CRETA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

CRETA (XI, p. 847)

Guido GIGLI

Al 31 dicembre 1938 la popolazione dell'isola era valutata a 441.687 ab. così distribuita nei quattro provincie (nomoi): Khaniá (Canea): 126.654; Réthymnon: 76.141; Hērákleion (Candia): 162.978; Lasēthion: 75.914. Per le scoperte archeologiche, v. cretese-micenea, civiltà, in questa App. Vedi anche grecia: Storia, in questa Appendice.

L'occupazione di Creta durante la seconda Guerra mondiale. - Dopo la conquista della Grecia continentale vennero trasportati a Creta, al comando del gen. Freyberg, circa 27.000 soldati britannici che, uniti a 12.000 ellenici, furono stimati sufficienti a vincere eventuali formazioni paracadutiste, prima che la flotta britannica, nelle azioni a nord dell'isola, fosse andata incontro a perdite troppo gravi. Ma, contrariamente alle previsioni del Comando britannico, il netto predominio aereo tedesco mise in una posizione insostenibile la flotta inglese e assicurò il successo dell'invasione dall'aria.

Alla fine di aprile del 1941 cominciarono i preparativi dell'attacco a Creta, preparativi circondati di tanta segretezza che, alla vigilia, il Comando centrale della Marina italiana ignorava del tutto il piano germanico. Il possesso dell'isola era fondato sul controllo degli aerodromi, e la lotta nei suoi aspetti risolutivi non fu in realtà che un contrasto per il possesso dei campi d'aviazione. Privo in Mediterraneo di mezzi navali apprezzabili e in mancanza di un'effettiva cooperazione con la Marina italiana, il Comando tedesco puntò decisamente le sorti dell'impresa sulle forze aeree al diretto comando di Goering. Alla 4ª squadra aerea, del gen. A. Löhr, fu affidato il compito delle operazioni tattiche, mentre ai "distaccamenti in missione speciale" dei generali dell'aria K. Student e M. von Richthofen fu riservata la missione dell'intervento diretto nella battaglia. Le truppe alpine che, dopo le paracadutiste, svolsero un ruolo importante nell'attacco, erano al comando del gen. austriaco Ringl.

All'alba del 20 maggio ebbe inizio la battaglia con un violento bombardamento in picchiata contro le batterie degli aeroporti di Malene, Hērákleion e Réthymnon. Alle ore 8, Junkers 52, protetti da Stukas, lanciarono sull'aeroporto di Malene i primi reparti paracadutisti, alle ore 17 dello stesso giorno altri paracadutisti, a ondate di 600 uomini, furono lanciati anche sugli aeroporti di Hērákleion e di Réthymnon. Le prime ore furono le più critiche per l'attaccante, che al mattino del 21 maggio venne a soccorso dei paracadutisti, duramente provati, con l'afflusso di truppe aviotrasportate. Nel pomeriggio del 21, il comando germanico riuscì a mettere a terra un battaglione di alpini, il quale, protetto da bombardieri in picchiata, pervenne dopo circa due giorni di combattimenti a occupare interamente il campo d'aviazione di Malene. Fu l'operazione decisiva della campagna, perché i tedeschi, padroni di questo primo aeroporto, poterono fare affluire rinforzi col ritmo di 20 velivoli all'ora. In breve gli attaccanti raggiunsero una consistenza apprezzabile di formazioni combattenti, enucleate intorno all'85° reggimento di fanteria alpina; i difensori furono cacciati presto in una situazione critica perché, se numericamente superiori, erano però male equipaggiati e deficienti nell'armamento leggero e in particolar modo di artiglieria contraerea sì che l'aviazione tedesca poteva portarsi a bassa quota sul campo di battaglia in appoggio delle truppe a terra. Il binomio aerei-fanteria cominciò a dominare nettamente le operazioni fin dal 24 maggio; i tedeschi ne approfittarono per convergere su La Canea, allo scopo di tagliare la ritirata ai britannici verso il sud (Sphakion) e di separare dal resto dell'isola la regione della Canea, col grosso delle truppe inglesi di presidio. Dal 23 al 27 maggio si svolsero perciò scontri accanitissimi fra la linea di Pyrgos e Stylos; data la carenza della flotta inglese, priva d'efficace protezione aerea, la sorte dell'isola dipendeva in gran parte dall'esito di questi combattimenti. Alla sera del 27 i britannici, battuti, ripiegarono in direzione di Sphakion, dove giunsero il 30.

Dal 19 al 22 maggio, convogli navali, che portavano truppe tedesche da sbarcare a Creta, non riuscirono nello scopo, a causa dell'attiva vigilanza inglese (azioni ardimentose, ma vane, delle torpediniere Lupo, 21 maggio, e Sagittario del giorno successivo). Siccome le crociere a nord di Creta risultarono però troppo onerose per la flotta britannica, il comando d'Alessandria si decise per una condotta più cauta, la quale tuttavia non riuscì a risparmiare notevoli perdite alla marina britannica(v. cartina a p. 723). Intanto, il 27 maggio le truppe paracadutiste e aviotrasportate del generale Student avevano avanzato da Malene a Sphakion: con ciò la sorte di Creta era consumata. Il 27 a sera l'amm. Cunnigham decideva perciò l'evacuazione dell'isola, e il 28, alle ore 6, faceva partire da Alessandria una forza navale per il ritiro delle truppe dalla zona di Hērákleion. Il 29 un gruppo italiano, proveniente dal Dodecaneso, sbarcava a Sitia; al 1° giugno l'ultimo scaglione inglese abbandonava l'isola.

L'azione di Creta aveva bene messo in evidenza le possibilità preponderanti dell'aviazione tattica nella battaglia; aveva dimostrato la possibilità di riuscita dell'invasione dall'aria, unicamente sostenuta dall'aviazione. Tuttavia l'esperimento aveva anche dimostrato che l'invasione esclusivamente aerea poteva essere realizzata solo contro obiettivi di limitate dimensioni e a portata della caccia; pertanto in un'impresa più vasta, come quella contro l'Inghilterra, l'attaccante sarebbe andato incontro a sicuro insuccesso, perché il suo sforzo avrebbe dovuto essere moltiplicato per un coefficiente insopportabile, a causa dell'efficienza della difesa. Infine, l'azione di Creta aveva messo in evidenza la necessità di una protezione per la flotta da guerra e l'importanza capitale del possesso degli aerodromi nelle operazioni anfibie.

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