DISRAELI, Benjamin, conte di Beaconsfield

Enciclopedia Italiana (1932)

DISRAELI, Benjamin, conte di Beaconsfield

Giuseppe GALLAVRESI

Uomo politico e scrittore inglese, nato a Londra il 21 dicembre 1804 da una famiglia d'israeliti trapiantati in Inghilterra da Venezia cinquant'anni prima, morto ivi il 19 aprile 1881. Suo padre, Isacco D'Israeli (1766-1848) buon letterato, si convertì al protestantesimo nel 1817 con la moglie Maria Basevi e con tutti i figli. Beniamino, avviato giovanissimo alla pratica legale, fece le sue prime prove come scrittore redigendo libercoli d'occasione sull'emancipazione delle colonie spagnole dell'America Meridionale.

Il Disraeli, che ventenne aveva attirato l'attenzione della società elegante con la bizzarria dei suoi atteggiamenti, rapidamente seppe imporsi, superando i pregiudizî antisemitici, al grande mondo della capitale, quando ne tratteggiò i costumi nel romanzo satirico Vivian Grey (1826), nel quale tanti vollero identificare personaggi contemporanei. Il D. si sottrasse alla curiosità più o meno benevola di cui era oggetto, compiendo, anche a scopo di salute, lunghi viaggi prima in Francia, Svizzera e Italia, poi in Spagna e nel Levante. Ne trasse materia per scrivere i romanzi: Popanilla (1828) e The wondrous tale of David Alroy. Tornato stabilmente in Inghilterra nel 1831, pubblicò un altro romanzo, Contarini Fleming. Nella sua produzione letteraria di quel tempo si riflette l'affettazione del resto pienamente consapevole, che caratterizzava il modo di vivere del D., il quale si proponeva di conquistare di colpo nell'arena politica una situazione analoga a quella che si era ormai assicurata nel campo letterario. Dapprima si rivolse ai radicali e col loro appoggio, oltre che con quello degl'Irlandesi, capitanati dall'O'Connell, pose nel 1832 la sua candidatura a un seggio nella Camera dei comuni. Come armi nella lotta elettorale contro il figlio di lord Grey, che fu del resto eletto in vece sua, il D. adoperò anche un opuscolo mordace intitolato: What is he? Scrisse pure in quel tempo un poema, Revolutionary Epic, sempre d'intonazione accesa. Impressionato dal cattivo esito di quei primi tentativi, passò nel campo opposto, e nelle elezioni del 1835 si presentò come tory, dedicando a sir Robert Peel un'originale Vindication of the British Constitution. Si attirò una fulminante replica dell'O'Connell, che bollò il trasfuga come discendente dal cattivo ladrone. Non fu eletto neppure questa volta, e, avendo speso eccessivamente, sia per le campagne elettorali, sia per la vita di gran lusso che conduceva, si trovò a dover far fronte a forti debiti. Nel 1837 i conservatori, rendendosi conto del valore di una tale recluta, gli assicurarono un seggio nella Camera dei comuni, ma il suo primo discorso parve gonfio e pretensioso e fu motteggiato dagli avversarî. Egli intanto stampava un romanzo ispirato a Venezia e al soggiorno che vi fecero il Byron e lo Shelley.

Nel 1839 sposò la ricca vedova del suo amico Wyndham Lewis. In quei primi anni della sua attività parlamentare, pur temperando gli atteggiamenti bizzarri che gli avevano suscitato tante antipatie, il D. si affermò come campione di un programma conservatore rinnovato, quello della cosiddetta Giovane Inghilterra. Sperò di fare accettare le sue idee e la sua collaborazione a sir Robert Peel; ma, quando questi nel costituire il suo governo nel 1841 non utilizzò il giovane e ardente suo seguace, la forte delusione patita si risolse in un proposito di rivincita. Mentre continuava la sua fortunata operosità letteraria, pubblicando nel 1844 Connigsby, rievocante la vecchia Inghilterra, e nel 1845 Sybil, che affrontava l'arduo problema dei rapporti fra le classi sociali, il D. conduceva una sistematica campagna di denigrazione contro il liberalismo economico attuato dal Peel. Egli fece appello ai rancori delle classi rurali rovinate dall'abolizione del dazio sui grani e riorganizzò su nuove basi il partito tory; lo capitanò alla Camera dei comuni dopo la morte di lord George Bentinck, di cui pubblicò una biografia. Con una meravigliosa operosità non priva di lati oscuri, come i segreti rapporti annodati con lord Palmerston, il D. minò la posizione, che sembrava inattaccabile, di sir Robert Peel e ne provocò la caduta. Anche dopo la morte del Peel, i suoi seguaci raggruppati intorno a lord Aberdeen fecero il viso dell'arme al D. e contribuirono efficacemente a ritardarne l'assunzione al governo da lui febbrilmente agognata. Intanto egli continuava a rendere difficile l'esercizio del potere ai gabinetti di parte whig. Nel febbraio del 1851, con una mozione in favore degli agricoltori, ridusse a quattordici voti soli la maggioranza che sosteneva lord John Russell. Questi presentò le sue dimissioni alla regina, che affidò a lord Stanley, capo dei tories, l'incarico di costituire il nuovo gabinetto. Lo Stanley formulò diverse obiezioni, ritenendo di non possedere la maggioranza nella Camera dei comuni, sicché lord John Russell si credette autorizzato a dichiarare che i tories avevano rifiutato di assumere il potere. Si levò allora il D. a smentire in piena Camera il capo del governo, a rischio di scoprire la Corona, caso inaudito negli annali del parlamento britannico. Nondimeno, a pochi giorni di distanza, la regina Vittoria consentì a che lord Stanley,, richiamato a palazzo, olhisse un portafoglio al D., pur tenendo responsabile della condotta di lui il capo del nuovo governo che fosse per costituirsi. Anche questa volta le legittime aspirazioni del D. andarono deluse, essendosi il Gladstone rifiutato di partecipare al nuovo ministero, e lo Stanley avendo quindi definitivamente declinato l'incarico. Fu solo l'anno seguente che lo Stanley, divenuto lord Derby, riescì a formare un gabinetto conservatore e nominò il D. cancelliere dello Scacchiere. Il bilancio per il 1852, da lui predisposto, coalizzò ai suoi danni i liberali e gli antichi seguaci del Peel, che dopo pochi mesi costituirono il gabinetto di concentrazione presieduto da lord Aberdeen, il quale, quando si trovò alle prese con la guerra di Crimea, ebbe nel D. un implacabile critico che lo avrebbe verosimilmente sostituito nel 1855, se il suo capopartito lord Derby non avesse esitato a porsi allo sbaraglio come tre anni prima. I conservatori dovettero attendere la loro ora fino al 1858, quando lord Palmerston, che era divenuto primo ministro alla caduta dell'Aberdeen, dovette ritirarsi a sua volta per non essere riuscito a far accettare le misure repressive contro gli stranieri, suggerite dalla reazione generale per l'attentato Orsini. Per diciotto mesi il D. tenne di nuovo il portafoglio delle Finanze nel secondo ministero di lord Derby, mentre i prodromi della guerra del 1859 dominavano la politica europea. L'11 giugno 1859 il gabinetto Derby rimase in minoranza nella Camera dei comuni, anche per il desiderio di gran parte delle classi dirigenti di vedere la politica estera in mani più salde. Lord Palmerston riprese la direzione della politica inglese e per quasi un decennio il D. si trovò ridotto a sostenere quasi solo dai banchi dell'opposizione il proprio punto di vista in un periodo in cui i successi del liberalismo economico, dell'emancipazione delle nazionalità e degli accordi con Napoleone III resero popolari i whigs nell'opinione inglese. Tornato al potere nel terzo ministero di lord Derby, vi acquistò un'importanza sempre maggiore, avendo preso la responsabilità di condurre in porto la riforma elettorale del 1867. L'anno seguente la malattia di lord Derby condusse naturalmente il D. alla testa del ministero tory, che fu però sconfitto nelle elezioni seguenti, indette subito dopo sulla piattaforma concordata col Gladstone nel progetto di legge per l'abolizione della chiesa stabilita in Irlanda. Il D., che non aveva previsto la possibilità che il voto popolare si pronunciasse in favore della distruzione di quei vetusti istituti, negoziò poi abilmente l'assegnazione alla chiesa anglicana in Irlanda di un'ingente indennità. Rimasto il Gladstone arbitro della politica inglese per oltre un quinquennio, il D. riprese le sue occupazioni letterarie, scrivendo il romanzo Lothair (1870).

Egli rimproverava ai liberali, assorti nella politica interna, la trascuranza di vitali interessi dell'Inghilterra in ogni parte del mondo e segnatamente nel Mediterraneo, che l'iniziativa del Lesseps, aprendo il canale di Suez, faceva ridiventare la via delle Indie. Tornato al potere dopo le elezioni del 1874, il D. attese febbrilmente a riaffermare il prestigio inglese all'estero; acquistando centosettantasettemila azioni della Compagnia del canale di Suez, che erano proprietà del kedivè d'Egitto, egli assicurò all'Inghilterra il dominio di quell'essenziale linea di comunicazione.

Il titolo d'imperatrice delle Indie che egli fece conferire alla regina Vittoria ebbe pure la sua efficacia per stringere con nuovi vincoli le colonie alla metropoli. Ma la caratteristica del secondo ministero del D. nel campo della politica estera fu costituita dalla ripresa dell'attitudine di resistenza assunta dalla diplomazia inglese di fronte ai disegni d'egemonia russa nel Levante. Sebbene egli dovesse fare i conti col timore diffuso che la guerra fosse lo sbocco fatale di una simile linea di condotta, il D. riescì a evitare una lotta cruenta appunto col mostrarsi pronto ad accettarla. Così egli seppe imporre allo zar Alessandro II l'obbligo, solennemente contratto, di non occupare Costantinopoli e quando, il 13 febbraio 1878, il cancelliere russo Gorcakov credette di poter annunciare l'ingresso, sia pure effimero e parziale, delle forze russe in Costantinopoli, egli fece avanzare la flotta inglese nei Dardanelli. Fu allora lo zar a dare il contrordine e a consentire poco alla volta a una revisione dei patti strappati alla Turchia. Il congresso di Berlino realizzò a tale riguardo il programma del D. che, a lungo riluttante ad abbandonare la Camera dei comuni, finì per accettare dalle mani della regina un seggio nella Camera dei pari col titolo di conte di Beaconsfield. In quei fortunatissimi negoziati egli si espose al rischio di stravincere, ottenendo dei successi che è dubbio fossero conformi all'interesse inglese largamente inteso. Ad esempio, il suo timore che la Bulgaria fosse un baluardo dell'egemonia russa nei Balcani lo indusse a circoscrivere il nuovo stato bulgaro entro limiti troppo disformi dalle reali condizioni etnografiche. A buon diritto invece il D. poté menar vanto di aver persuaso il sultano a cedere all'Inghilterra l'isola di Cipro che assicurò ai dominatori dell'Egitto una base preziosissima nel Mediterraneo orientale. Questi trionfi della politica estera e ardite riforme sociali non impedirono che il D. nel 1880 si vedesse abbandonato dal favore popolare nelle elezioni generali svoltesi sotto l'impressione degli ostacoli che sembravano arrestare nell'Afghānistān e nell'Africa del Sud l'avanzata inglese. Lord Beaconsfield abbandonò definitivamente il potere; non sopravvisse che pochi mesi alla sua sconfitta elettorale.

I discorsi e le lettere del D. (1881) offrono le fonti princiapli per la sua biografia. Si vedano inoltre: W. Fraser, Disraeli and his day, Londra 1891; H. J. A. Froude, The earl of Beaconsfield, Londra 1891; W. F. Monypenny e G. E. Buckle, The life of B. D., 6 voll., Londra 1910-20; E. G. Clarke, B. D., Londra 1926; D. L. Murray, D., Londra 1927; A. Maurois, La vie de D., Parigi 1930.

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