De Foe, Daniel

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

De Foe, Daniel

Rosa Maria Colombo

L'inventore dell'eroe borghese

Vissuto tra il Seicento e il Settecento, lo scrittore britannico Daniel De Foe è autore di romanzi che segnano una svolta nella storia letteraria: con Robinson Crusoe e Moll Flanders nasce una narrativa di tipo moderno che propone l'esperienza dell'uomo borghese come modello di azione e di conoscenza

Tradizione e vocazione

Nato a Londra attorno al 1660 in una famiglia di commercianti ed educato nel protestantesimo, Daniel De Foe ha ben rappresentato nelle scelte di vita e nelle opere il senso pratico e lo spirito religioso della sua classe sociale. Si è buttato con foga nell'impresa commerciale, poi nella politica, facendo l'informatore segreto e finendo anche in prigione. Ha fondato il periodico The review (1704-13), interamente redatto da lui stesso, famoso per una rubrica dedicata a discussioni di morale e di costume. De Foe ha riversato nella cosiddetta narrativa di consumo una straordinaria energia creativa, ottenendo un immediato successo con il suo primo romanzo, La vita e le straordinarie, sorprendenti avventure di Robinson Crusoe (1719), ispirato alla storia del marinaio Alexander Selkirk.

La carriera letteraria

Con Robinson Crusoe, e poco dopo con Moll Flanders (1722), la tradizione epica modellata sugli eroi del mito classico e sulle gesta eccezionali della cavalleria fa posto a un romanzo di tipo moderno, che porta al centro il soggetto borghese e il suo stile di vita, tanto dinamico e mercificato, quanto religiosamente pervaso dalla coscienza del peccato. La trasgressione è infatti all'origine dei personaggi di De Foe, nei quali il successo sul piano economico e sociale si accompagna sempre al pentimento.

Robinson, figlio di un mercante, prendendo la via del mare, ha trasgredito l'ordine paterno di accettare la vita sempre legata a un medesimo luogo, tipica della condizione media toccatagli per nascita. E se è vero che il naufragio gli offrirà l'occasione di conquistare con il suo lavoro l'isola sconosciuta sulla quale i marosi l'hanno gettato, è anche vero che il naufragio gli apparirà un castigo, e il lavoro, metodico e razionalmente organizzato, sarà un mezzo di espiazione.

Moll Flanders, nata in carcere, ma mai rassegnata a restare nell'originaria condizione servile, si costruisce un ruolo di protagonista sullo scenario metropolitano di Londra attraverso una rischiosa carriera di prostituta e di ladra che, anche dopo il pentimento e il successo finale, considera il corpo e i gioielli esclusivamente per il loro valore di mercato: la sola volta che si innamora Moll fallisce poiché scopre che il marito è suo fratello. E il cronista del Diario dell'anno della peste (1722), colpevole di aver disatteso l'ordine di evacuare Londra emesso dalle autorità comunali rimanendo clandestinamente nella città infetta, sopravvivrà alla peste: pagherà la sua trasgressione con la paura e la solitudine ma interpreterà alla fine la sua salvezza come segno di una predestinazione.

Le astuzie dello scrittore

I romanzi di De Foe ‒ tutti pubblicati anonimi ‒ testimoniano che nel mercato in espansione della carta stampata del primo Settecento la letteratura è diventata un bene di consumo, capace di assimilare diverse forme di scrittura. Moll Flanders attinge alle biografie dei criminali; il Diario dell'anno della peste al giornalismo; Robinson Crusoe ha molto in comune non solo con i parametri realistici della contemporanea letteratura di viaggio ("storia di fatti" si legge nella prefazione), ma anche con le autobiografie spirituali dell'epoca, poiché le avventure del marinaio nel mondo sono anche avventure nell'anima.

De Foe riscrive in termini moderni la storia di Adamo: la disobbedienza al padre, la paura dell'ignoto, l'angoscia della solitudine, la repressione del desiderio.

La bellezza è infatti assente nell'isola di Robinson, al pari di altre forme di piacere dei sensi e dell'immaginazione, proibiti dall'etica protestante (e borghese) improntata sull'utile. Etica che la prefazione al Robinson Crusoe sembra confermare, dichiarando che alla base del testo non c'è l'immaginazione ("non v'è ombra di finzione"). Ma il lettore avvertito sa benissimo che si tratta di una strategia volta a coprire il piacere della scrittura e della lettura di un romanzo.

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