DELLA ROVERE, Giulio Feltrio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA ROVERE, Giulio Feltrio

Matteo Sanfilippo

Nacque a Urbino il 5 apr. 1535 da Francesco Maria I duca d'Urbino e da Eleonora Gonzaga: morto il padre nel 1538, ereditò la provincia di Massa Trabaria da governare sotto la tutela materna. Fu avviato allo stato ecclesiastico e, quando il fratello maggiore Guidobaldo sposò Vittoria Farnese, nipote di Paolo III, fu da quest'ultimo nominato in pectore come stabilito dai negoziati prematrimoniali, cardinale a soli tredici anni il 27 luglio 1547 (nomina resa pubblica il 9 genn. 1548) ed ebbe il titolo diaconale di S. Pietro in Vincoli. Rinunziò quindi in favore del fratello all'eredità paterna. Sempre nel 1548 fu nominato legato di Perugia e dell'Umbria, dove, per quanto giovanissimo, agì con decisione grazie anche alla guida dell'arcivescovo di Ragusa, Giovanni Angelo de' Medici, futuro Pio IV. Nel 1549 il D. promosse a Perugia una riforma della legazione emanando una serie di decreti per migliorarne l'andamento.

Nel frattempo rimase sempre legato alla città natale tanto che dalla sua nomina cardinalizia fu soprannominato il "cardinal d'Urbino". Tuttavia si interessò personalmente della cattedra urbinate soltanto sino al 1551, anche se poi non la perse mai di vista e nel 1563 ottenne da Pio IV la trasformazione del vescovato urbinate in arcivescovato. Dell'amministrazione religiosa della propria città si interessò anche a livelli più quotidiani, facendo istituire nel capitolo anche una arcipretura e un decanato e provvedendo con donazioni ad esigenze particolari.

Dopo essersi distaccato da Urbino, il D. intraprese una ancora più rapida carriera ecclesiastica, forte del proprio prestigio personale e degli appoggi politici dovuti alla sua famiglia. Fece parte del partito spagnolo nei conclavi ai quali partecipò (e che portarono all'elezione di Giulio III, Marcello II, Pio IV e Pio V Gregorio XIII), anche se in alcuni casi e in accordo con la politica familiare si schierò con i filofrancesi, come quando, alla morte di Paolo III, appoggiò la candidatura del cardinal Salviati.

Giulio III gli conferì la protettoria della S. Casa di Loreto, dove il D. fondò una biblioteca e un ospizio femminile, rivelando già la propensione a stimolare la vita culturale e le strutture assistenziali, come fece successivamente nelle diocesi affidategli. Nel 1560 fu eletto vescovo di Vicenza, che amministrò fino al 1566, rivelandosi implacabile avversario dell'"haeretica pravitas" (Palazzi) e fedele esecutore, se non addirittura precursore, delle indicazioni controriformistiche. In questi anni fece parte della cerchia di Pio IV, dal quale ricevette nel gennaio del 1560 l'anello cardinalizio (prima mai preso, poiché il D. non si era mai presentato a Roma per adempiere i suoi obblighi) e dal quale fu nominato nuovamente legato di Perugia e dell'Umbria. Nel 1566 passò nel Collegio dei cardinali dall'ordine diaconale a quello presbiteriale e divenne arcivescovo di Ravenna, dove risiedette pochi anni, ma si distinse per le sue iniziative.

Convocò tre sinodi, promosse gli studi sacri, fondò il seminario, riformò il clero, restaurò il palazzo vescovile, introdusse nella città i cappuccini, per i quali fece anche costruire una chiesa e un convento. Unì inoltre i due capitoli canonicali in uno:solo, per il quale ottenne il privilegio della cappa violacea, e istituì nella metropolitana la prebenda teologale. Nel frattempo era passato nel Collegio dei cardinali all'ordine arcipresbiteriale e gli erano state affidate da riformare l'abbaziadi Fontavellana (diocesi di Gubbio), poi soppressa per la sua riottosità, e il convento ravennate delle clarisse.

Nel 1569 divenne abate commendatario dell'abbazia di Casteldurante, e successivamente ricevette il titolo delle diocesi suburbicarie di Albano, della Sabina (1570), di Palestrina (1573). Nel 1578 assunse anche, e tenne sin quasi alla morte, l'arcivescovato di Urbino: morì il 3 sett. (ma secondo alcuni l'8) 1578 vicino a Fossombrone.

Il D. lasciò due figli, Ippolito e Giuliano di cui non si conosce la data di nascita, ma si riporta tradizionalmente che furono legittimati da Pio V (1566-1572). Ippolito fu insignito dal padre della signoria di San Lorenzo in Campo, Castelleone e Montalfoglio vicino Senigallia, trasformata nel marchesato di San Lorenzo nel 1584 in occasione del suo matrimonio con Isabella, figlia di Giacomo Vitelli dell'Amatrice.. Da questo matrimonio, che gli portò 30.000 scudi di dote, ebbe tre figli Livia Giulio e Lucrezia: la primogenita, Livia, andò in sposa nel 1599 al cugino paterno, il duca Francesco Maria II.

Nel 1602 Ippolito e il fratello Giuliano, che era stato designato priore di Corinaldo e abate di S.Lorenzo, ebbero dei dissapori con il duca, che li bandì da Pesaro, dove risiedevano, obbligandoli a ritirarsi a San Lorenzo. I due fratelli preferirono invece trasferirsi a Roma contro la volontà del cugino. Clemente VIII intercesse l'anno seguente presso il duca di Urbino e i due poterono rientrare alla corte urbinate nel 1604. Un successivo litigio comportò un nuovo e definitivo esilio. Ippolito mori nel 1620 in località a noi ignota, mentre il fratello, stabilitosi a Roma, lo seguì ivi nella tomba un anno più tardi.

Gran signore dalla condotta non troppo ecclesiastica (in gioventù fu richiamato da Paolo IV per la sua prolungata assenza da Roma), il D. era legato a Carlo Borromeo, cui successe nel protettorato di conventuali, osservanti,cappuccini;i loro caratteri così dissimili furono uniti non soltanto dalla comune attività controriformistica, ma anche da solleciti legami familiari: la giovane Virginia Della Rovere figlia di Guidobaldo promessa a Federico Borromeo, fratello di Carlo e nipote quindi di Pio IVI fu accompagnata a Roma da uno spettacolare corteo guidato nella città dai due cardinali (fine 1560). Uomo politico, il D. si dilettò anche di musica, teatro, lettere e arti; educato dagli umanisti urbinati apprezzò molto la pittura e accompagnò così la solerzia amministrativa con la protezione di pittori, quali Federico Barocci, nipote di un maestro di casa del cardinale. Il D. fu probabilmente il tramite dell'incontro fra il giovane pittore urbinate e le nuove tematiche controriformistiche e lo sostenne a Urbino, Perugia, Ravenna e soprattutto a Roma, dove lo fece lavorare nel casino di Pio IV. Non sembra tuttavia interamente dimostrabile l'ipotesi, formulata da alcuni storici dell'arte, di un D. importante figura culturale di tradizioni rinascimentali in grado di operare entro e oltre il concilio di Trento, entro e oltre il mecenatismo dei duchi di Urbino.

Fonti e Bibl.: G. Palazzi, Fasti cardinalium omnium Sanctae Romanae Ecclesiae, III, Venetiis 1703, coll. 264 ss.; L. von Pastor, Storia dei papi, Roma 1921-1925, V, VI, VII, VIII, IX, ad Indices; B. Ligi, I cardinali urbinati: F. U. Brandi (1327-1412), I. de' Medici (1511-1535), G. F. D. (1535-1578), in Urbinum, X (1936), 2-3, pp. 1720; Id., Memorie eccles. di Urbino, I, Urbino 1938, pp. 34-39; Federico Barocci (catal. critico), a cura di A. Emiliani, Bologna 1975, pp. XLII-XLV, 54, 57 ss., 96-99; G. Gulik-C. Eubel, Hierarchia catholica..., III, Monasterii 1923, p. 30. Per i figli Ippolito e Giuliano v.: J. Dennistoun, Memoirs of the Dukes of Urbino, III, London 1851, pp. 76 s.; F. Ugolini, Storia dei conti e duchi di Urbino, II, Firenze 1859, pp. 419 s.; G. Scotoni, Livia Della Rovere. Ultima duchessa d'Urbino, in Nuova Antologia, 16 sett. 1889, pp. 263-85; B. Ligi, I vescovi e arcivescovi di Urbino, Urbino 1953, pp. 145-52, 162; A. Stella, Nunziature di Venezia, VIII, Roma 1963, ad Ind.; G. Moroni, Diz. di erud. storico-eccles., LXXXVI, p. 338.

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