, in The Burlington Magazine, LXXXIX (1947), pp. 37. 41 a.; R. Juillard, Historique de faïences de Nevers, in Faenza, XXXVII (1951), 4, p. 73; G. Morazzoni, La maiolica antica ligure, Milano 1951, pp. 55-57; W. B. Honey, European ceramic art, London 1952, pp. 447 s., 625; G. Liverani, Maiolica ital., Milano 1958, p. 59;H. P. Fourest, Faience de Nevers, in Cahiers de la céramique, du verre et des arts du feu, 1958, n. 9, pp. 10-14; C. Barile, I fratelli C. a Nevers, in Faenza, XLVII (1961), 1-2, pp. 18-20; P. Kiellberg, Les plus beaux Nevers, in Connaissance des arts, 1963, n. 1, pp. 76, 79; H. P. Fourest, La maiolica in Europa, Novara 1964, pp. 57-59; Id., L'oeuvre des faïenciers français du XVIe à la fin du XVIIIe siècle, Paris 1966, pp. 34 s.; G. Pesce, La tradiz. ceramica ligure, in Atti della Soc. ligure di storia patria, LXXXII (1968), 2, p. 210; N. Aprà, Dizion. encicl. dell'antiquariato, Milano 1969, p. 129; A. Lane, French faïence, London 1970, pp. 7 s.; R. Rossello, Maiolicari albisolesi in Spagna e Francia dal XVI al XVIII sec., in Atti del IV Conv. internaz. della ceramica, Albisola 1971, p. 54; G. Batini, L'amico della ceramica, Firenze 1974, pp. 117, 122, 291, 413; F. Marzinot, Ce ramica e ceramisti di Liguria, Genova 1979, pp. 159. 162 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 315.

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