CORNEA

Enciclopedia Italiana (1931)

CORNEA (fr. cornée; sp. córnea; ted. Hornhaut; ingl. cornea)

Giuseppe Ovio

Si chiama così, in oculistica, la parte anteriore trasparente della capsula fibrosa, o tunica esterna del bulbo oculare. È di forma sferica irregolare; nella sua parte di mezzo, o zona ottica, può praticamente considerarsi regolarmente sferica, ma è irregolarmente appiattita all'infuori di quella. Ha uno spessore di circa 8 decimi di millimetro nel mezzo, e va lievemente ingrossandosi verso la periferia dove oltrepassa di qualche poco il millimetro. Otticamente, se isolata e tenuta all'aria, rappresenta una lente (menisco) dispansiva, ma nella sua sede agisce come lente collettiva perché fa corpo, per così dire, con l'umore acqueo che le si addossa posteriormente e che ha un indice di rifrazione pressoché eguale al suo. Ha un raggio di curvatura di circa 7 mm. e quindi molto più piccolo di quello del bulbo, e un diametro, alla base, di 11-12 millimetri.

Questa base, più che circolare, è lievemente ellittica, e l'intera cornea, più che a una calotta sferica, s'accosta a quella di un ellissoide con asse maggiore orizzontale (superficie astigmatica).

Si unisce alla sclerotica con un margine tagliato a sghembo e con diametro minore sul suo labbro anteriore, maggiore sul suo labbro posteriore, per cui la cornea al suo margine è coperta per un certo tratto (1-2 mm.) dalla sclerotica. Ammesso che la cornea sia di forma sferica, rappresenterebbe molto meno della metà di una sfera, perché mentre il suo raggio di curvatura è di sette millimetri, un piano su cui si adagiasse con la sua base, ne taglierebbe una saetta di poco più di tre.

Struttura. - La cornea nel suo spessore, a partire dall'eterno, è formata dai seguenti strati: 1°, epitelio, a più ordini di cellule; 2°, membrana basale anteriore, o membrana di Bowmann, impropriamente detta membrana elastica anteriore; 3°, sostanza propria; 4°, membrana basale posteriore, o membrana di Descemet, che con più ragione dovrebbe chiamarsi del Morgagni; 5°, endotelio, detto anche endotelio della descemet, a un solo ordine di cellule.

La sostanza propria è un complesso di lamelle di connettivo disposte a strati orizzontali e formate di fibrille unite a fascetti. Tra le lamelle, numerosi piccoli spazî comunicanti costituiscono un insieme di lacune umorali, così dette perché ripiene di linfa circolante. Racchiudono anche numerosi elementi figurati, che sono le cellule fisse o cellule proprie della cornea, e le cellule migranti. Le prime sono cellule di connettivo ramificate, con grosso nucleo, molto tarde ad assumere le comuni colorazioni; le seconde sono comuni leucociti per lo più polinucleati, i quali per seguire la corrente linfatica, si allungano, si schiacciano e si deformano nei più strani modi.

La cornea non possiede vasi sanguigni; quelli congiuntivali formanti grosse anse, si fermano presso al suo margine. Riceve dunque nutrimento solo dall'umore che esce da questi vasi e che circola abbondantemente nella rete umorale descritta; per questo riguardo la cornea può considerarsi come una comune lacuna linfatica ma paradossalmente gigante.

Possiede abbondante innervazione, rappresentata da estreme diramazioni cigliari, per cui è sensibilissima. Queste diramazioni si riuniscono in plessi distinti (plesso marginale, plesso fondamentale; nello spessore della sostanza propria, e plesso subepiteliale), da cui si dipartono estremi filamenti che si insinuano tra gli elementi stessi dell'epitelio, per cui anche questo (esempio unico) è dotato di sensibilità. Questa particolarità anatomica ha la sua ragione in ciò che la cornea per necessità della visione, deve conservare intatta la sua trasparenza e la sua levigatezza. Il più lieve essiccamento per effetto di evaporazione, sfalderebbe quest'epitelio con danno della trasparenza e della levigatezza, e quindi della visione. Ma questo fatto non si produce, perchè, data la speciale sensibilità, il primo inizio d'essiccamento porta una sensibile molestia, cioè uno stimolo sulle terminazioni nervose, donde un riflesso palpebrale e lagrimale che produce l'ammiccamento per il quale un nuovo straterello di lagrime viene a umettare la superficie della cornea.

La cornea agisce da potente lente collettiva. Si calcola che il potere rifrangente dell'occhio superi le 70 diottrie; il cristallino nella sua sede ha un potere rifrangente inferiore alle 20, sicché la quota spettante alla cornea è superiore alle 50 diottrie. Comunemente s'ammette che solo la zona centrale della cornea serva alla visione. Non è vero: la zona centrale è la più importante perché serve alla visione centrale, ma la nostra visione periferica, che costituisce il campo visivo, abbraccia lo spazio per un angolo di circa 150 gradi, e per quest'ampiezza tutta la cornea viene utilizzata, per cui qualunque perdita di trasparenza di una zona anche periferica della cornea, porta una lacuna in questo campo visivo.

Patologia. - La cornea, essendo la parte più sporgente del bulbo oculare, è soggetta facilmente a traumi, e le lesioni traumatiche della cornea, per quanto minime, possono portare perdita di trasparenza, e quindi assumono sempre maggiore gravità che in altre parti. Altrove una cicatrice di qualche millimetro, consecutiva a un trauma, può essere insignificante, nell'occhio può bastare a determinare cecità. Le macchie corenali, consecutive a traumi, o a flittene e ulceri, sono sempre dannose. Esse, se sono piccole, disturbano la visione, non tanto perché sottraggono alla retina una certa quantità di raggi, ma perché ne lasciano penetrare una grande quantità irregolarmente, e si ha quindi formazione d'immagini confuse e diffusione di luce su tutta la retina. Per questo riguardo, a parità di grandezza, possono disturbare di più macchie poco dense (nubecole) che macchie molto dense (leucomi).

Sempre gravi in questo senso tutti i processi infiammatorî (v. cheratite), le ulcerazioni, ecc. In seguito a un'ulcera corneale perforata si produce qualche volta una fistola corneale. Sembra che in questi casi o si abbia una eversione della descemet col suo endotelio, o si produca una proliferazione dell'epitelio che si estende sulle pareti della perforazione fino a incontrare l'endotelio. È sempre una condizione grave, perché si tratta d'una fistola capillare che ora si richiude, ora si riapre, e i ripetuti abbassamenti e rialzamenti di tensione bulbare che ne conseguono finiscono per determinare gravi stati irritativi. Vi si rimedia con causticazioni ignee, ma non è sempre facile. In casi ostinati si ricorre a operazioni di plastica. Dopo l'intervento, se si mantiene bassa la tensione con ripetute paracentesi, si raggiunge lo scopo più facilmente.

Per le macchie corneali ectasiche, per le ectasie della cornea, v. stafiloma. Per le alterazioni senili della cornea v. gerontoxon.

Tumori maligni e benigni invadono spesso la cornea e hanno sede di predilezione al margine (v. occhio).

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