Critica

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Complesso delle indagini volte a conoscere e valutare, sulla base di teorie e metodologie diverse, i vari elementi che consentono la formulazione di giudizi su un’opera d’arte. Il concetto di c. letteraria e artistica in genere, anticipato isolatamente da G. Vico, ha il suo pieno e proprio sviluppo col Romanticismo: è attività tutta moderna, come l’estetica, che ha per oggetto il ‘bello’ e alle cui vicende la c. è strettamente connessa.

Dai Greci sino all’incirca al Settecento l’idea dell’arte è fondata sulla separazione tra forma e contenuto: il valore dell’opera consiste in un particolare trattamento della prima, in determinate funzioni sociali demandate al secondo. Ancorata a criteri di valutazione fissati a priori, a griglie di riferimento prestabilite entro cui collocare opere e autori, la c. letteraria e artistica ha carattere sistematico, tecnico e normativo. Nel 16° e 17° sec., con la nuova nozione di arte come ‘creatività’, manifestazione del tutto individuale, e della singolarità dei modi espressivi, con il superamento della dicotomia forma-contenuto e l’affermazione dell’autonomia dell’arte, viene anche a cadere ogni pretesa d’indagine preordinata e razionale del fenomeno artistico. C. estetica Lo studio di un’opera d’arte per giungere a un giudizio sul suo valore, sotto il profilo della ‘bellezza’; si avvale di metodologie proprie ma anche derivate da altre scienze umane (psicologia, semiotica, antropologia ecc.). C. letteraria Presupposto di qualsiasi c. letteraria è l’accertamento dei testi sui quali si esercita: la cosiddetta c. dei testi, o testuale, detta anche filologia testuale, che li riconduce, depurati di errori, omissioni, travisamenti compiuti da copisti, editori precedenti ecc., alla forma originale o a una quanto più possibile vicina all’originale. Tutte le ricerche che si designano col nome comprensivo di c. storica vertono sull’accertamento dei dati che spiegano l’opera pur senza determinarla: le circostanze della composizione, gli eventi biografici dell’autore, le situazioni storiche e ambientali in cui visse, la sua educazione, i modelli letterari che si propose ecc.; e anche la diffusione che l’opera ebbe, le sue edizioni, gli studi che suscitò, gli influssi su altre opere: quell’insieme che si chiama la ‘fortuna’ di un’opera o di uno scrittore. La locuzione c. storica negli studi storiografici è usata in senso più ristretto, per indicare l’indagine intesa ad accertare l’autenticità delle testimonianze rimasteci su un determinato personaggio o evento del passato, il loro valore in assoluto e in comparazione tra esse ecc., indagine che è chiamata anche c. delle fonti.

Nella c. si possono individuare, schematizzando, due orientamenti o criteri di fondo: uno che tende ad analizzare l’opera in rapporto a un contesto (c. storicista, sociologica, antropologica); l’altra che studia l’opera essenzialmente nei suoi elementi tecnici e strutture formali (c. stilistica, c. delle varianti, formalismo, strutturalismo, semiologia). L’attenzione e il lavoro del critico sono rivolti: alle trasformazioni linguistiche, quindi ai confronti tra il testo in esame e le consuetudini linguistiche adottate nella tradizione letteraria, da un punto di vista espressivo ( c. stilistica); ad analisi testuali approfondite sul piano del significante e del significato, laddove il testo è sondato non solo nella sua forma definitiva ma anche nelle sue fasi di elaborazione ( c. delle varianti); all’organizzazione formale dell’opera, come realtà autonoma dotata di regole proprie, a scapito dei temi e del suo contenuto, e alla specificità del linguaggio letterario rispetto a qualunque forma di comunicazione linguistica pratica e strumentale ( formalismo); all’opera intesa come una totalità autonoma costruita sui rapporti funzionali delle singole parti, che la c. ha il compito di smontare nei congegni compositivi ( strutturalismo); allo studio dei processi di ‘significazione’ e alla definizione delle caratteristiche proprie della comunicazione artistica ( semiologia). All’interno di questa schematizzazione può prevalere una funzione valutativa, con la formulazione di giudizi di valore (comune a storicismo, marxismo, idealismo), o un intento esplicativo (c. strutturale, semiologica, ermeneutica o teoria generale dell’interpretazione dei testi; c. psicoanalitica, in cui le scoperte relative all’inconscio vengono applicate all’artista per individuare le cause profonde della sua attività creativa), o ancora una funzione illustrativa in cui il critico si fa mediatore tra l’opera d’arte e i suoi fruitori, rendendone accessibili i nuclei tematici e i valori estetici.

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