CONTO CORRENTE

Enciclopedia Italiana (1931)

CONTO CORRENTE (fr. compte courant et d'intérêts; sp. cuenta corriente a interós; ted. Verzinzte laufende Rechnung; ingl. interest bearing account current)

Carlo Draghi

Il conto corrente, nei riguardi della ragioneria, è quell'insieme di scritture che mette in evidenza i debiti e i crediti verso persone o ditte, con le quali si è in abituali rapporti d'affari. Per dare d'un conto corrente s'intende il totale delle somme a debito delle persone o ditte, alle quali il conto corrente è intestato; per avere, il totale delle somme che sono a credito delle persone o delle ditte medesime. Il conto corrente si dice fruttifero quando sulle somme, che si iscrivono in dare e in avere, decorre un interesse, dal giorno assegnato come scadenza alle somme stesse a quello fissato per la chiusura del conto.

I conti correnti fruttiferi traggono origine principalmente: a) da un contratto di conto corrente (articoli 345-348 codice di comm.): appartengono a questa categoria i conti correnti che si accendono fra i commercianti e industriali, e che vengono regolati, oltre che dalle norme stabilite negli articoli su menzionati, anche da altre condizioni che possono essere convenute fra le parti; b) da depositi in conto corrente fruttifero effettuati presso banche con la facoltà da parte del depositante di effettuare prelevamenti, naturalmente fino alla concorrenza delle somme depositate. Tali conti correnti possono essere liberi o disponibili se il correntista può prelevare le somme depositate in qualunque momento e nella misura a lui più conveniente; si dicono vincolati quando il correntista s'impegna a lasciare nel conto corrente le somme depositate almeno per un certo periodo (tre, sei, dodici mesi), assicurandosi in tal caso, come è naturale, un interesse maggiore di quello praticato per i conti correnti liberi, oppure quando il correntista dichiara espressamente, al momento dell'apertura del conto, che le somme sono vincolate al pagamento di debiti contratti con la banca (per es.: effetti in corso di scadenza), o di altre obbligazioni verso terzi. In ordine al loro funzionamento tali conti correnti possono essere ordinarî o di corrispondenza: i primi vengono accreditati delle somme che il correntista versa effettivamente in contanti alla banca e addebitati di quelle che egli preleva direttamente (come nei conti correnti che traggono origine da depositi a risparmio) o a mezzo di chèques, un carnet dei quali, viene rilasciato al momento dell'istituzione del conto corrente. Si chiamano conti correnti di corrispondenza quei conti che vengono accreditati non soltanto delle somme versate dal correntista, ma di tutte le altre che la banca incassa per conto suo per vendita di titoli, interessi su titoli che il cliente ha depositato in custodia, ecc.; e vengono addebitati non solamente dei prelevamenti effettuati dal correntista, ma anche di tutte le somme pagate per suo conto, per acquisto di titoli, per pagamento d'imposte e tasse e per provvigioni che alla banca possono spettare su operazioni compiute per conto del correntista medesimo; si chiamano cosi, perché la base delle operazioni registrate, oltre che dal movimento di contante è rappresentata da una lettera che autorizza l'accreditamento o l'addebitamento al conto; c) da aperture di credito, che le banche concedono a terzi con l'obbligo da parte di questi di effettuare dei versamenti fino al totale pagamento, o, come si dice nella pratica bancaria, fino alla totale copertura del loro debito di conto corrente. Tali conti si dicono garantiti, quando, a garanzia dell'estinzione del debito, vengono depositati titoli e valori o speciali atti di cessione alla banca di crediti, che in avvenire potranno sorgere a favore del correntista per operazioni da lui compiute con terzi; d) da concessione di mutui ipotecarî.

Le principali condizioni che possono disciplinare tutti i conti correnti, qualunque sia la loro origine, riguardano il saggio degli interessi, la misura delle eventuali provvigioni da applicarsi, la valuta, ossia la scadenza da assegnare alle operazioni di conto corrente, il periodo di chiusura del conto: cioè il tempo che decorre dall'inizio delle operazioni a quello in cui il debito o il credito complessivo dell'intestatario del conto viene accertato o meglio liquidato.

In ordine al saggio dell'interesse è da rilevare soltanto che esso può essere reciproco, ossia uguale tanto sulle somme del dare, quanto su quelle dell'avere, e questo è il caso più frequente, verificandosi più di rado, nella pratica, una pattuizione di diverso interesse tra le partite di debito e quelle di credito; può essere variabile, e ciò invece accade molto spesso, quando chi tiene il conto corrente si riserva la facoltà di applicare un saggio di interesse, che sia in armonia con le mutevoli condizioni del mercato dei capitali. Oltre all'interesse può essere convenuta l'applicazione d'una provvigione speciale da calcolarsi alla chiusura del conto e ciò si verifica se chi ne concede l'apertura s'impegna verso l'altro correntista ad accettare tratte o a ricevere cambiali. Tale provvigione viene commisurata sull'ammontare complessivo degli effetti e varia a seconda della fiducia che ispira il cliente; si riscontra generalmente soltanto nei conti correnti presso banche e banchieri. Nei conti correnti poi che derivano, come si è detto, da aperture di credito, si usa convenire una provvigione sul massimo scoperto, ossia sulla somma massima che durante il periodo di durata del conto è risultata a debito della persona, a cui fu concesso il credito in conto corrente.

Relativamente alla valuta è da osservare che essa può coincidere con la scadenza effettiva dell'operazione oppure no. Così, ad es., se oggi 20 luglio, Tizio che tiene un conto corrente intestato a Caio riceve da quest'ultimo un assegno bancario di L. 2000, egli accrediterà Caio con la scadenza del 20 luglio, ma se Tizio gli vende merce per L. 3000 con pagamento a 60 giorni, egli addebiterà Caio con la scadenza del 18 settembre, di guisa che, soltanto a partire da tale ultima data la somma comincerà a essere fruttifera a carico di Caio e a favore di Tizio. Nei conti correnti per depositi a risparmio presso banche, la valuta dovrebbe coincidere con il giorno del deposito e con quello del prelevamento. Invece la banca fa generalmente decorrere gl'interessi due giorni dopo il deposito, esclusi i festivi, e ai prelevamenti dà spesso una valuta anteriore di un giorno all'operazione; quando poi si tratti di prelevamenti, che per essere effettuati richiedono, attesa la loro entità, uno o più giorni di preavviso, la valuta viene retrodatata al giorno del preavviso.

Per ciò che concerne il periodo di chiusura, esso può essere, secondo la volontà delle parti, trimestrale, semestrale, annuale. Così, se si è convenuto che la chiusura del conto sia semestrale, al 30 giugno e al 31 dicembre di ogni anno, gl'interessi che a tali date risultano a debito o a credito del correntista vengono aggiunti alla differenza fra il totale delle somme di capitale a debito e quello delle somme a credito, per costituire la nuova cifra di capitale e interessi, che sarà fruttifera a partire dal 1° luglio o dal 1° gennaio successivi. Per chiusura d'un conto corrente non si deve intendere la liquidazione del debito o del credito di colui cui il conto è intestato, con l'effettivo pagamento o riscossione da parte di quest'ultimo del residuo debito o credito per capitale e interessi. Quando il correntista versa o riscuote tale residuo, il conto è chiuso, ma in genere chiudere, assestare, appurare un conto corrente vuol dire determinare il debito o il credito netto per capitale e aggiungere a questo, ossia capitalizzare, il debito o il credito netto per interessi, riportando in un conto nuovo il debito o il credito complessivo.

In ordine alla tenuta dei conti correnti è da considerare la forma e il metodo. Riguardo alla forma il conto corrente fruttifero, al pari di ogni altro conto, può essere a sezioni divise, quando il conto è diviso in due sezioni disposte sulle due metà longitudinali d'una pagina, ponendo a sinistra la sezione del dare e a destra quella dell'avere; oppure può essere scalare, quando mette in evidenza il saldo per capitale e interessi (o numeri) in ogni momento. Quest'ultima forma è specialmente usata per quei conti che tengono in evidenza debiti o crediti originati da depositì bancarî e da aperture di credito; la prima è invece usata tra i corrispondenti legati da un contratto di conto corrente.

Relativamente al metodo, si deve anzitutto premettere che il problema inerente all'assestamento d'un conto corrente, qualunque sia il metodo seguito, si propone di determinare quale è, a un dato saggio d'interesse e ad una scadenza unica, il capitale equivalente ad altri aventi scadenze diverse. Circa i varî procedimenti seguiti nella pratica per il calcolo degl'interessi non è il caso d'insistere in questa sede; qui è da rilevare soltanto che il calcolo può effettuarsi accertando direttamente la somma degl'interessi, volta per volta, oppure determinando provvisoriamente il numero (prodotto del capitale per il numero dei giorni) per ogni somma registrata, salvo a liquidare l'interesse alla chiusura del conto.

I termini necessarî per risolvere il problema sono quindi rappresentati dai capitali, dalle loro scadenze o valute, dalla scadenza unica alla quale devono essere riferiti i capitali stessi, dal saggio d'interesse, dal tempo, ossia dal numero dei giorni che intercorre dalla valuta dei singoli capitali al giorno fissato come chiusura del conto, ad altro giorno secondo il metodo seguito (v. appresso).

Ciò premesso, i metodi più comunemente seguiti sono: a) il metodo diretto; b) il metodo indiretto; c) il metodo scalare.

Con il metodo diretto la scadenza, alla quale vengono riferiti tutti i capitali registrati nel conto, è rappresentata dal giorno in cui il conto presumibilmente verrà chiuso, ond'è che tale metodo si dice anche a chiusura presunta. Se il periodo di chiusura è semestrale, il giorno di chiusura del 1° semestre rimarrà stabilito il 30 giugno. Dovendosi, come si è detto, ricondurre a tale data la scadenza dei capitali registrati nel conto, ne consegue che, per tutti i capitali con valuta anteriore al 30 giugno si dovranno calcolare gl'interessi; per quelli con valuta posteriore si calcolano gli sconti.

Così, ad esempio, se nel conto corrente di Tizio intestato a Caio si registra in avere, con valuta 28 febbraio, la somma di L. 3000 versata da Caio, è evidente che a favore di quest'ultimo, supposta la chiusura al 30 giugno, dovranno conteggiarsi gl'interessi dal 28 febbraio al 30 giugno, ma se Caio rimette a Tizio il 18 febbraio una cambiale di L. 2500 scadente il 10 luglio, si devono conteggiare a suo carico gl'interessi dal 30 giugno al 10 luglio, ossia si devono scontare L. 2500 per 10 giorni.

Ne deriva quindi che gl'interessi registrati in dare e in avere rappresentano, al pari delle somme di capitali cui essi si riferiscono, rispettivamente cifra di debito e di credito per l'intestatario del conto, mentre gli sconti riferentisi a una somma di capitale a debito costituiscono importo di credito e gli sconti relativi a somme di capitale a credito stanno a indicare, sempre per l'intestatario medesimo, importi di debito. Tuttavia, gli sconti, per comodità di scritturazione, si mettono egualmente nella stessa sezione dei capitali, sui quali vengono calcolati, ma si distinguono dagli altri scrivendoli con inchiostro rosso, donde la denominazione di interessi rossi o di numeri rossi. Adunque per tenere un conto corrente a metodo diretto si registrano le operazioni di volta in volta che esse si verificano in dare e in avere e si assegna a esse la valuta, calcolando il numero dei giorni che la separano dal giorno di chiusura presunto. Si determina poi l'interesse o lo sconto, tenendo presente che l'interesse si calcola quando la scadenza del capitale è anteriore al giorno di chiusura, lo sconto quando è posteriore. Nel giorno della chiusura, dato quanto sopra è esposto, gli sconti scritturati in rosso nel dare si dovrebbero aggiungere agl'interessi dell'avere e viceversa; invece nella pratica si usa più brevemente determinare il saldo degli sconti e iscriverlo come interesse nella sezione del conto in cui gli sconti erano minori. Quindi si determina il saldo degli interessi portandolo a pareggio nella colonna interessi di quella sezione in cui gl'interessi erano minori e poi a capitale in quella sezione dove erano maggiori. Infine si determina il saldo dei capitali riportandolo a conto nuovo con la valuta del giorno di chiusura.

Esempio: Tizio apre a Caio un conto corrente, in cui si hanno le seguenti operazioni (v. l'esempio di scritturazione in cima a questa pagina):

15 gennaio, Tizio spedisce a Caio merce per L. 50.000 valuta 20 gennaio

25 febbraio, Caio rimette a Tizio L. 25.000.

20 aprile, Tizio riceve da Caio altre L. 20.000.

25 aprile, Tizio effettua un'altra spedizione di merce per L.60.000 con fattura pagabile a tre mesi

10 maggio, Tizio riceve da Caio un effetto di L. 35.000 al 31 agosto. Saggio d'interesse 4%: chiusura al 30 giugno.

La tenuta dei conti correnti con tale metodo offre il vantaggio della semplicità nei conteggi, per la qual cosa esso è largamente usato, specie nelle aziende bancarie, ma presenta per contro l'inconveniente di costringere a calcoli di rettifica, quando la chiusura presunta non coincide con quella reale. Di fatto, se il giorno effettivo di chiusura cade prima di quello presunto, sarà necessario calcolare il numero dei giorni che intercede tra il giorno di chiusura reale e quello presunto, determinando per tale periodo l'interesse sul bilancio dei capitali e riscrivendolo nella sezione del conto dove i capitali sono minori. Quando invece il giorno effettivo di chiusura cade dopo quello presunto, il conto si chiude e si riapre in tale ultimo giorno e poi si richiude nel giorno effettivo di chiusura.

A ovviare a siffatto inconveniente si ricorre al metodo indiretto, il quale si basa sul seguente principio elementare: l'interesse su di una somma per il tempo che va dal giorno A al giorno β è uguale all'interesse dal giorno α (anteriore al giorno A) fino al giorno β, meno l'interesse sulla stessa somma dal giorno α al giorno A. Il giorno α è chiamato l'epoca, che deve essere anteriore a tutte le scadenze delle somme da registrare; A è la valuta o scadenza della somma registrata; β il giorno della chiusura.

Ciò premesso, per assestare un conto corrente a metodo indiretto si fissa anzitutto un giorno che sia anteriore a tutte le valute; poi, sulle somme che si scrivono in dare e in avere si calcolano gli interessi che decorrono dal giorno dell'epoca alle singole valute. Giunto il giorno della chiusura, si dovrebbe calcolare su tutte le somme del dare l'interesse dal giorno fissato come epoca al giorno della chiusura e portare tale interesse in avere e viceversa per le somme dell'avere; invece più brevemente si determina il bilancio provvisorio dei capitali calcolando su di esso l'interesse da iscriversi nella colonna degl'interessi della sezione dove i capitali sono minori. Poi si chiude il conto come è stato indicato più sopra.

Riprendendo l'esempio dianzi indicato, il conto corrente a metodo indiretto dovrebbe essere compilato nel seguente modo:

Il metodo scalare non è molto usato nella pratica commerciale; trova maggiore applicazione in quella bancaria, non tanto per il vantaggio che presenta di mettere in evidenza in ogni momento il saldo dei capitali e con breve conteggio anche quello degl'interessi, quanto come mezzo di controllo perché con tale metodo, uffici speciali delle banche tengono gli stessi conti correnti che altri uffici liquidano con i metodi più su svolti.

Qui infine faremo ancora brevemente cenno a una particolare categoria di conti correnti fruttiferi, quelli che si accendono con i corrispondenti dell'estero.

Tali conti correnti si dividono in due categorie: conti mio o nostro e conti suo o loro. Sono conti mio o nostro quei conti correnti dovuti all'iniziativa del correntista nazionale e perciò liquidabili dal corrispondente in moneta forestiera; sono conti suo o conti loro i conti correnti sorti per iniziativa del corrispondente estero e perciò liquidabili in moneta nazionale.

A prescindere dal metodo con il quale essi possono tenersi e che può naturalmente essere uno qualunque di quelli in uso, è necessario rilevare le seguenti particolarità proprie di tali conti correnti: a) l'oggetto dei conti correnti mio o nostro è costituito dalle partite in valuta estera in essi registrate, l'indicazione dei valori di conto corrispondenti a quelle partite figurando soltanto allo scopo di rendere omogenei i valori di conto con quelli delle scritture; b) l'oggetto dei conti correnti suo o loro è rappresentato dalle partite in moneta di conto, essendo l'indicazione delle somme in valuta estera messa nel conto soltanto per memoria; c) la conversione della valuta estera in moneta di conto può essere fatta sulla base d'un cambio fisso o sulla base del cambio corrente. Allorché il cambio è fermo, si converte in valuta nazionale ogni singola partita in valuta estera e, al momento della chiusura del conto, il saldo delle partite in valuta estera convertito in base al cambio medesimo deve, se i calcoli sono esatti, essere uguale al saldo in moneta nazionale. Quando invece si adotta il cambio corrente, si procede ugualmente alla conversione delle singole valute in moneta nazionale, ma, alla chiusura del conto il saldo delle partite in moneta non di conto, convertito al cambio corrente, non potrà essere uguale, se non per caso, al saldo delle partite in moneta di conto; la differenza che dovrà essere iscritta a pareggio sarà un utile sui cambî se andrà registrata in dare, e una perdita se andrà scritta in avere; d) gl'interessi si debbono conteggiare sulle valute estere e secondo gli usi della piazza dove risiede il corrispondente forestiero, se si tratta di conti mio o nostro; si conteggiano invece su valuta nazionale se si tratta di conti suo o loro.

Bibl.: (v. computisteria) V. Alfieri, Gli errori nell'appuramento dei c/c, Torino 1891; G. Zigoli, Contributo a una teoria matematica dei c/c, in Rivista italiana di Ragioneria, Roma 1910; L. Daubresse, Comptes courants et d'intérêts, nuova ed., Mons 1907; P. D'Angelo, La tecnica bancaria, 3ª ed., Milano 1925; N. Garrone, La scienza del commercio, II: Tecnica bancaria e di borsa, i: Banche di credito ordinario, Milano 1925.

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