CORINTO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1959)

Vedi CORINTO dell'anno: 1959 - 1973 - 1994

CORINTO (Χόρινθος, Corīnthus)

B. Conticello
A. Stucchi

Famosa città della Grecia antica, circa 7 km a S-E della città moderna sorta dopo il terremoto del 1858 che distrusse quanto restava della località antica. C. si trova in una posizione geograficamente importante lungo la riva del golfo omonimo; questa e la naturale difesa che presenta il monte Acrocorinto, hanno fatto sì che l'uomo vi si insediasse abbastanza presto. Villaggi neolitici con resti di capanne e di ceramica vennero in luce non solo nel sito dell'antica C., specialmente presso la Lerna, ma anche in località viciniori. Sull'Acrocorinto vi è un muro di tipo ciclopico, forse miceneo; altri resti micenei sono nella zona, ma non in quantità tale da indicare un centro abitato. I reperti archeologici testimoniano - indipendentemente dalle consuete eponimie mitiche - una occupazione del sito a partire, almeno, dal II millennio a. C.

1. Storia. - Sulla base delle strette relazioni che intervengono, in un certo momento, tra il materiale argivo e quello trovato a C., è possibile ritenere che, una prima volta in età micenea ed una seconda al tempo della invasione dorica, C. dovette essere soggetta ad Argo. Diodoro e Pausania ci hanno tramandato notizia di un primitivo reggimento monarchico della città, fornendoci la lista di 10-12 sovrani, dei quali capostipite sarebbe stato l'eraclide Aleta ed ultimo rappresentante Teleste. Durante il corso del sec. VIII a. C., la monarchia andò lentamente trasformandosi in una oligarchia dinastica a carattere prevalentemente fondiario e, verso la fine del secolo, troviamo saldamente insediata la famiglia dei Bacchiadi. Di costoro, Diodoro narra che governavano collegialmente eleggendo ogni anno dal proprio seno un magistrato che esercitasse le funzioni regali.

La più moderna critica storica respinge l'opinione che si debba ai Bacchiadi l'impostazione di quella politica "mercantilistica" che avrebbe condotto C. a primeggiare fra le città della Grecia. Anche il grande movimento coloniale che condusse alla fondazione di Corfù e di Siracusa da parte di C. nel sec. VIII, si è oggi propensi a giudicarlo, piuttosto che frutto della espansione commerciale della città, come dovuto ad una crisi di superpopolamento delle campagne e di urbanesimo. L'apertura di questo sbocco demografico verso le colonie, favorì il ritorno alla normalità e - nello stesso momento - creò nuove possibilità alla espansione del commercio ellenico, e corinzio in particolare.

A partire dalla metà del VII sec. a. C., i tipici prodotti della industria corinzia (arỳballoi, alàbastra, skỳphoi) appaiono più frequenti in tutta l'area del Mediterraneo e si assiste ad un potenziamento della corrente commerciale corinzia; potenziamento che è ben lungi, comunque, dal condurre ad una "talassocrazia" corinzia. Contemporaneamente, si manifesta a Corfù un movimento di separazione dalla madrepatria, in seguito al quale l'isola si dichiara indipendente ed affronta in battaglia navale (664 a. C.) la flotta corinzia con esito non del tutto sfavorevole, c'è da credere, se alla fine del secolo essa è ancora libera.

Nella seconda metà del VII, il sovrapopolamento urbano, conseguente allo sviluppo dell'artigianato su scala industriale, determina l'insorgere di una crisi della quale approfitta Cipselo per rovesciare il governo dei Bacchiadi con l'aiuto dei democratici ed instaurare la tirannide. La tradizione assegna circa settant'anni al governo dei Cipselidi in C. e ci dice che esso fu esercitato da Cipselo, dal figlio Periandro e dal nipote di questi Psammetico. Fra gli studiosi esiste tuttora incertezza sull'avvento al potere di questa famiglia; mentre alcuni (Dunbabin) sostengono ancora una cronologia alta (655 a. C.), altri (De Sanctis, Will) preferiscono una cronologia bassa (620-610 a. C.). Tutti appoggiano la propria cronologia su passi di scrittori classici oltre che su argomenti archeologici. Con i Cipselidi non mutò, comunque, l'indirizzo generale della politica corinzia e se ne accentuarono, anzi, alcuni caratteri; così, si cercò ancora una volta di equilibrare la spinta demografica con la fondazione di nuove colonie (Epiro, Acarnania, Calcidica), mentre si riconquistava, sotto Periandro, Corfù. I cento anni che intercorrono fra il 65o ed il 550 a. C. sono per C. il periodo di maggior sviluppo; la tradizione classica ha posto quivi la fucina di formazione della Grecia arcaica. A C. si attribuisce la riforma oplitica e l'invenzione delle triremi che modernizzarono la condotta della guerra. Corinzî sono considerati i primi pittori di cui ci sia stato tramandato il nome: Aridikes, Kleanthes, Ekphantos. Alla sfera corinzia vanno ascritti i più antichi pinakes dipinti e la ceramica corinzia ci offre i primi esempî di "stile narrativo" derivato dalla pittura. Alla città si fa merito di aver inventato il frontone triangolare. In essa ebbe sede una delle più antiche scuole di maestri anatomisti e bronzisti. Il raggio di espansione della influenza corinzia si può misurare tenendo conto del fatto che la tipica ceramica di C. è stata trovata dall'Asia Minore alla Mesopotamia, all'Egitto, a Cartagine, alla Penisola Iberica, alle valli del Rodano, Reno, Danubio, all'Italia ed è comparsa, perfino, nella lontana Crimea.

Un po' prima della metà del sec. VI la supremazia passa ad Atene e la storia di C. si confonde con quella delle altre città del Peloponneso, che è storia di soggezione alla politica spartana. C. è a fianco dei Siracusani nella battaglia di Eloro (491 a. C.), partecipa con un ruolo non trascurabile (si ricordi l'epitaffio per i caduti corinzî a Salamina) alla guerra nazionale contro i Persiani (490-480 a. C.), cerca invano di impedire il passaggio ad Atene di Megara (459 a. C.), parteggia tiepidamente per Sparta nella guerra del Peloponneso, aiuta Siracusa contro gli Ateniesi al tempo della spedizione in Sicilia (414 a. C.) ed è alleata di Sparta nella guerra contro i Tebani guidati da Epaminonda (369 a. C.). Alla discesa di Filippo il Macedone, C. si mantenne neutrale e fu scelta come sede della lega creata da Filippo per controllare i Greci (338 a. C.). Lo stesso ruolo le fu assegnato da T. Q. Flaminino quando, dopo aver conquistato la Grecia, ne dichiarò l'indipendenza (196 a. C.), ma fu distrutta da L. Mummio dopo la rivolta del 146 a. C.

Nel 44 a. C., Cesare ripopolò la località con coloni prevalentemente italici e le dette il nome di Laus Iulia Corinthus. Nel 267 fu distrutta una prima volta dai Goti Eruli, una seconda volta, nel 394, da Alarico, una terza da un terremoto nel 521 e ricostruita da Giustiniano.

Bibl.: C. W. Blegen, Corinth in Prehistoric Times, in Am. Journ. Arch., XXIV, 1920; J. G. O'Neill, Ancient Corinth, with a Topographical Sketch of the Corinthia, Part I. From the Earliest Times to 404 B. C., Baltimorea 1930; A. Blakeway, Prolegomena to the Study of Greek Commerce with Italy, Sicily and France in the Eighth and Seventh Century B. C., in Annual of the British School at Athens, XXXIII, 1932-33; H. R. W. Smith, The Hearst Hydria: an Attic Foot-note to Corinthian History, Univ. of Calif. Public. Class. Arch., I, 20, 1944; E. Lapalus, Le fronton sculpté en Grèce des origines à la fin du IVe s., Parigi 1947; S. Mazzarino, Fra Oriente ed Occidente, Firenze 1947; J. A. Davison, The First Greek Triremes, in Classical Quaterly, XLI, 1947; T. J. Dunbabin, The Early History of Corinth, in Journ. Hell. Stud., LXVIII, 1948; T. J. Dunbabin, The Western Greeks. The History of Sicily and South Italy from the Foundation of the Greek Colonies to 480 B. C., Oxford 1948; R. Carpenter, The Greek Penetration of the Black Sea, in Am. Journ. Arch., LII, 1948; A. R. Burn, Early Greek Chronology, in Journ. Hell. Stud., LXIX-LXX, 1949-50; R. L. Beaumont, Corinth, Ambracia, Apollonia, in Journ. Hell. Stud., LXXII, 1952; E. Will, Korinthiaka; Recherches sur l'histoire et la civilisation de Corinthe des origines aux guerres Médiques, Parigi 1955; J. Berard, La colonisation grecque de l'Italie méridionale et de la Sicile dans l'Antiquité, Parigi 1957.

(B. Conticello)

2. Topografia. - Comincia con l'epoca ellenica un sicuro insediamento umano ben determinato dalle ricerche e dagli scavi effettuati dal 1895 in poi dai Greci e quindi dagli Americani. Alla città greca si è sovrapposta, dopo la conquista e la distruzione, quella romana. Di questa abbiamo due descrizioni antiche, utili per il riconoscimento degli edifici scavati, quella di Pausania (ii, 2, 6-5, 5) e quella di Strabone (viii, 6, 20-23). Molti danni irreparabili devono essere stati causati ai monumenti da un terremoto, forse quello del 375 d. C., successivamente al quale povere costruzioni bizantine si sono sovrapposte allo strato romano.

Tre sono le zone in cui si divide la città antica: l'Acrocorinto; la città vera e propria ai suoi piedi; il porto del Lecheo. Sull'Acrocorinto è rimasto molto poco di ellenico sotto le sovrapposte mura turche e veneziane. Il maggior numero di notizie ci viene dalla tradizione letteraria: esso costituiva sia l'acropoli della città che il santuario per cui la città era famosa. Del tempio di Afrodite, magnificato nell'antichità e nominato anche per i riti di prostituzione sacra, rimane un misero resto sulla cima del monte. Delle mura di difesa dell'Acrocorinto è rimasto solo qualche tratto a conci regolari. A queste, secondo Strabone, si univano delle lunghe mura che raggiungevano quelle della città bassa, formanti insieme un circuito di 81 stadî. Notevoli tratti della cinta urbana sono stati riconosciuti e, lungo questi, la porta verso il Lecheo e quella verso l'Istmo. Le mura, munite di torri, seguono le creste delle colline ed i burroni, che ne facilitavano la difesa.

Nella zona della città antica, i resti più cospicui si trovano attorno all'agorà ed al tempio di Apollo. È stata scoperta - ed è in buono stato di conservazione - la parte terminale della strada antica, che portava direttamente dal porto del Lecheo, sul golfo di Corinto, al cuore della città. La strada, ricordata anche da Pausania, è molto larga e fiancheggiata da marciapiedi, ma doveva essere riservata al traffico pedonale, perché è interrotta da varî gruppi di gradini. La strada è fiancheggiata a destra e a sinistra da un portico continuo, che sul lato O serviva anche ad alloggiare negozî. Ad O di questi si allarga una grande basilica in pietra calcare (poros) del I sec. a. C., in seguito allargata e ricostruita in marmo. Sotto alla basilica romana rimangono notevoli resti di un mercato greco a forma basilicale della fine del V sec. a. C. Sul lato opposto della via del Lecheo si notano, prima i resti di grandi e lussuose terme, costruite probabilmente nel II sec. d. C., e che si possono identificare con le terme di Eurykles, menzionate da Pausania; poi la grande piazza rettangolare porticata del peribolo di Apollo. In esso Pausania ricorda di aver visto una statua di Apollo ed una pittura di Ulisse ed i Proci. Sotto il lato occidentale del porticato, ionico, sono conservati i resti di un precedente tempietto greco del IV sec. a. C., sostituito al principio del III da una specie di baldacchino retto da quattro colonne. Al termine meridionale della via del Lecheo è posta la fontana Peirene, la cui prima installazione risale al VI sec. a. C. L'acqua sgorgava da sei profonde nicchie scavate nella roccia. Successivamente fu aggiunto davanti un ornamento architettonico in poros, in stile ionico. Erode Attico vi costruì davanti un ninfeo triabsidato con un grande bacino centrale rettangolare. Altre modificazioni avvennero in epoca posteriore, fino in età bizantina. Al termine della via del Lecheo i propilei, costruiti in marmo nel I sec. d. C. in forma di arco trionfale a tre fornici e poi varie volte ricostruiti, immettono nell'agorà. Anteriormente essi erano formati da un pentàpylon in poros.

L'agorà non ebbe in tutte le epoche la grande larghezza che raggiunse in epoca romana. Prima del IV sec. a. C., case e minori costruzioni di natura imprecisata occupavano gran parte dell'area nella zona sud-occidentale, mentre un cimitero arcaico è stato rivelato dagli scavi nella sua parte centrale. Nel IV sec. a. C. la costruzione del portico meridionale raddoppiò quasi l'area dell'agorà, che rimane poi sostanzialmente inalterata fino all'epoca medievale. La piazza, di pianta rettangolare, ha due diversi livelli, presentandosi più alto quello meridionale. Il lato orientale, uno dei due brevi, è chiusa dalla basilica Iulia, di forma rettangolare, costruita sopra un criptoportico ad un livello più alto di quello della piazza antistante. Ad essa portava una scalinata monumentale. La basilica, che aveva un colonnato interno di ordine ionico, è notevole per il numero di sculture trovatevi. Davanti alla basilica Iulia, ad un livello inferiore a quello dell'epoca romana, si sono trovati gli impianti di epoca greca di una linea di partenza per gare podistiche nell'agorà. La parte alta dell'agorà, sempre lungo lo stesso lato nord-orientale, è chiuso dalla cosiddetta "costruzione di S-E", che presenta anteriormente un portico ionico e posteriormente un ambiente diviso in tre navate. La sua costruzione si deve molto probabilmente, poco prima della metà del I sec. a. C., a Gneo Babbio Filino, mentre fu ricostruita dopo circa cinquanta anni da un suo figlio o nipote. Si pensa che essa potesse contenere il Tabularium della colonia romana. Il lato meridionale della piazza è interamente occupato da un grande portico, che è da considerare la più grande costruzione civile dell'antica Grecia. Il portico, nella sua forma iniziale, è databile al IV sec. a. C.: aveva 71 colonne doriche sulla facciata e 34 colonne ioniche al centro. Sima con gocciolatoi a testa leonina ed antefisse erano fittili. Nella parte posteriore una serie di 33 botteghe, ciascuna munita di un pozzo e con un retrobottega, inducono a pensare che in epoca greca la parte meridionale dell'agorà avesse prevalentemente carattere economico. Non così in epoca romana, in cui il portico, pur mantenendo la sua fisionomia esterna, fu largamente rimaneggiato per dar luogo ad ambienti e costruzioni di carattere ufficiale. Tra questi si è creduto di riconoscere: la sede degli agonothètai dei giochi istmici, la curia, di forma ellittica, e la sede dei duoviri. A S del portico, ma con ingresso dal portico stesso, si trova la basilica meridionale, che presenta lo stesso impianto di quella Iulia e che deve essere della stessa età, mentre deve aver subito rimaneggiamenti nella prima parte del II sec. d. C.

Tra la parte alta e la parte bassa dell'agorà il transito era assicurato da una serie di scalinate. Tra esse vi era una lunga fila di botteghe, con ingresso dalla parte bassa della piazza. Quasi al centro della fila di botteghe rimangono notevoli avanzi di un podio, riconoscibile per i rostra menzionati in una iscrizione romana del II sec. d. C.; e per il bèma sul quale comparve l'apostolo Paolo per difendere se stesso e la religione cristiana davanti al governatore romano Gallione. Sul podio venne costruita in epoca posteriore una basilichetta a tre navate. All'estrema parte orientale della fila di botteghe dell'epoca romana vi era, invece, un monumento circolare greco posto su un alto podio rettangolare. Al centro della parte bassa della piazza vi è una serie di basi di monumenti, nonché i resti di un altare.

Il lato occidentale della piazza acquista in epoca romana un aspetto scenografico. Esso era infatti dominato in lontananza dal tempio E, di cui si parlerà più sotto, ed era chiuso da una fila di botteghe con un colonnato anteriore, che lasciava al centro uno spazio libero per una grande scalinata che portava dal piano dell'agorà alla quota del tempio. Le botteghe furono costruite all'inizio del I sec. d. C., e restaurate nel IV. Davanti alle botteghe vi è una serie di sei tempietti di epoca romana, ricordati anche da Pausania, ed in cui si è voluto riconoscere, da S verso N, quello di Venere sotto l'aspetto di dea della fortuna, il Pantheon, quello di Ercole, forse costruito all'epoca di Commodo, e quelli di Nettuno, di Apollo Clario e di Mercurio. Ad E del tempietto di Apollo, su un alto podio, era collocato il monumento circolare con otto colonne corinzie del duoviro Gneo Babbio Filino, benemerito della città.

Il lato settentrionale dell'agorà era chiuso, da E ad O, da un portichetto che nascondeva la parte posteriore della Peirene, dai propilei, di cui si è detto più sopra, da una facciata monumentale decorata con grandi figure di prigionieri o telamoni e dalle botteghe di N-O. La "facciata dei prigionieri" era una specie di quinta decorata molto riccamente, tutta in marmo pario, che dava adito dall'agorà alla basilica che si trovava alle sue spalle e di cui si è detto più sopra parlando della via del Lecheo. La "facciata" aveva un doppio ordine di colonne, di cui almeno quattro - si pensa dell'ordine superiore - erano sostituite da colossali figure di barbari prigionieri poste su basi decorate con bassorilievi con scene simboliche di vittoria. Alle spalle di queste figure, pilastri con capitelli corinzî, come quelli dell'ordine inferiore, ma un terzo più piccoli, reggevano l'architrave. Ad occidente di questa facciata monumentale vi sono i resti delle botteghe di N-O, con un colonnato antistante, costruite nel I sec. d. C., esattamente davanti ad un portico del I sec. d. C., ricostruito successivamente anche dopo la conquista romana. A S del punto di incontro della "facciata dei prigionieri" e della costruzione a botteghe, ad un livello inferiore a quello dell'epoca romana, si è conservata perfettamente una fonte sacra nascosta agli occhi profani da un basso muro a triglifi, che è servito anche di base per monumenti votivi. Lo stesso muro a triglifi occulta l'ingresso di un piccolo corridoio sotterraneo, con probabile funzione oracolare, che porta verso un piccolo tempietto absidato, i cui resti si trovano sotto i muri delle botteghe di N-O. Tutto questo complesso religioso ha un'origine molto arcaica, ed ha subìto varie trasformazioni fino al suo definitivo interramento in epoca romana.

Su un rialzo di terreno a N del portico di N-O rimangono ancora in piedi sette delle 38 colonne doriche del tempio di Apollo, databile attorno alla metà del VI sec. a. C., e costruito in sostituzione di un precedente minore tempio del VII sec., alcuni resti del quale si sono trovati a N dell'attuale. Poco a S-O del tempio di Apollo, al di là della strada che portava a Sicione, si trova un santuario formato da un portico quadrilatero con un tempio al centro, entrambi di costruzione romana, ma di epoca diversa. Si è pensato che si tratti del santuario di Hera Akraia, data la sua connessione con la fonte Glauke, a cui è addossato. La fonte, ricordata anche da Pausania, ha una pianta molto simile a quella della Peirene e rimase in uso, quasi inalterata, anche in epoca romana. A S-O della Glauke si trova il già ricordato tempio E, costruito nella prima epoca imperiale romana in asse con l'agorà e riconoscibile per quello che Pausania chiama il tempio di Ottavia o per il Capitolium.

A N-E della Glauke si trova invece il complesso del teatro e dell'odeion. Questo fu costruito verso la fine del I sec. a. C., fu completamente ricostruito in marmo da Erode Attico, mentre nel 225 fu trasformato in arena per giochi gladiatorî. Il teatro risale con il più antico impianto al V sec. a. C. A questo, di cui rimangono pochi resti della scena, si sovrappose un teatro circolare nel IV sec. Esso è in parte visibile sotto il posteriore teatro romano, che ha coperto nel I sec. d. C., quello precedente con una nuova gradinata. Altre ricostruzioni si possono datare al III sec. d. C., durante le quali il teatro si trasforma in arena.

Al limite estremo settentrionale del ripiano su cui è costruita la città si trova la fontana della Lerna, circondata da un portico e da sedili, così come è descritta da Pausania. Vicino alla Lerna vi è il santuario di Asklepios, che ha origine fin dal VI sec. a. C., e nel quale si trova un tempietto dorico del IV.

Di particolare interesse è stato lo scavo di una parte del quartiere dei vasai, in cui case e botteghe datano dal VI al IV sec. a. C.; e quello di una fabbrica di tegole e ceramiche architettoniche attiva nel VI e nel V sec. a. C.

Ad E della città sono i resti, non ancora scavati, dell'anfiteatro romano, databile al III sec. d. C. Di considerevole interesse sono i pochi mosaici policromi di una villa romana. Tra essi è da ricordare quello raffigurante un pastore che suona il flauto stando sdraiato sotto un albero, che è stato considerato come una tradizione in mosaico di una famosa pittura di Pausias di Sicione, ed erroneamente attribuito, un tempo, ad età ellenistica.

Tra i resti cristiani il principale è una basilica del IV o V sec. lungo la strada per il porto di Kenchreai sul golfo Saronico, il secondo porto di Corinto. È a tre navate, con l'aggiunta di una cella tricora.

3. Museo. - Quanto di antico è venuto alla luce negli importanti lavori nel centro cittadino e nei dintorni è raccolto nel museo, costruito accanto agli scavi dell'agorà. La storia più antica di C. è documentata unicamente dai vasi che vi si trovano raccolti. Abbondanti i resti neolitici e dell'Antico Elladico (all'incirca tra il 4000 ed il 2000 a. C.). Dopo una lacuna quasi totale per molti secoli, i ritrovamenti si fanno abbondanti nuovamente nel periodo submiceneo, in cui comincia il ripopolamento della zona, nella seconda metà dell'XI sec. a. C. Da quell'epoca in poi la ceramica di C., facilmente conoscibile per il colore chiaro dell'argilla adoperata, ha caratteristiche sue proprie. Il museo ha preziosi esemplari del periodo pre-geometrico, geometrico e tardo-geometrico, al quale si innestano direttamente i primi esempî di ceramica protocorinzia, nella seconda metà dell'VIII sec. Da quest'epoca in poi gli esempî nel museo sono sempre più abbondanti fino all'età bizantina, anch'essa ben rappresentata da molti esemplari. Accanto ai vasi bisogna ricordare le figurine fittili, venute in luce in gran numero nel quartiere dei vasai, le arule fittili dipinte e specialmente i molti frammenti di decorazione templare fittile, per la quale Corinto era largamente famosa nell'antichità arcaica e classica. Tra questi, degni di particolare menzione, i resti di una decorazione frontonale circa del 500 a. C. con un'amazzonomachia.

Il museo raccoglie poi tutte le sculture dei fortunati scavi. Vi sono alcuni esempi pre-ellenici, tra cui, forse dell'Antico Miceneo, un frammento di rilievo con una testa maschile. Tra le sculture, copie di esemplari del periodo classico: da notare una replica (n. 425) della testa di Apollino di Cleveland e delle Terme, con il ritmo invertito dell'Efebo di Stephanos; una figura femminile, probabile Kore (n. 67), di cui un'altra copia è nel Museo Nuovo dei Conservatori; una figura femminile in peplo dorico allacciato soltanto alla spalla destra (n. 68); una statua di Artemide (n. 812-820); una copia della Piccola Ercolanese (n. 55-1180); un Apollo citaredo da un originale di Skopas; una statua forse di Enyo (n. 827); una testa di Dioniso (n. 194) con la mano sul capo nell'atteggiamento dell'Apollo Liceo. Vi è poi un gruppo di statue iconiche romane trovate nella basilica Iulia, tra cui Augusto e varî membri della sua famiglia; varî altri ritratti, tra cui uno di Erode Attico, nonché esempî di statuaria e di ritrattistica del periodo tardo-romano e bizantino. Sono poi conservati nel museo i resti scultorei della "facciata dei barbari": una figura completa di barbaro col copricapo frigio, la parte superiore di una figura dello stesso tipo, due teste femminili appartenenti a figure analoghe e due basi di statue con bassorilievi, nonché un frammento di cassettonato con busti di Helios e Selene. Completano le raccolte alcuni sarcofagi romani (uno con la rappresentazione dei Sette a Tebe) alcuni frammenti di stele funerarie del V sec. a. C., ed altri minori rilievi di vario genere, nonché varî bronzetti dall'epoca greca arcaica a quella romana e avorî, tra i quali una sfinge arcaica.

Bibl.: Corinth (Serie di volumi sugli scavi condotti dall'Istituto Archeologico Americano e pubblicati dalla Princeton University): vol. I, p. I, Introduction, Topography, Architecture, 1932; p. II, Architecture, 1941; p. III, Monuments in the Lower Agora, 1951; p. IV, The South Stoa, 1954; vol. II, The Theatre, 1952; vol. III, p. I, Acrocorinth, 1930; p. II, The Defenses of Acrocorinth, 1936; vol. IV, p. I, Architectural Terracottas, 1929; p. II, Terracotta Lamps, 1930; vol. V, p. I, The Roman Villa, 1930; vol. VI, Coins, 1896, 1929, 1933; vol. VII, p. I, The Geometric and Orientalizing Pottery, 1943, vol. VIII, p. I, Greek Inscriptions, 1931; p. II, Latin Inscriptions, 1931; vol. IX, Sculpture, 1896, 1923, 1931; vol. X, The Odeum, 1932; vol. XI, The Byzantine Pottery, 1942; vol. XII, The Minor Objects, 1952; vol. XIV, The Asklepieion and Lerna, 1941, vol. XV, p. I, The Potters' Quarter, 1948; p. II, The Potters' Quarter, The Terracottas, 1952; da completare con numerosissimi articoli comparsi nelle riviste: Am. Journ. Arch. ed Hesperia. Per un rapido orientamento: Ancient Corinth, A Guide to the Excavations, VI ed., Atene 1954.

(A. Stucchi)