DISCEPOLI, Giovanni Battista, detto lo Zoppo da Lugano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 40 (1991)

DISCEPOLI, Giovanni Battista, detto lo Zoppo da Lugano

Marco Bona Castelloni

Figlio di Giacomo (Brentani, 1938), secondo l'Orlandi (1704) nacque a Castagnola presso Lugano nel 1590; non sono stati tuttavia rintracciati fino a oggi documenti che accertino l'esattezza della datazione e, d'altra parte, sono scarsissime le notizie che si hanno su questo pittore. Un pagamento del 1615, conservato nell'Archivio dell'Arciconfraternita della buona morte di Lugano, in cui il D. è nominato "per sue fadige fatte nel giorno di Santa Marta", con il soprannome di "Zoppo" (Bordoni, 1971, p. 298), confermerebbe la data di nascita indicata dall'Orlandi. Le fonti ricordano inoltre un pagamento di "soldi 22 datto al pittor di Castagnola" (ibid., p. 298), nel 1638, ancora per lavori in S.Marta, e nel medesimo anno un altro per "haver dipinto il drago". Nessuna di queste opere è oggi identificabile; comunque risulta significativo che il D., nel 1638, quindi in età presumibilmente matura, operasse in patria.

Il 28 febbr. 1640 il D. è citato in un atto di vendita e il 7 marzo (Brentani, 1938) è detto sindaco della chiesa di S. Giorgio in Castagnola. Sempre secondo l'Orlandi sarebbe morto nel 1660. Nel 1671, anno della prima edizione dell'Immortalità e gloria del pennello di Agostino Santagostino, doveva essere comunque defunto da tempo, poiché l'autore della guida milanese afferma nell'introduzione di voler parlare soltanto di artisti scomparsi, per non fare torto ad alcun vivente. Nel 1677 i figli del "quondam. signor Giovanni Battista Discepoli di Castagnola" devono versare "lire 30 ter" a saldo dei debiti contratti dal padre (Brentani, 1938).

Della vita del pittore non si conosce altro e nessuna conferm a si rinviene della diceria del Franscini (1837) secondo il quale il D. sarebbe morto avvelenato. Concordano invece il Franscini e il Pasqualigo (1855) nel riferire alla fase giovanile gli affreschi della cappella di sinistra di S. Rocco a Lugano, attribuzione estesa dal Donati (1939) agli affreschi delle navate laterali, raffiguranti Storie della vita del santo, che invece non sono del D., bensì di un ignoto contemporaneo. La decorazione a fresco della minuscola cappella di sinistra descrive quattro episodi: il Riposo durante la fuga in Egitto, la Presentazione al tempio, la Strage degli innocenti e l'Adorazione dei magi; nella volta Dio Padre.

Lo stato di conservazione è pessimo e rende difficile qualsiasi esame stilistico. Non vi sono però plausibili motivi per negarli al pittore; apparterrebbero, nel caso di probata autografia, a una fase giovanile, e una certa retorica accademica risulta in verità assai distante dalla libera stesura pittorica delle opere mature. Questi affreschi sono da leggersi nell'ottica di un influsso di Camillo Procaccini. Del resto, secondo il Ticozzi (1818) il D. avrebbe mosso i primi passi nella cerchia del Procaccini, optando per un fare più libero soltanto dopo il 1630. A quanto afferma L. Malvezzi (Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, p. 236) - ma è il solo e i documenti d'archivio della quadreria del duomo di Milano non gli danno ragione - il pittore avrebbe eseguito due dei "quadroni" per il duomo: quello che raffigura la Fondazione della dottrina cristiana e il S. Carlo che amministra la cresima agli appestati. In nessuno dei pagamenti del duomo figura il nome del D. e di norma le due grandi e mediocri tele sono state inserite nell'ambito di C. Buzzi e di C. Landriani cui è giusto riferirle.

Tra il 1630 e il 1640 si possono ragionevolmente fissare i tempi della maturazione dello stile del D.; forse verso la fine del terzo decennio del sec. XVII va posta l'Annunciazione di S. Antonio a Lugano (in sacrestia), dove pervenne all'inizio del secolo dalla chiesa di S. Marta, sede dell'Arciconfraternita della buona morte (Bordoni, 1971, p. 265). Non è da escludere che il pagamento relativo ai lavori nella chiesa riguardi anche la tela, la quale risente di influssi di C. F. Nuvolone. Intorno al 1640 il D. eseguì nella parrocchiale di Caprino Bergamasco le Anime del purgatorio, già citate nel 1671 nel manoscritto del Calvi (cfr. Pagnoni, 1979). È invece perduto il dipinto con le Anime del purgatorio, ricordato dalle fonti milanesi (cfr. Torre, 1714 [1674], p. 245) in S. Carlo dei Carmelitani a Milano, che probabilmente non doveva discostarsi molto dalla tela di Caprino. Verso la metà del secolo è opportuno porre anche la grande tela con le Tentazioni di s. Antonio oggi nella chiesa dei Ss. Cosma e Damiano di Mirazzano, presso Milano, dove venne concessa in deposito nel 1818 da Brera (Inventario napoleonico, n. 271), e che in origine proveniva, forse, da S. Carpoforo a Milano; fornisce indicazioni il Torre (1714 [1674], p. 224), che parla di "un Sant'Antonio nella Cappella a mezzo la Chiesa". Tutti i dipinti finora nominati tradiscono una certa influenza ligure, di G. B. Carlone e di B. Strozzi; si addensano probabilmente nel decennio compreso tra il 1640 e il 1650, ma non è possibile datarli alla luce di ritrovamenti documentari.

Le tele che ornano la cappella di S. Francesco in S. Vittore al Corpo a Milano sono invece con maggiore sicurezza databili al 1646, grazie a un registro manoscritto conservato nell'Archivio di Stato di Milano (Fondo di Religione, p.a., Registri 43/a), compilato dall'abate olivetano Delfinone nel 1679. Vi si legge che la cappella fu fatta abbellire dalla devozione "dell'Eccellentissimo Sig.re Marchese Girolamo Rho per mano del Zoppino da Lugano ... e fu l'anno 1646".

L'ordine dei tre quadri venne sovvertito in epoca imprecisabile poiché in origine il S. Francesco che riceve il Bambino dalla Madonna si trovava sull'altare, mentre ora è sulla parete destra. Il cielo di S. Vittore, nel quale forse il D. tocca il vertice della sua produzione milanese, conferma quanto fondamentale fosse per il pittore la lezione genovese. Infatti la figura del Bambino, nella pala con la Madonna e S. Francesco, è una derivazione vandyckiana, mentre l'angelo del Concerto mistico a S. Francesco sembra ripreso quasi alla lettera dal Concerto angelico a S. Francesco del Fiasella in Nostra Signora del Monte a Genova; il terzo quadro del gruppo, raffigurante le Stigmate di S. Francesco, è fortemente drammatico e richiama invece P. F. Cairo e anche il veneto J. Maffei.

Verso il 1650 quindi il D. dimostrava di avere conquistato una piena maturità di linguaggio. Protagonista di punta del Seicento milanese, interpretò in maniera personale le nuove indagini operate sulla luce dal Cairo e dal Nuvolone e trovò anche ragioni di incontro con il movimento neoveneto. Un forte influsso nuvoloniano è visibile nella pala con il Miracolo della Madonna della neve, recentemente identificata nella chiesa di S. Pietro ad Abbiategrasso (Comincini, 1986), databile grazie a un pagamento di 186 lire tra il 1650 e il 1651. Intorno a questi anni venne probabilmente eseguita anche la Madonna del rosario e santi della chiesa di S. Giorgio in Borgo Vico a Como, ivi trasferita all'inizio del sec. XIX dalla chiesa dei carmelitani di Como, S. Teresa, dove la ricorda il Bartoli (1776).

Delle tele laterali, cui il Bartoli accenna senza tuttavia specificare i soggetti, non è rimasta traccia. Nello sfondo del quadro di S. Giorgio compare un edificio che potrebbe essere forse la stessa chiesa dei carmelitani. Il D. si dimostra sensibile alla lezione del Nuvolone, ma anche del Cairo, come si rileva nella figura della santa inginocchiata, derivata dalla Visione di S. Teresa oggi in deposito presso la certosa di Pavia, e pure di G. B. Carlone che, intorno al 1630, aveva dipinto in S. Antonio a Milano.

Alla fase di forte influsso nuvoloniano appartiene anche la così detta Sibilla, conservata nei depositi della Pinacoteca civica di Milano (tavola, inv. 148), confermata al pittore da una scritta antica a tergo, testimone di una produzione di destinazione privata, di cui resta memoria nella Madonna col Bambino che suona il campanello e s. Antonio, elencata tra i quadri della antica collezione Mazenta e fino a oggi non reperita (Verga, 1918), e in un S. Gerolamo su tavola, tuttora inedito, comparso di recente sul mercato milanese, assicurato al D. da una dicitura antica.

Nell'Adorazione dei magi, oggi nella Pinacoteca civica di Milano, in deposito da Brera (inv. 395), proveniente in origine dalla demolita chiesa di S. Marcellino, dove la cita anche il Santagostino (1671), oltre all'evidente impronta cairesca si riscontra una luce di derivazione veneta.

Il gruppo degli angeli è una citazione puntuale della Circoncisione di Rubens in S. Ambrogio a Genova mentre il gruppo della Vergine col Bambino discende con una certa precisione dalla Madonna e santi di Luca Giordano, già in S. Spirito a Venezia e oggi presso il seminario vescovile di Venegono, presso Varese. Una recente indagine d'archivio (Bona Castellotti, 1984) ha portato alla scoperta del testamento del reverendo Baldassarre Cozzo, datato 13 apr. 1651, nel quale il testatore lascia 300 lire per ornare la cappella con un'ancona con i magi. Quindi il 1651 può venire accolto come termine post quem del dipinto, che probabilmente non venne eseguito molto tempo dopo. Così se il volto della Madonna ricorda la Madonna col Bambino di P. F. Cairo nella certosa di Pavia, il S. Giuseppe in posizione arretrata è quasi un ricordo, nella sua materia sfatta e vibrante, di G. Serodine. Del quadro del D. esiste una copia scadente nella Pinacoteca dell'arcivescovado (inv. 157) a Milano.

Tra il 1649 e il 1653 il D. dipinse due tele nel santuario della Madonna dei Miracoli a Corbetta, presso Milano, a ornamento della cappella fondata dal marchese Gottardo Frisiani nel 1649. I dipinti, che raffigurano la Comunione di s. Luigi Gonzaga e il Commiato di s. GiovanniBattista, sono assicurati al pittore da una scritta a tergo e il loro carattere, di forte impressione nuvoloniana, li dichiara leggermente anteriori alla Adorazione dei magi. Intorno a questi anni vanno datate anche la Natività, l'Adorazione dei magi e il Riposodurante la fuga in Egitto (Bona Castellotti, 1985).

Completano il catalogo del D. alcuni disegni: cinque sanguigne di notevoli dimensioni in collezione privata milanese, una delle quali pubblicata (Bona Castellotti, 1984), raffiguranti Nudi accademici, e una Madonna col Bambino a sanguigna (Galleria Gilli, Milano, 1985), tutti assai lontani per qualità da quelli piuttosto deboli dell'Ambrosiana (Spina Barelli, 1959) e da altri, inediti, conservati nell'Archivio di S. Maria presso S. Celso a Milano, raffiguranti Santi. Nessuno di questi disegni trova riscontri con le opere del D. fino a oggi identificate.

Le fonti ricordano però altri quadri del D., di cui oggi non esiste traccia: le ante dell'organo della demolita chiesa milanese di S. Anna, "esprimenti per fuori Maria Vergine e Sant'Anna, e per dentro San Girolamo e Sant'Agostino" (Bartoli, 1776, p. 142); perduta è anche la Sacra Famiglia con s. Giovanni e un angelo, da cui Pompeo Ghitti, allievo del D., trasse un incisione. Il Bartoli (II, 1777, p. 117) parla di "vari quadri esprimenti la vita di San Pietro Martire" nella chiesa di S. Pietro di Campagna a Luino, oggi non più in loco, mentre si può con una certa cautela attribuire al pittore la pala d'altare con la Madonna del Carmelo e i ss. Giovanni Battista e Francesco, datata 1647 e attribuita a scuola lombarda (cfr. P. Frigerio-S. Mazza-P. Pisoni, L'antica parrocchiale di S. Pietro in Luino, Luino 1969, pp. 60 s.), già nella chiesa del Carmine a Luino.

È invece improbabile siano del D. le due Sante dell'Ordine carmelitano, già nella chiesa di S. Antonio a Lugano, oggi in S. Rocco (cfr. Mostra d'arte ticinese del '600 e del '700, Locarno 1938, tav. XXI, qui date al Discepoli). Così sembra opportuno espungere dal suo catalogo il S. Bartolomeo della ornonima chiesa di Bergamo, assegnatogli da F. Bartoli (Sculture ed architetture di Bergamo, Bergamo 1774, p. 12), mentre i tondi con la Madonna col Bambino e s. Giuseppe in S. Maria degli Angeli a Lugano, che I. Marcionetti (Chiesa e convento..., Lugano 1975, pp. 162 s.) assegna al D., sono di stesura già settecentesca. Le Gesta del Miani, affreschi in S. Antonio a Lugano, non appartengono al D., bensì a un poco noto G. A. Torricelli, al contrario di quanto vorrebbe il Pasqualigo (1855, p. 161), e la pala d'altare della chiesa dei cappuccini di Lugano (ibid.) è di un ignoto pittore veneto che poco ha da spartire con il Discepoli.

Fonti e Bibl.: Lugano, Curia arcivescovile, Visita pastorale di mons. Garafino vescovo di Lugano, ms. s. d. [sec. XVII]; Arch. di Stato di Milano, Fondo di Religione, p. a., Registri 20, Chiesa di S. Marcellino, ff. 30, 241; Ibid., Fondo notarile, filza 31513; Milano, Pinacoteca di Brera, Inventario napoleonico, ms. n. 138; A. Santagostino, L'immortalità e gloria del pennello, Milano 1671 (a cura di M. Bona Castellotti, Milano 1980, pp. 51, 53 n. 9); C. Torre, Il ritratto di Milano [1674], Milano 1714, pp. 163, 212, 217, 224, 245; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 210; S. Latuada, Descrizione di Milano, II, Milano 1737, p. 68; IV, ibid. 1738, p. 352; V, ibid. 1738, pp. 53, 93, 307; F. Bartoli, Notizia delle pitture ... d'Italia, I, Venezia 1776, pp. 142, 183; II, ibid. 1777, p. 117; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1795-96], a cura di M. Capucci, Firenze 1968, pp. 337 s.; S. Ticozzi, Diz. degli archit., scultori e pittori, Milano 1818, I, p. 161 (ed. Milano 1830, I, pp. 416 s.); M. Bisi-R. Gironi, Pinacoteca del palazzo reale delle scienze e delle arti di Milano, III, Milano 1833, tav. V; S. Franscini, La Svizzera ital., Lugano 1837, p. 398; L. Pasqualigo, Manuale ad uso del forastiere a Lugano, Lugano 1855, p. 121; C. Ricci, La Pinacoteca di Brera, Bergamo 1907, pp. 70, 299; F. Malaguzzi Valeri, Catal. della R. Pinacoteca di Brera, Bergamo 1908, p. 233; E. Verga, La famiglia Mazenta e le sue collezioni d'arte, in Arch. stor. lomb., XLV (1918), p. 283; Inventario degli oggetti d'arte d'Italia, I, A. Pinetti, Provincia di Bergamo, Roma 1931, p. 190; L. Brentani, Antichi maestri d'arte e di scuola delle terre ticinesi, II, Como 1938, p. 123 n. 9; V. Donati, Vagabondaggi, Bellinzona 1939, p. 241; G. Nicodemi, La pittura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, p. 494; E. Spina Barelli, Disegni di maestri lombardi del primo Seicento, Milano 1959, pp. 82 s.; B. Bordoni, Lugano. L'Arciconfraternita della Buona Morte e il San Salvatore, Lugano 1971, pp. 265, 298; P. Pagnoni, Appunti di storia e arte. Le chiese parrocchiali bergamasche, Bergamo 1979, p. 115; M. Bona Castellotti, G. B. D., lo Zoppo da Lugano, in Scritti di storia dell'arte in onore di F. Zeri, Milano 1982, pp. 568-579; Id., in Brera dispersa, Milano 1984, p. 151; Id., La pittura lombarda del '600. Repertori fotografici Longanesi, Milano 1985, tavv. 279-285; Galleria Gilli, Disegni lombardi, Milano 1985, tav. 47; F. Novis-M. Zanardi, in Ipittori bergamaschi. Il Seicento, III, Bergamo 1985, pp. 347 s.; M. Comincini, Una tela di G. B. D. ..., in Habiate, XI (1986), 28, pp. 105-112; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IX, p. 329.

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