Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos

Enciclopedia del Cinema (2004)

Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos

Matthias Christen

(RFT 1968, Artisti sotto la tenda del circo: perplessi, bianco e nero/colore, 103m); regia: Alexander Kluge; produzione: Alexander Kluge per Kairos Film; sceneggiatura: Alexander Kluge; fotografia: Günter Hörmann, Thomas Mauch; montaggio: Beate Mainka-Jellinghaus.

In una successione di episodi slegati fra loro, che il regista e gli attori rielaborano insieme improvvisando nel corso delle riprese, il film racconta la storia di Leni Peickert, figlia di un artista del circo. Dopo la morte del padre, il trapezista Manfred Peickert, Leni decide di fondare un circo innovativo. Lo fa richiamandosi al circo della Rivoluzione francese, in cui gli artisti con il loro coraggio e la loro abilità tecnica mostravano simbolicamente al pubblico di che cosa un rivoluzionario sia capace anche sul piano politico. Il progetto di Leni di ripoliticizzare il circo non va oltre lo stadio della fase preparatoria. Numeri come "Sette tigri tentano di arrestare sessanta topi rossi" oppure "Gli orsi bianchi accendono un focherello sotto il tendone del circo e si scaldano" testimoniano sì del potere illimitato della fantasia artistica rispetto alla realtà esistente, ma non sono traducibili a livello operativo. L'impresa quindi fallisce ancora prima dello spettacolo inaugurale.

Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos, prodotto in proprio da Alexander Kluge con la sua Kairos-Film, si basa sul Projekt Z dello stesso Kluge, una raccolta di notizie, frammenti di biografie di personaggi e brevi scene descrittive. Nello svolgimento dell'azione sono inseriti fotografie e spezzoni di film che talora presentano solo una vaga connessione con la storia della protagonista: riprese di cinegiornali che documentano la visita di Hitler al congresso sull'arte tedesca a Monaco nel 1939, interviste con artisti e politici, immagini dell'ultimo convegno del Gruppo 47, la più importante associazione di scrittori e scrittrici nella Germania del dopoguerra, brani di programmi dei circhi Williams e Krone, tavole con testi, ritratti di artisti, illustrazioni relative alla storia del circo e documenti fotografici sulla storia dell'aeronautica militare. Con un montaggio per associazioni Kluge combina scene narrative, materiale iconico non diegetico e commento parlato in un saggio cinematografico sul ruolo dell'arte e sui problemi con cui essa si deve confrontare in una società a organizzazione capitalistica: le pressioni economiche cui è esposta, il difficile rapporto con l'intrattenimento di tipo commerciale e le esigenze di un largo pubblico.

A differenza di quanto accade nei tradizionali film del genere circense, basati sulla spettacolarità dei numeri degli artisti e su una formula per lo più melodrammatica, in Kluge il circo funziona da paradigma e cifra di un'arte che unisce sensualità e intelletto, e del potenziale utopico che ne scaturisce. Il convegno degli autori del Gruppo 47 può pertanto assumere il valore di un "congresso di impresari del circo", e nell'epilogo del film il passaggio professionale di Leni alla televisione come medium di massa ha il valore di una prosecuzione coerente del suo progetto riformista teso a non disgiungere le alte esigenze artistiche dal desiderio di coinvolgere un largo pubblico (lo stesso Kluge dal 1968 lavora per la televisione con proprie produzioni indipendenti). Nella storia del cinema circense Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos rappresenta un tardivo culmine che ha saputo imprimere a uno dei generi cinematografici di più antica data un'ultima svolta innovativa.

Il film fu tra i primi lungometraggi del nuovo cinema tedesco e scatenò una forte, controversa reazione. Nonostante critiche in parte entusiastiche ("Frankfurter Allgemeine Zeitung" del 5 novembre 1968), quella che fu definita "la più difficile e complessa fra tutte le pellicole del cinema tedesco della giovane generazione fino a oggi" ("Die Welt", 3 settembre 1968) incontrò l'incomprensione del pubblico e di molti critici, in quanto nel suo film-saggio Kluge aveva rotto con tutte le convenzioni narrative in campo cinematografico. Alcuni critici tedeschi di sinistra arrivarono a rimproverare a Kluge che la complessità del suo film minava gli sforzi volti a tradurre in realtà le utopie politiche ("Die andere Zeitung", 7 novembre 1968). Altri critici videro nel destino della perplessa artista del circo un'allegoria del cinema d'autore tedesco che, dopo una breve fase di generosi incentivi statali, con il varo della legge per la promozione del cinema del dicembre 1967 fu costretto a una sempre più forte commercializzazione. Ma soprattutto grande scalpore suscitò il fatto che alla Mostra Internazionale del cinema di Venezia Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos venisse insignito del Leone d'oro, primo film tedesco del dopoguerra ad ottenere tale riconoscimento; nel 1969 seguì il Bundesfilmpreis d'oro, il più importante premio cinematografico tedesco.

Dal materiale che era rimasto inutilizzato Kluge ricavò un ulteriore film dal titolo Die Unbezähmbare Leni Peickert (1969), in cui la indomabile protagonista abbandona di nuovo la televisione per tornare al circo; ma questa pellicola non conobbe la stessa fama della prima. Insieme al precedente Abschied von gestern (1966), Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos va annoverato oggi senza ombra di dubbio fra i grandi classici del nuovo cinema tedesco, e Alexander Kluge fra gli autori che vi hanno dato l'apporto più significativo.

Interpreti e personaggi: Hannelore Hoger (Leni Peickert, artista e imprenditrice), Siegfried Graue (Manfred Peickert, suo padre), Alfred Edel (Dr. Busch), Bernd Höltz (von Lüptow), Eva Oertel (Gitti Bornemann), Kurt Jürgens (Mackensen), Gilbert Houcke (Houcke), Wanda Bronska-Pampuch (signora Saizewa), Jobst (impresario), Hans-Ludger Schneider (assessore Korti), Klaus Schwarzkopf (Gerloff), Nils von der Heyde (Arbogast), Marie Luise Dutoit (artista svizzera), Peter Staimmer (Perry Woodcock), Theodor Hoffa (uomo col monocolo), Maximiliane Mainka, Ingeborg Pressler (donne clown), Wolfgang Mai (Joe Willkins), Tilde Trommler (Lotte Losemeyer).

Bibliografia

E. Wendt, Die Fähigkeit zu trauern. Alexander Kluge: 'Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos', in "Film", n. 10, Oktober 1968.

P.W. Jansen, Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos, in "Filmkritik", n. 11, November 1968.

E. Patalas, Junger Deutscher Film. Die tote Augen, in "Filmkritik", n. 12, Dezember 1968.

M. Negarville, La perplessità positiva dell'artista, in "Ombre rosse", n. 6, gennaio 1969.

M. Martin, Artistes sous le chapiteau: perplexes, in "Cinéma 69", n. 137, juin 1969.

R. Lewandowski, Alexander Kluge, München 1980.

P.C. Lutze, Alexander Kluge: the last modernist, Detroit 1998.

Sceneggiatura: A. Kluge, Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos, München 1968 (trad. it. Milano 1970).

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