CONTREBIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1994)

CONTREBIA (Contrebia Belaisca o Contrebia Balaisca o Contebas)

A. Beltrán

Antica città celtiberica della Spagna tarraconense. Più volte citata dalle fonti (Liv., XL, 33, 1-4; Vell., II, 5, 2; Val. Max., II, 7, 10; Flor., Epit., I, 33, 10; Diod. Sic., XXXIII, 24; ecc.), è stata localizzata a SO di Saragozza sul Cabezo de Las Minas (Botorrita) presso il fiume Huerva: qui confluivano probabilmente, in un importante crocevia ricordato dall'Anonimo Ravennate (310, 5, 12), strade di grande rilevanza provenienti da Caesaraugusta, Leonica, Libisosa. C. batté moneta bronzea con la scritta iberica Contebacom Bel, caratterizzata dal noto tipo del lanciere e della testa giovanile. La parte di città finora scavata consiste in una serie di edifici sull'acropoli, alla quale si accede tramite una rampa che portava fino a una piattaforma difesa da una muraglia, su cui sorgeva un grande edificio di mattoni crudi. Verso NO, inoltre, si trova un'edicola al centro di un ampio cortile scoperto, forse identificabile con un tempio di tipo orientale. Il resto delle costruzioni corrisponde a installazioni per la lavorazione di pelli o di tessuti, su spazi rettangolari, poco profondi, rivestiti di intonaco. Un grande edificio in mattoni crudi era però senz'altro il più importante: composto di cinque locali contigui, di pianta rettangolare allungata, leggermente aperti a ventaglio, le cui porte danno su uno spazio porticato, con tre colonne conservate in situ, formate da tamburi cilindrici, e due pilastri angolari, che prolungano in antis i muri esterni. Si è supposto che questo edificio fosse la curia o un luogo pubblico, perché alla sua base è stata ritrovata la tabula Contrebiensis, bronzo che contiene un importante documento giuridico dell'anno 87 a.C., nel quale il pretore C. Valerio Fiacco sanziona una decisione dei magistrati di C. nella causa sulle acque fra gli Iberi di Salduie (Saragozza) e di Alaun (Aragona), a proposito di un canale che correva attraverso il territorio dei Sosinestesani (popolazione altrimenti sconosciuta). I nomi dei personaggi sono indicati in maniera analoga a quanto possiamo riscontrare nella tavola bronzea celtiberica, di cui si dirà in seguito: p.es.: Leso Siriscum Lubbi f magistratus (si menziona la carica nel luogo dove il testo celtibérico include bintis).

Nonostante la strana pianta, si può ritenere che l'edificio, piuttosto che una curia, sia un horreum, simile ad altri ellenistici dell'Asia Minore (p.es. Kaunos) e a quello molto più tardo di Masada. L'edificio conserva i suoi muri in mattoni crudi fino a un'altezza di c.a 5 m; reca alla base una fila di sedili di pietra. Nello spazio davanti al vestibolo furono scoperti numerosi capitelli, alcuni decorati da bande rosse parallele, fusti dipinti (con lettere iberiche incise) e basi corrispondenti a un colonnato la cui originaria collocazione non è stata fino a questo momento individuata, dato che sembra siano state qui accatastate per procedere a una ricostruzione che non ebbe luogo.

Alle pendici del colle si trovano costruzioni di fango e nella parte bassa si estende una grande installazione di carattere agricolo di epoca repubblicana, con ambienti signorili. Da segnalare in particolare è un tablinum, i cui pavimenti in opus signinum si abbinano a pareti dipinte con colori uniformi, soprattutto nero e rosso; inoltre cortili e magazzini con mole, nonché un deposito di farina contenuta in anfore. In uno degli ambienti destinati alle attività agricole è stata rinvenuta la tavola di bronzo citata in precedenza, con iscrizioni in lingua celtibérica su ambedue i lati: da una parte contiene un testo probabilmente religioso (una lex sacra) e dall'altra un elenco di personaggi designati con il patronimico e il nome del padre, con l'aggiunta di «bintis».

La disposizione è «lubos counesicum, melmunos bintis» e gli altri nomi che appaiono sono Letondu, Melmu, Aiu, Tirtu, Abulu, Tirtanos, Useisu, distribuiti in cinque blocchi. Fino a ora non è stato possibile trovare una spiegazione per questi nomi: si può solo osservare che le differenze nella grafia e nella tecnica di incisione, il fatto che la lastra si sia rotta e che il lato Β sia scritto solo su uno dei frammenti, fanno pensare che si tratti di iscrizioni appartenenti a due momenti diversi.

Nella zona bassa, gli scavi del 1987-88 hanno riportato alla luce una grande via di epoca repubblicana: sembra che la vita dell'abitato si fosse spostata qui dopo l'abbandono della città alta (avvenuto peraltro dopo alcuni ultimi tentativi di riadattamento).

Il quadro cronologico, infatti, si può ricostruire così: il momento della fondazione si pone nel III sec. a.C.; seguono varie distruzioni, evidenziate dalle tracce di incendi totali o parziali della città, uno dei quali si può attribuire alle campagne di Catone dopo il 197 a.C. L'abitato probabilmente fu raso al suolo durante le guerre di Sertorio, soprattutto nell'anno 74 per opera di Perpenna: il materiale ceramico (Campana A e Campana B, nonché ceramica di uso comune) rivela un'occupazione attiva dal 100 all'80 a.C., giungendo appunto fino all'epoca di Sertorio (anfore); manca quello corrispondente alle metà del secolo. Ma certamente la vita dell'abitato si riorganizzò: nella zona bassa, oltre alla via suddetta, vi sono altre testimonianze, come le abbondanti terre sigillate (quasi assenti invece nella città alta), che arrivano fino all'epoca di Nerone e dei Flavi.

Rimangono scarsi resti di un ponte sul fiume Huerva: su questo, presumibilmente, la città esercitò il suo controllo. La sua floridezza economica, inoltre, doveva essere basata anche sul commercio di tessuto e di pellami, che venivano lavorati, fra l'altro, nelle già ricordate installazioni rinvenute nella città alta.

Bibl.: G. Fatas, Contrebia Belaisca II. Tabula Contrebiensis, Saragozza 1980; A. Beltrán, A. Tovar, Contrebia Belaisca, I. El bronce con alfabeto «iberico» de Botorrita, Saragozza 1982; A. Beltrán, Las excavaciones de Contrebia Belaisca: síntesis cronològico cultural, in Coloquio de Vitoria, Vitoria 1987, p. 205.