DERMATOLOGIA

Enciclopedia Italiana (1931)

DERMATOLOGIA (dal gr. δέρμα "pelle" e λόγος "studio"; fr. dermatologie; sp. dermatología; ted. Dermatologie; ingl. dermatology)

Pier Ludovico Bosellini

Studia le malattie che hanno come espressione principale un'alterazione della pelle; essa interessa specialmente l'uomo, ma v'è pure una dermatologia degli animali che ha valore anche ai fini della patologia umana, anzitutto perché gli animali domestici possono avere malattie parassitarie (zoonosi, micosi) dovute agli stessi parassiti che provocano certe malattie cutanee dell'uomo, poi perché anche le non parassitarie, ma similari ad alcune dermatosi umane, come l'eczema, consentono ricerche più late che nell'uomo per chiarirne la natura.

Le origini dello studio delle malattie cutanee risale alla più antica storia dell'umanità, perché le malattie esterne dovettero per prime essere osservate. Già gli Assiro-Babilonesi non solo riconobbero la pelle come una parte del corpo umano individuata, designarono come organi le unghie, i capelli, i peli, considerarono l'importanza del sudore, ma rilevarono anche lesioni cutanee come le squame, le croste, le pustole, la vernix caseosa, descrissero le verruche, la scabbia, la lebbra, la filaria medinense, il micetoma pedis, le alopecie, ecc., e manipolarono unguenti, lozioni, tinture, ecc., a scopo terapeutico. Gli Egizî segnalarono il pemfigo, l'eczema umido e la miliare; distinsero l'infiammazione, le verruche, le follicoliti, i lipomi, l'edema, le squame, le ulceri, i tumori, la scabbia, il prurito, la cancrena e le malattie pedicolari. Nella Bibbia (e nella tradizione talmudica) fra le malattie cutanee la lebbra è il tema principale; però sotto tale nome dovevano essere descritte molte altre malattie, fra le quali forse il vaiuolo e la sifilide. Si trovano poi indicate lesioni cutanee diverse: nodi, tumori, croste, macule, ascessi, cicatrici e ulcerazioni, la tigna favosa e la psoriasi. I Persiani conobbero e descrissero la lebbra, i nei, il vaiuolo. Gl'Indiani nei Veda parlano del vaiuolo, del morbillo, dell'erisipela, della psoriasi, di macule cerulee, di macule atrofiche, di eczemi, d'elefantiasi, di cheloidi, di malattie che corrispondono certo al lichen, all'ittiosi. Anche i Cinesi e i Giapponesi ebbero nozioni di dermatologia e lasciarono descrizioni cliniche abbastanza precise d'una grande quantità di malattie cutanee: vitiligine, callo, ittiosi, eczema, prurigine, lebbra, acne, vaiuolo, alopecia, anomalie sudorali, malattie dei peli e delle unghie, ecc. Ma la medicina greca, costituisce per la storia della dermatologia il più importante capitolo. Ippocrate indica già che la pelle con la carne ha collegamento e connessione per il tutto; attribuisce alla pelle una funzione eliminatoria come il rene, parla della perspirazione insensibile e descrive i peli, le ghiandole cutanee, le unghie; nel campo patologico riconosce i tumori infiammatorî, l'edema, l'eczema, le varici, l'elefantiasi, gli esantemi acuti, le flittene da ustioni, le eruzioni pustolose, gli ascessi, l'ectima, le ulceri, l'erpete, il lichen, la lebbra, la pitiriasi, il kerion, il foruncolo, l'erisipela, il fagedenismo, la cancrena, ecc. Molti termini usati da Ippocrate sono rimasti nella dermatologia moderna (δέρμα "pelle"; οἴδημα "tumefazione, edema"; ἐξάνϑημα "eflorescenza, eruzione" ἕλκος "ulcera, piaga"; σϕακελίζω "cado in cancrena"; ἐσϑιόμενος da ἐσϑίω "mangio, divoro"; πελιός "livido, plumbeo"; ἕρπης "serpiginoso"; λεπρός "scaglioso, leproso"; ψωρίασις "eruzione scabbiosa"; πιτυρώδης "simile a crusca", da πίτυρον "crusca"; ἀλωπεκία "alopecia"; κηρίον "cellula apiaria, ulcerazione a più focolai"; ἔϕηλις "macchia cutanea"; καρκίνομα "tumore canceroso" da καρκίνος "granchio", ecc.). Fra i medici della scuola alessandrina, Sorano d'Efeso scrisse sul prurito, sugli esantemi e su altre forme cutanee. Galeno studiò l'ateroma, l'antrace, la cancrena, l'edema, il cancro, l'erisipela, il fagedenismo, la pitiriasi, gli esantemmi, l'acne, le malattie dei peli, delle unghie, ecc., e quasi tutte le forme che erano già state descritte da Ippocrate. Celso trattò vastamente delle malattie cutanee e le descrisse con tale esattezza di particolari, da consentirci di riferire a lui l'individuazione di molte forme nosografiche odierne: basta ricordare la descrizione del kerion, dell'alopecia areata, o area Celsi. Fra i medici arabi ‛Alī ibn al-‛Abbās individuò e descrisse la tigna favosa, Avenzoar individuò la scabbia e la riferì all'acaro, Rāzī illustrò il vaiuolo e lo distinse dalla varicella, Avicenna descrisse il morbillo. Più tardi, la medicina salernitana sentì l'influenza della medicina araba; Garioponto descrisse assai bene l'elefantiasi, il bubbone, la cancrena cutanea, le verruche; alla medichessa Trotula la tradizione attribuì anche una raccolta di ricette cosmetiche; Costantino africano trattò specialmente dell'alopecia, della tigna, della pediculosi, del vaiuolo e delle verruche. Diedero contributi alla dermatologia nel '500 in Italia, specialmente Gabriele Falloppia, Giovanni Manardi, Filippo Ingrassia, Gerolamo Mercuriale; in Francia Ambrogio Paré; in Germania Filippo Teofrasto Paracelso, e altri. Il '600 ebbe Bartolomeo Buonacorsi (Tractatus de praeservatione et curalione pestis, Bologna 1630), Francesco Poupart, Tommaso Willis; nel '700 con Giovanni Agtruc la dermatologia descrittiva raggiunse un notevolissimo sviluppo.

S'affacciò di poi un nuovo orientamento della medicina: raggruppare le malattie in classi, in sistemi, analogamente a quanto s'era fatto nella botanica da Linneo. Il medico e botanico francese Francesco Boissier de Sauvages de la Croix (1706-1767), autore della Nosologia methodica (Amsterdam 1763), propose una classifica in cinque ordini di lesioni cutanee, invero di scarso valore, perché basata su fatti morfologici poco precisi, mentre il viennese Giovanni Giacomo Plenck (1738-1807) nella sua Doctrina de morbis cutaneis (Vienna 1776) diede una classifica sistematica che è rimasta il punto di partenza della morfologia attuale, sebbene comprenda anche elementi causali (insecta cutanea) estranei al concetto morfologico. Carlo Lorry di Crosne (1726-1783) nel Tractatus de morbis cutaneis (Parigi 1777) sviluppò il concetto che la pelle non è soltanto un involucro, ma anche un organo emuntorio, depuratorio; vincenzo Chiarugi (v.) scrisse un Saggio teorico-pratico sulle malattie cutanee sordide osservate nel R. Spedale Bonifazio di Firenze (Firenze 1799). Ma veramente una precisione notevole s'ebbe per merito dell'inglese Roberto Willan (1757-1812) che nel suo The description and treatment of cutaneous diseases (Londra 1798-1814), avendo già precedentemente studiato le denominazioni date dai Greci, dai Romani, dagli Arabi alle malattie eruttive (Inquiry into the antiquity of Smallpox Measles and Scarlet Fever, in Miscellaneous Works, Londra 1812), diede la descrizione morfologica di molte malattie cutanee e una classificazione che in parte è ancora conservata; con alcune varianti descrittive; un altro Inglese, Tommaso Batemann (1778-1821), pubblicò una Practical Synopsis of cutaneous diseases according to the arrangement of Dr. Willan (Londra 1819) e un Atlas of skin diseases (Londra 1877). Più recentemente sir William James Erasmus Wilson (1809-1884) pubblicò A practical and theoretical treatise on diseases of the skin (Londra 1840) e il Journal of cutaneous medicine and diseases of the skin (Londra 1867-70), poi sir Jonathan Hutchinson (v.) trattò specialmente di sifilografia, William Tilbury Fox (1836-1879) si rese noto specialmente per il suo Skin diseases, their description, pathology, diagnosis and treatment (1864) e l'Atlas of skin diseases (1875); in essi sotto l'influsso della scuola viennese la morfologia s'orienta già verso l'anatomia patologica. Anche medici non dermatologi portarono contributi alla dermatologia, come Thomas Addison (v.) col morbo bronzino e James Paget (v.) col morbo mammario omonimo. I Francesi ebbero pure una fioritura di magnifici nomi: Jean Louis Alibert (1766-1837) con il Traité complet des maladies de la peau (Parigi 1832); Pierre-François Olive Rayer (1793-1867) che dimostrò la trasmissibilità della morva dal cavallo all'uomo e lasciò un Traité théorique et pratique des maladies de la peau (Parigi 1826-27); Laurent-Théodore Biett (1781-1840); P. L. Alphée Cazenave (1795-1877) che all'ospedale di Saint-Louis iniziò più generazioni di medici allo studio delle malattie cutanee e lasciò, oltre a numerosi scritti dermatologici, un Abrégé des maladies de la peau d'après les auteurs les plus estimés, et surtout d'après les documents puisés dans les leçons cliniques de M. Biett (Parigi 1829), e un Traité des maladies du cuir chevelu (Parigi 1850); Prosper Baumès (1791-1871) al quale si deve una Nouvelle dermatologie ou précis... fondé sur une nouvelle classification médicale (Parigi 1842); Camille Melchior Gibert (1797-1866) che scrisse un Traité pratique des maladies de la peau et de la syphilis (Parigi 1840); Marie-Guillaume Devergie (1798-1879), uno dei fondatori della Società di medicina legale della Francia, che venne molto considerato per un suo trattato su Les maladies de la peau (Parigi 1863): tutti diedero classificazioni morfologiche e descrizioni di malattie e sindromi cutanee. A. P. Bazin (v.) affrontò i problemi delle cause e tentò una classifica eziologica delle dermatosi sviluppando soprattutto il concetto delle diatesi, quindi il concetto umorale che si trova già nella medicina greca (Affections cutanées de nature arthritique et dartreuse, Parigi 1860).

Nei secoli XVIII e XIX il mondo dermatologico tedesco diede valorosi cultori: Johannes Lukas Schönlein (1793-1864), Konrad Heinrich Fuchs (1803-1845), Friedrich Wilhelm Bärensprung (1882-1864), ecc.; ma fra tutti eccelse nella metà del sec. XIX Ferdinando Hebra (1816-1880), che diede alla dermatologia morfologica una base anatomopatologica, trasferendo sulla pelle dell'uomo vivente i reperti e le distinzioni anatomopatologiche che il Rokitanski aveva già fissato negli organi del cadavere (Atlas der Hautkrankheiten, 1856-76; Lehrbuch der Hautkrankheiten, 1872-76). Fu questo un passo decisivo che portò la dermatologia al livello delle altre branche della patologia e della clinica. Il Hebra fu capo d'una scuola che irradiò luce su tutto il mondo dermatologico e che s'onorò di grandi nomi, quali Moritz Kaposi (1837-1902), Heinrich Auspitz (1835-1886; System der Hautkrankheiten, 1881); Albert Neisser (1855-1916). Nel campo dell'istopatologia cutanea Paul Gerson Unna (1850-1929) portò metodi di tecnica meravigliosi, accolti anche fuori del campo dermatologico. Fra i suoi scritti dermatologici sono notevolissimi: Entwicklungsgeschichte und Anatomie der Haut (1885); Histopathologie der Haut (1894); Biochemie der Haut (1913).

In Italia la dermatologia ebbe tardo sviluppo, e fu quasi assente nella prima metà del sec. XIX; l'inizio della sua storia appare segnato dalla comparsa del Giornale Italiano di malattie veneree e della pelle, nel quale apparvero via via i nomi di Pietro Gamberini, Augusto Michelacci, Angelo Scarenzio, Giuseppe Profeta, Pietro Pellizzari, Angelo Dubini, Casimiro Manassei, Pietro Tanturri, Ambrogio Bertarelli, Domenico Barduzzi, Pietro Campana, Pietro Ferrari, Tommaso De Amicis, Achille Breda, Domenico Majocchi, Celso Pellizzari, Pierleone Tommasoli, Rocco De Luca, Giovanni Sebastiani, Vittorio Mibelli, Augusto Ducrey, Giuseppe Mazza, Amedeo Marianelli per tacere dei contemporanei, molti dei quali diedero anche pregevoli manuali teorico-pratici di dermatologia, informati nella parte migliore alla scuola anatomo-patologica di Hebra. Nella descrizione di nuove individualità dermatologiche non mancò il contributo degl'Italiani (urticaria atrofizzante del Pellizzari, purpura annularis del Majocchi, angiocheratoma del Mibelli).

Come le altre branche della medicina, per lo studio delle cause, anche la dermatologia s'orientò anzitutto verso la parassitologia e la microbiologia; tutte le più importanti dermatosi passarono sotto questo vaglio; la maggior parte però dei pretesi agenti patogeni descritti si dimostrò di nessuna importanza. In questo campo di ricerche sono importantissimi gli studî di Raimondo Sabouraud sugl'ifomiceti.

Oggi la dermatologia posa sopra basi scientifiche che ne fanno una disciplina a contorni ben definiti, autonoma in certo senso, ma strettamente legata alle altre branche della medicina. Il concetto semplicista del passato che la pelle dovesse costituire una difesa fisico-meccanica del corpo è ormai superato, pure rimanendo fermo che tale ufficio è di somma importanza.

La pelle consta anatomicamente (v. cute) d'una parte epiteliale e di una connettivo-vascolare. L'epiteliale comprende l'epidermide e gli annessi cutanei: follicoli pilosebacei, ghiandole sudorifere, ghiandole apocrine. L'epidermide consta di strati cellulari diversi che dalle profondità alle superficie si denominano: strato granulare, lucido, corneo. Lo strato corneo è formato di cellule appiattite a embrice, costituite da cheratina e da grasso, sostanze che difendono la pelle da tutti gli agenti che vengono a contatto con il corpo (acqua, gas, batterî, ecc.), e l'integrità di questo strato serve in genere a impedire la penetrazione di tali agenti entro la pelle stessa; quelli che possono intaccarla sono specialmente i solventi del grasso. Gli strati sottostanti dell'epidermide nelle loro trasformazioni successive mettono capo allo strato corneo, e però le loro funzioni sono ben altre e complesse, ma del tutto sconosciute, e il formarsi dello strato corneo costituisce l'ultimo sbocco della loro attività, perché la cellula cornea è cellula ormai morta. Allo strato malpighiano, oltre alla funzione di difesa meccanica (essendo compressibile ed elastico in virtù delle spine intercellulari), debbono spettare funzioni bene importanti; esso infatti consta di numerosi strati di cellule con disposizione a zaffi, preordinati evidentemente in modo da moltiplicare la superficie funzionante e i rapporti fra questa e l'organismo; e le cellule non si trovano in immediato contatto, ma nel loro collegamento rimangono spazî entro ai quali circola la linfa, che deriva dalla parte connettivo-vascolare sottostante. Ci si può raffigurare la pelle, per la parte malpighiana, come una grande ghiandola, distesa sulla superficie del corpo e intermediaria fra l'ambiente che ci circonda e l'ambiente interno, cioè l'intimo dell'organismo. Dall'esterno questo strato, che è dotato di squisite sensibilità protoplasmatiche autoctone e di sensibilità nervose, essendo molto provvisto di organi nervosi, riceve gl'influssi dell'ambiente (clima, nel senso ampio della parola: aria, pressione barometrica, luce, azioni elettriche, magnetiche, caldo, freddo, ecc.) e li coordina, per mezzo di correlazioni nervose e chimiche, con l'economia. Come si compia da parte della pelle l'elaborazione di stimoli nervosi e umorali ai fini dell'economia non sappiamo precisare, perché per la sua conformazione anatomica quest'immensa ghiandola cutanea è sottratta alla possibilità d'essere esaminata funzionalmente come le altre ghiandole isolabili dal resto del corpo. La patologia, peraltro, dimostra in modo indubbio che l'epidermide malpighiana è collegata funzionalmente a ghiandole endocrine: basti il morbo bronzino, espressione tipica di lesione delle surrenali, per mostrare questi rapporti; il che per altro non autorizza a concludere sic et simpliciter che l'epidermide abbia funzioni ghiandolari a secrezione interna nello stretto senso della parola. Il pigmento melanico deriva da corpi chimici vicini all'adrenalina, ma la pigmentazione potrebbe essere soltanto un effetto d'alterazioni metaboliche nutritive per alterato chimismo degli umori. Delle capacità pessiche o fissatrici dell'epidermide rispetto ai veleni nulla si sa di preciso: non v'è dubbio peraltro che certi stimoli chimici possano determinare alterazioni nutritive dell'epidermide che hanno come espressioni tangibili alterazioni di pigmento e alterazioni di cheratizzazione. Ma l'epidermide può essere sede primitiva di virus infettivi speciali, dei quali l'esempio tipico è l'erpete volgare. L'epidermide è provveduta d'innervazione simpatica e animale: con la prima esplica funzioni di regolazione nutritive, con la seconda funzioni sensitive.

La parte connettivale della pelle contiene il supporto nutritivo dell'epidermide (vasi sanguigni e linfatici) e costituisce, coi suoi fasci connettivo-elastici, il cuoio al quale certo va riferita una funzione meccanico-protettiva. Ma questa funzione passa per importanza in seconda linea di fronte alle difese biologiche che paiono esplicarsi in essa in merito ai suoi costituenti cellulari, e, in specie, all'apparato reticolo-endoteliale, organo di primissima importanza diffuso a tutto l'organismo, le cui complesse funzioni non sono peraltro ancora ben definite, sebbene certo comprendano attività di difesa fagocitaria e secretivo-umorale. Per questo tessuto la pelle possiede quindi un ufficio importantissimo rispetto all'organismo, sia fissando e neutralizzando nel suo seno un agente microbico, quando questo vi penetri, sia producendo sostanze difensive delle quali l'organismo si vale quando l'agente microbico riesca ad andare oltre la pelle. Ma anche le manifestazioni cutanee infiammatorie della pelle in molti stati infettivi, dagli esantemi acuti alle infezioni tipo sifilide e tubercolosi, non è improbabile che esprimano una difesa che corrisponderebbe al concetto volgare del benefico sfogo del male alla superficie in difesa dell'interno del corpo. Anche il derma possiede organi nervosi della vita vegetativa e della vita animale. L'ipoderma, rappresentato dal pannicolo adiposo, costituisce, soprattutto in certe parti del corpo, una difesa meccanica molto importante; ai fini del ricambio poi rappresenta specialmente un apparato di deposito del grasso; la sua distribuzione, la sua ricchezza sono regolate soprattutto dall'attività delle ghiandole endocrine. Ma anche l'ipoderma è attivo nelle difese biologiche ed è ben provvisto di vasi sanguigni e di nervi.

Quanto alle appendici cutanee, i peli si presentano diversamente nel corpo umano a seconda dell'età, del sesso e delle regioni anatomiche. La loro vita è regolata dall'apparato endocrino simpatico, sicché molte delle loro alterazioni indicano precisamente disordini funzionali di questo apparato (per es., l'alopecia areata). Molto più importanti nell'economia sono le ghiandole sebacee, le ghiandole sudorifere, le ghiandole apocrine. Le ghiandole sebacee e le ghiandole apocrine secernono grassi lubrificanti di protezione; sono molto importanti i rapporti di queste ghiandole con l'apparato endocrinosimpatico e soprattutto, ma non esclusivamente, con le ghiandole genitali; la stessa ghiandola mammaria è una speciale ghiandola sebacea merocrina. Le ghiandole sudorifere esercitano una funzione importantissima nella termoregolazione, per l'evaporazione dell'acqua alla superficie del corpo, regolata dal sistema nervoso, in coordinazione con l'attività del circolo cutaneo (irradiazione del calore), e con tutte le attività organiche; per esse si possono eliminare prodotti tossici, specialmente in certe contingenze patologiche dell'organismo, quando il ricambio intermediario e gli organi deputati alla depurazione del corpo funzionano in modo deficiente.

Le condizioni morbose della pelle si rivelano ai nostri sensi con speciali alterazioni, o lesioni elementari, che costituiscono nel loro associarsi i quadri morbosi anatomo-clinici della patologia cutanea. Lo studio di queste lesioni, soprattutto con l'ispezione, meno con la palpazione, l'arte di rilevarne i particolari, di definirne e associarne l'evoluzione, costituisce la semeiologia cutanea. Questa, dopo l'opera innovatrice del Hebra, non è più soltanto descrizione d'una lesione cutanea quale si vede nell'esame diretto, ma, riferendo il fatto morfologico a quello anatomico, ha consentito una classificazione assai utile per la conoscenza anatomopatologica delle malattie cutanee e la loro terapia sintomatica. Importantissimo è il rapporto che essa fissa tra i varî costituenti anatomici normali della pelle, cioè strati, tessuti, organi cutanei. La distinzione delle lesioni in primitive e secondarie che si fa abitualmente non corrisponde sempre; così, per esempio, l'ulcerazione può derivare da lesioni primitive (pustola, nodulo, ecc.), ma può essere anche primitiva su pelle d'apparenza sana in conseguenza di fatti neurodistrofici, vascolari, ecc. D'altra parte nel vecchio elenco delle lesioni primitive e secondarie non erano contenute tutte le lesioni che si possono incontrare sopra una pelle malata, sicché oggi i dermatologi tendono a elencare le lesioni elementari, all'infuori d'ogni altro concetto, come alterazioni morfologiche relative al mutato colore della pelle, cioè eritemi, macule; al formarsi d'infiltrati, cioè papule, noduli; o di masse neoformative, come nodosità, elefantiasi, verrucosità, papillomi; o di formazioni a contenuto liquido, come vescicole, bolle, pustole; o di soluzioni di continuo, o di perdite di sostanza, come erosioni, ulceri, ragadi; o di prodotti che s'accumulano sulla pelle, come squame, croste. Nello stesso tempo però, si possono avere lesioni morfologicamente composte, nelle quali non v'è soltanto una lesione elementare, ma diverse associate, donde dermatosi eritemato-squamose, sindrome eczematica, ecc.; è preferibile però il rilievo descrittivo esatto delle molteplici lesioni della pelle ciascuna per sé, lesioni elementari veramente, con riferimento anatomico al tessuto interessato nella lesione, e alla natura anatomopatologica di questa lesione. Lo studio dei rapporti delle varie lesioni se coesistenti, degli eventuali rapporti genetici fra loro (polimorfismo vero e polimorfismo evolutivo) costituisce il secondo passo per la costruzione diagnostica della sindrome cutanea. Nell'elencazione delle lesioni si possono seguire diversi criterî: alcuni mettono in prima linea le lesioni cutanee infiammatorie, dato il notevole prevalere numerico di queste sulle altre; così, per esempio, denominano papule soltanto le eminenze solide infiammatorie superficiali o profonde, e invece pseudopapule tutte le altre eminenze solide di natura anatomica svariatissima, dal pomfo al milio, al comedone, ecc. Altri, invece, chiamano papule le eminenze solide superficiali risolutive di qualsiasi natura anatomica; per altri ancora papule sarebbero eminenze solide superficiali di qualsiasi natura anatomica ma non risolutiva. Tutto ciò dimostra la difficoltà di un'intesa precisa. Si potrebbe forse, seguendo le norme dell'anatomia patologica viscerale, procedere all'elencazione delle lesioni di cui è capace ogni strato e ogni organo cutaneo in rapporto alla sua costituzione anatomofisiologica; e così considerare nell'epidermide la formazione di squame, di masse cheratosiche, di masse neoplastiche benigne o maligne, la formazione di vescicole, di pustole, di bolle; per il derma gli eritemi, le papule, i noduli neoplastici benigni o maligni, le forme degenerative atrofiche, ecc. e così via via le varie entità anatomopatologiche per gli organi cutanei ghiandolari. Ma, comunque si voglia procedere, il dermatologo rileva anzitutto le lesioni elementari e cioè, in linea di colore anormale: eritemi, emorragie, pigmentazioni, discromie; in linea d'eminenze neoformative cutanee: papule, vescicole, pustole e forme similari (cunicolo della scabbia), bolle, nodi, ipertrofie, squame e cheratosi, croste e forme similari (pseudo-crosta del favo); in linea di perdita di sostanza: abrasioni, erosioni, ulceri, ragadi, atrofie, sclerosi, cicatrici, ecc. L'esame semeiologico deve poi estendersi ai rilievi relativi alla secrezione sudorale e alla secrezione sebacea, allo stato dei peli e delle unghie. Infine deve considerare i sintomi subiettivi: prurito, calore, bruciore, anestesia, analgesia, iperestesia, iperalgesia, ecc. Fatto il rilievo delle lesioni elementari e delle condizioni funzionali delle secrezioni e della sensibilia obiettiva e subiettiva, si passa a stabilirne i rapporti genetici (se le lesioni sono molteplici), a fissare la sindrome cutanea e finalmente a precisare la diagnosi della malattia cutanea, giovandosi, secondo i casi, anche di ricerche cliniche proprie della medicina interna (esame viscerale, esame di sangue, d'urine, prove biologiche, ecc.), in quanto la malattia cutanea può essere uno dei sintomi, non sempre il maggiore, d'uno stato patologico viscerale o generale.

Nella patologia cutanea si debbono tenere distinte due categorie di malattie: quelle di cui si conosce la natura essenziale, cioè la causa produttrice, e quelle in cui l'eziologia rimane oscura. Per entrambe il meccanismo patogenico della dermatosi si svolge attraverso due elementi strettamente connessi e reagenti l'uno sull'altro: il terreno e l'agente causale; e questo binomio dev'essere sempre tenuto presente per la diagnosi, la prognosi e la cura, la quale è più agevole nelle malattie dov'è noto l'agente morbigeno, anche se nel quadro morboso il terreno assuma una parte preponderante.

Le dermatosi con agente causale noto sono: 1. Le infettive, da cocchi piogeni, da bacillo della tubercolosi, della lebbra, della morva, del carbonchio, della difterite, dell'ulcera venerea, ecc.; da protozoi, come il Treponema pallidum della sifilide, la Spirochaeta pertenuis del pian, la Leishmania della leishmaniosi; dal virus filtrabile dell'herpes, ecc. 2. Le parassitarie, da insetti, da acari, da vermi, ecc. 3. Le parassitarie da Nocardia, dal Cryptococcus, da Oidium, da Sporotrichum, da Saccaromyces, da Aspergillus, da Tricophyton, da Achorion, ecc. 4. Le meccaniche, da traumi fisici (battitura, pressione, grattamento), da caldo, da freddo, da radiazioni solari ed elettriche, da raggi X. 5. Le tossiche, da sostanze chimiche, da medicamenti, da veleni animali o vegetali, da alimenti.

Il secondo gruppo, oltre a malattie cutanee ben definite, come i neoplasmi benigni e maligni, e malattie riferibili alle emolinfopatie (leucemie e pseudoleucemie), comprende numerose malattie frequentissime nella pratica dermatologica. In queste sindromi anatomocliniche, se pure talvolta sembra possibile rilevare un agente causale definito (per es., un trauma, un'azione chimica), il terreno, considerato dal punto di vista della pelle nelle sue speciali caratteristiche anatomofisiologiche, ha certo un valore maggiore nel determinarsi della malattia; appartengono a questo gruppo l'eczema, la prurigine, la psoriasi, il lichen, la porpora, le eritrodermie, il pemfigo, le cheratosi, l'alopecia areata, ecc. In questo gruppo morboso vi sono malattie che molto probabilmente costituiscono sindromi reattive (reazioni cutanee) comuni a fattori causali diversi, per meccanismo patogenico oscuro, che sbocca in una particolare sensibilità della pelle, la quale s'esprime con alterazioni anatomomorfologiche dette rispettivamente eczema, urticaria, ecc. A questo gruppo di malattie si trovano specialmente legati gli oscuri problemi della predisposizione, dell'idiosincrasia e della sensibilizzazione. Queste condizioni, che sono da considerarsi per lo più fisiopatologiche, investono le singole strutture anatomiche della pelle; vi sono cioè predisposizioni, idiosincrasie e sensibilizzazioni pertinenti all'epidermide, come al derma, all'apparato vascolare, agli organi ghiandolari, agli annessi cutanei, al pigmento: condizioni congenite o acquisite, nel determinismo delle quali domina l'apparato endocrino-simpatico, mobilizzato da azioni autotossiche ed eterotossiche. Esse perciò impongono un esame funzionale di tutta l'economia, atto a svelare quella qualsiasi malattia, cui sarebbe da riferirsi in ultima analisi la forma cutanea.

La terapia delle malattie cutanee deve razionalmente riferirsi ai concetti suesposti, cioè al terreno e all'agente morbigeno, che costituiscono i due termini d'un binomio obbligato nello stabilirsi di qualsiasi malattia. Si deve individuare e curare quello stato generale o viscerale che predispone la pelle a sentire l'influenza di un agente morboso; compito per lo più difficile da assolvere. Più accessibile ai nostri mezzi è la ricerca e l'eliminazione del secondo fattore del binomio: azioni irritative d'indole fisica e chimica appartenenti all'ambiente, che possono essere facilmente allontanate dalla superficie del corpo; azioni irritative specifiche di parassiti e microbî che possono pure essere neutralizzate con cure adeguate antisettiche e antiparassitarie, condotte ad agire dall'esterno o dall'interno (vaccini, sieri, ecc.); azioni morbigene d'origine tossica da medicamenti usati all'esterno o introdotti nell'interno sono pure facilmente superate con la cessazione dell'uso di tali medicamenti; così si dica d'alimenti e bevande; azioni morbigene d'origine tossica interna da cattivo funzionamento di organi appaiono più complesse e le difficoltà sono maggiori, tanto più che in questo campo l'agente morboso agisce spesso sia come preparante del terreno sia come determinante ultimo della malattia cutanea. Fermo restando questo indirizzo generale di terapia, nella pratica si è spesso ridotti a dover però fare una cura cutanea sintomatica molto semplice. Nelle neoplasie benigne o maligne, per mezzo d'agenti demolitori del tessuto, cercando che la cosmesi sia rispettata nel modo migliore; l'estirpazione della neoplasia e la plastica con metodo chirurgico, l'applicazione di radium, di raggi X, di diatermocoagulazione, d'elettrolisi possono essere utilizzate volta a volta secondo le contingenze del caso; ma vi sono anche i mezzi di distruzione chimica, cioè caustici, noti fino da antico, a base di potassa, d'arsenico, ecc. che possono venire usati con vantaggio. Più frequente si presenta la necessità di curare sintomaticamente stati infiammatorî: qui invero norme generali non si possono dare, perché ogni dermatosi infiammatoria ha le sue esigenze suggerite dalla natura della stessa infiammazione e dell'agente che la sostiene: evidentemente un eczema non può essere trattato come un lupus; l'eczema stesso a seconda della varietà clinica con la quale si presenta, richiede una cura locale, che soltanto il dermatologo dopo attento esame del soggetto può suggerire.

Meritano considerazione, per quanto può essere cura sintomatica, le dermatosi nelle quali hanno un posto preminente disturbi della subiettività e specialmente il prurito: anche qui la terapia ha un campo molto esteso, perché con varia fortuna possono essere tentate caso per caso cure locali varie: raggi X, raggi ultravioletti, raggi infrarossi, effluvî e scintille d'alta frequenza, ionizzazioni con varie sostanze chimiche, pomate calmanti all'acido fenico, al mentolo, al catrame, alla stovaina, alla novocaina, ecc. Né sono da trascurare cure interne di stramonio, solanina, dei derivati della malonilurea (luminal, gardenal, allonal, soneril, ecc.), bromuri, aspirina, valeriana e infine il trattamento psicoterapico. Per le malattie parassitarie v'è pure un arsenale vastissimo di medicamenti e ciascuna dermatosi possiede il proprio corredo di cure indicate nei trattati speciali.

Bibl.: A. Castiglioni, Storia della medicina, Milano 1927; J. Fick, P. Richter e R. Spitzer, Geschichte der Dermatologie, Berlino 1928.

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