RIDOLFI, Cosimo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RIDOLFI, Cosimo

Rossano Pazzagli

RIDOLFI, Cosimo. – Nacque a Firenze il 28 novembre 1794 dal marchese Luigi e da Anastasia di Giuseppe Frescobaldi.

Discendeva da un’antica casata nobiliare fiorentina arricchitasi con il commercio tra il XIII e il XV secolo, consolidatasi nella vita politica in epoca repubblicana e medicea e ben dotata di terre. All’epoca del marchese Cosimo il patrimonio fondiario della famiglia era formato dalle due grandi fattorie di Meleto e di Bibbiani, entrambe acquisite attraverso vincenti strategie matrimoniali.

Orfano di padre a sei anni, la direzione del patrimonio fu assunta dallo zio Giovan Francesco Ridolfi. Il precoce contatto con la realtà delle fattorie permise a Ridolfi di sviluppare una sensibilità per i problemi tecnici dell’agricoltura, dagli aratri alle sistemazioni dei terreni collinari: «I miei cari studi» – scrisse – «pareanmi anche più dolci fra le macchie impenetrabili che io facea mutare in fioriti boschetti» (Ridolfi, 1901, p. 34). Con l’educazione del maestro di casa, l’abate Leopoldo Gignoli, compì i primi studi elementari e umanistici. A 14 anni frequentò le scuole di S. Giovannino a Firenze dove si distinse nella matematica, nella fisica e in altre discipline scientifiche che perfezionò seguendo i corsi di chimica, fisica e, in particolare, di botanica al Museo di fisica e storia naturale. Nel 1811 scrisse una prima memoria sulla classificazione delle piante e compilò un manuale botanico, ai quali si aggiunsero negli anni successivi saggi di fisica e chimica, che ben presto accompagnarono l’impegno pratico di Ridolfi, prima con la sperimentazione delle piante tintorie, poi con alcune esperienze sulla vinificazione delle uve e con l’apertura di un laboratorio chimico. Questo orientamento applicativo delle conoscenze, condito di sensibilità economiche e sociali, si concretizzò nella progettazione di un sistema pubblico di illuminazione a gas, il cosiddetto termolampo a legno, e nell’apertura di un’officina litografica nel 1819, ma soprattutto nell’impegno nell’Accademia dei Georgofili, dove fu ammesso come socio fin dal 1813, e nella costante attività in campo agricolo e in favore dell’istruzione, prima di quella elementare e poi di quella agraria.

Il 7 aprile 1823 sposò Luisa Guicciardini, figlia del conte Francesco e di Elisabetta Pucci. Il matrimonio rafforzò in Ridolfi l’interesse per il patrimonio familiare e l’orientamento per gli impegni pubblici. Tra il 1824 e il 1827 nacquero i figli Luigi, Niccolò e Lorenzo, mentre nel 1828 morì l’anziana madre. Una serie di incarichi pubblici, insieme ai viaggi all’estero, inserì il marchese ai livelli più alti della società granducale e lo rese noto anche oltre i confini della Toscana: fu tra i fondatori della Società toscana di geografia, statistica e storia naturale (1825), direttore della Zecca dal 1825, nel 1827 gonfaloniere della Comunità di Capraia, in cui era situata la sua fattoria di Bibbiani, dal 1828 direttore della Pia Casa di lavoro di Firenze, presidente del consiglio d’amministrazione della Cassa di Risparmio di Firenze, aperta nel 1829. Nel 1830, sospettato di simpatie liberali, si dimise dalle cariche pubbliche, orientandosi più decisamente verso le questioni dell’agricoltura, in particolare dell’istruzione agraria. Negli anni successivi si sarebbe trasferito anche con la famiglia in campagna, preferendo la dimora nella villa-fattoria di Meleto al palazzo avito di Firenze.

Il suo principale campo di azione fu dunque quello culturale ed economico in favore dell’agricoltura. Dell’ambiente georgofilo egli fu protagonista per oltre mezzo secolo: segretario degli Atti dal 1824, vicepresidente dell’Accademia dei Georgofili dal 1826 e presidente dal 1842 al 1865, Ridolfi stimolò e alimentò la riflessione e il dibattito sul ruolo dell’agricoltura toscana e del ceto dei proprietari nella compagine economica europea.

Segnalava e incoraggiava una tendenza che gli pareva di scorgere nell’atteggiamento dei proprietari terrieri: «Sembra che i possidenti non più si vergognino di visitare le loro campagne, non più disprezzino i libri georgici, e molto meno sdegnino di trasfonderne i buoni precetti nella classe preziosa dei contadini» (Memoria, 1818, p. 4). Egli caldeggiò una politica economica liberista nella depressa congiuntura degli anni Venti e sostenne la necessità di rispondere alla caduta dei redditi agricoli con un processo di adeguamento tecnico dell’agricoltura alle mutate condizioni poste dal mercato dei prodotti.

Insieme a Raffaello Lambruschini e a Lapo de’ Ricci, Ridolfi fondò nel 1827 il Giornale agrario toscano, che fino al 1865, insieme a poche altre testate, fu un riferimento essenziale per gli interessi agrari toscani e italiani.

Aveva maturato una solida preparazione scientifica, acquisita nel vivace ambiente culturale fiorentino, e una conoscenza diretta delle situazioni agrarie più evolute, sia d’Italia sia d’Europa, grazie ai viaggi, ai giornali e alle corrispondenze accademiche e private. Lasciò per la prima volta la Toscana nel 1820, forte dei ragguagli sull’Europa ricevuti da altre personalità dell’aristocrazia fiorentina come Gino Capponi, Ferdinando Tartini, Guido della Gherardesca e Giuseppe Pucci: le comunicazioni riguardavano aspetti pratici, esperienze scientifiche e soprattutto il tema dell’istruzione con l’invio di resoconti sulle forme di insegnamento praticate nelle principali città europee.

Nei quattro mesi del suo grand tour tra Italia, Svizzera e Francia, Ridolfi incontrò personalità del mondo scientifico europeo (soprattutto a Ginevra e a Parigi), visitò scuole e istituti (fra cui l’Istituto per i poveri di Hofwyl e la Scuola veterinaria di Alfort) e annotò puntualmente i sistemi agricoli delle aree percorse e le manifatture per la trasformazione dei prodotti agricoli, inviando rapporti all’Accademia dei Georgofili e accumulando una rete di relazioni con società scientifiche, università e mondo produttivo. Altri viaggi furono effettuati e documentati nei diari conservati presso l’archivio di famiglia, tra cui quello nell’Italia settentrionale nel 1828, quelli per partecipare ai congressi degli scienziati italiani che si svolsero dal 1839 in poi, quello in Svizzera nel 1854, quello per l’Esposizione universale a Parigi nel 1856, che lo avrebbe portato anche in Germania, e quello del 1858 a Torino per l’Esposizione industriale e agraria, oltre a quelli che effettuò per ragioni politiche a Parigi e a Londra nel 1848. Si venne così delineando un circuito culturale attraverso cui potevano propagarsi le conoscenze agrarie fra la Toscana e il resto d’Italia e d’Europa, una rete di cui l’Accademia dei Georgofili e il Gabinetto di Giovan Pietro Vieusseux costituivano i principali centri di raccolta e di divulgazione nell’informazione e nel sapere tecnico‑scientifico. Ridolfi fu sempre molto partecipe di questa circolazione culturale: già nel 1824 era impegnato nello spoglio degli articoli più significativi apparsi sulle riviste straniere con lo scopo di delineare un ‘quadro delle cose italiane’ e pubblicarlo sull’Antologia.

La strategia di ammodernamento dell’agricoltura ebbe il suo fulcro nell’istruzione, cercando punti di collegamento tra sapere agrario e pratica agricola. Intorno al 1830 la questione delle scuole e degli istituti di agricoltura diventò centrale nel dibattito sullo sviluppo dell’agricoltura e nel 1834 fu creata la prima vera e propria scuola teorico-pratica d’agricoltura italiana: l’Istituto agrario di Meleto aperto da Ridolfi a Meleto Val d’Elsa. Il progetto mirava a «realizzare in Toscana a vantaggio dell’arte agraria uno di quei celebrati stabilimenti che son vere scuole agronomiche e che si conoscono col nome di tenute modello» (Della fondazione di un istituto..., 1831, p. 104) con l’obiettivo, nella specifica realtà toscana, di formare fattori e direttori d’azienda. Oltre la scuola, il nuovo istituto era completato da un podere modello e sperimentale, un’officina agraria, la stalla e un vivaio. Gli allievi furono soprattutto toscani, ma c’erano anche giovani provenienti da altre regioni.

Le attività didattiche e sperimentali dell’Istituto di Meleto proseguirono fino al 1842, quando Ridolfi fu chiamato a organizzare e dirigere il primo istituto agrario italiano in ambito universitario, istituito a Pisa nel 1840 e aperto nel 1843.

La fondazione dell’Istituto agrario pisano segnava in Italia il vero ingresso delle discipline agrarie nell’università, un punto di contatto fra agricoltura e ricerca scientifica, il passaggio dall’iniziativa privata all’intervento pubblico in questo settore.

In pochi anni le esperienze di Meleto e di Pisa ebbero una grande eco in tutta l’Italia e gli apprezzamenti per l’esperienza toscana si tradussero in tentativi di creare altre strutture per la formazione e la sperimentazione agraria.

Parallelamente all’impegno per l’insegnamento agrario si ebbe un riaccendersi dell’interesse di Ridolfi per le vicende politiche e la partecipazione a imprese e associazioni di pubblica utilità: dalla Società dei ponti sull’Arno, realizzati nel 1836 e nel 1840 a Bocca d’Elsa e a Bocca d’Usciana, alla Società metallotecnica (1841), dalla presidenza della Società generale di imprese industriali negli Stati d’Italia (1847), finalizzata alla realizzazione di opere di interesse pubblico come ferrovie e bonifiche, al gonfalonierato di Empoli tra il 1840 e il 1846. Intanto il granduca Leopoldo II lo aveva anche scelto come educatore del principe ereditario. Fu soprattutto tra il 1846 e il 1850 che Ridolfi si inserì a pieno nella vita politica della Toscana, in un periodo in cui la compagine granducale si trovava a fare i conti con le istanze di riforma della parte liberale più progressista e con i tumulti popolari: ministro dell’Interno nel 1847, capo del governo per pochi mesi nel 1848 e successivamente inviato straordinario a Parigi e a Londra. Ma la crescente spinta democratica e il fallimento in politica estera costrinsero alle dimissioni il governo Ridolfi. Trascorse un breve periodo di ‘emigrazione politica’ a La Spezia, dove incontrò Massimo d’Azeglio e prese diretti contatti con Vincenzo Gioberti per sollecitare l’intervento piemontese in Toscana, mentre il granduca era in esilio volontario a Gaeta.

Dopo la restaurazione granducale, Ridolfi andò riscoprendo i suoi interessi agrari e negli anni Cinquanta la sua attività fu di nuovo prevalentemente orientata al miglioramento tecnico e strutturale dell’agricoltura – anche con il tentativo di superamento della mezzadria – all’insegnamento agrario e alla pubblicazione di opere agronomiche. Solo nel 1859 fu di nuovo impegnato in politica ai più alti livelli, in particolare con la formazione del governo provvisorio toscano nel quale gli vennero assegnati i ministeri della Pubblica Istruzione e delle Relazioni estere. Da quel momento, insieme a Bettino Ricasoli, si adoperò per favorire l’annessione della Toscana al Regno costituzionale dei Savoia. Il 23 marzo 1860 Ridolfi venne nominato senatore del Regno di Sardegna e nello stesso anno fu chiamato a presiedere la commissione per l’organizzazione dell’Esposizione italiana che avrebbe avuto luogo l’anno seguente a Firenze. Nel 1860 gli era stata nel frattempo affidata anche la direzione del Museo di fisica e storia naturale, dove aveva studiato da giovane. La presidenza della sezione di agronomia nel decimo congresso degli scienziati italiani svoltosi a Siena nel 1862 fu uno dei suoi ultimi incarichi di rilievo. Nel gennaio del 1865 Ricasoli lo invitò ripetutamente a partecipare alle sedute del Senato visto il complicarsi della situazione parlamentare, tuttavia Ridolfi dovette rinunciare e chiedere un congedo per gravi motivi di salute.

Morì poco tempo dopo, il 5 marzo 1865, nel palazzo di famiglia a Firenze.

Opere. Della vasta produzione di Ridolfi, ci si limita qui a segnalare le monografie e una selezione degli oltre trecento articoli pubblicati negli Atti dell’Accademia dei Georgofili, sul Giornale agrario toscano e in altri periodici: Saggio sul termolampo a legno, Firenze 1817; Memoria sulla preparazione dei vini toscani, Firenze 1818; Modo di render pianeggianti economicamente le pendici argillose e scoscese, in Continuazione degli Atti dell’Accademia dei Georgofili, I (1818), pp. 679-684; Di un nuovo coltro da sostituirsi alla vanga, Firenze 1824; Delle colmate di monte. Articoli dal Giornale Agrario Toscano, 1828-1830, a cura di D. Vergari, San Miniato 2006; Della fondazione di un istituto agrario in Toscana, in Continuazione degli Atti dell’Accademia dei Georgofili, IX (1831), pp. 104 s.; Dell’Istituto Agrario di Meleto Val d’Elsa denominato Podere Modello e sperimentale, Firenze 1835; Prolusione alle lezioni d’agronomia e pastorizia, Firenze 1843; Della mezzeria in Toscana nelle condizioni attuali della possidenza rurale, Firenze 1855; Lezioni orali di agraria, Firenze 1858; Della cultura miglioratrice, Firenze 1860; Inaugurazione degli studi superiori di Firenze, Firenze 1860; Saggio di agrologia, Firenze 1865; Memorie sulla bonifica collinare, Roma 1934; Scritti scelti, a cura di R. Faucci, Firenze 2008.

Fonti e Bibl.: Meleto Val d’Elsa (Firenze), Archivio Ridolfi, Archivio di C. R., ff. 2-5, 7, 12, 23; ff. A-N, lettere a Cosimo Ridolfi (1816-65); fondo senza denominazione particolare, Carteggio con il maestro di casa, la moglie e altri familiari, ff. I-IV; Diari autografi di viaggio, 1-6; Archivio di Luigi Ridolfi, Lettere al padre (1861-64); Archivio antico Ridolfi, f. XI (1740-1830); Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Carteggio Capponi, XII, XXI, XXIV; Carteggi vari, 476; Carteggio Lambruschini, 14; Carteggio Vieusseux, 91,92; Carteggio Tommaseo, 123. Carteggio R.-Vieusseux, I, 1821-1838, a cura di F. Conti, Firenze 1994; II, 1839-1845, a cura di M. Pignotti, Firenze 1995; III, 1846-1863, a cura di M. Pignotti, Firenze 1996; Lettere inedite a C. R. nell’Archivo di Meleto, a cura di R.P. Coppini - A. Volpi, Firenze 1994-1999; Carteggio Capponi-R. (1817-1863), a cura di A. Paoletti Langé, Firenze 2001; Carteggio R.-Galeotti (1847-1864), a cura di M. Pignotti, Firenze 2001; In viaggio per l’Europa. Diario autografo di C. R., I-III, a cura di V. Gabbrielli, Firenze 2001-2002; Tra agricoltura e educazione. Carteggio Lambruschini-Ridolfi (1827-1865), a cura di V. Gabbrielli, Firenze 2012. Inoltre: R. Lambruschini, Elogio del presidente March. C. R. letto alla R. Academia dei Georgofili nell’adunanza solenne del 21 gennaio 1866, Firenze 1866; C. Taruffi, Del marchese C. R. e del suo Istituto Agrario di Meleto, Firenze, 1887; C. Carocci, La famiglia dei Ridolfi di Piazza, Firenze 1889; L. Ridolfi, Le coltivazioni di poggio, le colmate agrarie in pianura e in collina e lo scasso del terreno sui monti, Firenze 1896; Id., C. R. e gli istituti del suo tempo, Firenze 1901; R. Ciampini, Due campagnoli dell’800. Lambruschini e R., Firenze 1947; C. Pazzagli, L’agricoltura toscana nella prima metà dell’800, Firenze 1973, ad ind.; G. Biagioli, I problemi dell’economia toscana e della mezzadria nella prima metà dell’Ottocento, in Contadini e proprietari nella Toscana moderna, II, Dall’età moderna all’età contemporanea, Firenze 1982, pp. 85-172; A. Benvenuti - R.P. Coppini - R. Favilli - A. Volpi, La Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa. Dall’Istituto agrario di C. R. ai nostri giorni, Pisa 1991, ad ind.; Rassegna storica toscana, XLII (1996), 2, monografico: C. R. nel Risorgimento e nell’Unità d’Italia; M. Mirri, Andare a scuola di agricoltura, in Agricoltura come manifattura. Istruzione agraria, professionalizzazione e sviluppo agricolo nell’Ottocento, a cura di G. Biagioli - R. Pazzagli, Firenze 2004, pp. 13-59; M. Pignotti, C. R. e la mediazione anglo-francese (1848-1849), Firenze 2006; R. Pazzagli, Il sapere dell’agricoltura. Istruzione, cultura, economia nell’Italia dell’800, Milano 2008, ad ind.; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori del Regno di Sardegna, sub voce, http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/R_l? OpenPage (24 settembre 2016).

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