DENGUE

Enciclopedia Italiana (1931)

DENGUE (secondo alcuni dallo sp. dengue "rigido, manierato", secondo altri dal suaheli dinga o denga, parola che indica lo spasmo doloroso della malattia chiamata ka-dinga-pepo; fr. dengue; sp. dengue, mal de rodillas; ted. Denguefieber, Dattelfieber; ingl. dengue, dandy fever, sunfever, breakbone fever; lat. febris endemica cum roseola, exanthesis arthrosia. Sinonimo: febbre rossa)

Aldo CASTELLANI
Filippo RHO

È una malattia febbrile, specifica ma non contagiosa, causata da un virus vivente di natura ancora ignota, presente nel sangue e trasmesso dalle femmine di una specie di zanzare: la Stegomyia calopus o Aedes Aegypti, quella stessa che propaga la febbre gialla.

Fu riconosciuta come entità morbosa speciale da Brylon a Giava (1779); Dickson nel 1828 ne diede una descrizione clinica completa. Predomina nei climi tropicali e pretropicali, né mancano epidemie estive nelle regioni meridionali dei paesi temperati, come le coste mediterranee, fino al 36° e (eccezionalmente) al 42° di latitudine nord. Le nostre conoscenze sull'eziologia del dengue sono dovute a Graham, Ashburn e Craig, e a Cleland, Bradley e Mac Donald.

L'ignoto microrganismo causale, come quello della febbre gialla, deve essere ultramicroscopico perché passa attraverso i filtri che trattengono il Micrococcus melitensis (0,4 μ). Comunque, il sangue è già infettante dopo due giorni di malattia e continua a esserlo fino all'8°, o al massimo al 14° giorno, come risulta da esperimenti d'inoculazione endovenosa. Di solito l'attacco è improvviso, accompagnato da forti dolori in varie parti del corpo, oppure da un senso d'estrema stanchezza o da brividi (talora convulsioni nei bambini). Vi è sempre intenso arrossamento del viso. La temperatura sale rapidamente fino a 40° e più, compaiono dolori forti e svariatissimi se prima non v'erano, massime alle giunture, nei movimenti attivi, mentre i passivi sono indolenti; la cute e le mucose si fanno congeste. Inappetenza, nausea e vomiti sono abbastanza comuni; talora v'è diarrea, talora costipazione. Secondo le epidemie si nota nel 30-70% dei casi lieve ingrandimento dei ganglî linfatici cervicali e ascellari. Si trova sempre più o meno accentuata diminuzione dei globuli bianchi. La malattia progredisce per uno, due, tre giorni e poi si ha una notevole remissione della febbre e degli altri sintomi, come per crisi. La remissione dura sino al 5° giorno della malattia, momento in cui la temperatura risale a poco meno di prima. Ne risulta quindi una curva termica a sella (nei casi tipici, come nelle forme tipiche di febbre gialla). Con la seconda ondata febbrile comparisce un'eruzione, talora morbilliforme talora scarlattiniforme, al palmo e al dorso delle mani, estendentesi rapidamente alle braccia, al tronco e alle cosce. In questo secondo parossismo la febbre rimane elevata da poche ore a una giornata, e poi cade per crisi al 6° giorno, con o senza sudorazione. L'esantema terminale dura però da 2 a 8 giorni ed è seguito da desquamazione della cute per 2-3 settimane. Non mancano casi atipici, per fusione dei due periodi, o mancanza della remissione, o anche dell'eruzione. In qualche epidemia (come in quella di Grecia del 1928) fu notata frequente la bradicardia (polso lento), così pure la nefrosi con albuminuria abbastanza intensa; talora emorragie varie non solo renali, ma anche vescicali, gastriche, intestinali, nasali, cutanee, benché non gravi.

La prognosi è sempre buona e la cura è puramente sintomatica, sedativa dei dolori. L'immunità che segue alla malattia è di breve durata. Talora si ha la sequela d'una poliartrite, che può durare fin 6-8 mesi, con dolore e gonfiore, ma resistente ai salicilati. La profilassi consiste nel difendersi dalle punture delle zanzare, senza di che il dengue può propagarsi in breve a quasi tutta la popolazione d'un centro abitato. La sanità pubblica deve esigere l'eliminazione di tutte le piccole raccolte d'acqua, dove le stegomie, zanzare domestiche, depongono le uova e passano la loro vita larvale.

Bibl.: U. Gabbi, T. Pontano, G. Neri, A. Castellani, in Annali di medicina navale e coloniale, 1918; Tre relazioni sull'epidemia del 1928 in Grecia, Parma-Roma 1929.

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