DEMIURGO

Enciclopedia Italiana (1931)

DEMIURGO (gr. δημιουργός, letteralmente "lavoratore pubblico")

Vincenzo COSTANZI
Goffredo COPPOLA
Guido CALOGERO

1. Un primo significato di questo termine è quello che ci si presenta già in Omero, dove i demiurghi appaiono come liberi lavoratori, spesso molto pregiati e largamente compensati. In un periodo in cui il lavoro servile era ancora contenuto in angusti limiti, essi formavano una classe di cittadini che politicamente contò qualche cosa; tanto è vero che in Atene, dopo il colpo di stato di Damasia, due demiurghi furono compresi nel collegio degli arconti (sia questo stato un collegio che costituì temporaneamente il vero arconte, sia stato il collegio dei nove arconti). In altre città conosciamo meno le fasi dello sviluppo sociale, ma possiamo dire che a Corinto erano in condizione non tanto bassa, mentre a Sparta e altrove gli operai portavano un marchio d'inferiorità. Il peggioramento delle loro condizioni avvenne col tempo anche nei paesi dove avevano conservato una certa dignità, per la concorrenza del lavoro servile. La costituzione di Cirene, di recente scoperta, esclude nominativamente varie classi di lavoratori dai pieni diritti civici.

2. Un secondo significato del nome di demiurgo è quello secondo il quale erano così chiamati anche alcuni magistrati, per lo più collegiali; né si deve vedere, nell'identità di denominazione loro con gli artigiani, un significato metaforico, quasi che demiurghi significasse anche qui "operai del popolo". I demiurghi magistrati son quelli che trattano le cose del popolo: secondo l'etimologia, "operano le cose del popolo", cioè provvedono a governare il popolo. Poiché questi magistrati si trovano in città e paesi parlanti dialetti in cui l'ā prendeva il luogo dell'η, in generale il loro nome prende la forma "damiurghi"); ma non se ne deve dedurre, come appare da Esichio, che l'istituzione fosse esclusivamente di paesi dorici, e che in essi equivalessero agli attici demarchi. Essi si trovano veramente in Arcadia, paese dorico, e rappresentano singole città, come risulta da un documento del sec. IV che si ritiene appartenga alla Lega arcadica formata sotto gli auspici di Epaminonda o a una Lega arcadica ricostituita da Filippo di Macedonia. Troviamo in altri paesi dorici i demiurghi, per esempio a Creta, dove sono menzionati non di rado nelle epigrafi. Inoltre essi compaiono ad Argo, ma si trovano anche nell'Elide, paese certamente non dorico, dove furono assimilati ai demarchi ateniesi, essendo come questi capi dei villaggi.

I demiurghi erano magistrati municipali e federali, abbastanza noti anche perché se ne trova menzione nelle fonti letterarie. I demiurghi della Lega acaica sono in numero di dieci, numero che viene spiegato come una corrispondenza al numero delle dieci città acaiche dopo che Elice fu ingoiata dal mare e Oleno fu abbandonata. Essi erano a fianco dello stratego, ed esaminavano le proposte che si dovevano sottoporre all'assemblea popolare. Inoltre convocavano quest'assemblea insieme con gli strateghi.

3. Un terzo significato del nome è quello filosofico, onde esso designa, in alcuni casi, l'"artefice dell'universo", e cioè la divinità creatrice. Il primo a usare la parola in questo senso è, almeno per quel che ci consta, Platone, che nel Timeo (28 a segg.) chiama Demiurgo il "fattore e padre di questo universo". Il senso metaforico, nel quale è qui usato il termine, si riferisce, com'è evidente, al suo primo significato, per quanto anche il secondo abbia forse potuto influirvi, attraverso l'idea di Dio non solo creatore ma anche rettore del cosmo. E potrebbe essere che l'accentuarsi di questo secondo significato avesse insieme contribuito a quella mutazione, che all'ideale figura del nemiurgo apportò lo gnosticismo, e in primo luogo Valentino, collocandola in un grado inferiore della gerarchia cosmica, al disotto del pleroma degli eoni. Tale posto il Demiurgo doveva infatti occupare perché fosse spiegata l'esistenza del male del mondo, che altrimenti, creato dal Dio supremo, avrebbe dovuto partecipare della sua perfezione: ma tale esistenza tanto meglio avrebbe potuto giustificarsi quando fosse stata attribuita a un Demiurgo che avesse solo "ordinato" il mondo con una realtà già "creata" dalla suprema divinità.

Bibl.: Per i due primi significati v. von Schoeffer, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., IV, coll. 2856-2862; E. Caillemer, in Daremberg e Saglio, Dictionn. des Antiq., II, i, p. 66 seg.; G. Gilbert, handbuch der griech. Staasalterthümer, II, Lipsia 1885, pp. 113, 134, 227 ecc.; K. F. Hermann e H. Swoboda, Lehrb. d. griech. Staasaltertümer, 6ª ed., Tubinga 1913, passim; J. Beloch, Griesch. Gesch., 2ª ed., III, ii, Berlino 1923, p. 173; G. De Sanctis, in Rivista di filologia class., LV, pp. 485-488. Per il terzo vedi gnosticismo.

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