DEMOGRAFIA

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1978)

DEMOGRAFIA (XII, p. 599; App. III, 1, p. 475)

Enzo Lombardo

Evoluzione recente della demografia. - La d. si è venuta configurando sempre più come scienza nomotetica che, pur essendo incentrata sui principali aspetti della popolazione, estende il suo ambito di studio sia ai problemi biologici attinenti agli aggregati umani, sia ai problemi ambientali e socio-economici. Proprio questa posizione centrale della d., in un vasto terreno d'interessi, ha fatto sì che questa disciplina si sia trovata coinvolta in un vasto processo d'integrazione e di reciproco scambio con molte altre discipline, gl'interessi delle quali in parte si sovrappongono a quelli della demografia. Questo processo d'integrazione, che in parte favorisce l'inizio del lavoro interdisciplinare e l'apporto di più specialisti intorno a specifici argomenti di studio, si rivela ricco di stimoli e tende ad ampliare la problematica demografica; nel contempo agevola l'impiego di diverse metodologie, fra le quali quella statistica occupa un posto centrale. Se importanti appaiono i risultati raggiunti in molti settori da questa disciplina, con le ricerche di d. differenziale, tese a porre in luce l'influenza comparativa dei fattori biologici e di quelli sociali, e con gli studi sulla mortalità e sulla fecondità, tuttavia non si debbono trascurare alcune difficoltà. Qui ne richiamiamo solo una. Nella d., come in molte altre scienze dell'uomo, il progresso avviene sia migliorando le tecniche di analisi e quindi la metodologia di studio, sia migliorando la qualità, il dettaglio e l'estensione dell'informazione e dei dati raccolti. In campo demografico è spesso più agevole sviluppare gli aspetti metodologici dell'analisi che migliorare la qualità delle informazioni: rendere meno rigide l'osservazione e la rilevazione dei fatti demografici richiede, infatti, una notevole disponibilità a far ricorso a tecniche di rilevazione non esaustiva, tecniche che spesso - se non nella generalità dei casi - presuppongono una buona organizzazione del lavoro di ricerca e un impegno economico non indifferente. Condizioni, queste, che non solo nel nostro paese ma anche in altre nazioni europee sono raramente soddisfatte.

Le previsioni demografiche. - Le previsioni demografiche che servono a farci conoscere per mezzo del calcolo numerico basato su alcuni elementi concreti e su alcune ipotesi dell'evoluzione futura dei parametri vitali, l'ammontare futuro della popolazione, si basano generalmente sulla conoscenza, quanto più dettagliata possibile, della fecondità e della mortalità per età. Talvolta per specifiche esigenze di studio e soprattutto quando la previsione viene effettuata per un periodo molto breve (inferiore ai 5-10 anni, per dare un ordine di grandezza) si può ricorrere all'estrapolazione, grafica o analitica, del numero complessivo della popolazione di un dato territorio o, con maggior precisione, all'estrapolazione della tendenza del numero assoluto delle nascite e delle morti dal cui bilancio, con semplici operazioni aritmetiche, si perviene al previsto ammontare della popolazione negli anni appena successivi a quello per cui si dispone delle cifre della popolazione e del movimento naturale. Nel caso d'interpolazione, e successiva estrapolazione analitica, la scelta della funzione è, naturalmente, arbitraria e lasciata alla sensibilità dello studioso, tuttavia si è soliti ricorrere, per semplicità e data la sostanziale approssimazione di tali calcoli, a funzioni lineari oppure esponenziali. Giova ricordare che funzioni più complesse, quali la logistica semplice o tutte quelle funzioni che si ottengono come successive generalizzazioni di questa, a cui si fece ampiamente ricorso in passato (anche perché veniva loro attribuita una capacità di sintesi e di spiegazione della dinamica evolutiva della popolazione), non sono oramai più impiegate, proprio perché un ripensamento critico sulle ipotesi assunte a base dello schema logico da cui provengono ne ha posto in chiara evidenza i limiti previsivi e la non rispondenza alla concreta e complessa realtà demografica. Nel caso che si desiderino informazioni più analitiche, come l'evoluzione della struttura per età e/o per sesso, in previsioni a breve termine - che ovviamente non sono fornite dai metodi estrapolatorî appena richiamati - o si utilizzino previsioni a più lungo termine nella ricerca demografica (e in tal caso il dettaglio è di estrema utilità per apprezzare le modificazioni di struttura conseguenti alle assunzioni stabilite nel procedimento), si ricorre a soluzioni che considerano sia le probabilità di morte, sia i quozienti specifici di fecondità. Le prime vengono desunte dalle tavole di mortalità più recenti rispetto al momento in cui si ancora la previsione, i secondi dai dati anagrafici e censuarî. Le previsioni possono essere effettuate sia nell'ipotesi d'invarianza temporale delle probabilità di morte e dei quozienti specifici di fecondità, sia, ed è questo il procedimento più comunemente utilizzato, supponendo un'evoluzione o una pluralità di plausibili sentieri evolutivi dei parametri vitali: per es. fecondità decrescente e mortalità stazionaria, oppure mortalità e fecondità decrescente, e così via. Inoltre si possono far variare le curve dei futuri andamenti pervenendo così a un'articolata visione della popolazione futura a seconda delle ipotesi adottate; e, ancora, si possono cogliere le modificazioni di struttura da attendersi in relazione alle assunzioni introdotte preventivamente. L'utilità di questa impostazione è apparsa evidente in relazione alla questione, recentemente dibattuta, della possibilità di raggiungere un tasso nullo di accrescimento della popolazione in breve volgere di tempo (zero population growth), in quanto proprio applicando questi metodi previsivi si è mostrato che forzare la natalità a una brusca decrescita significa provocare onde di natalità che si succedono e si smorzano in tempi lunghi, provocando serî squilibri nella struttura della popolazione scolastica, lavorativa e in età avanzata. Si possono inoltre ottenere le previsioni, introducendo delle opportune correzioni per tener conto dei movimenti migratorî, anche se le ipotesi riguardanti gli spostamenti della popolazione risultano, a un controllo effettuato ex-post, piuttosto grezze e labili. Vogliamo infine sottolineare che, nonostante l'imprecisione cui si può incorrere in queste costruzioni (soprattutto quando vengano effettuate per lunghi periodi), il loro interesse al fine di cogliere l'ordine di grandezza di alcuni fenomeni rimane notevole in molti settori quali, per es., l'urbanesimo, le assicurazioni sociali, vari aspetti dell'economia (si pensi per es. ai problemi di infrastrutture connessi allo sviluppo della popolazione scolastica e universitaria) e di politica demografica.

I modelli demografici. - verso la fine degli anni Trenta - ma occorre ricordare che con circa un secolo e mezzo di anticipo Eulero, in un suo breve ma interessantissimo scritto di d., rimasto sconosciuto ai cultori di questa scienza per un lungo periodo, si era occupato di analoghe questioni - A. J. Lotka esponeva in uno studio importante sotto l'aspetto metodologico oltre che sotto quello della sistemazione di rilevanti risultati demografici, alcune linee di ricerca intorno alle quali si è sviluppato, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale e sino ai nostri giorni, un intenso lavoro di perfezionamento e di sistemazione. Lotka, partendo dalla constatazione che le condizioni in cui si presentano le popolazioni reali sono sempre notevolmente complesse, propose il progetto di studiare alcune relazioni intercorrenti fra fatti demografici in popolazioni teoriche, le cui manifestazioni fossero rette da ipotesi semplici. Pervenne seguendo questa via al classico risultato, detto modello della popolazione stabile, relativo all'evoluzione di una popolazione femminile (scelta per l'ovvio motivo che il periodo fecondo è più precisamente definibile per la donna che non per l'uomo) sottoposta a uno schema di mortalità e di fecondità invariante nel tempo. Il risultato essenziale ottenuto da Lotka con la sua teoria riguarda la tendenza di una popolazione sottoposta indefinitamente a una fecondità e a una mortalità, colte per ciascuna età, invariabili nel tempo. Tale popolazione tende verso un assetto stabile in cui il tasso di accrescimento e la composizione per età risultano costanti e invariabili nei periodi successivi al raggiungimento della stabilizzazione; tale assetto dipende dalla fecondità e dalla mortalità, che abbiamo supposto agire in modo invariabile, ma non dalla composizione per età iniziale della popolazione considerata. L'importanza di questo modello è stata spesso offuscata dall'impiego non appropriato che ne è stato fatto: infatti, se lo si vuole considerare come uno strumento di previsione della popolazione si va incontro a risultati deludenti, proprio perché se ne trascura o pretermette uno degli aspetti di maggior rilievo, cioè quello di analisi dell'evoluzione della struttura per età della popolazione in circostanze inizialmente prefissate. Intorno a tale modello e a quello discreto proposto per popolazioni animali, ma facilmente adattabile a quelle umane, da P. H. Leisle, nel 1946, si è venuta accumulando un'importante e copiosa successione di studi sia di carattere più spiccatamente matematico (tesi alla riconciliazione e allo studio comparato del caso discreto e di quello continuo e alla validità delle soluzioni ottenute), sia di carattere e d'interesse prevalentemente demografico (introducendo nel modello la componente maschile coinvolta nel processo di accrescimento e abbandonando l'assunzione, invero abbastanza rigida, della fecondità e della mortalità temporalmente invariante), sia infine di carattere applicativo che hanno contribuito a saggiarne la consistenza teorica. Ma soprattutto il fondamento metodologico di questo studio ha portato notevoli frutti alla d., tanto che la via d'indagine analitica (modellistica demografica) è stata percorsa da numerosi studiosi per indagare e perfezionare molte questioni relative alle popolazioni umane: dalla precisazione degli aspetti della fecondabilità (introdotta e studiata da C. Gini) alla formazione della famiglia, dalla mortalità intrauterina ai molti aspetti biologici connessi con la fecondità, dallo studio della nuzialità alle questioni relative alla misura della mortalità.

Bibl.: L. Livi, Trattato di demografia, Padova 19412 (rist. anastatica, 1974); C. Gini, Teorie della popolazione, Roma 1945; M. Boldrini, Demografia, Milano 1956; N. Federici, Lezioni di demografia, Roma 1965; R. Pressat, l'analyse démographique, Parigi 1969 (trad. it. Elementi e problemi di demografia, Mlano 1972); N. Keyfitz, Introduction to the mathematics of population, Londra 1968; L. Henry, Démographie, analyse et modèles, Parigi 1972.

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