ALMAGRO, Diego de

Enciclopedia Italiana (1929)

ALMAGRO, Diego de

Emilio Malesani

Nacque nella Spagna, nel 1475, in località e da famiglia sconosciute, e fu ucciso a Cuzco, nel Perù, l'8 luglio 1538. Pose piede sul suolo americano il 30 giugno 1514. Dalla Spagna si era imbarcato sulla flotta che accompagnava Pedrarias de Avila a prender possesso del governo del Panamà, chiamato allora Castiglia Aurifera. Approdato a Santa Maria de l'Antigua, sulla costa occidentale del golfo di Darien, visse al seguito del Pedrarias, prendendo parte alle campagne e, probabilmente, alle crudeltà onde rimase tristamente celebre quel governo. Per alcuni anni non abbiamo notizie di sue particolari imprese; ma nel 1524 lo troviamo associato a Francesco Pizarro e a Fernando de Luque per preparare una spedizione verso le regioni del Perù, sulle cui straordinarie ricchezze aveva recato notizie, due anni prima, Pasquale de Andagoya. L'A., che doveva fornire le braccia necessarie all'impresa, arruolò 112 uomini per equipaggio. Partito il Pizarro, il 14 novembre, con due navi, l'A. iniziava la marcia per terra verso le rive del fiumicello Birù (nella moderna Colombia), dove avrebbe dovuto congiungersi con l'altra parte della spedizione; ma i due non s'incontrarono. Il Pizarro tornava a Panamà per mare; e l'A., che aveva raggiunto il Rio de San Juan a 4° di latitudine nord, era costretto a tornare sui suoi passi, dopo aver perduto un occhio per un colpo di freccia degl'Indiani. Il 10 marzo 1526 fu concluso fra i tre un nuovo contratto, e, poco dopo, la spedizione veniva nuovamente tentata, riuscendo a giungere, per mare, fino a Tumbez, città peruviana posta a S. della baia di Guayaquil. Ma, ancora una volta, per deficienza di mezzi, gli avventurieri dovettero tornare a Panamà, donde il Pizarro, nel 1528, si recò in Spagna per informare la corte delle scoperte fatte e ottenere l'incarico delle ulteriori conquiste. Infatti il Pizarro fu nominato governatore generale (adelantado) del Perù, mentre all'A. non venne concesso che il titolo di comandante della fortezza di Tumbez: cosa, questa, che lo ferì nell'amor proprio e fu il germe della successiva rovina d'entrambi. Tuttavia egli acconsentì a mantenere l'associazione col Pizarro; con lui compì la conquista del Perù e contribuì ad assicurarne il possesso al Pizarro stesso, respingendo Pedro de Alvarado, il conquistatore del Guatemala, che cercava di impadronirsi del regno di Quito.

Sottomessa la maggior parte del Perù, l'A., che mal si adattava a rimanere alle dipendenze del vecchio commilitone, pensò di conquistare il Chile, cioè le regioni situate più a mezzodì, e per questo sollecitò l'autorizzazione della corte spagnola. Indi partì da Cuzco, il 3 luglio 1535, con un manipolo di 570 uomini, e, dopo aver costeggiato ad occidente il lago Titicaca e quello di Aullagas (odierno Poopo), attraverso all'altopiano di Potosi, si diresse a Tupiza, presso i confini meridionali della moderna Bolivia. Raggiunto così l'ultimo limite dell'impero degl'Incas, dopo una sosta di circa due mesi per far riposare le truppe, decise di continuare ad avanzare direttamente fra i monti, in mezzo alle varie tribù indipendenti e spesso ostili. Vincendo le resistenze del terreno e degli uomini, oltrepassò Juiuy e Chicoana (a sud della moderna Salta), quindi per la valle del Rio Guachipas e quella del suo affluente Santa Maria giunse al Campo de Arenal, ad ovest della Sierra de Aconquija. Per raggiungere la meta, l'esercito doveva qui valicare la catena delle Ande, e con audacia meravigliosa l'A. vi si accinse, risalendo la valle del Rio Chascuil. Le difficoltà del cammino, le saline sparse dovunque, le gole piene di neve, l'altezza sconosciuta della Cordigliera, la mancanza di vettovaglie non piegarono la volontà del comandante, che, precedendo con un drappello di venti uomini a cavallo il grosso della colonna, riusciva a raggiungere, dopo una marcia di dieci giorni, l'alta valle del Rio Copiapò ad occidente della catena. Di là mandava soccorsi e vettovaglie al resto dell'esercito, che poteva così compiere a sua volta la traversata. Gli stenti, la fame, il freddo avevano inflitto alla spedizione perdite notevoli di uomini e di cavalli; ma l'A. non si scoraggiò, e, dopo un prolungato riposo nella valle di Copiapò, procedette lungo la costa del Cile, e raggiunse Coquimbo, donde mandò esploratori fino al Rio Maule a 35° di latitudine S. Ma i sognati tesori non erano stati trovati in alcun luogo, e il comandante, deluso, dovette accingersi al ritorno. Questa volta seguì la via della costa, e con grande abilità seppe condurre l'esercito senza perdite attraverso il deserto di Atacama. Da Arequipa risalì poi sull'altipiano, e raggiunse Cuzco nella primavera del 1537, dopo quasi due anni di assenza.

Le condizioni del Perù erano, intanto, assai cambiate per la ribellione degl'indigeni, e due fratelli del Pizarro, Fernando e Gonzalo, comandanti di Cuzco, erano assediati nella città. L'A. giungeva, quindi, a proposito, e quando, dopo avere sconfitto l'esercito degl'indigeni che lo avevano improvvisamente assalito, si presentò davanti a Cuzco, apparve come un liberatore. Nel frattempo però egli ebbe nuova di un rescritto di Carlo V, che lo nominava governatore (adelantado) indipendente di tutti i paesi che, cominciando 270 leghe a S. del fiume Santiago (1° 20′ lat. N.), si stendevano in direzione meridionale. Ritenendo, in base agl'incerti calcoli d'allora, che Cuzco si trovasse nella zona di sua spettanza, chiese ai Pizarro di consegnarla a lui, e ai tentativi di resistenza da parte dei due rispose impadronendosi di sorpresa della città. Ne seguì una guerra aperta, conchiusa, dopo alterne vicende, con un accanito combattimento a poca distanza da Cuzco (26 aprile 1538), durante il quale l'Almagro cadde in mano di Fernando Pizarro. Dopo una parvenza di processo, venne condannato a morte (8 luglio 1538) e strozzato in carcere nel giorno stesso, lasciando per testamento la carica di adelantado al figlio Diego, natogli da una indiana. Violento e intrepido, carattere franco e aperto nella sua rozzezza, nemico delle vie coperte e delle astuzie, dotato di una energia indomabile, l'A. sapeva farsi amare dai suoi dipendenti, ed era idolatrato dai suoi soldati, che ricompensò con larghi donativi, e ai quali diede esempî innumerevoli di personale valore: per questo egli lasciò grandissimo rimpianto.

Diego de Almagro, il figlio, detto el Mozo (il giovane), nacque a Panamà nel 1520, finì decapitato a Cuzco nel 1542. Dopo la uccisione del padre, si trovò improvvisamente, benché giovanissimo, portato in primo piano negli avvenimenti del Perù. Francesco Pizarro lo teneva a Lima senza consegnargli il potere, che il padre, morendo, gli aveva trasmesso; quindi, nel giovane meticcio, avido di gloria, l'odio, che la triste sorte del padre gli aveva messo in cuore non poteva che aumentare. E poiché gli amici e fedeli del vecchio Diego erano perseguitati e spregiati dai vincitori, essi si rivolsero come a capo naturale al giovinetto, il quale si trovò così sostenuto da un numeroso partito di scontenti e di ribelli. Juan de Herrada, che fu il capo effettivo del movimento, tentò con una squadra di partigiani un audace colpo, mirando soltanto a far prigioniero il Pizarro; ma i congiurati, penetrati a forza nel palazzo, trafissero il Pizarro a colpi di spada insieme col fratello Francesco Martino e con gli altri che tentavano di resistere. Subito dopo, l'A. fu proclamato capitano generale del Perù. Senonché, proprio allora, era giunto nel Perù il nuovo governatore Cristóbal Vaca de Castro, che, conosciuta la morte del Pizarro, si affrettava a raggiungere Lima per assumere il governo effettivo e assolvere il mandato affidatogli da Carlo V. Il Vaca riusciva ben presto a ridurre all'obbedienza tutto il Perù settentrionale, sicché l'A., insediato a Cuzco, cercò, mediante un compromesso, di mantenere per sé la parte meridionale già assegnata a suo padre. Ma non vi riuscì, perché considerato colpevole dell'assassinio del Pizarro. Il Vaca si preparò, infatti, a marciare contro Cuzco, mentre l'A. faceva fortificare la città e provvedeva da solo, perché rimasto privo dei suoi collaboratori, sia ad apprestare armi e munizioni, sia a stringere alleanza con gl'Indiani. Ma l'attività infaticabile da lui spiegata, e tanto più ammirevole in un giovane della sua età, non valse a fargli superare la prova, ché nella battaglia combattuta, il 16 settembre 1542, in Chupas (Huamanga) sulla strada da Lima a Cuzco il suo esercito venne sconfitto, ed egli fu costretto a rifugiarsi nella stessa Cuzco. Qui dai suoi stessi seguaci fu consegnato al nuovo governatore, e fu decapitato sulla medesima piazza ove, quattro anni avanti, era stata letta a suo padre la sentenza fatale.

Bibl.: B. Sánchez Alonso, Fuentes de la historia espanola é hispanoamericana, 2ª ed., Madrid 1927, nn. 2957 segg., 5296, 5319-5320, 5325-5327. V. specialmente Relación del sitio del Cuzco y principio de las guerras civile del Perú hasta la muerte de Diego de Almagro, 1535 a 1539, in Colección de libros españoles raros o curiosos, XIII; B. Vicuña Mackenna, Diego de Almagro, Santiago 1889. Inoltre, come opere generali, S. Ruge, Storia dell'epoca delle scoperte, Milano 1886; G. H. Prescott, History of the conquest of Peru, voll. 3, Filadelfia 1868.

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