DIAMILLA, Demetrio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 39 (1991)

DIAMILLA, Demetrio

Luigi Fallani
Lucia Milana

Nato a Roma l'8 sett. 1826 da Gaetano, funzionario della corte pontificia, e da Anna Navasquez, compì i suoi primi studi presso il collegio "S. Pietro in Vincoli". Ben presto da una formazione culturale filosofico-letteraria si indirizzò verso studi scientifici che diedero un'impronta a gran parte della sua vita. Nell'ottobre 1846, al tempo del suo matrimonio con Maria Teresa Muller, era già in corrispondenza con i maggiori esponenti della cultura e del pensiero politico del suo tempo, quali A. Rosmini, C. Balbo, T. Mommsen, C. Montalembert, M. d'Azeglio e V. Gioberti, il cui liberalismo cattolico stava efficacemente influenzando le sue convinzioni politiche.

Nel maggio 1847, nominato scrittore aggiunto della Biblioteca Vaticana, si dedicò al lavoro di riordinamento e catalogazione del ricco medagliere: tale circostanza gli permise di dar vita ad una rivista specializzata: Memorie numismatiche. Frattanto il D. seguiva con entusiasmo il corso delle riforme di Pio IX e, non appena questi concesse la guardia civica, entrò a farne parte come capitano di stato maggiore. Con lo stesso grado, nella primavera del 1848, prese parte alla spedizione delle truppe pontificie in Veneto, nelle file dei volontari del generale A. Ferrari. Nel luglio, dopo la capitolazione di Vicenza, il D. scelse di rientrare a Roma dove ben presto riprese il suo lavoro al medagliere. Nel marzo 1849 fu presentato a Mazzini, di lì a poco triumviro della Repubblica Romana, col quale ebbe modo di stringere amichevoli rapporti.

Dopo la restaurazione del governo pontificio, il D. fu accusato, con fondamento, di aver sottratto numerose medaglie e monete d'oro dal medagliere vaticano. Reo confesso, fu condannato nel settembre 1850 a venti anni di galera, ma poté, grazie ad un atto di clemenza del pontefice, esulare in Francia nell'ottobre 1851. A Parigi ottenne un impiego presso l'osservatorio astronomico, allora diretto dal prestigioso scienziato F. Arago, e poté così riprendere con maggior profitto i suoi studi scientifici. Nella capitale francese, grazie alla protezione del ministro della Pubblica Istruzione e dei Culti, I. Fortoul, fondò nel 1852 insieme con il chimico S. De Luca L'Ateneo italiano, una rivista aperta alla collaborazione dei maggiori scienziati italiani e stranieri, avente lo scopo di divulgare in Francia la fama e l'autorità della scienza italiana.

Nel 1853 il D. fu autorizzato, verosimilmente per cercare di far dimenticare le sue disavventure giudiziarie, ad aggiungere al proprio cognome quello della moglie: Muller. Da allora in tutti i suoi scritti pubblici e privati si sarebbe firmato col doppio cognome, attribuendosi spesso anche il nome Emilio, del tutto estraneo al suo nome di battesimo. Nel 1854, dopo la morte di Arago, il D. pubblicò tre memorie basate su dati e rilievi lasciati dall'astronomo francese, presentandole alla Académie des sciences.

Rientrato in Italia nel 1859, si stabilì a Torino dove, grazie alla famiglia di un suo cognato, Luigi Basso, diplomatico piemontese, venne introdotto nei salotti dell'aristocrazia più vicina alla corte. Nel 1861 fu presentato al ministro dei Lavori pubblici, U. Peruzzi, cui scrisse egli stesso offrendo i propri servigi e la propria opera di ingegnere, qualifica, secondo quanto talune fonti riferiscono, conseguita all'École polytechnique di Parigi. Quantunque informato dei suoi precedenti penali, il Peruzzi si servì di lui come agente: nel febbraio 1863 infatti il notabile fiorentino, allora ministro dell'Interno, lo inviò a Londra insieme col deputato della Sinistra G. Libertini, con l'incarico ufficiale di acquistare armi per la guardia nazionale.

Nella capitale britannica il D. incontrò, forse non del tutto casualmente, Mazzini che fiduciosamente lo pregò, approfittando della sua veste ufficiale di incaricato del governo italiano, di acquistare per suo conto, con denaro raccolto dallo stesso Mazzini, una partita di carabine destinate ad essere occultate in Svizzera, in depositi segreti lungo il confine col Tirolo meridionale (Trentino), in vista di quelle azioni insurrezionali in Veneto che il capo repubblicano cercava di organizzare. Nel marzo, il ministero degli Esteri italiano, debitamente informato da quello dell'Interno, interveniva tempestivamente presso il governo elvetico perché esercitasse una più attenta sorveglianza nel Cantone dei Grigioni, dove erano per allestirsi i depositi. Ciò portò al fallimento questo ennesimo tentativo del Partito d'azione.

Risalgono al maggio 1863 i primi contatti fra Vittorio Emanuele II e Mazzini. Tali trattative, di cui il D. fu il principale intermediario, avevano per scopo il raggiungimento di una intesa per una azione comune volta all'annessione del Veneto all'Italia. Esse si protrassero per circa un anno, ma non ebbero successo per le inconciliabili divergenze dei due interlocutori sui modi, sugli obiettivi, nonché sul ruolo di preminenza delle rispettive forze nell'impresa.

Il sovrano, contrario ad un attacco diretto contro il Veneto, stava impegnandosi a finanziare una spedizione in Galizia guidata da ufficiali polacchi e basata su di un contingente di volontari polacchi, ungheresi e italiani. Alla preparazione di tale progetto aveva lavorato lo stesso D. che, nel luglio 1864, fu inviato dal re a Londra, in occasione della trionfale visita di Garibaldi in Inghilterra, per riferire sulle sue mosse. Il re temeva infatti che il generale nizzardo si accordasse con Mazzini per capeggiare un'azione in Veneto, mentre egli voleva farne il condottiero della sua spedizione in Galizia.

Sfumati definitivamente questi avventurosi progetti, il D., dopo la convenzione di settembre, agì ancora da intermediario, questa volta tra Mazzini ed alcuni esponenti della Destra piemontese "permanente", in quel momento in aspra polemica con la Corona, per ottenere un appoggio politico ed economico all'auspicata iniziativa insurrezionale in Veneto. Ma anche questi contatti non ebbero seguito.

Al termine della guerra del 1866, vinta grazie ai successi prussiani, fu inviato a Parigi dal presidente del Consiglio, B. Ricasoli, su suggerimento del Peruzzi per cercare di ottenere dall'imperatore Napoleone III, che il D. aveva conosciuto molti anni prima, la soluzione di alcuni contrasti sorti in sede diplomatica fra i governi italiano e francese intorno alla clausola della cessione del Veneto dall'Austria all'Italia, tramite la Francia. Negli anni seguenti, con l'approfondirsi dell'ostilità di Mazzini nei confronti della monarchia, anche il D., che poteva con ragione considerarsi "uomo del Peruzzi", finì in disgrazia presso il grande repubblicano che prese a considerarlo persona non più degna di fiducia, cosicché i loro contatti nel 1869 ebbero fine.

L'ultimo incarico di quella diplomazia ufficiosa per la quale il D. sembrava possedere una vera vocazione gli venne affidato nel 1870, quando si adoperò per conto del governo italiano a fornire ampie garanzie a Pio IX e analogamente a trattenere a Roma il celebre astronomo gesuita A. Secchi, intenzionato ad espatriare in America, poiché temeva persecuzioni da parte del nuovo governo.

Gli avvenimenti a cui partecipò, o di cui fu testimone, furono dal D. annotati e corredati di numerosi documenti nella sua opera principale, Politica segreta italiana, uscita anonima in tre edizioni successive (Torino 1880; Torino-Roma 1891; Roma 1897), che costituisce indubbiamente una interessante fonte di documentazione per lo studio della storia italiana del periodo postunitario.

Grazie alla sua preparazione e alla sua passione per le ricerche scientifiche, il D. poté offrire durante tutto l'arco della vita un contributo di studi principalmente rivolto all'astronomia, all'astrofisica e alla fisica terrestre, con particolare riguardo alle varie manifestazioni del fenomeno del magnetismo terrestre. Accurato e scrupoloso osservatore, anche se, forse, non dotato di particolari capacità di intuizione, fu sempre rispettoso della metodologia della ricerca scientifica; assunse l'iniziativa di promuovere alcuni programmi di ricerca e di esame di determinati fenomeni, ai quali partecipò personalmente (osservazioni effettuate in varie parti del mondo nella notte tra il 29 e il 30 ag. 1870, tese a studiare le variazioni dei valori della declinazione magnetica; rilevazioni magnetiche realizzate nel 1872 in vari punti della galleria del Fréjus, da poco aperta al traffico ferroviario; osservazioni dell'eclisse di sole del 24 dic. 1872, a Gela).

Curò inoltre, nel 1873, l'allestimento di un completo padiglione magnetico ubicato nelle vicinanze di Fiesole, dal quale poté effettuare parte delle sue osservazioni.

Fu coinvolto nel 1872 in una polemica con l'astronomo fiorentino G. B. Donati, relativamente alla priorità nella formulazione teorica dell'origine cosmica delle aurore boreali, che entrambi gli studiosi si attribuivano.

Il D. espose esaurientemente e pubblicò i risultati derivati dalle sue ricerche in una fitta serie di pubblicazioni (gli articoli per la Rivista scientifica [1872-1874] e le Letture scientifiche per il popolo italiano, una serie di dodici opuscoli stampati nel 1873 tra Parigi e Milano), che contengono tutte un dichiarato intento didascalico e divulgativo e che costituiscono quantitativamente la parte principale della sua produzione pubblicistica.

Egli assunse, dal 1875, alcuni impegni giornalistici, diventando redattore del giornale della Sinistra, Epoca, e dirigendo ancora a Firenze il settimanale Il Teatro italiano; collaborò anche alla compilazione delle pagine di argomento scientifico dei periodici milanesi La Voce del popolo, che iniziò le pubblicazioni nel 1877, e alla Gazzetta di Milano. Dedicò gli ultimi anni della sua vita a pubblicare opere di carattere memorialistico, come l'epistolario politico Da Roma a Cornuda. Ricordi della spedizione romana nel Veneto, marzo-giugno 1848 (Torino 1886), Il riscatto della Venezia. Ricordi di un testimone oculare (ibid. 1890), Roma e Venezia. Ricordi storici d'un romano (Roma 1895), che presentava nuovi documenti inediti, inseriti in un ampio contesto autobiografico (questo scritto fu allegato anche alla terza edizione del già citato libro Politica segreta italiana del 1897).

Il D. morì a Roma il 26 ott. 1908.

Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Vicariato, Posiz. matrimoniali 14660 (1846); Ibid., Registro matrimoni (1825-1848); Ibid., Registro morti n. 7 (1905-1912); Firenze, Bibl. nazionale, Carte U. Peruzzi, cass. XX, 1; Ibid., Arch. del collegio "Alla Querce", registro A (1867-1913). Per i rapporti del D. con G. Mazzini, cfr. Ediz. naz. d. Scritti di G. Mazzini, Indici, I, Imola 1961, pp. 151 s. Cfr. inoltre: A. De Gubernatis, Dict. internat. des écrivains du jour, I, Florence 1888, s.v.; F. Giarelli, Vent'anni di giornalismo 1868-1888, Codogno 1896, p. 123; M. Minghetti, La Convenzione di settembre, Bologna 1899, pp. 28 s.; S. Le Grelle, Saggio di storia delle collezioni numismatiche vaticane, in C. Serafini, Le monete e le bolle plumbee pontificie del medagliere vaticano, I, Milano 1910, pp. LXIV ss.; L. Fallani-L. Milana, D. D. Muller: una singolare personalità del Risorgimento italiano, in Rass. stor. del Risorg., LXXV (1988), pp. 429-460 (con indicazione di ulteriori fonti e bibliogr.; alle pp. 458 ss. elenco degli scritti del Diamilla).

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