Controtransfert

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In psicologia, complesso degli atteggiamenti (consci e inconsci) dell’analista nei confronti del paziente. Stando alla visione del c. espressa, per es., da H.F. Searles (Countertransference and related subjects, 1979), il terapeuta vive, in corrispondenza con analoghi sentimenti del paziente, fasi simbiotiche e fasi edipiche di c., e diviene suo compito suscitare un opportuno passaggio dalle prime alle seconde. Secondo J. Sandler (The patient and the analyst, 1973), il c. si disperde, nella trama continua e fittissima di messaggi consci e inconsci tra paziente e analista, in una relazione intrinsecamente duale che tende pertanto a trascendere le singole individualità in analisi.

La tradizionale accezione del c. aveva trovato nello stesso Freud una parziale correzione, là dove veniva indicato nell’inconscio dell’analista, e quindi nel suo c., il vero ‘organo ricevente’ delle comunicazioni del paziente; resta il fatto che sia in Freud sia in una vasta schiera di analisti che si richiamano alle sue indicazioni terapeutiche esiste una sottovalutazione del carattere interpersonale della situazione analitica, intesa come indagine complicata dall’emergere, nell’analista, di sentimenti di controtransfert. Prime modificazioni di questo modo di intendere il c. si hanno con gli analisti che seguono l’indirizzo di M. Klein (P. Heimann, W. Bion ecc.), i quali tendono a sottolineare il contenuto conoscitivo delle emozioni suscitate nell’analista dal rapporto con il paziente, e il concetto di identificazione (➔) proiettiva, che tende a rendere l’analista un potenziale agente di contenuti inconsci scissi e proiettati su di lui dal paziente, essenziali per formulare ipotesi sui conflitti interni di quest’ultimo. Da tale formulazione si è passati in seguito a una concezione tendenzialmente simmetrica e interattiva della situazione analitica, nella quale è ragionevole che vi sia scambio di sentimenti tra paziente e analista, compresi gli estremi dell’odio e dell’amore, scambio all’interno del quale il c. diviene parte non segregabile di una fittissima trama di comunicazioni tra paziente e analista (M. Gill, Psychoanalysis in transition, 1994).

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