NARDUCCI, Domenica

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

NARDUCCI, Domenica (Domenica da Paradiso)

Adriana Valerio

– Nacque nel borgo fiorentino denominato Paradiso il 9 settembre 1473, quinta dei sette figli dell’ortolano Francesco di Lionardo e di Costanza.

Rimasta orfana del padre all’età di sei anni, fece precocemente fronte alle difficoltà economiche della famiglia sia partecipando alle attività domestiche sia lavorando nei campi. Desiderosa di fare un’esperienza religiosa, sottraendosi alla volontà dei familiari che la volevano maritata, dapprima entrò nel monastero delle agostiniane di S. Maria di Candeli come monaca serviziale (17 gennaio 1492), poi scelse la vita da bizzoca frequentando dal 1495 il monastero di S. Maria, il primo e maggiore centro italiano legato all’Ordine di S. Brigida, del quale indossò l’abito per devozione alla santa. Nel 1496 ricevette le stimmate e, grazie alla forte personalità carismatica, riunì intorno a sé un piccolo gruppo di donne desiderose di condurre con lei una vita di preghiera e di lavoro. Le simpatie per Girolamo Savonarola, considerato da lei profeta, santo e martire, ne determinarono l’allontanamento dalla chiesa brigidina con l’accusa di ‘piagnoneria’ nel 1497; in conseguenza di ciò, il 6 dicembre 1499, si trasferì a Firenze, ma anche qui non tardarono a sorgere le difficoltà.

Nel 1501 Jacopo Caviceo, vicario episcopale dell’arcivescovo di Firenze Rinaldo Orsini, la convocò in Curia per un esame sulla fede e sui costumi in quanto ‘donna scandalosa e sospetta di eresia’. Le si contestò di aver lasciato la casa paterna, di non essere soggetta ad alcun confessore stabile, di predicare illecitamente e le si posero domande, infine, circa i contenuti delle sue rivelazioni. La richiesta dei giudici di farla entrare in monastero per meglio esaminarla non andò in porto, perché nel frattempo si ammalò gravemente e, d’altra parte, la chiesa fiorentina era impegnata nel fronteggiare il pericolo di Cesare Borgia alla porte di Firenze.

Domenica, allora, divenne responsabile della casa e dell’educazione dei sei figli di Giovanni e di Ginevra da San Miniato. Vi rimase dal 1501 al 1505, quando, certa del proprio ruolo carismatico teso a realizzare quella vasta opera di rinnovamento spirituale e sociale avviata da Savonarola e che vedeva nelle donne le protagoniste privilegiate (la cosiddetta ‘riforma delle donne’), riunì alcune ragazze, divenute sue discepole, e dette vita a una piccola comunità di donne che vivevano sotto la sua direzione, in stretto contatto con il convento fiorentino di S. Marco.

Già dai primi anni della sua permanenza in Firenze, si dedicò alla composizione di scritti che ella stessa dettava ora a confessori, ora a sue discepole. Il Dialogo, dettato il 14 maggio 1503 a maestro Martino degli Antoni, del convento degli umiliati d’Ognissanti, poneva in evidenza le delicate questioni di riforma della Chiesa già sollevate da Savonarola. A motivo di questa vicinanza spirituale al profeta ferrarese, dal 1504 al 1507 Domenica si pose sotto la direzione dei frati predicatori dell’Osservanza (Pier Paolo Beccuti, Silvestro da Marradi, Jacopo da Sicilia, Sante Pagnini, Domenico Benivieni), indossando il 27 aprile 1506 l’abito domenicano, in ossequio a Caterina da Siena, sua guida e modello. Nel 1506, tuttavia, si incrinarono i rapporti con alcuni frati, tra i quali Tommaso Caiani e Bartolomeo da Faenza, che appoggiavano la mistica pistoiese Dorotea di Lanciuola, accusata da Narducci di ‘simulata santità’. La contrapposizione creatasi tra i due schieramenti spinse quei domenicani a osteggiare l’esperienza della mistica fiorentina e questa a prendere le distanze dai frati.

Incoraggiata dalla nuova direzione spirituale di Francesco Onesti da Castiglione, canonico di S. Lorenzo, Narducci chiese la protezione dell’arcivescovo Cosimo de’ Pazzi, che la invitò ad allontanarsi da S. Marco e a indossare l’abito domenicano, ma contraddistinto da una croce rossa sul mantello, per differenziarlo dal saio delle terziarie. Il generale dell’Ordine domenicano, Tommaso de Vio, da parte sua, con decreto del 22 ottobre 1509, vietò ai frati di propagandare le rivelazioni della donna e di avere contatti spirituali con lei. Ancora su sollecitazione dell’arcivescovo di Firenze Narducci fu spinta a creare una comunità religiosa. La fondazione del monastero, chiamato la Crocetta e situato in un primo tempo in piazza Ss. Annunziata, avvenne nel febbraio 1512 e Narducci con 15 figlie spirituali vi fece ingresso il 20 aprile 1513. Il 27 maggio 1515 ricevette da Leone X la Bolla di erezione canonica, sotto la giurisdizione del vescovo Giulio de’ Medici. La Regola fu approvata nel 1516.

Nonostante la vita religiosa intrapresa, non terminarono i sospetti sulla sua persona. Nel 1514, infatti, il camaldolese Pietro Quirini, preoccupato di qualsiasi manifestazione di stampo savonaroliano che potesse minacciare la casa Medici e le istituzioni ecclesiastiche, decise di indagare sui suoi scritti allo scopo di rintracciare elementi di eresia. Venuto a conoscenza di questi intenti, Onesti, in accordo con Narducci, si risolse a nascondere alcune carte e a eliminarne altre compromettenti: soprattutto quelle che facevano riferimento con taglio profetico al vivere dissoluto degli ecclesiastici. Nel fuoco finirono gli scritti raccolti da fra’ Silvestro da Marradi, da maestro Martino degli Antoni, da Domenico Benivieni. Il Dialogo, le Effemeridi e le Rivelazioni – queste ultime due trascritte da Onesti – furono invece salvati dal fuoco e riposti segretamente in casa della figlia spirituale Alessandra Fedini. La morte improvvisa di Quirini (23 settembre 1514), a un passo ormai dal cardinalato, pose termine all’iniziativa inquisitoriale e la Narducci rientrò in possesso dei suoi scritti. Nel 1519 un’altra accusa, questa volta di eresia, le fu mossa dall’antico rivale Tommaso Caiani, ma la sentenza, firmata da 20 teologi convocati dall’inquisitore frate Paolo da Fucecchio, fu a lei favorevole, decretandone la fama di donna carismatica e santa.

Per cinquant’anni Narducci esercitò sul monastero un indiscusso ruolo carismatico e magisteriale, pur rifiutando i voti solenni che avrebbe preso solo in punto di morte. Riuscì a tessere una larga rete di rapporti attraverso l’invio di un vasto epistolario, indirizzato a papi, ad autorità civili e religiose, a comunità monastiche e a laici. Dalle lettere emerge il suo riconosciuto ruolo di guida, garantito tanto da doni visionari e profetici, quanto dall’ammirata capacità oratoria, attestata dalle richieste dei suoi Sermoni che circolavano anche al di fuori delle mura claustrali. La sua intensa attività di predicazione coprì più di quarant’anni, dal 1500 al 1545, e la rese ben presto non solo celebre per la capacità di conoscere, interpretare e annunziare la Sacra Scrittura, ma anche sospetta a coloro che avevano difficoltà ad accettarne l’attività profetica e carismatica, che, fuori dagli stretti ambiti claustrali, si apriva a spazi pubblici e politici. L’attività più inconsueta e sorprendente, infatti, fu la predicazione, tradizionalmente vietata alle donne e che ella giustificava appellandosi alla diretta richiesta da parte di Dio di parlare in pubblico e di profetizzare. Predicava, dunque, all’interno del monastero e in presenza non solo delle monache, ma anche dei confessori e dei discepoli laici che facevano parte del suo cenacolo spirituale. Ogni sermone, preparato la sera prima, era introdotto da un versetto o da un episodio della Bibbia, trattati e sviluppati con esempi tratti dalla vita quotidiana. Non improvvisava, quindi, anche se l’ispirazione profetica spesso sosteneva e accompagnava la lettura e la comprensione del testo sacro, consentendole di passare repentinamente dalla comprensione letterale dei testi al significato allegorico e all’applicazione morale.

Ecclesiastici e laici si rivolgevano a lei per consigli, chiarimenti dottrinali, interpretazioni scritturistiche. Il vicario episcopale Pietro Andrea Gammaro, il canonista Niccolò Ardinghelli, la duchessa Caterina Cibo furono alcuni dei personaggi che gravitarono intorno al monastero in qualità di figli spirituali e indicano la complessa composizione del suo cenacolo, i cui seguaci provenivano da ambienti molto diversi: tanto curiali, quanto filosavonaroliani o spirituali valdesiani. La direzione spirituale che Narducci riteneva di dover svolgere era strettamente connessa con la dimensione pubblica. Soprattutto negli anni dell’Ultima Repubblica a lei si rivolsero personalità di spicco per consigli e preghiere, come ci attesta lo storico Bernardo Segni, suo figlio spirituale. Appoggiò la Repubblica, ma con uno spiccato senso di realismo politico che non la spinse mai contro casa Medici, per la quale pregava, pur avvertendone i limiti. La renovatio Ecclesiae che auspicava era, nella linea di Savonarola, religiosa e politica insieme: la conversione morale doveva essere a fondamento del vivere civile e con tali presupposti si rivolse ai papi Clemente VII e Paolo III, richiamandoli ai loro compiti pastorali.

La crisi degli anni Quaranta rappresentò una svolta nella sua vita. La caduta della Repubblica, la durezza del principato di Cosimo I, la morte del fedele confessore e biografo Onesti (1542) la spinsero a limitare l’attività pubblica e a intensificare l’esperienza contemplativa in una clausura più stretta. Intervenne solo nel 1542 nei confronti di Caterina Cibo per metterla in guardia dal famoso frate e predicatore Bernardino Ochino in fuga verso la Svizzera; a lui scrisse una lettera invitandolo a conversione.

Morì a Firenze il 5 agosto 1553 in fama di santità.

La granduchessa di Toscana, Cristina di Lorena, nel 1611 ne promosse il processo di canonizzazione, che fu più volte ripreso e mai concluso per i controversi rapporti che la mistica fiorentina aveva avuto con Savonarola.

Fonti e Bibl.: Firenze, Arch. del Monastero della Crocetta, Cod. H: D. Narducci, Epistole (130 lettere dal 1506 al 1548); Cod. L: Sermoni (10 Sermoni dal 1515 al 1534) Cod. O: Dialogo (del 1503, ma rivisto nel 1514) e PiùRivelationi et Visioni (dal 1507 al 1545); Cod. P: Visione del Tabernacolo (1508); Ms. 14: Giardino del Testamento (1515); Codd. A e B: F. Onesti da Castiglione, Annalium vitae B.M.Sor. Dominicae de Paradiso[…] I et II; Cod. C: Id., Ephemeris; Cod. F: Id., Persecutiones; I. del Nente, Memorie diverse (1628); A.M. Riconesi, Annali della vita della ven. vergine e sposa di N.S.G.C. suor Domenica dal Paradiso, mss. in 4 voll. (1637-1640); I. Del Nente, Vita e costumi e intelligenze spirituali della venerabil madre suor Domenica dal Paradiso, Venezia 1662; G. Antignani, Vicende e tempi di suor Domenica da Paradiso, Siena 1983; G. Antignani, Domenica da Paradiso. Scritti spirituali, voll. 2, Poggibonsi 1985; A. Valerio, Domenica da Paradiso. Profezia e politica in una mistica del Rinascimento, Spoleto 1992; Id., «Et io expongo le Scripture»: Domenica da Paradiso e l’interpretazione biblica. Un documento inedito nella crisi del Rinascimento fiorentino, in Rivista di storia e letteratura religiosa, XXVI (1994), pp. 499-534; R. Librandi - A. Valerio, I sermoni di Domenica da Paradiso. Studi e testo critico, Firenze 1999; A. Valerio, Le lettere di Domenica da Paradiso tra Bibbia e profezia, in Hagiographica, VI (1999), pp. 235-256; R. Librandi - A. Valerio, Il Dialogo di Domenica da Paradiso, in Archivio per la Storia delle donne, I (2004), pp. 55-144; A. Valerio, La Bibbia nell’umanesimo femminile (secoli XV-XVII), in Donne e Bibbia. Storia ed esegesi, a cura di A. Valerio, Bologna 2006, pp. 73-98; I. Gagliardi, Sola con Dio. La missione di Domenica da Paradiso nella Firenze del primo Cinquecento, Firenze 2007.

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