BARBAIA, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 6 (1964)

BARBAIA, Domenico

Alberto Pironti

Nacque a Milano nel 1778 da Carlo e da Margherita Pini. Di poverissima famiglia, cominciò presto a lavorare come garzone di caffè. La sua fortuna ebbe inizio quando ebbe l'idea di unire la panna con il caffè e con la cioccolata, creando la bevanda cui fu dato il nome di "barbajata": Questa invenzione gli procurò lauti guadagni e segnò il primo passo di una lunga carriera, nella quale il talento commerciale si unì all'intuito artistico. Nel 1808 il B. ebbe la concessione dei giochi d'azzardo nel ridotto del Teatro alla Scala di Milano. L'anno successivo fu chiamato a Napoli, dove gli fu affidata l'impresa dei teatri reali (San Carlo, Fondo, Nuovo e Fiorentini). Questo incarico tenne, con breve interruzione, dal 1809 al 1840. Quando il 13 marzo 1816 il Teatro San Carlo fu distrutto da un incendio (e il De Nicola informa che il B. fu posto "sub iudice", poiché si credeva che l'incendio fosse avvenuto "per aver egli mancato di eseguire i patti contenuti nel suo istrumento di affitto"), egli si impegnò a ricostruirlo più bello di prima in nove mesi e mantenne scrupolosamente la promessa. D'altra parte, il B. fece edificare non solo teatri, ma anche chiese, come quella di S. Francesco di Paola al largo di Palazzo a Napoli. Contemporaneamente alla gestione dei teatri napoletani, ebbe a Vienna, dal 1° dic. 1821 al 1828, quella del Kärntnerthortheater e del Theater an der Wien, mentre dal 1826 al 1832 ebbe l'appalto della Scala di Milano. In questa sua vasta attività impresariale egli fece conoscere molte importanti opere del teatro musicale, dalla Vestale di G. Spontini (rappresentata al San Carlo l'8 sett. 1811) all'Ifigenia in Aulide di C. W. Gluck (San Carlo, 25 ag. 1812), all'Euryanthe di C. M. von Weber (Kärntnerthortheater, 25 ott. 1823). Il suo nome è però soprattutto legato a quello di G. Rossini e a quelli degli altri autori italiani contemporanei, da F. S. Mercadante a G. Donizetti, a G. Pacini, a V. Bellini. Egli fece venire a Napoli nel 1815 Rossini, allora ventitreenne, con un contratto che impegnava il musicista a comporre due opere l'anno e ad assumere la direzione musicale del San Carlo e del Fondo. Tale incarico comportava numerose mansioni (più tardi Rossini diceva celiando che, se avesse potuto, il B. gli avrebbe affidato anche la cucina). Il compenso pattuito fu, secondo Stendhal, di 12.000 franchi, ma Rossini stesso ebbe a dichiarare che esso ammontava a 8.000 franchi; comunque, questa cifra era integrata con una parte degli introiti dei giochi che il B. aveva in appalto, mentre l'impresario offriva al compositore anche l'alloggio in casa sua. Al San Carlo furono rappresentate fra il 1815 e il 1822 diverse opere nuove di Rossini: Elisabetta Regina d'Inghilterra, Armida, Mosè in Egitto, Ricciardo e Zoraide, Ermione, La donna del lago, Maometto II, Zelmira; al Fondo fu presentato nel 1816 l'Otello. I rapporti fra l'impresario e il compositore subirono un raffreddamento quando nel 1822 la celebre cantante Isabella Colbran, che era stata per parecchi anni l'amante del B., si sposò con Rossini (15 marzo); tornarono poi abbastanza cordiali e le opere di Rossini seguitarono ad essere il principale caposaldo del repertorio allestito dal B. e diffuso in Italia e a Vienna. L'intuito che egli aveva avuto nei riguardi di Rossini lo assistette poi anche con altri musicisti: egli chiamò con sé a Milano il debuttante Bellini e mise in scena gran parte della produzione di Donizetti. Inoltre, si rese conto per primo del valore di cantanti quali Isabella Colbran, Andrea Nozzari, Giovanni Battista Rubini, Adolphe Nourrit e Luigi Lablache. Le attività connesse di impresario teatrale e di organizzatore di giochi d'azzardo assicurarono al B. una notevole prosperità finanziaria. Egli continuò ad occuparsi sempre di teatro, fino alla morte avvenuta per apoplessia nella sua villa di Posillipo il 19 ott. 1841.

Sulla figura del B. i giudizi sono discordi. Giuseppe Rovani, nei suoi Cento anni, scrive che "quest'uomo..., meno le sue speciali cognizioni sul cacao e sul moka, era di una ignoranza mitica; ma aveva il genio del far danaro senza guardare ai mezzi, senza idee di onestà, non fido che all'ultimo intento... Nella sua condizione d'impresario era perciò uno strozzino inesorabile di maestri, di cantanti e di ballerini...". Lo Oettinger, nella sua romanzesca biografia di Rossini, fa del B. una caricatura fisica e morale, descrivendolo come un essere ripugnante, spia e lenone; per il De Nicola il B. era "uomo immorale". Non mancano invece i giudizi favorevoli, da quello di Stendhal, che lo definisce "fort bel homme", a quello di Dumas. Quanto a Rossini, il Radiciotti riferisce che il compositore, parlando con F. Hiller, i ebbe a dire che il B. era, nel suo genere, un uomo geniale, che amava far le sue cose con grande magnificenza ed ambiva di fornire i teatri, affidati alla sua direzione, delle migliori opere e dei migliori esecutori senza badare a spese. La sua disgrazia erano l'irritabílità e la vanità...". È ancora il caso di ricordare l'amaro giudizio di Beethoven (in Radiciotti) quando il B. portò a Vienna le opere di Rossini e degli altri compositori italiani, rendendole particolarmente accette con l'allestimento di sontuosi balli: "Dal giorno che il B. si èpiantato fra noi la musica non esiste più: il solo ballo attira la nobiltà; questi signori non hanno gusto che per le ballerine". In realtà, come osserva il Radiciotti, il B. "fu, nella sua professione, uomo non comune. Senza possedere alcuna cognizione di architettura, egli si rivelò improvvisamente un eccellente costruttore... Senza possedere alcuna cognizione di musica, egli divenne, m virtù di un felicissimo naturale intuito, il più abile e geniale ordinatore di spettacoli del suo tempo, il principe degli impresari, come piacque di chiamarlo ai suoi contemporanei. Nei trent'anni, circa, della sua carriera professionale, pochi furono in Italia i cantanti ed i compositori di genio, ch'egli non divinò, incoraggiò, protesse. Tutte le grandi città d'Italia e la stessa Vienna subirono la dittatura lirica di questo impresario".

Bibl.: Stendhal, Vie de Rossini, Paris 1824, 1, pp. 192-197, passim; II, p. 583; Id., Rome Naples et Florence, II, Paris 1826, p. 177; E. M. Oettinger, Rossini: romanzo comico, Venezia 1867, 1, pp. 21 ss. e passim; II-III, passim; G.Rovani, Cento anni. Romanzo ciclico, II, Milano 1869, l. XIX, pp. 550 s., 553; A. Dumas (père), Impressions de voyage. Le corricolo, I, Paris 1880, pp. 38-54; C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, Napoli 1906, II, pp. 248, 546, 551, 616; III, pp. 24, 60 s., 64, 101, 106, 126; G. Monaldi, Impresari celebri del secolo XIX, Rocca San Casciano 1918, pp. 24-43, passim; G.Radiciotti, Gioacchino Rossini. Vita documentata, opere ed influenza su l'arte, I, Tivoli 1927, passim (v. Indice); E. Lucka, Der Impresario (romanzo ispirato alla figura del B.), Wien 1937; A. Curti, Impresari d'altri tempi... D. B., in Città di Milano, XI, (1943), pp. 17-20; G.Pannain, Il Principe degli Impresari, in Il Tempo, 21 dic. 1956; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, p. 110; Encicl. dello Spett., I, coll. 1459 s.

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