DIONIGI da Borgo Sansepolcro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DIONIGI da Borgo Sansepolcro (Roberti, de Roberti, Dionigi)

Maurizio Moschella

Nacque intorno al 1300 a Sansepolcro, nei pressi di Arezzo, forse dalla locale famiglia de' Roberti, della quale però non rimane alcuna notizia. Assai giovane, entrò a far parte dell'Ordine degli eremitani di s.Agostino, che proprio nella sua città nativa possedevano sin dal 1281 un convento, appartenente alla provincia Vallis Spoletane. Messosi immediatamente in luce grazie ad un ingegno vivacissimo e ad una profonda religiosità, fu inviato a Parigi per seguire i corsi della facoltà di teologia della Sorbona, dove durante l'anno accademico 1317-1318, col titolo di baccalaureus sententiarius, compi la tradizionale lettura delle Sententiae di Pietro Lombardo.

Intorno al 1324 si addottorò in teologia e insegno alla Sorbona almeno fino al 1328, anno in cui sottoscrisse con il titolo di magister sacre pagine un documento redatto a Parigi il 25 marzo, presso il convento degli agostiniani.

Durante la sua permanenza nella capitale francese, seguendo una naturale inclinazione all'eclettismo, D. coltivò i più disparati campi dell'erudizione e si dedicò in particolar modo allo studio e al commento dei classici. Si interessò anche di astrologia giudiziaria, ed ebbe persino fama di preveggente: è rimasta celebre la sua profezia sulla morte di Castruccio Castracani, che egli annunciò con incredibile precisione allo storico Giovanni Villani nel corso di uno scambio epistolare.

Nell'anno 1328 il Villani aveva scritto a D. una lunga lettera per informarlo dei più recenti avvenimenti occorsi in Italia, narrandogli della fruttuosa alleanza che il Castracani aveva stretto con Ludovico il Bavaro e che lo stava portando al dominio di tutta la Toscana. D. rispose ribadendo l'impossibilità che tale disegno si attuasse, perché Castruccio sarebbe morto di lì a poco. Ma gli eventi che seguirono sembravano dargli torto: il signore di Lucca e di Pisa otteneva successi militari sempre più brillanti, e, dopo la conquista di Pistoia, era ormai in procinto di attaccare Firenze. Al Villani, che in una nuova lettera gli illustrava non senza apprensione l'imminente minaccia, D. avrebbe replicato riaffermando l'ineluttabilità della morte del Castracani. Prima ancora che la risposta giungesse a Firenze, la profezia si era avverata e il Villani sbalordito non poté fare a meno di mostrare la lettera dell'amico'ai Priori di Firenze: "E com'ebb'io questa lettera, la mostrai ai miei compagni priori, ch'era allora di quello collegio, ché pochi di innanzi era morto Castruccio, e in tutte le sue parti il giudizio del maestro Dionigi fu profezia" (G. Villani, Cronica, lib. X, cap. 86).

Nel 1329 D. prese parte al capitolo generale degli agostiniani a Parigi; ma negli atti relativi viene menzionato unicamente con la qualifica di diffinitor, e non più di magister sacre pagine, probabilmente perché a quell'epoca già non apparteneva più al corpo insegnante dello Studio parigino. Nel settembre di quello stesso anno venne inviato a Todi dal cardinale Napoleone Orsini per svolgere delicate missioni diplomatiche: ne dà notizia lo stesso D., senza specificarne la natura, in una lettera inviata all'inquisitore Bartolomeo da Perugia (pubblicata da F. Ehrle, pp. 666 s.). Partecipò in seguito ad altri due capitoli: nel 1332 a Venezia, con la qualifica di diffinitor generalis, e nel 1335 a Grasse, in qualità di provincialis Vallis Spoletane.

Dopo aver cessato di insegnare alla Sorbona, D. aveva trasferito la sua residenza ad Avignone, dove continuò ad esercitare la professione di insegnante di teologia e filosofia presso il prestigioso Studio che gli agostiniani gestivano in quella città, allora sede della Curia papale. Quasi certamente tramite la mediazione dell'amico comune, il cardinal Giovanni Colonna, ad Avignone D. conobbe, intorno al 1333, Francesco Petrarca, col quale strinse immediatamente una profonda amicizia, iniziando così un sodalizio spirituale e culturale saldissimo, che influenzò in modo determinante la maturazione artistica del poeta.

Per il Petrarca, che conduceva in quegli anni un'esistenza spensierata e dissipatrice nella mondana città provenzale, l'incontro con D. segnò l'inizio di una profonda crisi morale che sarebbe sfociata, poco più tardi, in una vera e propria "conversione" religiosa. Suggello ideale dell'amicizia tra i due fu il dono, da parte di D., di una copia delle Confessiones di s. Agostino, la cui lettura stimolò il Petrarca non solo ad un'osservanza più severa della morale cristiana, ma anche ad una meditazione più attenta ed approfondita della letteratura sacra. La famosa descrizione dell'ascesa al monte Ventoso contenuta nell'epistola Fam. IV 1 - indirizzata proprio a D. - altro non è che un'allegoria di questo processo di conversione spirituale dovuta soprattutto alla guida e ai consigli del dotto agostiniano.

Tra il 1337 e il 1338 D. fece ritorno in Italia; dopo un breve soggiorno a Firenze, giunse a Napoli (cfr. Petrarca, Fam. IV, 2), dove l'aveva voluto il re Roberto d'Angiò, che per l'agostiniano nutriva una profonda stima, oltre a condividerne gli interessi per l'astrologia giudiziaria e per i classici latini. La notizia del trasferimento di D. presso la corte angioina fu accolta con gioia dal Petrarca, il quale contava sull'appoggio dell'amico per ottenere dal re di Napoli la tanto agognata laureazione poetica.

A Napoli D. trovò un ambiente culturale di prim'ordine: vi risiedevano in quegli anni, infatti, alcuni tra i più prestigiosi intellettuali dell'epoca, quali l'astronomo Andalò Di Negro, lo storico Paolino Minorita, il filologo Paolo da Perugia, il poeta Cino da Pistoia. Vi risiedeva anche il giovane Giovanni Boccaccio, che aveva da poco intrapreso - di mala voglia - gli studi di diritto canonico presso lo Studio del capoluogo campano. Entrato in contatto col giovane letterato, D. ne divenne quasi subito una specie di tutore intellettuale ("il reverendo mio padre e signore maestro Dionigi", lo chiamerà Boccaccio nell'epistola V a Niccolò Acciaiuoli), ed ebbe il merito di introdurlo alla lettura delle opere del Petrarca, oltre che di Seneca e di s. Agostino.

Assai presto D. dovette mettere a disposizione della corte angioina anche le sue doti di diplomatico: nell'inverno del 1338, infatti, fu inviato all'Aquila da re Roberto con l'incarico di tentare una mediazione tra due opposte fazioni cittadine, tra le quali stava divampando una furiosa guerra civile.

La notizia si desume da una cronaca rimata del tempo, la Cronica Aquilena di Buccio di Ranallo: "Era la briga granne omne di nello Mercato / da fare pace facesse continuo tractato; / vidi frate Dionisio che lo re abe mandato: / per fare questa pace li ebbe commandato" (ed. a cura di V. de Bartholomaeis, Roma 1907, p. 99).

Non sappiamo con certezza se a Napoli D. ottenne mai la cattedra di teologia, dal momento che i regesti dell'Ordine agostiniano riguardanti quel periodo sono andati distrutti. Comunque continuò a commentare i classici, e sebbene risulti assai arduo ricostruire il percorso cronologico della sua attività letteraria è molto probabile che proprio durante gli anni della permanenza napoletana componesse, o perlomeno desse forma definitiva alla sua opera più famosa e più impegnativa, il diffusissimo commento ai Factorum et dictorum memorabilium libri di Valerio Massimo, dedicato al cardinale Giovanni Colonna.

Per la datazione del commento a Valerio Massimo sono state avanzate diverse ipotesi. La più convincente appare quella del Sabbadini (Le scoperte...), il quale, sulla base di alcuni riferimenti a precisi avvenimenti storici contenuti nell'opera, propone gli anni 1339-1342 (coincidenti appunto col soggiorno napoletano), senza tuttavia escludere che D. possa aver posto mano all'opera anche molti anni prima. Qualunque sia il periodo in cui fu composto, è comunque certo che proprio a Napoli il commento a Valerio Massimo iniziò la sua straordinaria fortuna e diffusione. Ricchissimo di glosse e di citazioni erudite tratte dagli autori più svariati (Seneca, Cicerone e Livio erano tra i più familiari a D.), costituì per un'intera generazione di umanisti un preziosissimo tramite per accedere ai testi classici. Fu conosciuto ed imitato dai successivi commentatori di Valerio Massimo (quali Giovanni Cavallini, Pietro da Monteforte e Luca da Penne), oltre che dal Boccaccio, che ne possedette una copia e se ne servì come fonte per la stesura del Comento alla Commedia dantesca e per la composizione della Genealogia deorum gentilium.

Nel frattempo D. non cessava di curare gli affari del suo Ordine: alla fine del 1339 il nobile napoletano Gualtiero Galeota donò agli eremiti di s.Agostino un terreno sito sulla collina del Carbonario, perché vi costruissero una chiesa in onore di s.Giovanni Battista; D., insieme al provinciale fra' Giovanni da Alessandria, sottoscrisse l'atto in data 11 ott. 1339.

Il 17 marzo del 1340, a coronamento di una brillante carriera ecclesiastica, D. fu' nominato vescovo di Monopoli da Benedetto XII. Unica traccia della sua breve attività pastorale è un documento di scarsa importanza, una dispensa matrimoniale inviatagli da Benedetto XII il 5 giugno 1340 (Benoit XII, Lettres communes a cura di S.M. Vidal, II, Paris 1903, p. 234, n. 7641).

L'anno seguente organizzò, insieme col cardinale Giovanni Colonna, la cerimonia per la laureazione Capitolina del Petrarca - che aveva incontrato in febbraio a Napoli - e quasi certamente prese parte anche alla preparazione del programma d'esame.

Morì a Napoli il 31 marzo del 1342, compianto dal Petrarca in un commosso epitaffio ("Flere libet, sed fiere vetor ...", Ep. Metr., I, 13).

Fu sepolto nella locale chiesa di S. Agostino alla Zecca.

La maggior parte delle opere di D. è andata perduta, e la natura specifica della sua pur feconda attività letteraria - fu soprattutto un commentatore, un redattore di glosse più che un teorizzatore - ha fatto sì che di suo nulla, o quasi, abbia avuto dignità di stampa. Tuttavia, per vastità di letture e per orientamento di gusti, egli fu senza alcun dubbio tra le personalità di maggior spicco del nascente Umanesimo.

Di D. attualmente possediamo il commento al primo libro delle Sententiae di Pietro Lombardo (Erfurt, Wissenschaftliche Bibliothek, ms. in folio n. 131; Oxford, Balliol College Library, ms. 63); un trattato di logica (Cascia, Biblioteca comunale, ms. 31: Compendiuni logicae iuxta doctrinam em. ac fund. Aegidii Columnae ...), un commento all'Oeconomica pseudo-aristotelica (ai ff. 2v-21v di un incunabulo, conservato in unica copia, stampato a Tolosa intorno al 1495 da H. Mayer, ora nella Biblioteca municipale di Grenoble: Gesamtkatalog der Wiegendrucke, II, coll. 636 s., n. 2436) e il già citato commento a Valerio Massimo, di cui ci rimangono una ventina di manoscritti (tra i più attendibili il Vat. lat. 1924 della Biblioteca apostolica Vaticana e i Fonds latin 5858 e 5861 della Bibliothèque nationale di Parigi) e un'edizione a stampa edita - presumibilmente - a Strasburgo tra il 1472 e il 1475 (cfr. L. Hain, Rep. bibliogr., I, p. 523, n. 4103, Gesamtkatal. d. Wiegendrucke, VII, coll. 449 s., n. 8411).

A D. sono inoltre attribuiti (cfr. Ossinger, Bibl. aug.) commenti a Virgilio, Ovidio (Metamorfosi), Seneca (tragedie), Aristotele (Poetica, Politica e Retorica), s. Paolo (Lettera ai Romani).

Fonti e Bibl.: Chartularium Universitatis Parisiensis, a cura di H. Denifle - H. Chatelair, II, Parisiis 1889, p. 502; Codex diplomaticus Ord. eremit. s. Agustini Papie, a cura di R. Maiocchi-N. Casacca, I, Papiae 1905; G. Boccaccio, Opere latine minori, a cura di A. Massera, Bari 1928, ad Indicem; F. Petrarca, Le familiari, a cura di V. Rossi, I, Firenze 1933, ad Indicem; G. Boccaccio, Tutte le opere, a cura di V. Branca, Milano 1967, pp. 36 s.; F. Petrarca, Opere, a cura di E. Bigi, Milano 1968, ad Indicem; C. D'Engenio, Napoli sacra, Napoli 1624, p. 155; F. Ughelli-N. Coleti, Italia sacra, I, Venetiis 1717, col. 968; J. F. Ossinger, Bibliotheca augustiniana, Ingolstadii et Augustae Vindelicorum 1776, pp. 167 s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana, II, Milano 1833, pp. 278 ss.; I.A. Fabricius, Bibliotheca latina mediae et infimae aetatis, a cura di G. C. Galletto, Firenze 1856-68, sub voce; F. Ehrle, Ludwig der Bayer und die Fraticellen und Ghibellinen von Todi und Amelia im J. 1328, in Archiv für Literatur und Kirchengeschichte des Mittelalters, II (1886), pp. 666 s.; A. Della Torre, La giovinezza del Boccaccio, Città di Castello 1905, pp. 323 ss.; C. Marchesi, Di alcuni volgarizzamenti toscani in codici florentini, in Studi romanzi, V (1907), p. 190; E. Aggarbati, Fra' D.... e la canzone del Petrarca "0 aspectata in ciel", Bologna 193; A. Filangieri di Candida, La chiesa e il monastero di S. Giovanni a Carbonara, Napoli 1924, p. 15; E. Van Moe, Les Ermites de saint Augustin amis de Pétrarque, in Mélanges d'archéologie et dhistoire, XLVI (1929), pp. 260-267; I. Ricci, Un amico del Petrarca: D...., in Boll. stor. agost., XV (1939), pp. 41 ss.; G. Billanovich, Petrarca letterato, I, Lo scrittoiodel Petrarca, Roma 1947, pp. 62 ss., 74 n. 1; Id., Restauri boccacceschi, Roma 1947, pp. 60 n. 1, 67; B.-L. Ullman, Studies in the Italian Renaissance, Roma 1955, pp. 51 s.; R. Weiss, Notes on D., in Italian Studies, X (1955), pp. 408 s.; U. Mariani, Il Petrarca e gli agostiniani, Roma 1959, pp. 1533; A. E. Quaglio, Valerio Massimo e il "Filocolo" di G. Boccaccio, in Cultura neolatina, XV (1960), pp. 67 n. 45, 71; G. Di Stefano, D., amico del Petrarca e maestro del Boccaccio, in Atti dell'Acc. delle scienze di Torino, cl. di scienze morali, XCVI (1961-62), pp. 272-314; Id., Per la fortuna di Valerio Massimo nel Trecento: le glosse di Pietro da Monteforte e il commento di D., ibid., pp. 777-790; G. Billanovich, Petrarca e il Ventoso, in Italia medioevale e umanistica, IX (1966), pp. 399 s.; R. Sabbadini, Le scoperte dei codici latini e greci nei sece. XIV e XV. Nuove ricerche, II, Firenze 1967, pp. 36-44; F. Sabatini, La cultura a Napoli nell'età angioina, in Storia di Napoli, IV, 2, Napoli 1974, pp. 78 s.; D. M. Schullian, A revised list of manuscripts of Valerius Maximus, in Miscell. A. Campana, II, Padova 1981, pp. 695-728; F. E. Cranz-P. O. Kristeller, Catalogus translationum et commentariorum, V, Washington 1984, pp. 324-329.

CATEGORIE