Dai primi insediamenti al fenomeno urbano. Americhe

Il Mondo dell'Archeologia (2002)

Dai primi insediamenti al fenomeno urbano. Americhe

Thomas R. Hester
Christine Niederberger
Claude-François Baudez
Duccio Bonavia
Krzysztof Makowski Hanula

Dalle prime comunità di villaggio alle soglie dell'urbanizzazione in america settentrionale

di Thomas R. Hester

I più antichi insediamenti dell'America Settentrionale appartengono ai primi gruppi preistorici che, nel passaggio da un'economia di caccia-raccolta ad una di tipo produttivo, adottarono modi di vita sedentari. Inizialmente la loro sussistenza si fondò su un sistema misto, in cui l'orticoltura era integrata dalle perduranti attività di raccolta di piante e dalla caccia. In seguito, con l'affermarsi dell'agricoltura, si svilupparono villaggi con strutture architettoniche e opere in terra di un certo rilievo, fino alla fondazione di piccole città e alla nascita di almeno un centro urbano. Una delle migliori sequenze del processo di sedentarizzazione proviene dal Sud-Ovest, dove un'agricoltura pluviale, integrata in alcune aree da sistemi irrigui, permise la coltivazione di mais, fagioli e zucche. I primi villaggi stabili della cultura Anasazi (Pueblo) apparvero nelle fasi Basketmaker II (200 a.C. - 400 d.C.) e Basketmaker III (400-700 d.C.). Nonostante fosse coltivato il mais, l'economia era prevalentemente fondata su attività di caccia-raccolta; vennero costruiti piccoli villaggi con pithouses (abitazioni a pozzo), mentre i ripari sotto roccia furono utilizzati come luoghi di sepoltura e immagazzinamento. Nella fase Pueblo I (700-900 d.C.) iniziò la costruzione di pueblos (villaggi composti da complessi di piccoli ambienti comunicanti) di superficie, anche se le pithouses continuarono a rimanere in uso e fecero la loro comparsa gli ambienti cerimoniali sotterranei conosciuti come kiva. Nel sito di Alkali Ridge (Utah) vi erano 130 ambienti di superficie, 16 pithouses e 2 kiva; alcuni dei maggiori insediamenti della fase Pueblo I avevano una popolazione media di circa 600 abitanti. Nella fase Pueblo II (900-1150 d.C.) vennero edificate strutture di superficie in muratura, sebbene le pithouses continuassero ad essere presenti. Durante la fase Pueblo III (1150-1300 d.C.), nota come periodo Great Pueblo, furono costruiti vasti pueblos a vari piani, composti da blocchi di pietra lavorati. I siti della regione del Chaco Canyon (New Mexico nordoccidentale) sono di grande rilevanza per lo studio dello sviluppo di forme insediative complesse. Chaco Canyon si estende su 82 km² circa e include una dozzina di vasti pueblos, come Pueblo Bonito, Chetro Ketl e Pueblo del Arroyo, alcuni dei quali comprendevano 600-800 ambienti; nel canyon sono inoltre presenti più di 2000 siti, non tutti coevi. I pueblos iniziarono ad essere edificati intorno al 700-900 d.C. e vennero notevolmente ampliati nell'XI secolo. L'unico vero centro urbano dell'America Settentrionale si sviluppò negli Stati Uniti orientali nel sito di Cahokia (Illinois) della cultura del Mississippi (700-1400 d.C.). Benché di minori dimensioni, vi sono poi altri centri di questa cultura che raggiunsero forme protourbane, evidenziate dalla presenza di complessi con grandi mounds raggruppati intorno a plazas, ossari, edifici per riunioni e altri settori specializzati. Le origini di questi sviluppi urbani vanno ricercate nelle prime forme di sedentarietà adottate da gruppi di cacciatori-raccoglitori e, successivamente, nelle società agricole Woodland. Il primo importante centro conosciuto fu Poverty Point (Louisiana), che iniziò a svilupparsi già tra il 1700 e il 1400 a.C., nelle fasi finali dell'Arcaico. Il sito è dominato da due imponenti mounds (uno, alto quasi 23 m, a forma di uccello), parzialmente circondati da terrapieni ellittici concentrici, sei dei quali a forma di porca. Tre altri mounds si trovano al di fuori di tali terrapieni, la cui funzione non è stata ancora chiarita. L'assenza di evidenze di pratiche agricole indica che la costruzione dei più antichi terrapieni su vasta scala dell'America Settentrionale fu opera di gruppi sedentari di cacciatori-raccoglitori. Gli scavi hanno consentito il rinvenimento di grandi quantità di oggetti sia correnti che esotici, tra cui rame e selce, provenienti da zone distanti fino a 1500 km. Poverty Point fu anche un importante centro di scambi, che importava materie prime e le redistribuiva ad altri insediamenti nel raggio di 300 km. Ciò implica una complessa organizzazione sociale e politica, forse un chiefdom (dominio) emergente, così come l'aumento del numero di "consumatori", che dovettero farsi progressivamente più sedentari. Secondo alcuni archeologi Poverty Point fu abitato da molte migliaia di persone. Il sito documenta la sequenza iniziale del Woodland nelle regioni orientali, a cui avrebbe fatto seguito la crescente complessità socioculturale delle culture Adena e Hopewell, che cominciarono a svilupparsi circa 2500 anni fa. Anche se l'attività edilizia di questi gruppi si concentrò nella costruzione di complessi cerimoniali con mounds funerari, i villaggi non raggiunsero grandi dimensioni e le abitazioni continuarono ad essere costruite con cannicciate ricoperte di fango: i resti faunistici e botanici indicano una perdurante dipendenza dalle attività di caccia e raccolta, sebbene la piena sedentarietà fosse stata raggiunta già nel periodo Hopewell (intorno ai primi anni dell'era cristiana).

Il processo di urbanizzazione

La documentazione archeologica indica che in America Settentrionale il processo di urbanizzazione seguì due traiettorie principali e indipendenti. La prima è stata individuata nel Sud- Ovest, dove può essere delineata una lunga sequenza di sviluppo, anche se è ancora oggetto di dibattito la possibilità di definire "urbana" la fase culminante di tale sequenza. La seconda corrisponde alla cultura del Mississippi (Stati Uniti orientali): anche in questo caso si è in presenza di un'estesa sequenza, che portò alla formazione di vasti insediamenti e di almeno un centro urbano, Cahokia. Non vi furono legami diretti tra il Sud-Ovest e l'area del Mississippi: l'evoluzione culturale del Sud-Ovest venne certamente influenzata dalle culture mesoamericane e, sebbene numerosi tratti della cultura del Mississippi ricordino la Mesoamerica, la gran parte degli studiosi continua a sostenere che non dovettero esistere legami diretti tra le due aree. Le culture Hohokam, Mogollon e Anasazi del Sud-Ovest si svilupparono dalle bande di cacciatori-raccoglitori del Periodo Arcaico. Dalla Mesoamerica furono introdotti cultigeni quali mais (1450 a.C.), zucche (nella stessa epoca) e fagioli (400 a.C.). Le attività agricole condussero a un modo di vita (noto nella sequenza Anasazi con il nome di Basketmaker) contraddistinto dall'occupazione semipermanente di villaggi che dipendevano sia dall'orticoltura che dalla caccia-raccolta. Nel 200 d.C. si diffuse in quest'area la ceramica e aumentò sensibilmente la dipendenza dall'agricoltura. Tali mutamenti favorirono la formazione di villaggi stabili nelle tre culture del Sud-Ovest, ognuna caratterizzata da un'ulteriore serie di fasi evolutive che riflettono progressivi sviluppi nell'architettura, nella cultura materiale, nell'organizzazione sociale e politica e negli scambi a vasto raggio. Il culmine di questo processo nel Sud-Ovest è visibile soprattutto a Chaco Canyon. Il pueblo più vasto dell'area fu Pueblo Bonito (900-1200 d.C.), con oltre 650 ambienti disposti ad arco intorno a una plaza centrale in cui erano state edificate kiva. I centri del Chaco Canyon vennero realizzati con strutture murarie di blocchi di arenaria e tronchi di pino (fino a 200.000), provenienti da zone distanti anche 80 km. Si ipotizza che, nel momento di apogeo, i centri del Chaco Canyon abbiano ospitato una popolazione molto più numerosa di quella che potesse essere sostentata dal sistema agricolo della regione: ciò probabilmente si spiega con il sistema di scambi a vasto raggio che Chaco Canyon aveva stabilito con gli insediamenti periferici, mediante una rete di strade rettilinee di 600-700 km. Tali vie di comunicazione favorivano il mantenimento di relazioni commerciali e alleanze con popolazioni anche lontane e l'importazione di materie prime come il legname e altri prodotti. Il "fenomeno Chaco" rappresentò una singolare forma di evoluzione culturale che interessò nella fase di maggiore sviluppo, intorno al 1100 d.C., un'area di circa 65.000 km². Quest'area costituiva il "cuore" della cultura Anasazi, importando mais, turchesi, ceramica e mantenendo relazioni con i siti di frontiera mesoamericani. Non è dato sapere se nell'area del Chaco avrebbe potuto svilupparsi una struttura di carattere maggiormente "urbano", poiché intorno al 1300 d.C. gli insediamenti caddero in totale decadenza, forse a causa di una prolungata fase di siccità. Al loro declino crebbero in estensione i cliff-dwellings (abitati rupestri) Pueblo di Mesa Verde, anche se essi, in termini di sviluppo urbanistico, non raggiunsero mai i livelli del Chaco. Centri urbani e villaggi con strutture abitative di tipo Pueblo perdurarono nella fase Pueblo IV (1300-1539) e in epoca storica (Pueblo V); uno di questi siti è rappresentato oggi da Taos (New Mexico). Nella bassa valle del Mississippi la costruzione di terrapieni e la coltivazione di piante native (come la zucca) ebbero inizio a partire almeno dal 1700 a.C. Il sito più noto del Periodo Woodland Antico (1000-300 a.C.) è Poverty Point, definito il primo chiefdom dell'America Settentrionale. Sebbene Poverty Point sia stato a lungo considerato un fenomeno isolato, scavi effettuati negli anni Novanta in siti della Louisiana hanno portato alla scoperta di terrapieni di uguale antichità. Durante i periodi Woodland Medio (300 a.C. - 400 d.C.) e Woodland Recente (400-1000 d.C.) i chiefdoms di piccole dimensioni si moltiplicarono, come attestano del resto la produzione di manufatti pregiati, la costruzione di mounds e le estese alleanze costituitesi durante le fasi Adena e Hopewell. Nonostante la loro complessità, le culture Woodland si contraddistinsero per un modello di stanziamento in piccoli villaggi. L'agricoltura, basata sulla coltivazione di mais e fagioli, arrivò ad acquisire un ruolo preminente intorno al 1000 d.C., fornendo le basi per la costituzione di più vasti nuclei di popolazione. La crescita demografica fu accompagnata dallo sviluppo di una complessa organizzazione sociale, politica ed economica che, insieme a particolari pratiche religiose (come il cosiddetto Culto Meridionale), creò le basi per l'edificazione di vasti insediamenti e di centri abitati. Nei principali vennero costruiti grandi mounds disposti intorno a plazas centrali (molto simili a quelle mesoamericane) e sistemi di fortificazione con fossati e palizzate. Molti siti, come Moundville e Etowah, possedevano elaborate strutture architettoniche, sebbene avessero una popolazione non superiore a 3000-5000 abitanti. L'unico centro del Mississippi a raggiungere un livello di complessità definibile come urbano fu Cahokia: ubicato di fronte all'odierna città di Saint Louis, esso comprendeva mounds residenziali per le élites, mounds templari, un centinaio di altri tumuli con funzioni particolari, quartieri di artigiani ed elaborate opere di fortificazione. Al momento dell'apogeo, intorno al 1050-1250 d.C., Cahokia copriva un'area di oltre 13 km² e ospitava una popolazione di 20.000- 30.000 abitanti. Il sito era dominato da un recinto cerimoniale in cui sorgeva il Monk's Mound (Tumulo del Monaco), alto 30 m e con una superficie alla base di circa 6,5 ha. Vi erano quartieri, settori specializzati nella produzione artigianale e una serie di piccoli insediamenti rurali periferici. Sia Cahokia che Moundville furono i centri principali di complessi chiefdoms che controllavano vaste regioni. Il territorio di Moundville potrebbe essersi esteso in un raggio di oltre 70 km. Le classi dominanti di entrambi gli insediamenti esigevano tributi dai villaggi posti sotto il loro controllo e praticavano scambi a grande distanza per ottenere manufatti esotici (conchiglie marine, rame, mica, sale, selce e piombo), impiegati come insegne di rango.

La distribuzione degli spazi e delle funzioni nella città

Significativi dati archeologici sulla suddivisione e sulla fruizione dello spazio nei centri abitati dell'America Settentrionale si possiedono sia per la cultura Pueblo che per quella del Mississippi. Sebbene solo Cahokia (cultura del Mississippi) possa essere considerato un vero e proprio centro urbano, esistono numerosi altri vasti siti in cui sono stati evidenziati specifici modelli di organizzazione dello spazio e delle funzioni. Pueblo Bonito (Chaco Canyon) fu un vasto insediamento (o Great House) con pianta a forma di D, composto da oltre 650 ambienti disposti su terrazze, con 4-5 piani sul lato posteriore che digradavano fino a un unico livello su quello frontale. La pianta del sito rivela una certa pianificazione: la costruzione dei principali elementi architettonici (in particolare i muri) seguì un allineamento astronomico e inoltre gli ambienti residenziali furono disposti in forma semicircolare, a delimitare una plaza utilizzata sia come spazio aperto pubblico, sia con finalità cerimoniali e religiose. Quest'ultima funzione è rappresentata nella plaza da 40 kiva del diametro di circa 7,5 m ciascuna con soffitti di tronchi e accesso mediante scale, utilizzate dai clan Pueblo per assemblee e cerimonie. Due kiva di Pueblo Bonito, denominate Great Kiva (diam. 17 m ca.), potevano contenere centinaia di individui. A Cahokia gli spazi vennero distribuiti in modo estremamente specifico in relazione a determinate funzioni. Un recinto cerimoniale centrale occupava una superficie, artificialmente livellata, di circa 81 ha. All'interno dei suoi muri fortificati uno spazio quadrangolare era delimitato da mounds, alcuni dei quali costituivano piattaforme per le residenze di sacerdoti e dell'élite; quest'area dalle funzioni particolari era sovrastata dal Monk's Mound. All'esterno del recinto vi erano diverse zone residenziali con centinaia di abitazioni, alcune delle quali disposte lungo strade o agglutinate intorno a plazas: tale area sembra essere stata riservata alle abitazioni a causa del buon drenaggio del terreno. I campi coltivati si trovavano all'esterno, ma anche all'interno della città vi erano orti. Alcuni settori dell'insediamento erano probabilmente abitati da artigiani specializzati nella fabbricazione di ornamenti di conchiglia e di altri oggetti esotici. In varie aree esistevano mounds funerari, probabilmente connessi con specifici gruppi di discendenza. Uno di essi, il Mound 72, conteneva almeno 300 sepolture: il primo ad esservi inumato fu un individuo di sesso maschile di circa 45 anni, disteso su un manto decorato da 20.000 dischi di conchiglia; il corredo funerario comprendeva anche manufatti di rame, un cesto contenente mica e oltre 800 punte di freccia. Molte altre sepolture appartenevano a vittime sacrificali, soprattutto donne tra i 18 e i 25 anni. In un altro settore del sito si trovavano almeno 4 woodhenges, circoli di enormi pali collocati a distanza regolare e utilizzati come "calendari solari" per predire l'inizio delle stagioni. Nel Sud-Est degli Stati Uniti, durante le fasi finali della cultura del Mississippi, all'epoca della penetrazione spagnola (1539-1720 d.C.), i gruppi Natchez vivevano ancora in villaggi con mounds. Il calo demografico ridusse la popolazione forse a non oltre 4000 unità. Nel villaggio principale (presumibilmente il sito di Fatherland sul Mississippi), il capo supremo, il Grande Sole, aveva la sua residenza su un moundpiattaforma (alt. 3 m, largh. 7 m, lungh. 14 m ca.) ubicato nella plaza centrale, insieme a uno o due altri mounds, uno dei quali era il tempio principale, alto circa 2,5 m. Le fonti storiche attestano la presenza nella società Natchez di due classi sociali, la gente comune e i nobili, nettamente separate anche nella fruizione degli spazi; si hanno scarse informazioni sulle abitazioni della gente comune, ad eccezione di alcuni riferimenti, contenuti in documenti francesi, a case sparse intorno al villaggio. Alla morte del Grande Sole la sua residenza fu incendiata e le mogli e i servitori sacrificati e seppelliti; successivamente le sue ossa vennero riesumate e collocate nel tempio principale.

I sistemi di difesa della città

I gruppi dell'America Settentrionale utilizzarono vari metodi per difendere i propri insediamenti. Tra i sistemi più rudimentali è stato documentato l'impiego occasionale di sbarramenti di rovi da parte dei cacciatori-raccoglitori del Texas meridionale durante i conflitti con altri gruppi o con i soldati spagnoli nel corso del XVIII secolo. Sistemi più elaborati possono essere illustrati con esempi provenienti da tre aree culturali: le Grandi Pianure, i territori irochesi e il Mississippi. Le struture difensive furono fondamentalmente di due tipi: profondi fossati o trincee (con terrapieni) e palizzate di tronchi o stecconati con bastioni. Sebbene i grandi villaggi e i centri urbani della cultura Pueblo del Sud-Ovest fossero spesso caratterizzati da elementi che lasciano presumere intenti di fortificazione (torri in muratura, insediamenti su rupi, ecc.), non sono state rinvenute evidenze dirette di strutture difensive. Nelle Grandi Pianure gli archeologi hanno documentato i sistemi difensivi adottati dalle popolazioni di villaggio delle Pianure, in particolare da quelle della cosiddetta Tradizione del Medio Missouri del South Dakota. Tra il XIII e il XVI sec. d.C. i villaggi o i piccoli centri del Medio Missouri venivano spesso costruiti sui margini aggettanti o sugli speroni di terrazzi fluviali scoscesi: i villaggi risultavano così protetti su tre lati, mentre il quarto veniva chiuso da un profondo fossato. I fossati potevano raggiungere una profondità di 1,5-1,8 m, una larghezza di 3-3,5 m e una lunghezza di circa 1,5 km. La terra accumulata durante lo scavo veniva utilizzata per costruire terrapieni difensivi, spesso con bastioni che si protendevano per 6-9 m; talvolta essi erano sopraelevati, per impedirne la scalata e per colpire più agevolmente eventuali nemici sottostanti. Intorno al XVI secolo alcuni villaggi vennero interamente circondati da un fossato protetto all'interno da palizzate, anch'esse dotate di bastioni. A causa dell'aumento di conflitti tra gli Indiani delle Pianure, tali sistemi di fortificazione rimasero in uso fino al XVIII secolo. Un buon esempio dei villaggi fortificati delle Grandi Pianure è costituito dal sito di Huff (1400-1600 d.C.), nel North Dakota, riferibile agli Indiani Mandan. Nel sito si trovavano oltre 100 abitazioni rettangolari protette sul lato orientale dagli argini scoscesi del Missouri, sugli altri lati da un lungo fossato rettangolare e da una palizzata. La terra scavata dal fossato venne utilizzata per la costruzione di un terrapieno, sulla cui sommità si ergeva una palizzata formata da pali distanti 30 cm l'uno dall'altro. Lungo tale recinto furono costruiti nove bastioni a distanze regolari (90 m ca.), di cui due agli angoli del muro occidentale. Palizzate difensive simili vennero erette dai gruppi irochesi nei territori dell'odierno Stato di New York. Intorno al 1000 d.C. nella regione comparvero villaggi agricoli stabili, tuttavia l'aumento della competizione economica scatenò violenti conflitti, portando ad un processo di aggregazione e alla formazione di insediamenti caratterizzati da un'alta concentrazione delle tipiche long-houses irochesi e protetti da una grande palizzata rettangolare. Il più imponente sistema difensivo dell'America Settentrionale fu comunque quello realizzato a difesa della città di Cahokia, dove si è registrata la più alta concentrazione di popolazione dell'America Settentrionale. Il nucleo centrale e l'area cerimoniale, sovrastati dal Monk's Mound e da altri tumuli sui quali si ergevano i templi e le abitazioni dell'élite, erano protetti da una palizzata (che circoscriveva un'area di 81 ha ca.) formata da 15.000 tronchi, dotata di 50 bastioni e alta 3,5-4,5 m; le ricerche hanno rivelato che essa venne ricostruita almeno quattro volte.

Bibliografia

Sul processo di sedentarizzazione:

J.B. Griffin, Eastern North American Archaeology: a Summary, in Science, 156 (1967), pp. 175-91; L.S. Cordell, Ancient Pueblo Peoples, Washington (D.C.) 1994; D.H. Thomas, Prehistoric Ways of Life of Native Americans, in G. Burenhult (ed.), New World and Pacific Civilizations, San Francisco 1994, pp. 185-205; J.L. Gibson, Poverty Point, in B. Fagan (ed.), The Oxford Companion to Archaeology, New York 1996, p. 579.

Sul processo di urbanizzazione:

P.J. O'Brien, Urbanism, Cahokia, and Middle Mississippian, in Archaeology, 25 (1972), pp. 189- 97; J.L. Gibson, Poverty Point, ibid., 27 (1974), pp. 96-105; B.M. Fagan, Kingdoms of Gold, Kingdoms of Jade. The Americas before Columbus, London 1991; D.H. Thomas, Farmers of the New World, in G. Burenhult (ed.), People of the Stone Age, Hunter-Gatherers and Early Farmers, San Francisco 1993, pp. 163-86; L.M. Cordell, Ancient Pueblo Peoples, Montreal 1994.

Sulla distribuzione degli spazi e delle funzioni:

H.J. Shafer, An Evaluation of the Natchez Occupation at the Fatherland Site, in JMissHist 1972, pp. 215-35; D. Snow, The Archaeology of North America, London 1976; M.L. Fowler, A Pre-Columbian Urban Center on the Mississippi, in G.R. Willey - J.A. Sabloff (edd.), Pre-Columbian Archaeology, San Francisco 1980, pp. 63-72; S.H. Lekson, Chacoan Phenomenon, in B. Fagan (ed.), The Oxford Companion to Archaeology, New York 1996, pp. 129-30.

Sui sistemi di difesa:

W.W. Caldwell, Fortified Villages in the Northern Plains, in PlainsAnthr, 9 (1964), pp. 1-7; W.R. Wood, An Interpretation of Mandan Culture, in AmEthnB, 198 (1967); M. Coe - D. Snow - E. Benson, Atlas of Ancient America, New York 1986 (trad. it. Atlante dell'antica America, Novara 1987).

Dalle prime comunità di villaggio alle soglie dell'urbanizzazione in mesoamerica

di Christine Niederberger

La fine del Pleistocene, avvenuta circa 10.000 anni fa, fu caratterizzata da sostanziali mutamenti climatici e da una rilevante trasformazione dei complessi faunistici e botanici. A fronte di queste nuove condizioni bioclimatiche, le società umane modificarono progressivamente le strategie di sussistenza, lo strumentario e le modalità di occupazione del territorio. In Mesoamerica, o più correttamente in America Media (dato che i tratti culturali che hanno portato alla definizione del concetto di Mesoamerica si sarebbero sviluppati solo più tardi), la grande fauna di Proboscidati (Mammuthus, Mastodon), Sdentati, Camelidi, Equidi e le antiche specie di Cervidi scomparvero totalmente intorno al 6000 a.C. Nel corso dei due millenni precedenti l'estinzione della fauna pleistocenica, le comunità di cacciatori-raccoglitori degli inizi dell'Olocene avevano comunque già iniziato a modificare il proprio rapporto con l'ambiente, stabilendo relazioni sempre più strette con il mondo vegetale. Queste nuove tendenze sono evidenti nelle industrie litiche, in cui gli strumenti da macina (macine e macinelli) cominciarono ad assumere un'importanza significativa. Le iniziali manipolazioni di piante selvatiche, come la zucca (Cucurbita pepo), già attestata nella valle di Oaxaca intorno all'8000 a.C., gettarono le basi per lo sviluppo delle pratiche agricole, che avrebbero raggiunto un pieno rendimento vari millenni più tardi in seno a comunità di villaggio. Questo periodo di transizione (7000-2000 a.C.), detto Arcaico e compreso tra il Paleoindiano e il Formativo (o Preclassico), è documentato in numerosi siti: ripari rocciosi della Sierra del Tamaulipas, del Chiapas, della valle di Tehuacán e della valle di Oaxaca e siti costieri (San Blas, Puerto Marquez, Chantuto, Santa Luisa) o lacustri (Tlapacoya-Zohapilco). Lo studio dell'affermazione di modi di vita "neolitici", caratterizzati da un'occupazione permanente del territorio e da un'economia di sussistenza fondata sull'agricoltura, presenta numerose e affascinanti sfide. È stato ipotizzato, attraverso l'applicazione del concetto di "rivoluzione neolitica", che questi nuovi modi di vita siano stati il frutto di repentini mutamenti socio-economici, mentre la loro stabilizzazione avvenne nel corso di numerosi millenni; si è inoltre ritenuto che la sedentarizzazione non sarebbe stata possibile se non nel quadro di un'economia agricola. Per lungo tempo i ricercatori hanno infine tentato di elaborare un modello teorico universalmente valido che spiegasse il passaggio dall'economia di caccia-raccolta alla produzione controllata di alimenti; ma i dati archeologici attestano oggi che esistono diverse linee di sviluppo possibili, all'interno delle quali i ritmi e la natura dei mutamenti osservati possono variare. In ragione della presenza di forti contrasti geoclimatici, l'America Media offre un eccellente esempio di diversità nei processi di sedentarizzazione e di sviluppo dell'economia agricola, permettendo di misurare la complessità delle relazioni esistenti tra i due fenomeni. Paradossalmente, i grandi progetti interdisciplinari di ricerca sugli inizi dell'agricoltura e sui processi di neolitizzazione sono stati generalmente condotti in aree semiaride, più favorevoli alla conservazione di tracce biotiche legate alle occupazioni umane. La valle di Tehuacán, dalla vegetazione xerofila sparsa, è stata oggetto tra il 1960 e il 1964 di importanti ricerche archeobotaniche, che hanno permesso di ricostruire un quadro d'insieme dei modi di vita di una regione semiarida dell'America Media tra l'8000 e il 2000 a.C. Nel corso del VI e del V millennio a.C. diverse piante erano già in fase di domesticazione (mais, zucca, fagiolo, avocado, zapote e peperoncino). È interessante osservare che, durante i quattro millenni successivi, questo relativo sviluppo delle esperienze orticole non modificò sostanzialmente i modi di vita seminomadi delle comunità di cacciatori-raccoglitori. In questo ambiente, composto da steppe con arbusti spinosi, Cactacee e Leguminose, le popolazioni continuarono a spostarsi, seguendo una rigorosa pianificazione stagionale, per sfruttare le nicchie ecologiche del territorio. Le sperimentazioni agricole non vennero ignorate, ma i rischi dell'agricoltura pluviale praticata in un regime annuo di precipitazioni inferiore a 500 mm indussero gli abitanti della valle a privilegiare fino ad epoca tarda la raccolta e il nomadismo, quale forma socio-economica di adattamento ottimale in relazione alla dispersione geografica delle risorse naturali spontanee. Secondo R.S. MacNeish questa mobilità spaziale presentava essenzialmente due aspetti: l'esistenza, durante la stagione secca, di piccole comunità disperse, dedite ad attività di caccia e raccolta, e la loro aggregazione, durante la stagione delle piogge, in estesi gruppi impegnati a sfruttare in forma intensiva Leguminose e Graminacee nel fondo umido di valli e gole. Le pratiche orticole, che avrebbero progressivamente portato alla comparsa di specie vegetali più produttive, non vennero dunque escluse dalle attività di sussistenza, ma un'economia essenzialmente agricola e una totale sedentarietà si sarebbero definitivamente instaurate in questa regione solo nel corso del I millennio a.C. con l'adozione di tecniche irrigue. Le ricerche condotte da K.V. Flannery nelle aree più meridionali, nella valle di Oaxaca (Messico) e particolarmente nei siti di Guilá Naquitz, Cueva Blanca e Gheoh Shih, hanno rivelato l'esistenza tra l'8000 e il 2000 a.C. di sistemi economici e di modi di vita assai simili a quelli attestati nella valle di Tehuacán. Tuttavia la valle di Oaxaca, che riceve in alcuni punti oltre 800 mm di piogge annue e che vide la nascita della grande civiltà zapoteca, fu forse l'area focale delle più precoci esperienze orticole. In molte regioni dell'America Media dotate di ecosistemi particolarmente ricchi, quali alcune zone di estuari o i bacini lacustri di aree montane temperate, l'evoluzione dei modi di vita nel periodo postpleistocenico sembra invece avere seguito ritmi del tutto diversi. I dati raccolti nella zona di Chantuto, sulla costa del Pacifico, o a Santa Luisa, su quella dell'Atlantico, suggeriscono infatti l'esistenza in queste regioni di un'occupazione sedentaria in un contesto preo protoagricolo. Ma l'esempio più chiaro di precoce sedentarietà, nel quadro di un'economia basata essenzialmente sulla pesca, sulla caccia e sulla raccolta, proviene dagli scavi effettuati a Tlapacoya- Zohapilco, sulle rive di un antico lago, nel Sud della Valle di Messico. Lo studio del polline fossile indica che all'epoca dell'optimum climatico, tra il 6000 e il 4000 a.C., questa zona lacustre di montagna, coperta di foreste temperate di pini, querce, ontani e liquidambar, riceveva una media di circa 1400 mm di precipitazioni annue, con una temperatura intorno ai 20 °C. Le comunità sfruttavano tre biotopi contigui al sito, che offrivano risorse alimentari ripartite lungo tutto il ciclo annuo: la foresta e la sua fauna di mammiferi, le rive lacustri, dove si svolsero le prime sperimentazioni orticole, e il lago, non soltanto ricco di pesci, ma anche habitat privilegiato di una densa fauna di uccelli acquatici. Tali condizioni consentirono la sedentarietà molto prima dello sviluppo di una vera agricoltura: un'occupazione stabile di Tlapacoya-Zohapilco a partire dalla fine del VI millennio a.C. è documentata da evidenze di attività pluristagionali raccolte attorno ad aree di focolari. In termini generali, è stato dimostrato che una precoce sedentarietà comporta una percezione più acuta degli ambiti territoriali, una pianificazione più netta dello spazio abitato, alcuni mutamenti nelle manifestazioni artistiche e nella tecnologia, così come una stabilizzazione più rapida di forme socioculturali complesse. La più antica figurina in terracotta nota a tutt'oggi nell'America Media proviene dagli scavi di Tlapacoya-Zohapilco ed è associata ad una datazione radiocarbonica al 2300±100 a.C. La vita di villaggio e un'economia prevalentemente agricola sono dunque ben attestate nel Sud della Valle di Messico. Nel corso del III millennio a.C. i primi complessi di ceramica d'uso apparvero in varie regioni, in particolare sulla costa del Pacifico, a Puerto Marquez. Di poco più tarda, nella fertile regione meridionale del Soconusco (anch'essa sulla costa pacifica) l'arte fittile della fase Barra mostra, nei livelli del 1600 a.C. dei siti di Altamira o di Paso de la Amada, una grande complessità di forme e di decorazioni. Quanto alle testimonianze riguardanti le strutture abitative, gli scavi condotti a Paso de la Amada nei livelli archeologici più tardi della fase Locona (1400-1250 a.C.) hanno permesso di identificare le fondamenta dell'abitazione principale del sito (un'ampia struttura a pianta ovale eretta su un monticolo), oltre a manufatti di giadeite e all'elaborata sepoltura di un adolescente coperto di ocra rosa, accompagnato da uno specchio in mica di provenienza esogena. Queste ed altre evidenze permettono di analizzare le modalità del passaggio da un'organizzazione di tipo egualitario a un sistema di gerarchizzazione sociale, così come i primi indizi di forme di governo centralizzato, del tipo chiefdom (dominio), sulla costa del Pacifico. Inoltre, nell'area in cui al termine del II millennio a.C. si svilupparono le civiltà mesoamericane, la produzione agricola assicurò la base dell'economia di sussistenza. Con un'agricoltura efficiente e lo sviluppo di società stratificate sorsero rapidamente, tra il 1250 e il 900 a.C., le prime grandi capitali regionali protourbane con architettura pubblica monumentale, che sarebbero state la sede di numerosi mutamenti tecnoeconomici e culturali. Solo le popolazioni delle vaste distese semiaride del Messico settentrionale avrebbero protratto fino alla Conquista un modo di vita nomade basato sulla caccia-raccolta, rimanendo di fatto estranee alle grandi correnti di mutamento e di sviluppo culturale che avrebbero caratterizzato l'area mesoamericana.

Bibliografia

R.S. MacNeish et al., The Prehistory of the Tehuacan Valley. Economy and Subsistence, I, Austin 1967; K.V. Flannery, Archaeological Systems Theory and Early Mesoamerica, in B.J. Meggers (ed.), Anthropological Archaeology and the Americas, Washington 1968, pp. 67-87; J.L. Lorenzo, Los primeros pobladores, in R. Piña Chan, Del nomadismo a los centros cerimoniales, México 1975, pp. 15-57; J.K. Wilkerson, Pre-Agricultural Village Life: the Late Pre- Ceramic Period in Veracruz, Berkeley 1975, pp. 11-122; B. Stark - B. Voorhies, Prehistoric Coastal Adaptations. The Economy and Ecology of Maritime Middle America, New York 1978; C. Niederberger, Early Sedentary Economy in the Basin of Mexico, in Science, 203 (1979), pp. 131-42; K.V. Flannery - J. Marcus - S. Kowalewski, The Preceramic and Formative of the Valley of Oaxaca, in Supplement to the HMAI, Austin 1981, pp. 48-93; C.E. Smith, Preceramic Plant Remains from Guilá Naquitz, in K.V. Flannery, Archaic Foraging and Early Agriculture in Oaxaca, New York 1986, pp. 265-74; J.E. Clark, The Beginnings of Mesoamerica: Apologia for the Soconusco Early Formative, in W.R. Fowler (ed.), The Formation of Complex Societies in Southeastern Mesoamerica, Boca Ratón 1991, pp. 13-26.

Il processo di urbanizzazione in mesoamerica

di Thomas R. Hester

Le più importanti civiltà mesoamericane presentano una lunga sequenza di sviluppo, dai più antichi villaggi datati a circa 5000 anni fa ai centri cerimoniali e ai vasti insediamenti urbani scoperti dagli Spagnoli agli inizi del XVI secolo. Il processo di urbanizzazione ebbe una durata di almeno 3500-4000 anni e differì sotto molti aspetti da regione a regione. La progressiva affermazione dell'agricoltura e della vita sedentaria in villaggi segnò nel II millennio a.C. l'inizio del Periodo Formativo o Preclassico, un vasto orizzonte culturale che si diffuse in gran parte delle regioni mesoamericane. Sulla costa pacifica del Chiapas sono state rinvenute evidenze della coltivazione di manioca e della costruzione di tumuli e di villaggi permanenti. Paso de la Amada era il più vasto centro della costa del Pacifico, con circa 1500 abitanti nel 1300 a.C.; un modello analogo è osservabile sulla Costa del Golfo del Messico, con la formazione di piccoli villaggi che precedono la comparsa della civiltà olmeca. Una tipica produzione ceramica, figurine e altri elementi materiali caratteristici del Formativo Antico contraddistinguono questi primi villaggi; insediamenti complessi furono invece generalmente assenti nelle basseterre del Guatemala e del Belize fino al 1000 a.C. circa. Dal 1350 a.C. si verificò un'accelerazione nel processo di sviluppo culturale, evidente soprattutto nel Tabasco e nel Veracruz (Messico), dove fiorì la civiltà olmeca. A San Lorenzo, e più tardi a La Venta, gli Olmechi edificarono imponenti terrapieni nei loro centri cerimoniali. Recenti ricerche a La Venta hanno rivelato che al suo interno esistevano anche aree domestiche, mentre nelle vicinanze si trovavano otto villaggi. San Lorenzo raggiunse una popolazione di almeno 14.000 abitanti, considerando anche quella stanziata nelle zone limitrofe al centro cerimoniale; nel 900 a.C., tuttavia, esso decadde e le fasi successive del periodo olmeco furono caratterizzate da centri e villaggi di dimensioni assai più modeste. Nell'Oaxaca (Messico meridionale), K.V. Flannery, J. Marcus e altri studiosi hanno dettagliatamente ricostruito il processo di urbanizzazione della civiltà zapoteca. Nel Formativo Antico, e forse anche in epoca anteriore, vi erano villaggi che potevano contare 500 abitanti, con stratificazione sociale e un sistema di sussistenza basato sulla coltivazione di zucche e fagioli. Intorno al 1350 a.C. circa si sviluppò il grande centro di San José Mogote, con templi, terrapieni ed edifici probabilmente di carattere pubblico. Queste manifestazioni precorsero l'ascesa di Monte Albán, descritta da molti studiosi come la prima città della Mesoamerica. Monte Albán fu edificata sulla sommità di un'altura artificialmente livellata che dominava la valle di Oaxaca, un territorio a forma di Y ubicato a un'altezza tra 1420 e 1740 m; fondata nel 500 a.C., nel 300 a.C. essa aveva una popolazione di circa 5000 abitanti, che crebbe a 17.000 nel 200 a.C. Vi si trovavano imponenti edifici, residenze delle élites e almeno 15 aree abitative (ciascuna con la propria plaza) ubicate intorno alla città e sui versanti montuosi. Il processo di urbanizzazione ebbe il suo apogeo nel 700 d.C., quando a Monte Albán vivevano almeno 24.000 persone. Poco più tardi la città decadde, anche se non venne mai del tutto abbandonata, e la sua popolazione si disperse nella valle in villaggi di dimensioni minori. Di fatto le città più vaste ‒ veri complessi urbani ‒ sorsero nel Messico centrale. È stata ricostruita una lunga sequenza di sviluppo che inizia con i primi villaggi formativi, come Tlatilco, e termina con il centro urbano di Cuicuilco (1000 a.C.), che intorno al 300 a.C. dovette avere una popolazione tra 10.000 e 20.000 abitanti.Questo centro fu comunque oscurato dall'ascesa di Teotihuacan: situata 40 km a nord-est di Città di Messico, in una piccola valle circondata da basse colline, la città iniziò a svilupparsi nei due secoli precedenti l'era cristiana, aumentando progressivamente la sua popolazione dalle 40.000 persone del 100 d.C. circa alle forse 200.000 del 500 d.C. Nel sito vi sono chiari indizi della presenza di una forte autorità centrale, che poteva disporre di abbondante forzalavoro e che esigeva quantità crescenti di aree coltivabili e di risorse alimentari importate da territori che si estendevano fino alla Costa del Golfo. Successivamente, a Teotihuacan dovettero verificarsi mutamenti dell'assetto sociopolitico, come documentano anche le decorazioni dei templi, in cui le rappresentazioni di divinità vennero sostituite da scene di carattere bellico. Tali mutamenti ebbero conseguenze negative per le classi dominanti; la città venne invasa e parzialmente incendiata e saccheggiata intorno al 750 d.C. Successivi sviluppi urbani ebbero luogo tra i Toltechi con la città di Tula, ad ovest di Città di Messico, che giunse ad avere una popolazione di 60.000 abitanti nel 1200 d.C., quando venne anch'essa distrutta. L'apice del processo di urbanizzazione fu raggiunto con la civiltà azteca, sviluppatasi da gruppi di cacciatori-raccoglitori che avevano invaso il Messico centrale dalle regioni settentrionali. Gli Aztechi conquistarono e riunirono in una confederazione numerosi centri e città; la loro capitale, Tenochtitlan, venne accuratamente pianificata, con una suddivisione in quattro quartieri e con al centro una grande area cerimoniale dominata dal Templo Mayor. Un quartiere della città, Tlatelolco, serviva da mercato e da centro artigianale e di commerci. Quando nel novembre del 1519 gli Spagnoli giunsero a Tenochtitlan, la città era una delle più vaste aree urbane del mondo. All'interno della capitale vivevano 150.000 persone, ma la popolazione totale dell'area, considerando anche quella stanziata in una serie di città intorno al lago Texcoco, superava il milione di abitanti. Agli inizi del XVI secolo forse solo Parigi e Costantinopoli avevano dimensioni e complessità analoghe; due anni più tardi la città azteca sarebbe stata interamente distrutta. Per quanto concerne l'area Maya, le maggiori testimonianze sullo sviluppo urbano provengono dalle basseterre dello Yucatán (Messico), del Petén (Guatemala) e del Belize. Si è a lungo ritenuto che la formazione di società complesse e centri urbani in queste regioni fosse stata stimolata dal contatto con gli Olmechi, considerati a lungo i precursori delle civiltà mesoamericane; studi più recenti hanno tuttavia documentato per l'area Maya una sequenza di sviluppo urbano interamente autonoma. L'urbanesimo Maya si fondò in primo luogo su un'economia agricola: le più antiche evidenze di cultigeni provengono dai siti di Colha e di Pultrouser Swamp (Belize). I ricercatori hanno accertato la presenza di gruppi preceramici che intorno al 3400 a.C. coltivavano appezzamenti ai margini delle paludi, producendo dapprima manioca e mais e successivamente cotone e peperoncino. Le origini di questo modello agricolo sono sconosciute, ma verosimilmente esso derivò dall'America Centrale, dove l'agricoltura era praticata già da molto tempo. Le fasi preceramiche del Belize sono caratterizzate da manufatti litici standardizzati, impiegati come strumenti agricoli, e da una tecnologia nucleolama, che sembrano precorritori della successiva specializzazione artigianale Maya. Le fasi preceramiche del Belize sono coeve alle culture del Preclassico Antico dell'area olmeca e della costa pacifica del Chiapas. In queste aree si svilupparono società di tipo chiefdom, caratterizzate dalla produzione fittile, dal commercio e da architettura pubblica. Sebbene la storia culturale Maya abbia presumibilmente avuto inizio intorno al 1500 a.C., le evidenze in merito sono poco chiare. In passato si è creduto di aver individuato tali evidenze nel sito di Cuello (Belize), ma ulteriori studi hanno dimostrato che le prime datazioni al ¹⁴C ottenute erano eccessivamente antiche. Solo nell'alta valle del fiume Belize sono stati occasionalmente rinvenuti frammenti fittili del Preclassico Antico. I primi importanti centri urbani Maya risalgono agli inizi del I millennio a.C. (Preclassico Medio). Tra questi vi sono insediamenti come Nakbé, che presenta una piramide (alt. 46 m) e un'architettura pubblica monumentale risalenti al 600 a.C. In altre aree i siti di questo periodo sono rappresentati da villaggi, come hanno rivelato gli scavi effettuati a Colha, ad Altar de Sacrificios (Petén, Guatemala) e in numerose altre località. Il Preclassico Medio fu caratterizzato da una maggiore complessità, soprattutto per ciò che concerne l'architettura, la pianta di villaggi o di città, il commercio, la comparsa di élites, i primi sviluppi della specializzazione artigianale e la crescita demografica. In molti siti la maggior parte delle testimonianze è comunque sepolta in profondità sotto costruzioni più tarde e devono essere ancora chiarite molte delle dinamiche di questo periodo. A partire dal Preclassico Recente (400 a.C. - 200 d.C.), il processo di urbanizzazione si può ritenere avviato. Vi sono evidenze dell'esistenza di un'élite dominante, di una popolazione numerosa, di architettura monumentale, di commerci a vasto raggio e di specializzazioni artigianali. Le dimensioni dei siti variano notevolmente: a Komchén (Yucatán settentrionale, Messico), ad esempio, vi erano edifici pubblici circondati da circa 1000 tumuli residenziali e una popolazione intorno a 3000 abitanti, mentre molto più vasto è El Mirador (Petén, Guatemala), che copre un'area di 16 km², con una piramide alta 55 m nella zona centrale, e che fu un importante nucleo amministrativo e politico. Esiste una serie di piccoli insediamenti rurali che rivela le tappe del processo di urbanizzazione seguite dai Maya. Una delle prime serie di glifi Maya, incisi su un osso impiegato nei riti di spargimento di sangue, è stata individuata a Kichpanha (Belize) nella sepoltura di un nobile, probabilmente di basso rango. Nella vicina Colha, con una popolazione di 5000 abitanti, i tumuli e il nucleo cerimoniale coprivano un'area di 6 km²; il centro era specializzato nella produzione massiva di strumenti litici, che venivano esportati in tutto il territorio Maya. Nel Belize settentrionale si trovava infine Cerros, un centro commerciale costiero, mentre Lamanai era una delle principali sedi amministrative, con monumenti e imponenti piramidi. Intorno al 600 d.C., nel Periodo Classico Recente, comparvero i primi veri centri urbani, tra cui Dos Pilas (Petén, Guatemala), Copán (Honduras), Cobá (Yucatán, Messico) e Tikal (Petén, Guatemala), ritenuta un tempo la più vasta città Maya. Molti centri urbani del Classico Recente coprivano aree tra 10 e 20 km² e ospitavano almeno 10.000 abitanti, anche se alcuni potevano contarne anche 30.000-50.000. Tikal occupava una superficie di 16 km², era densamente popolata in prossimità dell'area nucleare (60.000 abitanti) e, includendo le zone limitrofe, la sua popolazione superava le 90.000 unità. Indagini effettuate a Caracol (Belize meridionale) hanno rivelato una città del Classico Recente di quasi 90 km², con grandiose piramidi, sepolture di rango, maschere di stucco, stele, quartieri di artigiani, strade e "sobborghi", in cui risiedevano almeno 100.000 abitanti. Nello Yucatán sorgeva una terza vasta città, Cobá, con una rete di cammini sopraelevati (sacbeob) che la collegava con i centri-satellite distribuiti in un'area di oltre 60 km; la sua popolazione dovette raggiungere le 50.000 unità. I centri urbani Maya erano governati da potenti élites che amministravano vasti territori e sovente entravano in conflitto con altre città. L'elevata concentrazione demografica urbana, supportata da un'agricoltura intensiva, comprendeva varie categorie di artigiani e specialisti e permetteva la gestione di commerci e le relazioni dirette con altre civiltà mesoamericane, in particolare con Teotihuacan. Nell'800 d.C. circa alcune città Maya decaddero, probabilmente a causa di una produttività agricola insufficiente (forse provocata da una prolungata siccità) e di aspri conflitti tra centri urbani; attualmente appare comunque evidente che alcune città non "collassarono" e che la civiltà Maya continuò fiorente in molte aree.

Bibliografia

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La distribuzione degli spazi e delle funzioni della città in mesoamerica

di Claude-François Baudez

In Mesoamerica la città si caratterizzò più per le funzioni a cui essa dovette assolvere che per una particolare morfologia. Le città delle grandi civiltà mesoamericane furono essenzialmente le sedi del potere politico, militare, amministrativo e religioso: in esse risiedevano i nobili, detentori di tale potere, e il loro entourage, così come gruppi di artigiani specializzati e di mercanti. Accanto a queste categorie propriamente urbane, spesso nelle città vivevano numerosi agricoltori in cerca di protezione e di mercato per i loro prodotti. Da un punto di vista formale, occorre sottolineare come l'urbanesimo mesoamericano abbia ampiamente utilizzato il tema del patio o della corte delimitata su tre o quattro lati da edifici e quello del basamento piramidale a gradoni, generalmente sormontato da un tempio. Al di là di questi tratti generali, le città mesoamericane furono molto diverse a seconda delle regioni e delle epoche, delle origini e della loro storia particolare. Dopo Tenochtitlan, capitale dell'impero azteco conquistata da Cortés nel 1521, la più importante città del Messico centrale fu Teotihuacan; essa esercitò forti influssi su quasi tutte le aree mesoamericane. Due assi definiscono l'impianto di questa città: il Viale dei Morti, largo da 50 a 60 m e lungo oltre 3 km, costeggiato da templi e da sontuosi edifici residenziali, inizia a nord ai piedi della Piramide della Luna, prosegue ad ovest della Piramide del Sole e conduce all'area nucleare della città, rappresentata dalla Ciudadela (centro politico e religioso e residenza dei sovrani) e dal Grande Complesso (una vasta piazza, forse adibita a mercato, circondata da grandi piattaforme); a questo livello due viali perpendicolari, uno verso est e l'altro verso ovest, formano un crocevia che divide la città in quattro quadranti. Le abitazioni costituiscono complessi di appartamenti suddivisi in numerosi ambienti e disposti intorno a una o più corti; tali complessi comprendono santuari, i più importanti dei quali ubicati sul lato orientale della corte. Si contano oltre 2000 complessi residenziali, che formano in alcuni casi gruppi più vasti in cui veniva praticata una stessa attività. Gli abitanti di Teotihuacan si dedicavano essenzialmente all'agricoltura (le terre più fertili, a sud, erano costituite dalle chinampas, o "orti galleggianti"), mentre gli artigiani costituivano il 25% della popolazione. Sono stati identificati oltre 500 laboratori artigianali: la maggior parte era destinata alla fabbricazione di utensili specializzati in ossidiana, ma in un centinaio di altri si producevano recipienti e figurine fittili, si tagliava e si levigava la pietra, si lavoravano le conchiglie, ecc. Un quartiere di Teotihuacan ospitava una colonia proveniente dalla valle di Oaxaca, distante 300 km; tra il 400 e il 600 d.C., pur adottando alcuni caratteri locali soprattutto in campo architettonico, questo gruppo aveva conservato numerose tradizioni e credenze, come attestano la produzione ceramica, gli oggetti cultuali, la scrittura e le pratiche funerarie. La valle di Oaxaca fu anch'essa sede di civiltà complesse: intorno al 500 a.C. i villaggi di quest'area, minacciati militarmente, fondarono la capitale-fortezza di Monte Albán su un gruppo di colline alla confluenza dei tre bracci della valle. Sulla vetta più elevata venne costruita la Gran Plaza, un'area rettangolare di 300 × 100 m (con orientamento nord-sud), sede del potere civile e religioso della città. Nel periodo di apogeo tale piazza era limitata dalla Piattaforma Nord, comprendente un'ampia scalinata che conduceva a una vasta corte seminterrata circondata da piramidi e preceduta da una sala ipostila. A questo complesso, certamente di destinazione amministrativa in quanto di libero accesso, era annessa una sontuosa residenza chiusa su tutti i lati, forse il palazzo reale. La Piattaforma Sud, all'altra estremità della piazza, potrebbe essere stata il basamento di un tempio. Vi sono inoltre un campo per il gioco della pelota con pianta ad I e un particolare edificio a pianta prismatica, con pannelli scolpiti che riportano le vittorie militari della città; la funzione dei 14 altri edifici della piazza non è stata del tutto chiarita. Quindici quartieri sono stati identificati nell'area nucleare di Monte Albán e in alcune colline adiacenti. Su un totale di 2073 terrazze occupate, 2006 sembrano avere avuto funzione residenziale; è stato stimato che 2895 fossero le abitazioni ordinarie e 63 i palazzi, costruiti con adobes (mattoni di argilla cruda essiccati al sole) su fondamenta di pietra. Vi erano templi a due ambienti e altri aperti, con tetti sostenuti da colonne ma privi di muri perimetrali. Le cerimonie dovevano prevedere la simulazione di "apparizioni", come è dimostrato dall'esistenza di tunnel che permettevano ai sacerdoti o ai danzatori di entrare o uscire dagli edifici senza essere visti. Nelle sepolture, spesso molto elaborate, associate ai palazzi e alle residenze delle élites, il culto agli antenati è attestato da urne, da pitture murali e da stele su cui è tracciata la genealogia del defunto. A Monte Albán gli artigiani rivestirono probabilmente un ruolo molto meno importante che a Teotihuacan, non rappresentando che il 13% di una popolazione totale stimata tra 15.000 e 30.000 abitanti. Nei quartieri vicini alla Gran Plaza è stato rinvenuto il numero più alto di laboratori per la lavorazione di ossidiana, conchiglie e pietre semipreziose, mentre la produzione ceramica non dovette essere di particolare importanza. Anche l'assetto urbanistico di Monte Albán appare profondamente diverso da quello di Teotihuacan. Nata da esigenze difensive (ma anche di attacco), la città lasciò alle altre comunità residenti nella valle una grande autonomia, che contrasta con la centralizzazione della Valle di Messico. L'abbandono progressivo di Monte Albán si spiega con la caduta di Teotihuacan: dal momento che non erano più da temere le mire imperialiste di questa, la funzione militare di Monte Albán divenne obsoleta. Molti siti Maya delle basseterre possono essere qualificati come città, sebbene per lungo tempo, in ragione di un'occupazione molto dispersa, essi siano stati ritenuti semplici "centri cerimoniali", abitati permanentemente solo da un ristretto numero di persone incaricate di provvedere alla loro manutenzione. Le città Maya furono estremamente dipendenti da un ambiente molto diversificato per topografia, risorse idriche, potenziale agricolo, ecc. La loro stessa pianta varia da un insediamento all'altro. Tikal, una delle più vaste città Maya a tutt'oggi conosciute, fu abitata a partire dagli inizi dell'era cristiana e abbandonata nel X sec. d.C., 150 anni dopo il suo apogeo. Essa venne edificata su una serie di rilievi, alti in media 50 m, all'interno di un'area di paludi (bajos). Al centro di una Grande Tikal di 123 km², compresa tra due fossati difensivi, si distingue un nucleo di circa 4 km². La Grande Piazza, nel cuore della città, è limitata a sud dall'Acropoli Centrale, una zona di palazzi e di residenze per i dirigenti e la loro corte; di fronte è l'Acropoli Nord, una necropoli reale costituita da una vasta piattaforma che sostiene otto piccole piramidi funerarie, appartenenti ai sovrani che governarono Tikal tra il 100 e il 600 d.C. Dopo questa data, i re decisero di costruire al di sopra delle loro tombe imponenti piramidi (il Tempio I con i suoi tre ambienti si erge a 47 m dal livello della piazza), ciascuna sormontata da un tempio funerario. A Tikal il termine di ciascun periodo di 20 anni (katun) veniva celebrato con cerimonie e processioni rituali che si svolgevano in complessi architettonici appositamente costruiti. Su una vasta piattaforma l'asse est-ovest era segnalato da due piramidi gemelle con quattro scalinate ciascuna; a sud si trovava un edificio di pianta allungata, formato da diversi ambienti allineati, mentre a nord una stele reale accompagnata da un altare era stata eretta al centro di un recinto. Processioni rituali dovevano avere luogo lungo i percorsi che collegavano le strutture più importanti. I principali gruppi residenziali in prossimità del centro erano occupati dai lignaggi nobili che non avevano accesso all'Acropoli Centrale. La struttura della città sembra concentrica, con la posizione sociale definita dalla distanza dal centro civico-cerimoniale. Nella Penisola dello Yucatán si affermò dopo il 1250 d.C. un nuovo tipo di impianto urbano, caratterizzato da una forte concentrazione residenziale. In uno spazio di 4,2 km² delimitato da muri di pietre a secco, Mayapán, la più importante città di questo periodo, ospitava 12.000 abitanti e 4000 edifici (di cui 2100 residenziali). L'area nucleare del sito è occupata da una decina di complessi civico-cerimoniali di analoga organizzazione spaziale, comprendenti ciascuno gli stessi tipi di costruzioni e certamente corrispondenti ai dieci più importanti lignaggi della città; uno di essi, il più imponente, doveva essere riservato alla famiglia reale. Le residenze, la cui eleganza decresceva proporzionalmente alla distanza dal centro, comprendevano anche templi e santuari domestici.

I sistemi di difesa della città

Nel corso del V sec. a.C. gli abitanti della valle di Oaxaca abbandonarono la maggior parte dei loro villaggi per raggrupparsi sulla sommità di colline e fondare Monte Albán, una delle prime città della Mesoamerica. L'area nucleare di Monte Albán sovrasta di 400 m l'irregolare altopiano che essa occupa per una superficie di circa 6 km². Le ripide pendici montane la rendono in gran parte inaccessibile, salvo che a ovest e a nord, dove il rilievo è meno scosceso; da quella parte venne costruita una muraglia di terra e di pietre a secco lunga 3 km, larga da 15 a 20 m e alta da 5 a 9 m. Intorno al 200 a.C. si moltiplicarono i villaggi nelle zone pedemontane e quelli ubicati in luoghi naturalmente o artificialmente difesi. Sette secoli più tardi la popolazione arrivò a occupare oltre 2000 terrazze distribuite sui versanti della montagna. La valle comprendeva in quel periodo due altre città fortificate con più di 10.000 abitanti, oltre a un gran numero di villaggi e di insediamenti rurali. In caso di attacchi, le inespugnabili vette su cui erano ubicati i centri civico- cerimoniali fungevano da rifugio fortificato per gli abitanti dei villaggi delle terrazze e delle zone pedemontane. L'esempio della valle di Oaxaca e di Monte Albán è in qualche modo eccezionale: in molti siti mesoamericani, compresi quelli delle alteterre, non sono state rinvenute vestigia di fortificazioni del Periodo Classico (300-900 d.C.); si possono comunque citare molte eccezioni, dovute alle vicende storiche locali. Nel Messico nord-occidentale i siti della cultura Chalchihuites, e in particolare quello di La Quemada, occuparono altopiani o crinali montani, ossia luoghi di facile difesa; i loro accessi, più vulnerabili, erano protetti da opere murarie. Sugli altopiani del Guatemala il sito di Cerro Chavín (Periodo Classico) si configurava come una penisola e il suo unico accesso, che si restringeva come un istmo, era difeso da numerosi muri di pietra. Nel IX sec. d.C. l'acropoli di Xochicalco (Guerrero, Messico) era costituita da una collina la cui sommità era stata livellata per erigervi il centro civico-cerimoniale e le cui pendici si articolavano in terrazze occupate da abitazioni. La base della collina era difesa da tre fossati concentrici e da muri. Dall'XI e soprattutto dal XIII sec. d.C., i siti a carattere difensivo divennero molto più frequenti negli altopiani mesoamericani e in particolare in Guatemala (Mixco Viejo, Iximché e Q'umarkaj). Grandi città ubicate in territori pianeggianti, quali Teotihuacan o Tula, benché bellicose e con mire espansionistiche, non sembrano essere mai state cinte da mura o fossati, sebbene i muri che circondavano alcuni quartieri di Teotihuacan possano avere avuto una funzione difensiva. Nella Mesoamerica meridionale, invece, si ebbe talvolta la necessità di proteggere la città da aggressioni esterne. Così il Gruppo Principale di Los Naranjos (Honduras), naturalmente difeso ad ovest da monti, a sud dal lago Yojoa e a nord da paludi, tra l'800 e il 400 a.C. venne protetto ad est da un fossato. Lungo 1300 m, questo era largo circa 20 m e profondo mediamente 6,5 m, mentre il suo lato interno era provvisto di una scarpa alta oltre 1,5 m. Dopo l'espansione del centro civico-religioso della città, fu costruito un altro fossato lungo 3 km, largo 25 m e profondo 5 m; la scarpa poteva raggiungere da 8 a 10 m di lunghezza e 2 m di altezza. A Tikal venne realizzato circa 4 km a nord della Grande Piazza un fossato a difesa da eventuali aggressioni della vicina e rivale Uaxactún. Tale fossato, lungo 9,5 km e orientato lungo l'asse est-ovest, congiungeva due zone paludose invalicabili, approfittando così anche di queste barriere naturali; scavato sino a 3 m di profondità nella roccia, le sue pareti erano quasi verticali e il lato interno provvisto di una scarpa. Con un altro fossato che difendeva la città a sud veniva definito uno spazio di 123 km² che costituiva la Grande Tikal. I fossati potevano essere superati in quattro o cinque punti mediante passaggi sopraelevati appositamente costruiti. Contrariamente agli esempi precedenti, in cui i fossati integravano le difese naturali, il centro della città Maya di Becán (Río Bec, Yucatán) fu dagli inizi del Periodo Classico (IV o V sec. d.C.) interamente circondato da un anello largo in media 16 m e profondo oltre 5. Il suo perimetro, lungo 1890 m, è interrotto da sette passaggi larghi 3 m; la sommità della scarpa, larga 14 m, si trova a 11,6 m dal fondo del fossato. In tutti questi casi il fossato costituiva una difesa "a secco" e non sono state rinvenute tracce di palizzate o di altri sistemi di difesa supplementari. Tra il XIII e il XIV sec. d.C. le città Maya dello Yucatán vennero spesso protette da muri di pietre a secco. All'interno della cinta muraria di Mayapán, su una superficie di 4,2 km², sono state contate 4000 costruzioni civiche, cerimoniali e residenziali (oltre la metà). La città costiera di Tulum è circondata su tre lati da un muro dello stesso tipo; sebbene siano stati rinvenuti molti rifiuti domestici nello spazio così circoscritto, le piattaforme abitative sono poco numerose. I muri, di dimensioni modeste, non sembrano aver rappresentato un valido ostacolo nel caso di assalti; alcuni studiosi ritengono dunque che la cinta muraria abbia avuto più una funzione simbolica, di delimitazione, che non quella di difesa. Nello stesso periodo, per evidenti necessità difensive, vennero fondati su piccole isole lacustri alcuni siti Maya, come Topoxté o Tayasal. Senza dubbio anche grazie a questa particolare posizione geografica, Tayasal fu l'ultimo centro Maya a cedere agli Spagnoli verso la fine del XVII secolo. La stessa capitale azteca, Tenochtitlan, fu fondata per analoghe ragioni strategiche su un lago e collegata alla terraferma da quattro strade che si incrociavano perpendicolarmente; ma essa non poté resistere per molto tempo agli Spagnoli, che costruirono una flotta da sbarco per conquistarla definitivamente.

Bibliografia

Sulla distribuzione degli spazi e delle funzioni:

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Sui sistemi di difesa:

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Dalle prime comunità di villaggio alle soglie dell'urbanizzazione in america meridionale

di Duccio Bonavia

Le prime forme di sedentarietà o di semisedentarietà apparvero precocemente nell'area delle Ande Centrali. La continuità di occupazione attestata stratigraficamente in grotte e ripari fu probabilmente il risultato della stretta relazione tra cacciatori andini e Camelidi. Dopo la scomparsa della fauna pleistocenica, nel periodo tra le ultime fasi glaciali e gli inizi dell'Olocene, gli unici animali di grande taglia presenti nelle Ande furono infatti Camelidi e Cervidi. Tra il 6000 e il 4000 a.C. si verificò una specializzazione delle tecniche di caccia ai Camelidi, che sarebbero stati domesticati intorno al 4000-3500 a.C. Anche se con alcune diversità tra le varie specie, questi animali demarcano i propri territori attraverso accumuli di escrementi in zone determinate; probabilmente fu questo comportamento che permise ai cacciatori di individuare gli specifici territori da essi frequentati. L'occupazione umana di grotte e ripari ubicati in queste zone portò a una limitazione degli spostamenti e quindi favorì una sempre più stretta relazione tra uomo e Camelidi, che avrebbe progressivamente portato alla domesticazione di questi ultimi. Un altro aspetto che dovette avere un ruolo importante, non solo tra i primi gruppi di cacciatori ma anche presso le successive società complesse, fu il sistema ecologico andino, uno dei più diversificati del mondo. Occupando zone poste ad altezza intermedia, i gruppi potevano sfruttare habitat diversi, garantendosi l'accesso sia ai prodotti delle zone di altura, sia a quelli dei piani ecologici più bassi. In molte aree si registrarono dunque movimenti transumanti di gruppi umani; la transumanza va qui intesa come forma di sedentarietà, in quanto gli spostamenti avvenivano tra luoghi determinati, che rimanevano gli stessi nel corso degli anni ed erano frequentati approssimativamente nei medesimi periodi. Nelle regioni costiere, inoltre, un fenomeno particolare favorì la transumanza dei branchi di animali, probabilmente adottata anche dall'uomo per la necessità di seguirli. In alcune zone del litorale peruviano tra Trujillo e Tacna sono presenti formazioni vegetali (lomas) prodotte dalla condensazione dell'acqua contenuta nelle nebbie invernali; nei mesi in cui sulla costa si verifica questo fenomeno, le regioni montuose sono interessate da un periodo di siccità, mentre quando le lomas scompaiono la vegetazione cresce nuovamente sulle alture. Nelle regioni montuose il quadro generale del Preceramico Finale appare confuso, sia per l'assenza di ricerche, che per la diversità dei processi di sviluppo culturale. In molte aree il sistema di vita dovette essere sostanzialmente omogeneo, mentre in altre si rileva un incremento delle pratiche orticole, come nel Callejón de Huaylas (Perù). In una zona compresa tra il Río Santa e il dipartimento di Huánuco iniziò la costruzione di edifici pubblici dalle caratteristiche e dalle funzioni molto simili. Nella sierra centrale del Perù i cacciatori- raccoglitori, che praticavano anche attività pastorali, cominciarono a stabilirsi in accampamenti a cielo aperto e successivamente si trasferirono sulle rive dei laghi, dove fondarono villaggi. Per le aree costiere non sono state ancora chiarite le modalità della transizione dai gruppi di cacciatori adattati all'ecosistema litoraneo alle prime comunità sedentarie. Sulla costa centro-settentrionale i gruppi umani si insediarono nei pressi delle spiagge, abbandonando la caccia e traendo i propri mezzi di sussistenza dallo sfruttamento dei banchi di molluschi, ma iniziando al tempo stesso le sperimentazioni orticole. Si vennero progressivamente definendo due tendenze: nel settore centro-settentrionale sorsero centri autonomi con architettura pubblica, circondati da villaggi agricoli, mentre sulla costa settentrionale e meridionale gli insediamenti rurali ebbero carattere disperso e furono apparentemente privi di strutture pubbliche. Se però i gruppi della costa settentrionale seppero recepire gli innovativi influssi della costa centro-settentrionale, lungo il litorale meridionale le comunità rimasero marginali e in condizioni di relativa arretratezza. Tra il dipartimento di La Libertad e la costa meridionale del Perù si conoscono circa 50 siti del Preceramico Finale, costituiti da villaggi a pianta complessa con edifici di varia natura e in alcuni casi con un'imponente architettura pubblica. Essi possono essere divisi in due categorie: nella prima le abitazioni si raggruppano in forma indipendente rispetto al monticolo o alla piattaforma principale, mentre nella seconda gli edifici si trovano su terrazze costruite con muri di pietra lungo i versanti montuosi. Alcuni siti appaiono particolarmente complessi, come Aspero, dove i monticoli pubblici e le aree residenziali si integrano, in un precoce modello urbanistico di grande elaborazione formale.

Bibliografia

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Il processo di urbanizzazione nelle ande centrali

di Krzysztof Makowski Hanula

L'urbanesimo precolombiano è uno dei temi più discussi dell'archeologia sudamericana, con posizioni divergenti riguardo al concetto stesso, alla cronologia del processo, alla funzione dei complessi presumibilmente urbani e alle caratteristiche del contesto socioeconomico. Il dibattito si focalizza necessariamente sull'area delle Ande Centrali (Perù e Bolivia), dal momento che il settore settentrionale del subcontinente, compreso l'Ecuador, mantenne tra la fine del Periodo Formativo e il Periodo Inca strette relazioni con i poli di sviluppo dell'America Centrale e del Messico e dunque deve essere analizzato entro tale contesto; d'altra parte, nessuna delle società preistoriche del settore meridionale, fuori dei confini dell'impero Inca, creò sistemi insediativi a carattere urbano. Il termine "urbano" viene impiegato nell'archeologia sudamericana con diverse accezioni: assiomatica, comparativa, pragmatica. Nel corso degli ultimi venti anni del Novecento si è andata delineando inoltre una quarta prospettiva di analisi dell'urbanesimo preistorico, quella funzionale. Coloro che impiegano l'accezione assiomatica assumono che l'esistenza di vasti complessi di architettura monumentale, formalmente diversificata e circondata da dipendenze, implica necessariamente un grado avanzato di complessità socioeconomica, definibile appunto come urbano. Secondo tale prospettiva, la civiltà e l'urbanesimo costituirebbero fenomeni universali e indissociabili. Gli studiosi convinti che il processo di evoluzione sociale e politica che consentì la nascita della città e dello Stato nel Mediterraneo orientale si sia ripetuto in altre aree culturali, con variazioni scarsamente significative, impiegano il termine urbanesimo nella sua accezione comparativa. L'accezione definibile come pragmatica deriva invece dalla classificazione binaria degli insediamenti pre- e protostorici, operata sulla base della loro estensione e configurazione, in centri urbani e villaggi, considerandosi villaggi i complessi privi di nuclei pubblici formalmente differenziati e con un'area inferiore a 4 ha. Tutti gli altri complessi possono essere definiti città, centri cerimoniali o centri amministrativi. I criteri impiegati per differenziare una di queste opzioni interpretative dalle altre sono confusi e vari autori usano i tre termini alternativamente, come sinonimi o come termini composti (ad es., città sacra, centro cerimoniale-amministrativo). La prospettiva funzionale o etnostorica si basa sui risultati di scavi sistematici realizzati in presunti complessi urbani ed è continuamente stimolata dalla riflessione postprocessuale in archeologia. Tali risultati sono entrati in aperta contraddizione con i presupposti teorici iniziali, dimostrando che la similarità di forme architettoniche (ad es., la pianta ortogonale) non implica necessariamente un'affinità funzionale quando vengano comparate società diverse per economia, organizzazione sociale, cosmovisione ed esercizio del potere. I sostenitori di questo approccio raccomandano pertanto maggiore prudenza nell'impiego dei concetti di città e di urbanesimo, in quanto essi risultano indissociabilmente connessi con la riflessione storica sull'origine e sullo sviluppo della cultura occidentale. La prospettiva funzionale implica una sfida: occorre affrontare la ricostruzione del contesto culturale indigeno a partire dalle evidenze recuperate nello scavo sistematico e dalla lettura critica delle fonti storiche del primo periodo coloniale.

Modelli e interpretazioni

Il dibattito sull'urbanesimo andino ha avuto origine a partire dalle tre proposte formulate da D. Collier, J.H. Rowe e L.G. Lumbreras, scaturite rispettivamente dagli approcci comparativo, pragmatico e assiomatico al fenomeno urbano. Secondo Collier, lo sviluppo culturale seguì sulla costa peruviana la linea evolutiva che R.E.W. Adams e K.A.Wittfogel hanno rilevato negli altri primevi centri di civilizzazione. Tra la fine del Periodo Formativo e il Periodo degli Sviluppi Regionali l'adozione di tecniche irrigue e lo sviluppo di altre tecnologie (allevamento, metallurgia) resero possibile un marcato incremento demografico. Probabilmente ne scaturirono conflitti e si andò costituendo un'élite militare che dovette entrare in contrasto con l'antica élite sacerdotale. Questi processi avrebbero così creato le condizioni per la trasformazione dei domini teocratici del Formativo in Stati secolari, militaristi ed espansionisti, sul tipo di Huari. Questa ipotetica sequenza di stadi troverebbe conferma nella seguente evoluzione delle forme architettoniche: 1) centri cerimoniali (Periodo Formativo); 2) capitali di Stati regionali: vasti centri abitati agglutinati intorno a imponenti templi-piramidi (Periodo degli Sviluppi Regionali); 3) centri urbani pianificati, la cui apparizione sarebbe connessa con lo stadio militarista (Huari). Le ipotesi di D. Collier sono state riesaminate da R.P. Schaedel, che per primo ha tentato di confutarle sistematicamente utilizzando i criteri di R.E.W. Adams (ricerche nell'area di Uruk, Mesopotamia) e di W.T. Sanders e T.D. Price (Teotihuacan, Messico). I pionieristici lavori di R.P. Schaedel hanno successivamente ispirato, tra gli altri, I. Shimada (urbanesimo Moche) e W.H. Isbell (urbanesimo Huari). Isbell e i suoi collaboratori hanno adottato la metodologia elaborata da R.E.W. Adams, G.R.H. Wright e J.A. Neely nelle loro ricerche in Mesopotamia e Susiana. Partendo dal presupposto che il sorgere del fenomeno urbano sia stato strettamente connesso con il consolidamento di strutture amministrative statali, essi hanno postulato che la sua presenza o assenza possa essere inferita dalle relazioni gerarchiche o spaziali tra insediamenti. Le dimensioni e la differenziazione formale dei complessi architettonici, comparate con la distribuzione spaziale dei siti, permetterebbero dunque di distinguere tra i ranghi di capitale, centro regionale, centro provinciale, centro distrettuale, ecc. Secondo tale impostazione, l'urbanesimo nelle Ande sarebbe un fenomeno tardo, sviluppatosi tra il VII e il IX sec. d.C. e intimamente connesso con il trasformarsi di antichi curacazgos (domini) in Stati espansionisti. J.H. Rowe, a differenza di R.P. Schaedel, non ha attribuito particolare importanza ai criteri formali, demografici o di organizzazione spaziale. Secondo le sue teorie, la distribuzione nucleare (un vasto insediamento circondato da altri di dimensioni notevolmente inferiori) non è di per se stessa indice di sistema urbano, dal momento che per l'antichità classica si conoscono tipi di organizzazione "acoritica" (con insediamenti vasti e distanziati tra loro) e "sincoritica" (nucleare) in zone essenzialmente rurali. La sua accezione di città è pragmatica e di ordine funzionale: egli la definisce come il luogo permanente di residenza di funzionari amministrativi, commercianti, artigiani e militari. La presenza di una popolazione stabile permette di operare la distinzione tra città e centro cerimoniale, mentre il tipo di occupazione, e non le dimensioni, segna quella tra città e villaggio. Seguendo le teorie e la cronologia proposte da J.H. Rowe, R. Burger ha interpretato la crescita dell'area circostante il tempio di Chavín de Huantar, nel IV-III sec. a.C., come espressione di un urbanesimo incipiente. Alcuni autori, quali S. Pozorski, T. Pozorski e R. Shady, hanno tentato di retrodatare di molto gli inizi del fenomeno urbano nelle Ande, fino al II o addirittura al III millennio a.C. Le loro ipotesi si fondano sulla relativa frequenza con cui i seguenti tratti, considerati diagnostici di centri amministrativi e/o urbani, si sarebbero manifestati sulla costa del Perù sin dal Preceramico Recente e durante il Periodo Iniziale: 1) distribuzione spaziale pianificata o ordinata; 2) complessità formale e differenziazione funzionale dell'architettura monumentale; 3) presenza di aree residenziali di abitazione e di preparazione di alimenti in prossimità delle strutture architettoniche monumentali; 4) superficie di occupazione che supera frequentemente i 10 ha e può raggiungere i 220 ha. Alcuni studiosi, come J. Haas, hanno invocato la teoria di R. Carneiro a sostegno della precoce apparizione di organizzazioni politiche complesse. Il modello di D. Collier è stato reinterpretato nei lavori di L.G. Lumbreras e J. Canziani secondo gli schemi di V.G. Childe. Conformemente con i lineamenti teorici del materialismo storico, la "rivoluzione neolitica" avrebbe inevitabilmente creato le basi per la successiva "rivoluzione urbana", almeno laddove la sedentarietà generalizzata fosse stata supportata da efficienti sistemi agropastorali, in grado di produrre eccedenze immagazzinabili. L'incremento delle eccedenze avrebbe fornito i mezzi di sussistenza necessari al mantenimento di un numero progressivamente crescente di produttori specializzati e di dirigenti. In tale contesto si sarebbero sviluppate classi sociali con interessi conflittuali e, con esse, lo Stato e il suo apparato di controllo. La classe dominante si sarebbe insediata nella città, che sarebbe così divenuta anche la sede dei poteri dello Stato. In questa prospettiva, lo sviluppo urbano risulta il riflesso materiale della formazione di classi sociali. Originariamente L.G. Lumbreras ha posto in relazione la nascita del fenomeno urbano nelle Ande Centrali con le cause che fecero sorgere nella regione di Ayacucho, tra il V e il VI sec. d.C., lo Stato espansionista di Huari. I progressi nello studio dei periodi Arcaico (Preceramico) e Formativo (Periodo Iniziale e Orizzonte Antico) lo hanno successivamente spinto a rivedere tali teorie e a retrodatare il fenomeno, in forma coincidente con la proposta di J.H. Rowe, alle fasi finali del Formativo. La critica funzionale degli approcci sopra citati nasce dalla constatazione di un fatto obiettivo, dimostrato attraverso gli scavi: la popolazione permanente di diversi presunti centri urbani è risultata tanto limitata che l'area utilizzata a fini strettamente abitativi non dovette superare il 10% circa di quella totale. Questa singolare caratteristica si evidenzia sia nei complessi pianificati, ipotetiche capitali provinciali di imperi, sia nei siti a crescita disordinata (Cahuachi, Azángaro, Huánuco Pampa). La maggior parte delle strutture monumentali ebbe funzioni cerimoniali (comprendendo anche quelle funerarie) e funzioni amministrative; nelle strutture minori sono stati identificati depositi e officine di produzione di oggetti cultuali. La definizione di centro amministrativo- religioso, o in alcuni casi di complesso palaziale, si adatta dunque meglio che quella di città alla funzione assolta dai complessi architettonici scavati. K. Makowski ha recentemente ipotizzato, accogliendo le osservazioni e le critiche di studiosi come J. Murra, C. Morris, M. Anders e H. Silverman, che il sistema andino sia stato nella sua essenza antiurbano, se si prendono come riferimento le caratteristiche salienti dell'urbanesimo occidentale. Nelle Ande, efficienti ideologie religiose e complessi calendari cerimoniali regolavano gli spostamenti annuali di nuclei di popolazione e con essi quelli di beni e servizi. L'architettura monumentale, distribuita lungo vie di passaggio e canali di irrigazione e concentrata in centri cerimoniali di diverso rango, orientava i flussi di manodopera e di prodotti, trasformava il paesaggio profano in scenario sacro e conferiva ai tributi in beni e servizi il carattere di obbligazione religiosa. Le attività militari e gli scambi commerciali non esulavano da questo quadro cerimoniale. La maggior parte della popolazione, in tutte le epoche, viveva in insediamenti dispersi, ai margini della zona agricola; l'area media di ciascun insediamento non superava i 4 ha, tranne che nel caso delle capitali regionali, probabili residenze dell'élite militare. Pochi agglomerati (Huari, Pampa Grande, Cajamarquilla, Chanchan, Huánuco Pampa) devono probabilmente la loro esistenza all'urbanesimo indotto dallo Stato; nessuno di essi sopravvisse al contesto politico che aveva portato alla loro fondazione. L'ipotesi di K. Makowski tende a spiegare le caratteristiche particolari dell'urbanesimo sui generis andino: 1) instabilità del sistema di insediamenti, che si riflette nell'assenza di tell urbani stratificati, in lunghe lacune occupazionali, osservabili nella stratigrafia di insediamenti con occupazioni multiple, e in drastici mutamenti nella distribuzione spaziale dei siti ogni 500-600 anni; 2) predominanza dell'architettura pubblica (mediamente oltre il 60% dell'area totale del sito), che incorpora gli spazi sacri e marginalizza quelli domestici, in tutti i complessi considerati urbani finora documentati; 3) ricorrenza di forme architettoniche cerimoniali (piazza, corte seminterrata, recinto chiuso, piattaforma scalonata, piramide con rampa) nei siti qualificati come centri urbani o amministrativi.

Architettura pubblica e urbanesimo

La tipologia del centro cerimoniale abitato (tempio e villaggio), che la maggioranza degli autori pone in relazione con le origini dell'urbanesimo, apparve contemporaneamente sulla costa e nella sierra settentrionale del Perù a partire dal Preceramico con Cotone (Arcaico Recente, 2700-1800/1500 a.C. ca.). Alcuni antecedenti isolati e la relazione cronologica diretta con la compiuta domesticazione della maggior parte dei cultigeni fanno ritenere che la precoce apparizione dell'architettura pubblica abbia formato parte del processo stesso di costituzione di società sedentarie, agricole e pastorali nelle Ande Centrali. L'introduzione della ceramica non implicò sostanziali mutamenti culturali, neppure in campo architettonico, e la maggioranza delle tradizioni (Kotosh-Mito, templi con pianta ad U) perdurò fino all'800 a.C. circa. Dal punto di vista formale si ritrovano già tutte le categorie generali dei siti con architettura pubblica presenti anche nei periodi successivi: la struttura cerimoniale isolata (Las Aldas, La Galgada, Mina Perdida), il complesso di strutture cerimoniali (Aspero, Salinas de Chao, Chupacigarro-Caral, Taukachi-Konkan, Kotosh), il complesso pianificato e articolato intorno a piazze e assi di comunicazione (El Paraiso, Moxeke). Vi sono inoltre altri aspetti simili a quelli dei grandi complessi dei periodi successivi: 1) l'usanza di costruire recinti cerimoniali sulla sommità dei templi abbandonati e sepolti ritualmente; 2) un'ampiezza fino a 220 ha (Caballo Muerto); 3) impressionanti strutture costruite in adobe e pietra (Sechín Alto, 300 × 250 × 44 m); 4) la decorazione figurativa delle facciate (Garagay, Cerro Sechín); 5) la diversità formale e potenzialmente funzionale dell'architettura (Moxeke, Huaca de los Reyes). I dati sulle aree domestiche e i depositi sono finora quanto mai parziali, in quanto provengono da ricerche sul campo e dipendono molto dallo stato di conservazione del sito. Sono comunque state documentate ampie aree residenziali come componenti di siti (Cardal, Monte Grande, Moxeke) appartenenti a ciascuna delle tre categorie citate. Queste evidenze a favore di un precoce inizio nelle Ande di un urbanesimo in senso lato non trovano però conferma nell'analisi del contesto socioeconomico. Dalle pratiche funerarie emerge infatti l'immagine di una società relativamente egualitaria e pacifica; inoltre il periodo di costruzione dei grandi centri cerimoniali si interruppe in maniera brusca proprio quando l'incremento degli scambi di materie prime (ossidiana, Spondylus sp.) e di oggetti cultuali (ceramica, tessuti) e la presenza di élites (sepolture di Kuntur Wasi) si fecero particolarmente evidenti nel corso dell'Orizzonte Antico (Formativo Medio, 800-200 a.C. ca.). Per sostenere l'ipotesi di un urbanesimo incipiente si è tentato di stabilire relazioni tra queste tendenze di sviluppo socioeconomico, il graduale ampliamento dell'area rurale vincolata a Chavín de Huantar e l'apparizione di siti con architettura a pianta ortogonale (San Diego). Non è stato comunque possibile provare che i mutamenti citati siano effettivamente da ricondursi all'incremento della popolazione stabile e non derivino invece da specifiche funzioni cerimoniali. Accampamenti di pellegrini, recinti per banchetti rituali, officine di produzione di oggetti cultuali, ecc., possono lasciare tracce analoghe. Le grandi tradizioni di architettura cerimoniale del Perù settentrionale non costituiscono un antecedente diretto dei centri cerimoniali e "urbani" del Periodo Intermedio Antico e dell'Orizzonte Medio (200 a.C. - 900 d.C.). Nel Nord il tramonto delle culture Chavín e Cupisnique implicò una rottura della continuità culturale, che si manifestò con particolare forza nel disegno architettonico e nelle tecniche costruttive. Tra il II sec. a.C. e il II sec. d.C. il modello dominante di insediamento fu di tipo disperso e le costruzioni di probabile carattere difensivo si fecero più frequenti delle strutture cerimoniali, queste ultime in genere di scarsa rilevanza. L'agglomerato di Cerro Arena (cultura Salinar) rappresenta un caso eccezionale di vasto insediamento esclusivamente residenziale, con quartieri per le élites. Nel Sud le tradizioni regionali di architettura monumentale comparvero con 2000 anni di ritardo rispetto alle regioni settentrionali, ossia nel Formativo Medio, e perdurarono fino al Periodo degli Sviluppi Regionali. Le più antiche espressioni note provengono dall'altopiano del Titicaca (Chiripa e Pucara). Sulla costa il centro cerimoniale Las Animas di Ica (Paracas Cavernas, IV-I sec. a.C.) può forse considerarsi come antecedente di Bajo Chincha (Topará) e di Cahuachi (cultura Nazca, II-V sec. d.C.). I tre siti comprendono piramidi terrazzate in adobe con recinti rettangolari e spazi provvisti di tetti sulla sommità. Gli scavi condotti da H. Silverman e G. Orefici hanno rivelato che Cahuachi era un centro cerimoniale non permanentemente abitato (ma frequentato solo in particolari ricorrenze religiose) e costruito grazie allo sforzo di varie comunità, ciascuna delle quali contribuiva all'ampliamento del proprio recinto. Per lo stesso periodo si conosce una serie di siti a pianta ortogonale e di grande estensione (Chongos, Paracas, Ventilla, Dos Palmas, Cordero Bajo). Alcuni di essi sono chiaramente domestici (Cordero Bajo), mentre altri (Chongos) sembrano avere assolto funzioni pubbliche e cerimoniali, date le dimensioni dei recinti e le caratteristiche dei reperti. Tendenze agglomerative simili si osservano a partire dal II sec. d.C. anche sulla costa settentrionale. I siti erano distribuiti in modo bipolare: i grandi centri monumentali, con templi e residenze per le élites, erano localizzati sul litorale, uno per ogni valle (Gruppo Gallinazo e Huancaco, Huaca del Sol e Huaca de la Luna, Huaca Cao, Maranga); i villaggi, gli insediamenti delle élites e le strutture difensive si trovavano invece nella parte a monte delle valli, conformando agglomerati discontinui posti sui versanti terrazzati, in prossimità degli incili di canali di irrigazione (valle del Virú). Tra gli argomenti a favore di una datazione tarda delle prime città delle Ande Centrali (fine del Periodo Intermedio Antico e Orizzonte Medio, 400-900 d.C. ca.) si è soliti citare la repentina e diffusa comparsa di grandi agglomerati, così come la supposta diffusione di complessi urbani pianificati. Il primo argomento è convincente. Complessi dall'aspetto urbano e dalla crescita parzialmente disordinata, comprendenti un ampio nucleo di architettura cerimoniale, laboratori artigianali, aree per la preparazione di alimenti, depositi, residenze delle élites e quartieri residenziali per la popolazione dipendente (Galindo, Pampa Grande, Marca Huamachuco, Cajamarquilla, Huari, Tiwanaku) vennero costruiti con notevole rapidità a partire dal VI sec. d.C. Dato il contesto di calamità naturali (prolungate siccità e almeno un episodio della catastrofe climatica conosciuta come El Niño e determinata da mutamenti della corrente di Humboldt) e di probabili conflitti politici connessi con l'espansione Huari, è molto probabile che questo fenomeno costituisca una risposta alla situazione di crisi. Tali agglomerati avrebbero permesso di mantenere concentrata l'élite militare in un punto strategico rispetto al sistema di irrigazione. La premessa formulata implicitamente a partire dalla comparazione con l'impianto ippodameo delle città mediterranee è risultata inapplicabile ai contesti andini. I siti Huari a pianta ortogonale che sono stati scavati, come Pikillacta, Azángaro e Jincamocco, non possiedono caratteristiche urbane; essi assolvevano il ruolo di centri amministrativi e cerimoniali, con una popolazione permanente al servizio di governatori provinciali, ma con una grande quantità di visitatori temporanei. Esiste d'altra parte accordo sul fatto che l'architettura a pianta ortogonale della costa settentrionale (Pampa Grande, Pacatnamú) possiede antecedenti locali e che il suo sviluppo non è connesso con il fenomeno Huari. Insieme con l'argomento precedente, non è stato neppure chiarito il principale fondamento della distinzione empirica tra centro cerimoniale abitato e città: non si è infatti provato né il carattere secolare dei complessi a pianta ortogonale, né la destinazione esclusivamente religiosa delle piramidi terrazzate e delle strutture ad esse associate. Tutte le unità a pianta ortogonale finora scavate a Huari risultano avere assolto funzioni cerimoniali o essere state connesse con la produzione di oggetti cultuali (Conchopata). Sono state invece proposte funzioni residenziali per alcuni recinti ubicati sulla sommità delle piramidi di Túcume e di Pachacamac. Anche le ipotesi di A. Jiménez Borja sulla funzione delle piramidi con rampa a Pachacamac e sul modello stesso di funzionamento di questo centro cerimoniale, ispirato dall'immagine dell'anfizionia greca, sono in corso di revisione. Delle tre capitali regionali della costa settentrionale nel Periodo Intermedio Recente, solo Chanchan possiede un tracciato ortogonale pianificato, mentre Sicán-Batán Grande è composta da grandi piramidi disperse con sepolture di famiglie reali e Túcume è un complesso agglutinato di strutture piramidali con architettura intermedia. Secondo l'interpretazione di M.E. Moseley, G.W. Conrad e G.R. Topic, il settore residenziale di Chanchan, caratterizzato da una crescita disordinata, funzionava come dipendenza di templi e palazzi, che si trasformavano in santuari per il culto funerario dopo la morte del sovrano. Il lavoro degli artigiani e degli agricoltori residenti a Chanchan e nelle sue vicinanze era destinato in buona misura a coprire le necessità rituali della capitale. Vari segmenti dell'architettura palaziale di Chanchan sono reiterati nei centri amministrativi provinciali (Manchan, Farfan), particolarmente in quelli che potrebbero essere connessi con il pagamento di tributi (recinti, corti, depositi) e con le cerimonie del calendario religioso statale. L'immagine del Cuzco tracciata dai cronisti spagnoli del XVI secolo non sembra essere molto diversa: palazzi dei lignaggi reali (panaca) adibiti al culto delle mummie dei fondatori, mausolei e templi distribuiti intorno a due piazze compongono il nucleo monumentale, circondato da terrazze agricole e da insediamenti dispersi. Cuzco era il cuore del sistema centralizzato del culto statale, le cui funzioni profane e religiose erano fortemente interrelate. Nei grandi centri amministrativi delle provincie (Huánuco Pampa, Pumpu) collegati dalla grande strada imperiale chiamata Capac-ñan, nei centri amministrativi secondari, nelle residenze degli Inca (Vilcashuaman, Machu Picchu) e persino nei tampu, la piazza con il santuarioushnu costituisce l'elemento centrale del complesso architettonico. La sua pianificazione, sempre adattata alla morfologia e pertanto unica e irripetibile, può adottare schemi ad isolati (cuadras), ad assi radiali, e far coincidere i contorni del nucleo monumentale con la forma di un animale mitico. Le ragioni della scelta non sono pragmatiche e attengono all'ubicazione dell'insediamento rispetto ai luoghi sacri e ai sentieri cerimoniali. Data l'impossibilità di tracciare rigide linee di cesura tra centro cerimoniale, centro amministrativo e complesso urbano, le future ricerche dovranno chiarire la funzione di ciascuna delle forme di architettura pubblica e residenziale nel loro specifico contesto culturale.

Bibliografia

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La distribuzione degli spazi e delle funzioni della città nelle ande centrali

di Duccio Bonavia

Nelle Ande Centrali il fenomeno urbano è stato nel complesso ancora scarsamente studiato; risulta perciò difficile elaborare una sintesi che permetta di stabilire le relazioni tra spazi e funzioni. Occorre in primo luogo segnalare che le città delle Ande ebbero funzioni diverse rispetto a quelle del Vecchio Mondo, non concentrando mai una densa popolazione, ma essendo piuttosto centri amministrativi e religiosi in cui non risiedeva un numero elevato di abitanti stabili; esse rappresentavano il potere dello Stato e svolgevano un ruolo di controllo economico e politico sulla popolazione dispersa nelle aree rurali. La distribuzione degli spazi seguì criteri particolari: dalle fasi finali del Preceramico i recinti chiusi o le piazze aperte, associati a sistemi di piattaforme e a strutture provviste di tetti, divennero le unità fondamentali dell'architettura urbana. Come ha rilevato K. Makowski, nelle città andine lo spazio adibito alle strutture abitative fu sempre minimo, a vantaggio dello spazio di destinazione pubblica; il tracciato urbano si componeva di vari segmenti distinti, non articolati intorno ad un nucleo centrale. Il settore per le attività comunitarie organizzò l'intero centro urbano, incorporando lo spazio sacro e marginalizzando gli spazi domestici. Durante il Periodo Preceramico la configurazione dei villaggi (villorios) fu estremamente variabile. Le prime manifestazioni del processo di urbanizzazione si ebbero intorno al 3000 a.C., con il passaggio da forme di concentrazione periodica a insediamenti permanenti di carattere residenziale. I modelli furono però diversi: villaggi con piante complesse, edifici di varia destinazione e, in alcuni casi, architettura pubblica di notevoli dimensioni, come nel centro urbano di Aspero (Perù). Per la sierra i dati sono scarsi, ma è documentata l'esistenza di villaggi; nell'area tra il Río Santa e Huánuco apparvero recinti templari. Durante il Periodo Iniziale (1800-900 a.C.) sulla costa settentrionale gli insediamenti si spostarono verso le valli interne, più favorevoli all'agricoltura, e apparvero grandi edifici pubblici, come nel sito di Caballo Muerto, mentre in altre valli la popolazione risiedeva in villaggi agglutinati. Per le regioni montuose i dati disponibili sono limitati: nel Nord perdurò la tradizione dei recinti templari, mentre nel resto del territorio i villaggi si organizzarono in piccoli gruppi di abitazioni sparse. Le evidenze mostrano che in questa fase specifiche esigenze sociali resero la vita urbana progressivamente più complessa; a partire da un nucleo urbano non differenziato cominciarono a prodursi diversificazioni in funzione di determinate attività cultuali. Durante l'Orizzonte Antico (900-200 a.C.) la differenziazione tra le vaste zone monumentali e i piccoli villaggi agricoli si fece ancora più netta. Sulla costa i centri cerimoniali vennero costruiti nel settore alto delle valli (Moxeque e Sechín Alto, valle del Casma), mentre nella sierra gli edifici furono eretti su massicce terrazze di pietra. Fu questa l'epoca in cui si diffuse dalla costa alla sierra la tradizione dei complessi cerimoniali con pianta ad U. In alcuni casi, come a Chavín de Huantar, la popolazione risiedeva in forma disordinata in prossimità del tempio, anche se generalmente continuò a predominare il modello dei piccoli insediamenti rurali dispersi. Sull'altopiano si verificò l'evoluzione dal recinto templare al grande centro cerimoniale di importanza regionale. Nel Periodo Intermedio Antico (200 a.C. - 600 d.C.) andarono progredendo varie culture locali, i cui sviluppi urbani sono ancora poco noti; fu comunque questo il periodo di gestazione di vere e proprie città. A Moche prevalse il modello di centri cerimoniali e amministrativi che, sebbene non si presentino formalmente come centri urbani, di questi possiedono già tutti i caratteri. Si svilupparono inoltre vasti centri recintati e nuclei amministrativi; vennero costruiti imponenti piramidi scalonate, palazzi e fortificazioni (Huaca del Sol, Huaca de la Luna e Pañamarca). I contadini continuavano comunque a risiedere in piccoli villaggi. La cultura Nazca, sulla costa meridionale, non edificò invece vasti centri monumentali. I due siti più importanti furono Cahuachi e Ventanilla: il primo è costituito da una serie di monticoli con ampie corti intermedie, mentre il secondo è un esteso insediamento agglutinato con abitazioni e monticoli artificiali. Sembra che i due centri abbiano svolto funzioni complementari, rappresentando una sorta di capitale "sdoppiata": il primo presenta infatti un carattere cerimoniale e probabilmente non ospitò mai una popolazione stabile, che invece doveva risiedere nel secondo. Durante la stessa epoca nella sierra di Huamachuco le strutture vennero edificate secondo un ordinamento centrale ortogonale all'interno di un sistema perimetrale curvilineo. Nelle restanti regioni montuose la popolazione viveva invece in villaggi di differente tipologia. Durante l'Orizzonte Medio (600-900 d.C.) la città di Huari, capitale di un poderoso Stato, mostra un adattamento alla topografia del luogo e originali quanto razionali soluzioni formali; le restanti città Huari rappresentano invece riproduzioni di uno stesso prototipo elaborato per le zone pianeggianti. L'architettura è razionale, a pianta ortogonale, comprendente una cinta muraria rettangolare con vasti recinti separati da strade e da viali. Vi sono aree recintate con piccoli ambienti rettangolari, ciascuno dei quali ne forma un altro che si compone di corti e corridoi. Queste città non ospitarono comunque una popolazione stabile e i contadini continuarono a vivere nelle zone rurali. Per il Periodo Intermedio Recente (900-1476 d.C.) si possiedono precise informazioni soprattutto sulla cultura Chimú, la cui capitale, Chanchan, era composta da dieci recinti principali, nove dei quali condividevano caratteri formali, come la pianta rettangolare, con vaste piazze e un'ala laterale. All'interno vi era una serie di corti principali e secondarie comunicanti attraverso stretti corridoi controllati da garitte; sul fondo si trovava una piattaforma funeraria. È un'architettura in cui predomina la forma spaziale, non il volume. Intorno alla città era ubicata una fascia di abitazioni agglutinate in forma irregolare e con un'architettura molto semplice, in cui vivevano gli artigiani e gli addetti al servizio dell'élite residente nel nucleo urbano. Il resto del territorio era occupato da una serie di centri amministrativi, rappresentati da insediamenti minori che riproducevano una serie di elementi formali della capitale. Ciascuno di questi centri svolgeva una funzione diversa, connessa con le particolarità ecologiche dell'area in cui era situato. Le abitazioni rurali erano uguali a quelle degli odierni contadini, strutture molto semplici di quincha o adobe. Nello stesso periodo anche sulla costa meridionale fiorirono vasti centri amministrativi e cerimoniali, come Tambo de Mora, ma vennero pure edificati monticoli sormontati da abitazioni, terrazze e corti, raggruppati in piccole unità. Nella sierra settentrionale, a Cajamarca e a Huamachuco, predominarono invece le fortificazioni e i villaggi concentrati nelle parti alte, in cui si rileva un modello di ordinamento lineare con piazze e abitazioni. Nelle regioni centrali del Perù i villaggi di pastori vennero ubicati sulle cime montuose, in luoghi strategici per la difesa; alcuni sembrano essere stati centri cerimoniali connessi con le comunità che vivevano nella valle. Per questo periodo scarsi risultano i dati sulla sierra meridionale. Durante l'Orizzonte Recente (metà XV - inizi XVI sec. d.C.) gli Inca non realizzarono grandi città. Essi si ispirarono piuttosto al modello di urbanesimo Huari: costruirono infatti una serie di insediamenti soprattutto nella sierra, dove però non si concentrava una popolazione permanente. I centri Inca rappresentavano il simbolo del potere nella regione e svolgevano un ruolo di controllo economico e sociale, mentre i contadini continuavano a vivere in costruzioni precarie disperse in prossimità delle zone coltivate. A differenza di quelle Huari, le città Inca non mostrano un modello definito di pianificazione. La pianta del Cuzco, la capitale, aveva la forma di un puma, ispirata a particolari valenze mitico-rituali, mentre altre grandi città, come Huánuco Pampa, possedevano planimetrie differenziate a seconda della morfologia del luogo, ma con le stesse componenti architettoniche che si ripetevano pressoché ovunque: in ognuna si trovavano infatti una piazza, il palazzo principale, il Tempio del Sole, la Casa delle Donne Scelte (acllahuasi), i depositi, ecc.

I sistemi di difesa

Uno tra i più seri problemi per il riconoscimento di attività belliche e di opere di fortificazione nel mondo andino è rappresentato dal fatto che per molto tempo nell'interpretazione di questi fenomeni è prevalso il punto di vista occidentale. Solo recentemente i ricercatori hanno iniziato a rendersi conto che questi concetti devono essere riconsiderati e compresi nell'ambito della cultura andina. Sovente si è inoltre voluta stabilire una relazione troppo stretta tra attività belliche e origine dello Stato, quando di fatto tutti i dati sembrano indicare che i due fenomeni non si svilupparono sincronicamente. Anche se dovevano certamente verificarsi guerre, nell'antico Perù erano praticati combattimenti rituali, come ad esempio tra i Moche, e spesso i recinti difensivi venivano eretti a protezione delle strutture cerimoniali; così, siti interpretati come fortezze marcavano in realtà il confine tra comunità ed erano scenari di combattimenti rituali. Si ebbero certamente guerre di conquista, ma le guerre rituali dovettero rappresentare importanti meccanismi sociali complementari ad esse. In assenza di studi, è dunque estremamente difficile identificare vere e proprie fortificazioni. Occorre inoltre ricordare che le armi utilizzate in epoca precolombiana nelle Ande Centrali erano soprattutto mazze o strumenti simili, fionde, propulsori, lance e boleadoras. Le battaglie consistevano soprattutto in scontri corpo a corpo e le fortificazioni dovevano dunque assolvere una funzione secondaria o di rifugio. D'altra parte, molte strutture murarie interpretate come difensive potrebbero avere costituito in realtà semplici barriere, essendo certa la funzione difensiva solo in presenza di parapetti. È stato inoltre spesso frainteso il significato dei grandi complessi provvisti di muraglie, che ebbero funzioni sociali piuttosto che militari. Perché si possa parlare di difesa, si deve infatti rilevare la presenza di pareti con parapetti, di monticoli di pietre per le fionde, di fossati dinanzi ai muri e l'eventuale posizione difensiva, con accesso ristretto al sito. J. Topic, che ha studiato il fenomeno nel Perù settentrionale, ha potuto identificare un unico sito fortificato del Periodo Preceramico costiero, risalente a 3000 anni fa. Non vi sono evidenze di fortificazioni per l'Orizzonte Antico (900-200 a.C.), mentre per il Periodo Intermedio Antico (200 a.C. - 600 d.C.) esistono sulla costa villaggi fortificati nel settore medio delle valli; sulla sierra, nello stesso periodo, insediamenti fortificati posti ai limiti delle aree coltivate attestano pressioni nelle terre da pascolo e conflitti locali. Per le regioni costiere il quadro generale durante l'Orizzonte Medio (600-900 d.C.) non è chiaro. Vi sono molti siti fortificati che mostrano segni di abbandono, di decadenza e di dispersione della popolazione; nella sierra non sono stati invece individuati siti di questo tipo. Nel Periodo Intermedio Recente (900-1476 d.C.) sulla costa venne costruito un gran numero di fortificazioni, sia nel settore alto, sia in quello medio delle valli; molte di queste strutture sono connesse con i conflitti tra i Chimú e le popolazioni locali. Si dispone di maggiori dati per il Periodo Inca. Molte installazioni assolsero fini militari solo per un periodo limitato di tempo, mentre in altri casi vennero rioccupati siti dei periodi precedenti. La loro localizzazione è diversa da quella dei centri amministrativi: questi ultimi erano infatti ubicati lungo la rete viaria, mentre le installazioni propriamente militari venivano costruite in luoghi strategici. D'altra parte, occorre considerare che i grandi eserciti Inca alloggiavano in tende e costruivano insediamenti permanenti solo in caso di specifica necessità. Ciò è evidente ai confini dell'impero: in Ecuador, dove si verificò una forte resistenza locale, vi è infatti un buon numero di siti fortificati, così come in Bolivia, per la pressione dei gruppi provenienti dalla selva e di quelli del Chaco, mentre essi sono scarsi in Cile e in Argentina. Sembra inoltre che non venissero edificate fortificazioni nei luoghi in cui vi erano vie di passaggio e le truppe si potevano spostare facilmente. Desta interesse il fatto che i vasti insediamenti militari Inca, quali Incahuasi sulla costa peruviana o Incallacta in Bolivia, abbiano antecedenti pre-Inca, sebbene la loro modalità di costruzione sia Inca. In questi centri sono inoltre presenti strutture architettoniche cerimoniali che testimoniano la valenza religiosa delle attività belliche. Sebbene la maggioranza dei dati provenga dalle regioni settentrionali, questo modello sembra applicabile anche all'area andina centrale, seppure con alcune variazioni. Nei periodi più antichi il modello di fortificazione era associato alla concentrazione di risorse. Né sulla costa, né nella sierra i primi esempi di strutture di questo tipo appaiono connessi con restrizioni di ordine sociale o ambientale. L'assenza di fortificazioni nel Preceramico Finale, nel Periodo Iniziale e nell'Orizzonte Antico non significa assenza di conflitti, bensì una scarsa incidenza dei fenomeni di espansione militare. Aumentando la complessità sociale, quest'ultima divenne invece un elemento centrale: le fortificazioni non servirono solo come difesa contro attacchi militari, ma anche come strumenti di controllo volti a regolare l'interazione tra le differenti formazioni sociali. Sembrerebbe comunque che i Huari, per la loro capacità di spostare velocemente gli eserciti e per il loro organizzato sistema di dominio, non ebbero in genere bisogno di strutture fortificate. I popoli della costa non tentarono di conquistare la sierra, ma dotarono di difese le proprie frontiere. La necessità di controllare le vie di scambio tra la costa e la sierra fu il principale fattore per la costruzione di installazioni militari.

Bibliografia

Sulla distribuzione degli spazi e delle funzioni:

J.E. Hardoy, Pre- Columbian Cities, New York 1964; R.P. Schaedel - D. Bonavia, Patrones de urbanización incipiente en los Andes Centrales y su continuidad, in J.E. Hardoy - R.P. Schaedel (edd.), Asentamientos urbanos y organización socioproductiva en la historia de América Latina, Buenos Aires 1968, pp. 15-38; D. Bonavia, Ecological Factors Affecting the Urban Transformation in the Last Centuries of the Pre-Columbian Era, in R.P. Schaedel - N. Scott Kinzer (edd.), Urbanization in the Americas from its Beginnings to the Present, Paris 1978, pp. 185-202; Id., Perú: hombre e historia. De los orígenes al siglo XV, I, Lima 1991; K. Makowski Hanula, La ciudad y el origen de la civilización en los Andes. Sobre el imperativo en los límites de la comparación en la prehistoria, in EstLatAm, 17 (1997), pp. 63-88.

Sui sistemi di difesa:

A.M. Salas, Las armas de la Conquista, Buenos Aires 1950; J. Topic - T. Topic, The Archaeological Investigation on Andean Militarism: Some Cautionary Observations, in J.S. Haas - S. Pozorski - T. Pozorski (edd.), The Origins and Development of the Andean State, Cambridge 1987, pp. 47-55; J. Hyslop, Inka Settlement Planning, Austin 1990, pp. 146-90; K. Makowski Hanula, La guerra ritual, in El Dorado, 9 (1997), pp. 62-71.

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