ANGUILLARA, Deifobo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

ANGUILLARA, Deifobo

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Nacque nella prima metà del XV secolo da Everso, potente feudatario del Patrimonio, e da Francesca Orsini. Avviato alla carriera delle armi, nel 1455 era al servizio della Chiesa a capo di duecento lance; in seguito fu accanto al padre in tutte le scorrerie da questo condotte nel territorio romano. Nel 1460 Everso, che aveva deciso di appoggiare Renato d'Angiò nel suo tentativo di togliere a Ferrante d'Aragona il Regno di Napoli, inviò il figlio Deifobo, insieme con il genero Antonello da Forlì, a militare sotto le insegne angioine. Nel corso della guerra, che terminò con la disfatta di Renato, l'A. combatté al servizio di Marzano Marino principe di Rossano e duca di Sessa, uno dei baroni ribelli al re aragonese e con questo partecipò nel maggio del 1460 al fallito tentativo, ordito a Teano, di assassinare Ferrante.

Dopo aver partecipato ad altre azioni di guerra, l'A. tornò nel Lazio alla morte del padre, deceduto il 4 sett. 1464, prendendo possesso della metà dei feudi paterni, e cioè di Capranica, Ronciglione, Vico, Casamala, oltre a diritti su altre terre; l'altra metà fu riservata al fratello Francesco.

I due Anguillara prestarono insieme omaggio a Paolo II; Deifobo, anzi, fu da questo ricevuto ed esortato a mantenersi fedele alla Chiesa. Ma gli Anguillara non seppero resistere alla tentazione di riconquistare alla famiglia Caprarola, che il padre loro aveva tolto ai prefetti di Vico, e di cui i figli naturali di Giacomo prefetto s'erano di nuovo recentemente impadroniti. Il colpo di mano irritò il pontefice, che tentò vanamente di venire ad un accordo. Nel frattempo Ferrante d'Aragona imprigionava Niccolò Piccinino (giugno 1465), già alleato di Everso e protettore dei suoi figli, e liberava così Paolo II dal timore di una nuova irruzione del potente condottiero nello Stato della Chiesa. Già alla fine di giugno si raccoglievano, sotto il comando del cardinale Niccolò Forteguerri, le truppe pontificie destinate ad agire contro i due fratelli, che il papa aveva scomunicato il 28 del mese. Alla crociata contro i due ribelli partecipò anche un contingente di truppe inviate da Ferrante d'Aragona, che non aveva dimenticato l'attentato dell'anno precedente. Francesco e Deifobo, benché contassero aderenti anche in Roma (cfr. Sora, I conti, p. 90, nota 2), non riuscirono ad opporre alcuna resistenza efficace agli assalitori.

Nei primi giorni di luglio caddero in mano ai pontifici tutte le loro rocche; Deifobo, rifugiatosi a Bieda, dovette fuggirne la notte fra l'8 e il 9 luglio, con pochi seguaci e con Galeotto, suo fratello naturale, sostando prima a Firenze ove fu bene accolto da Lorenzo il Magnifico (con il quale mantenne anche in seguito cordiali rapporti) e poi a Venezia. La Repubblica lo assoldò immediatamente; il 25 luglio del 1467 egli partecipò, nell'esercito di Bartolomeo Colleoni, alla battaglia di Molinella di Romagna, combattuta contro l'esercito della lega di Firenze, Milano e Napoli; l'A. rimase ferito, ma continuò a servire la Repubblica, che il 7 apr. 1468 rilasciò a lui e al fratello Galeotto una condotta per 66 lance.

Più tardi fu inviato a presidiare il Friuli, minacciato dalle scorrerie dei Turchi (1475). All'inizio del 1479, conclusa la pace con costoro, la Repubblica lo mandò, insieme con Carlo Fortebraccio, a combattere Sisto IV in guerra con Firenze e Lorenzo de' Medici.

Poco prima o subito dopo la morte di Sisto IV, però (la questione non è chiara: cfr. Sora, I conti, p. 96, nota 2, e Silvestreri, Città, p.35), l'A. rientrò a Roma e riuscì ad ottenere, certo nel 1484, dopo un fortunato colpo di mano su Ronciglione, l'investitura pontificia del Castello di Turrice (?) in diocesi di Veroli. Tornato quindi nel Veneto, ove aveva larghi possedimenti, morì nel 1490.

Fonti e Bibl.: Cronache di Viterbo e di altre città scritte da Niccoló Della Tuccia, in Cronache e Statuti della città di Viterbo, a cura di I. Ciampi, Firenze 1872, pp. 269 s.; G. Levi, Diario nepesino di Antonio di Lotieri de Pisano, in Arch. d. Soc. romana di storia patria, VII (1884), pp. 149 ss., 179-182; Diario della città di Roma di Stefano Infessura, a cura di O. Tommasini, in Fonti per la storia d'Italia, V, Roma 1890, pp. 69, 154, 169, 245; Notabilia temporum di Angelo de Tummulillis da Sant'Elia, a cura di C. Corvisieri, Livorno 1890, ibid., VII, pp. 82, 83, 104, 119, 129 s.; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia, V, a cura di R. Predelli, Venezia 1901, pp. 162, 180, 182; Protocolli del carteggio di Lorenzo il Magnifico per gli anni 1473-74, 1477-92, a cura di M. Del Piazzo, Firenze 1956, passim (cfr. Indice); C.Cipolla, Storia delle Signorie italiane, Milano 1881, pp. 538, 544, 568, 659; E. Nunziante, I primi anni di Ferdinando d'Aragona, in Arch. storico per le province napoletane, XX(1895), pp. 248-251, 478 nota 2; V. Sora, I conti di Anguillara, in Arch. d. Soc. romana di storia patria, XXX(1907), pp. 87-98; G. Silvestrelli, Città, castelli e terre, Città di Castello 1914, pp. 35, 525; L. v. Pastor, Storia dei Papi, II, Roma 1925, p. 392; L. Simeoni, Le Signorie, I, Milano 1950, p. 542.

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