Disuguaglianza dei redditi

Lessico del XXI Secolo (2012)

disuguaglianza dei redditi


disuguaglianza dei rèdditi locuz. sost. f. – Espressione indicante il livello di disparità dei redditi fra gli individui di una popolazione appartenenti a una determinata area geografica e in un dato periodo di tempo. È misurata attraverso specifici indici: indice di Hoover, indice di Atkinson, indice di Theil, coefficiente di Gini. Quest’ultimo è fra i maggiormente utilizzati e misura la diseguaglianza di una distribuzione del reddito o della ricchezza in una data popolazione. L’indice può assumere valori compresi tra 0 e 1. Il valore 0 corrisponde all’equidistribuzione, una situazione in cui tutti percepiscono lo stesso reddito; a mano a mano che aumenta il valore del coefficiente si ha una disuguaglianza maggiore e se il valore è pari a 1 c’è una massima concentrazione dei redditi in un unico individuo. Applicando l’indice di Gini ai paesi europei si rileva come quelli scandinavi abbiano il minor livello di disuguaglianza di reddito, mentre nel resto dei paesi europei, in Australia e in Canada, il coefficiente assume valori compresi tra 0,24 e 0,36; per gli Stati Uniti, dove il livello di disuguaglianza è molto elevato, l’indice supera il valore di 0,4. Nonostante ogni indice presenti alcuni aspetti lacunosi (il valore dell’indice di Gini è per es. condizionato dall’ampiezza del territorio di riferimento), la misurazione della disuguaglianza è indispensabile per la scelta delle politiche da applicare: una eccessiva non favorisce la crescita, crea tensioni sociali, causa instabilità dei diritti di proprietà. Occorrono quindi politiche fiscali che, soprattutto attraverso il sistema tributario e previdenziale, siano in grado di contrastare in modo equilibrato il fenomeno. Infatti politiche che favoriscono soltanto l’aumento di reddito non migliorano necessariamente il benessere degli individui, se l’aumento di reddito non è equamente distribuito e si concentra soltanto in alcune fasce di popolazione, oppure se è riassorbito da un aumento di pressione fiscale non accompagnata dal miglioramento dei servizi pubblici. Le politiche utili a ridurre il livello delle disuguaglianze e a contrastare il rischio di povertà devono tener conto anche dell’elemento generazionale e intergenerazionale e degli aspetti territoriali, e, per essere efficaci, devono soprattutto favorire l’occupazione, la qualità del lavoro, il miglioramento del capitale umano attraverso l’istruzione e la formazione. La disuguaglianza colpisce infatti i lavoratori meno qualificati, e il divario aumenta al crescere del progresso tecnologico; inoltre colpisce le donne, le quali ricoprono da sempre ruoli di cura familiare che penalizzano fortemente il lavoro e le possibilità di crescita professionale, soprattutto a causa della mancanza di servizi pubblici di supporto ben funzionanti che accresce la disuguaglianza di reddito di genere (uomo/donna). Negli ultimi vent’anni la disuguaglianza dei redditi è aumentata anche nell’ambito dei paesi OCSE, inclusa l’Italia, dove, soprattutto dalla prima metà degli anni Novanta, sono cresciute le disuguaglianze sia di genere, sia territoriali, tra Nord e Sud.

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