Dislessia

Dizionario di Medicina (2010)

dislessia

Antonella Trentin

apprendimento, disturbi dell’

Trattamento della dislessia

La dislessia appartiene ai cosiddetti disturbi specifici di apprendimento (DSA), che riguardano bambini e adulti dotati di un quoziente d’intelligenza normale o superiore alla media. Si tratta di un disturbo neurobiologico che deriva da un diverso funzionamento di specifiche aree del cervello, quelle parieto-temporali dell’emisfero sinistro (preposte alle funzioni linguistiche) e quelle pre-frontali o del cervelletto (preposte all’organizzazione delle attività). In molti casi le difficoltà di apprendimento sono precedute da difficoltà di linguaggio o di coordinazione motoria. I DSA possono avere un’origine genetica e quindi trasmettersi tra generazioni nella stessa famiglia.

Quattro tipi di DSA

La dislessia compromette specificamente la lettura. Chi soffre di questo disturbo non legge in modo fluente, è lento e commette errori. La difficoltà può variare da soggetto a soggetto; con gli anni la lentezza e gli errori tendono a ridursi, ma rimane la necessità di concentrarsi sul processo in sé, con possibili carenze nella comprensione del testo. La disortografia implica difficoltà di scrittura. Il 60% dei dislessici ha anche questo problema, vale a dire che salta, aggiunge o scambia le lettere all’interno delle parole che scrive. Anche in questo caso con il tempo la difficoltà si attenua, mentre rimangono gli errori ortografici. Scrivere è un processo molto laborioso e stancante: mentre si dedicano al contenuto di un tema, i disortografici sono costretti a fermarsi su ogni parola per verificarne la correttezza. Il rischio è che i concetti alla fine siano poco articolati e poco originali. Circa un terzo dei DSA soffre anche di disgrafia; ha cioè una scrittura poco leggibile (le lettere risultano scarsamente riconoscibili) e non automatizzata. La discalculia infine comporta difficoltà nel calcolo matematico: il 40% dei dislessici inverte i numeri mentre li scrive, non riesce ad imparare le tabelline, commette errori di calcolo perché è costretto a contare anche eseguendo operazioni molto semplici e, pur sapendo come risolvere un problema, alla fine sbaglia il risultato.

Difficoltà correlate ai DSA

I dislessici hanno spesso carenze nella memoria a breve termine, soprattutto verbale, quella memoria di lavoro che permette la conservazione temporanea delle informazioni utili a eseguire un certo compito. Molti hanno difficoltà anche a recuperare informazioni verbali dalla memoria a lungo termine (ad es., date in storia, capitali, monti e fiumi in geografia, poesie). La maggior parte dei soggetti con DSA non ha un reale disturbo di attenzione; tutti però hanno necessità di concentrarsi su parti del compito per altri studenti banali: questo causa un rapido esaurimento dell’attenzione, riduce i tempi di lavoro o provoca un aumento degli errori. Anche se la maggior parte dei soggetti con DSA ha un ottimo controllo del linguaggio orale, alcuni mostrano difficoltà nel raccontare contenuti complessi, nell’usare il linguaggio in modo metaforico o nel memorizzare termini tecnici o linguaggi specifici. Alcuni bambini con DSA (soprattutto i disgrafici e i discalculici) faticano nelle attività che richiedono un buon controllo della motricità fine, come la ginnastica, il disegno libero o geometrico, la realizzazione di attività costruttive complesse.

Diagnosi e terapia

La diagnosi deve essere effettuata da un’équipe composta da un neuropsichiatra infantile, uno psicologo e un logopedista o un terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva. Può essere formulata con certezza solo alla fine del secondo anno di scuola primaria. È consigliabile però, di fronte a sintomi sospetti, avviare un’osservazione e un’attività didattica mirata già dall’inizio della seconda classe. La diagnosi deve essere condotta sulla base di criteri riconosciuti dalla Consensus conference approvata da una commissione di esperti nel 2006. Un bambino dislessico deve essere seguito da un neuropsichiatra o da uno psicologo che stabilisce un piano di intervento e di riabilitazione. Questa è svolta da un logopedista o da un terapista della neuropsicomotricità dell’età evolutiva ed è tanto più efficace, quanto più è precoce. Nel corso della scuola secondaria, però, i benefici diminuiscono e la riabilitazione deve essere sostituita con un’attività di sostegno dello studio a casa.

Piano educativo personalizzato

La normativa italiana prevede un piano educativo personalizzato (PEP) per gli studenti dislessici, riferendosi al principio generale di una didattica individualizzata per tutti gli alunni. Le materie di studio e gli obiettivi sono gli stessi degli altri studenti, ma la loro acquisizione viene raggiunta con strumenti didattici mirati. Tra gli strumenti compensativi ci sono il computer, la calcolatrice, il registratore, schemi specifici per lo studio e le verifiche. Tra gli strumenti dispensativi l’esonero dal copiare dalla lavagna e dai dettati, il minore carico dei compiti a casa, la riduzione della quantità di esercizi nelle prove in classe, l’accettare temi brevi ma con un buon contenuto, il tenere in poco conto gli errori ortografici, soprattutto nelle lingue straniere. In generale, gli insegnanti dovrebbero dare maggiore peso nella valutazione alle interrogazioni orali rispetto alle prove scritte.