Cosmopolitismo

Dizionario di Storia (2010)

cosmopolitismo


Orientamento di pensiero che attribuisce a ciascun individuo la cittadinanza del mondo, ritenendo irrilevanti le differenze tra le nazioni. In tal senso il c. si contrappone al nazionalismo e rimanda agli ideali universalistici di fraternità e uguaglianza. Le sue prime tracce apparvero in Grecia, quando le poleis manifestarono i primi segni di crisi (5° sec. a.C.). Per Democrito, Platone e Diogene il c. aveva un carattere culturale: il saggio è per sua natura cittadino del mondo. Lo stoicismo sosteneva invece un c. esteso a tutta la società umana, affermando la fratellanza tra gli uomini e la loro dipendenza da una legge comune naturale. Con l’affermazione di un potere universale sotto Alessandro Magno, la diffusione di ideali cosmopolitici fu favorita dall’adozione del greco come lingua comune a tutti i popoli mediterranei. Nell’antica Roma il c. si affermò con il declino del repubblicanesimo, per influenza della cultura greco-ellenistica. Con la fine della civiltà antica le concezioni cosmopolitiche scomparvero per secoli, tornando in auge in epoca moderna, in una duplice interpretazione: ogni individuo viene considerato cittadino di una comunità globale, intesa o in senso reale (repubblica o monarchia universale) o in senso ideale (repubblica delle lettere). Per Erasmo da Rotterdam la comunità umana si fonda non solo sull’universalismo del cristianesimo, ma anche sulla comune natura razionale. L’Illuminismo rappresentò poi la maggiore stagione della dottrina cosmopolitica. In Francia tornò con Voltaire il c. culturale, che ribadiva la cittadinanza universale del filosofo; d’Alembert, Diderot e Condorcet affermarono il diritto di ogni uomo a cambiare patria nel caso in cui lo Stato di appartenenza non garantisse i diritti di libertà. I tedeschi Lessing, Goethe e Kant esortarono alla pace perpetua e a una cultura aperta e tollerante. Nell’Ottocento il c. subì una trasformazione radicale a opera del marxismo, che sostenne l’internazionalismo della classe proletaria. Nel Novecento, soprattutto tra le guerre mondiali, il c. venne recuperato nella sua versione culturale, come atteggiamento proprio dell’intellettuale libero da ogni pregiudizio patriottico.

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