ERETTILE, DISFUNZIONE

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

ERETTILE, DISFUNZIONE.

Vincenzo Gentile

– Terapia medica di prima linea. Farmacoterapia orale. Vacuum device. Terapia medica di seconda linea. Terapia combinata. Alprostadil intrauretrale. Terapia medica di terza linea: chirurgia protesica. Bibliografia

Negli ultimi venti anni la terapia della d. e. ha subito radicali cambiamenti grazie alla comprensione dei complessi processi che sottendono al meccanismo dell’erezione. L’erezione è in ultima analisi un evento prettamente emodinamico alla cui realizzazione concorrono vari sistemi e apparati (il sistema nervoso centrale e periferico, quello endocrino e il vascolare), l’integrità dei quali è essenziale per il rilascio dei neurotrasmettitori interessati, tra cui l’ossido nitrico. Quest’ultimo, in definitiva, è responsabile della vasodilatazione del microcircolo penieno con conseguente iperafflusso di sangue arterioso e contestuale attivazione dei meccanismi veno-occlusivi. L’ossido nitrico e il suo secondo messaggero GMP (Guanosine MonoPhosphate) ciclico hanno un’emivita di circa 6 secondi perché degradati da specifici enzimi, le fosfodiesterasi (PDE, PhosphoDiEsterase), in particolare l’isoenzima 5 (PDE-5) selettivamente espresso a livello del tessuto cavernoso. Un’alterazione patologica di uno dei sistemi coinvolti può portare a una d. e., definita come l’incapacità persistente di raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente a consentire un rapporto sessuale soddisfacente (Gratzke, Angulo, Chitaley et al. 2010).

La d. e. ha un impatto significativo sulla qualità di vita dei pazienti e della coppia. Inoltre, sono sempre più consistenti le evidenze scientifiche che indicano nella d. e. una spia precoce di patologie coronariche e vascolari. Il primo obiettivo da perseguire nella gestione di un paziente affetto da d. e. è quindi quello di identificare e, quando possibile, modificare o rimuovere tutti i fattori di rischio (eccessiva sedentarietà, stress, fumo di sigaretta, abuso di alcol e droghe, obesità, sovrappeso). Il cambiamento dello stile di vita e la modifica dei fattori di rischio devono precedere o accompagnare qualsiasi trattamento farmacologico, così come è necessario un controllo clinico-metabolico accurato nel paziente diabetico e iperteso. Una forma di d. e. particolare, riscontrabile soprattutto nei giovani, è la cosiddetta d. e. psicogena. Questa può essere generata da stati emozionali quali ansia da prestazione o problemi relazionali, o da stati patologici come la depressione. In questi casi la terapia deve mirare a identificare i fattori psicologici alla base del disturbo, in maniera da integrare la terapia farmacologica con trattamenti psicologici (counseling psicosessuologico). Altre cause organiche di d. e., oltre a quelle cardiovascolari o metaboliche, possono essere le alterazioni ormonali, come una carenza di testosterone secondaria a insufficienza testicolare (ipogonadismo o LOH, Late Onset Hypogonadism) e/o a disfunzioni pituitarie/ipotalamiche (tumore ipofisario funzionale con conseguente iperprolattinemia): queste forme di d. e. vanno pertanto indagate con un esame anamnestico/clinico rigoroso e attraverso dosaggi ormonali ematici, per poi procedere con terapia sostitutiva androgenica quando necessario.

Terapia medica di prima linea. – Farmacoterapiaorale. – Alla fine degli anni Novanta del 20° sec. è stata scoperta una classe di farmaci, gli inibitori selettivi delle 5-fosfodiesterasi (PDE-5i), che hanno rivoluzionato il trattamento medico della d. e. e che rappresentano pertanto la terapia farmacologica di prima linea. Questa categoria di farmaci ha infatti mostrato una notevole efficacia e un ottimo profilo di tollerabilità e sicurezza nei pazienti con d. e. sia organica sia psicogena, ma soprattutto ha contribuito a creare una nuova mentalità, superando vecchi e ancestrali tabù nell’affrontare le problematiche sessuali, e a rivoluzionare l’approccio diagnostico e terapeutico della d. e., evidenziandone l’organicità.

Il sildenafil citrato (Viagra®), registrato in Europa nel 1998, è stato il primo inibitore delle PDE-5 disponibile sul mercato. Va assunto a digiuno, in quanto il cibo e l’alcol interferiscono con il suo assorbimento, e la sua efficacia si esplica dopo circa 30-60 minuti dalla somministrazione, mantenendosi per un periodo massimo di 6-12 ore (Moncada, Jara, Subira et al. 2004). Numerosi studi sia in vitro sia in vivo hanno confermato la validità del sildenafil. In particolare, alcuni lavori hanno evidenziato come esso sia efficace, alla massima dose, anche in alcune categorie di pazienti poco responsivi alle terapie orali, come i diabetici e quelli sottoposti a prostatectomia radicale. La somministrazione del sildenafil, come quella di tutta questa classe di farmaci, è controindicata nei soggetti affetti da angina pectoris in terapia con nitroderivati, per l’effetto sinergico sulla vasodilatazione, con conseguente rischio di ipotensione acuta, e in quelli con retinite pigmentosa e con una neuropatia ottica ischemica non arteritica anteriore. Viceversa può essere assunto in sicurezza contestualmente ad altre categorie di farmaci antipertensivi, mentre viene raccomandata una certa cautela in caso di terapie in atto con alcuni alfa-bloccanti (doxazosina). Gli effetti collaterali, generalmente momentanei e di modesta entità, sono rappresentati dalla cefalea transitoria (15,8%), dal flushing al volto (10,5%) e dalla dispepsia (6,5%).

Dal 1998 al 2015, oltre al sildenafil, sono stati approvati e messi in commercio altri PDE-5 inibitori, diversi fra loro per profilo farmacocinetico e farmacodinamico e per questo classificati, in base alla loro emivita, come farmaci a breve (sildenafil, vardenafil) o a lunga durata d’azione (tadalafil), oppure classificati in base alla loro rapidità di effetto (avanafil, vardenafil).

Il tadalafil (Cialis®), dopo la somministrazione, raggiunge il suo picco dopo circa 2 ore e si dimezza dopo 17 ore, mantenendo la sua efficacia terapeutica per circa 36 ore (Porst, Padma-Nathan, Giuliano et al. 2003). Le sue peculiari caratteristiche farmacocinetiche fanno sì che la sua azione non sia influenzata dall’assunzione di cibo e alcol, mentre gli effetti collaterali sono sovrapponibili a quelli della categoria. Nel 2007 l’Agenzia europea del farmaco ha approvato il tadalafil 2,5 e 5 mg con formulazione giornaliera, fornendo un’alternativa al dosaggio assunto on demand per quei pazienti che preferiscono un’attività sessuale spontanea piuttosto che programmata o che hanno una maggiore frequenza di rapporti sessuali. La caratteristica principale del tadalfil 5 mg è quella di essere efficace non solo nel trattamento della d. e., ma anche nella terapia dei sintomi del basso apparato urinario, secondari a ipertrofia prostatica benigna (IPB, Gacci, Corona, Salvi et al. 2012).

Il vardenafil (Levitra®) agisce rapidamente (15-30 minuti), ma l’assunzione a stomaco pieno o dopo alcolici ne compromette l’efficacia. Recentemente è stata approvata una nuova formulazione, quella orodispersibile, che oltre a essere preferita dal paziente per la modalità di assunzione, mostra un assorbimento non influenzato dal cibo con una migliore biodisponibilità, maggiore efficacia e rapidità d’azione (Heinig, Weimann, Dietrich et al. 2011).

Da poco è disponibile l’avanafil (Spedra®), che sembra differenziarsi dagli altri PDE-5i per una maggiore selettività verso l’isoenzima PDE-5, con conseguente minore incidenza di effetti collaterali. Tale molecola raggiunge la concentrazione massima nel plasma in circa 30-45 minuti, presenta un’emivita plasmatica di 3-5 ore e una durata massima d’azione compresa fra 6-12 ore. Il suo assorbimento, e quindi la biodisponibilità, risultano in qualche modo influenzati dall’assunzione di cibo (Katz, Tan, Rittenberg et al. 2014).

Vacuum device. – La logica di tale dispositivo si basa sulla sua capacità di provocare, mediante un’aspirazione prodotta dal vuoto determinato nel cilindro del device, un maggiore afflusso di sangue a livello dei corpi cavernosi e di trattenerlo in tale distretto attraverso un anello costrittore posto alla base del pene. Tale meccanismo comporta ovviamente un’erezione di tipo meccanico e non fisiologico, ma con un’efficacia, misurata in termini di erezioni sufficienti per un rapporto sessuale, che si aggira intorno al 90% e una soddisfazione dei pazienti compresa fra 27-94% (50-64% dopo 2 anni), seppure con livelli di evidenza scientifica non elevata (Levine, Dimitriou 2001). I più comuni eventi avversi legati all’utilizzo del vacuum device sono rappresentati da dolore, incapacità di eiaculare, petecchie, ecchimosi e necrosi cutanea (meno del 30% dei pazienti), tanto da sconsigliarne l’uso in pazienti con disturbi vascolari e/o in trattamento anticoagulante.

Terapia medica di seconda linea. – Alcune categorie di pazienti affetti da d. e. organica di grado moderato/severo o pazienti sottoposti a chirurgia pelvica (prostatectomia radicale) non rispondono ai PDE-5 inibitori. Per questo gruppo di pazienti l’alternativa è rappresentata dalla terapia iniettiva intracavernosa (FIC, Farmacoinfusione IntraCavernosa) o farmacoprotesi con farmaci vasoattivi. Tale trattamento, che prima dell’avvento degli inibitori delle PDE-5 ha rappresentato la terapia di scelta per la d. e., mostra un successo nell’85% dei casi. L’alprostadil (Caverject®), approvato per questa terapia, evidenzia la sua efficacia in monoterapia alla dose di 5-20 μg, con comparsa dell’erezione dopo circa 5-15 minuti e con durata proporzionale alla dose iniettata (Coombs, Heck, Guhring et al. 2012). Il paziente necessita di un programma di training (1 o 2 visite) per apprendere la corretta modalità di iniezione, che deve essere eseguita sulla faccia laterale del pene. Le possibili complicanze legate a tale metodica comprendono dolore penieno (50%), erezioni prolungate (5%), priapismo (1%) e fibrosi dei corpi cavernosi (2%), che in alcuni casi può regredire dopo pochi mesi dalla sospensione.

Terapia combinata. – La terapia di combinazione consente al paziente di sfruttare i differenti meccanismi d’azione dei farmaci utilizzati e di ridurre gli effetti collaterali mediante l’uso di basse dosi di ciascun farmaco. Le principali combinazioni sono costituite da una miscela a base di papaverina (7,5-45 mg) e fentolamina (0,25-1,5 mg)

o da una soluzione con papaverina (8-16 mg), fentolamina (0,2-0,4 mg) e PGE-1 (10-20 μg). Quest’ultima combinazione mostra un’efficacia di circa il 92% e una minore incidenza di dolore penieno, ma una maggiore incidenza di fibrosi (5-10%) rispetto all’alprostadil (PGE-1) da solo.

Alprostadil intrauretrale. – Una specifica formulazione di alprostadil (MUSE®, 125-1000 μg) è stata approvata per il trattamento della d. e.; il farmaco somministrato per via uretrale raggiunge comunque i corpi cavernosi. Il 30-65,9% dei pazienti ha un’erezione sufficiente per un rapporto sessuale, mentre gli eventi avversi più frequenti sono rappresentati da dolore locale (29-41%), vertigini con eventuale ipotensione (1,9-14%), fibrosi del pene e priapismo (meno dell’1%), sanguinamento uretrale (5%) e infezioni (0,2%). La farmacoterapia iniettiva intrauretrale risulta comunque meno efficace delle iniezioni intracavernose.

Terapia medica di terza linea: chirurgia protesica. – I risultati ottenuti con la terapia farmacologica hanno notevolmente ridotto il ricorso all’impianto di una protesi peniena. Le principali indicazioni alla chirurgia della d. e. sono rappresentate dalla mancata risposta alla farmacoterapia orale e/o iniettiva (pazienti sottoposti a prostatectomia radicale, o forme severe di d. e. come nei diabetici), dall’intolleranza alla terapia intracavernosa e dal desiderio dei pazienti di ottenere una soluzione definitiva al problema. Candidati altresì a impianto protesico sono i soggetti in cui alla d. e. si associano patologie caratterizzate da incurvamento penieno (induratio penis plastica o malattia di La Peyronie), da fibrosi dei corpi cavernosi e da retrazioni cicatriziali di varia eziologia.

Tra le protesi idrauliche più utilizzate vi sono le tricomponenti, costituite da due cilindri di consistenza morbida, una pompa di inflazione/deflazione e un serbatoio, collegati e preconnessi tra loro; in condizioni di flaccidità i cilindri sono vuoti, quando invece si desidera un’erezione vengono gonfiati con il liquido del circuito posto nel serbatoio, liquido che viene richiamato verso i cilindri mediante una pressione esercitata sulla pompa, posta nello scroto e facilmente azionabile dall’esterno. Negli ultimi anni si è assistito a un’evoluzione degli impianti, soprattutto grazie all’utilizzo di nuovi materiali biocompatibili, che da un lato hanno ridotto notevolmente l’incidenza delle complicanze meccaniche e infettive associate a questo tipo di chirurgia, e dall’altro hanno aumentato il grado di soddisfazione di paziente e partner. Infatti le protesi idrauliche presentano il vantaggio di garantire l’alternanza fra flaccidità e rigidità tipiche del normale meccanismo fisiologico. Gli svantaggi sono dati dai costi più elevati, da una relativa incidenza di rottura meccanica e dalla necessità di una discreta manualità da parte del paziente per l’attivazione (Mulcahy, Austoni, Barada et al. 2004).

L’impianto può essere eseguito utilizzando due diversi tipi di accesso chirurgico: quello infrapubico e quello penoscrotale. La percentuale di soddisfazione di pazienti e partner è elevata. Le complicanze maggiori dell’intervento sono rappresentate dall’infezione (8-10%) e dalla rottura meccanica della protesi (6-8%). L’infezione di solito richiede la somministrazione di antibiotici e/o il contestuale espianto della protesi.

Bibliografia: L.A. Levine, R.J. Dimitriou, Vacuum constriction and external erection devices in erectile dysfunction, «The urologic clinics of North American», 2001, 28, 2, pp. 335-41; H. Porst, H. Padma-Nathan, F. Giuliano et al., Efficacy of tadalafil for the treatment of erectile dysfunction at 24 and 36 hour safter dosing: a randomized controlled trial, «Urology», 2003, 62, 1, pp. 121-25, discussion pp. 125-26; I. Moncada, J. Jara, D. Subira et al., Efficacy of sildenafil citrate at 12 hours after dosing: re-exploring the therapeutic window, «European urology», 2004, 46, 3, pp. 357-60, discussion pp. 360-61; J.J. Mulcahy, E. Austoni, J.H. Barada et al., The penile implant for erectile dysfunction, «The journal of sexual medicine», 2004, 1, 1, pp. 98-109; C. Gratzke, J. Angulo, K. Chitaley et al., Anatomy, physiology, and patho physiology of erectile dysfunction, «The journal of sexual medicine», 2010, 7, pp. 445-75; R. Heinig, B. Weimann, H. Dietrich et al., Pharmacokinetics of a new orodispersible tablet formulation of vardenafil: results of three clinical trials, «Clinical drug investigation», 2011, 31, 1, pp. 27-41; P.G. Coombs, M. Heck, P. Guhring et al., A review of outcomes of an intracavernosal injection therapy programme, «British journal of urology international», 2012, 110, 11, pp. 1787-91; M. Gacci, G. Corona, M. Salvi et al., A systematic review and meta-analysis on the useof phosphodiesterase 5 inhibitors alone or in combination with α-blockers for low urinary tract symptoms due to benign prostatic hyperplasia, «European urology», 2012, 61, 5, pp. 994-1003; E.G. Katz, R.B. Tan, D. Rittenberg et al., Avanafil for erectile dysfunction in elderly and younger adults: differential pharmacology and clinical utility, «Therapeutic and clinical risk management», 2014, 27, 10, pp. 701-11.

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