BONSI, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 12 (1971)

BONSI, Domenico

Roberto Cantagalli

Nacque a Firenze nel 1522, figlio primogenito di Roberto e di Elisabetta Soderini; ebbe due fratelli, Giovan Battista e Tommaso. Sia per la reputazione di serietà che si era acquistata attendendo con somma diligenza agli studi, ma forse anche per la fama del nonno - il famoso giureconsulto Domenico di Baldassarre - nel 1546, appena ventiquattrenne, fu chiamato a Pisa a ricoprire la cattedra di diritto civile nella Accademia. Dal 1563 fino alla morte fu presidente dell'Ordine militare di S. Stefano; fu inoltre auditore di Cosimo I e, in seguito, del granduca Francesco. Il 19 ag. 1567 era stato dal duca Cosimo chiamato a far parte del Senato dei quarantotto. La fiducia e il favore che gli dimostrarono sempre i principi medicei non vennero mai meno, né era valso ad offuscarli il fatto che un fratello del B., Giovan Battista, passato dalla parte di Piero Strozzi, fosse stato condannato per ribelle e messo al bando il 5 ott. 1554.

La missione diplomatica di cui si conservano più minute testimonianze fu quella che gli venne affidata nel 1569, quando la questione di precedenza tra il duca di Firenze e gli altri Stati italiani (e particolarmente il duca di Ferrara) venne di nuovo portata a Roma, dopo che l'imperatore ebbe chiaramente mostrato di non volersi decidere a definirla. Di essa però il B. non si occupò affatto, contrariamente a quanto afferma troppo sbrigativamente il Pastor.

A Roma era morto, ai primi d'aprile di quell'anno, il residente mediceo marchese Averardo Serristori, e a sostituirlo era stato inviato, il 20 giugno, Alessandro de' Medici, con l'avvertenza che della questione della precedenza e della causa di Gragno, pendente tra Firenze e Lucca, era stato incaricato il B., con cui il nuovo residente era tenuto a collaborare. D'altra parte l'aretino Nofri Camaiani, emissario mediceo influente alla corte di Roma, in quanto avvocato concistoriale e fratello di Pietro, ex nunzio pontificio in Germania, era stato incaricato da Cosimo I di operare, all'insaputa della legazione medicea, per ottenere al duca di Firenze il titolo regio, prospettando al pontefice tale concessione come unico mezzo per risolvere la questione della precedenza, ormai pendente da circa trent'anni. Per la riuscita della manovra era naturalmente essenziale che nessuno sospettasse l'intrigo: né il papa né lo stesso B., la cui missione fu allestita a tale scopo in piena regola e con ogni apparato esteriore. Il B. dovette prepararsi coscienziosamente e frugare gli archivi di Firenze per rintracciare i vecchi diplomi di Carlo V e di Ferdinando I e ogni altra scrittura che fosse pertinente alla causa. A tutti, al papa, ai cardinali, ai Fiorentini di Roma e di Germania, si fece sapere che egli andava espressamente per proseguire in Curia la causa di precedenza, ma nella istruzione privata gli s'ingiungeva di mettersi interamente, non appena giunto a Roma, a disposizione del Camaiani, "dal quale doveva pigliare ordine e norma, così nelle visite come nel parlare e nel procedere" (Mediceo 1635, c. 182, istruzione al B., 5 luglio 1569).

Arrivato a Roma il 15 luglio, e preso contatto col Camaiani, il B. ricevette ordine di soprassedere sul momento da qualsiasi attività diplomatica.

Fin dal 2 giugno, infatti, Cosimo I e i suoi figli Francesco e Ferdinando, che agivano di conserva col padre, persuasi che era giunto il momento opportuno di far intervenire l'"iniziativa spontanea" del Camaiani, avevano chiesto in una lettera al papa di riprendere la questione della precedenza, dal momento che l'imperatore aveva lasciato spirare il termine entro il quale avrebbe dovuto pronunziare la sua definitiva risoluzione; si chiedeva quindi al pontefice di riaprire la causa in Roma. La lettera era stata presentata al pontefice dal Camaiani, che, nell'occasione, aveva lasciato cadere ad arte le prime parole sul conferimento del titolo. Il papa, che aveva fortissimi obblighi con Cosimo sia per la repressione dell'eresia (si ricordi la consegna al S. Uffizio del protonotaro Pietro Carnesecchi) sia per le promesse fatte da Cosimo alla S. Sede di finanziamento e di alleanza contro i Turchi e contro gli ugonotti, non mancò nel giro di mezz'ora di rispondere al duca con lettera chiusa, che consegnò al Camaiani, promettendo a voce più diffusa risposta in seguito. Passato oltre un mese, il 7 luglio, il Camaiani era riuscito a riaprire con il papa il discorso sul titolo regio, riscontrando in lui ottime disposizioni.

Questi i motivi per i quali il B. aveva ricevuto ordine di non iniziare le trattative per la questione della precedenza; ma, perché la sua inattività non destasse sospetti, fu incaricato di discutere le questioni di confine pendenti con la Camera apostolica e con Lucca.

Con la prima il contrasto verteva sul diritto di giurisdizione su Cospaia in Val Tiberina, a mezzo miglio da Sansepolcro, al confine con lo Stato pontificio, che costituiva in pratica un centro di ricettazione di merci destinate al contrabbando; della vertenza fu incaricato il fiscale della Camera. Coi Lucchesi la controversia riguardava il monte Gragno, in Val di Serchio, sulla riva destra del fiume. Barga, territorio fiorentino, ab antiquo aveva vantato sui pascoli del monte diritti che le erano stati sempre contestati dalla terra lucchese di Gallicano, a favore della quale, nel 1509, aveva sentenziato l'imperatore Massimiliano I, assegnando Gragno a Lucca. Leone X, con un lodo del 1514 valevole per un cinquantennio, pur riconoscendo le ragioni di proprietà dei Fiorentini, ne aveva lasciato il possesso e il godimento alle tre comunità lucchesi di Gallicano, Cardoso e Bolognano, dietro pagamento a Barga di un canone annuo di cento scudi d'oro. Trascorso il termine, la questione era risorta e i Barghigiani reclamavano oltre la proprietà anche il possesso di monte Gragno. Invocato da ambe le parti l'arbitrato pontificio, Pio V aveva delegato la questione ai cardinali Sirleto, Boncompagni e Chiesa. Per giustificare in qualche modo la venuta del B. a Roma il duca di Firenze ordinò al vescovo di Chiusi, che fino ad allora aveva difeso in Roma la questione di Gragno, di rientrare nella propria diocesi e di rimettere la vertenza al Bonsi.

L'iniziativa medicea tuttavia non mancò di preoccupare il Camaiani, che non riteneva opportuno dare eccessivo rilievo a questioni di confine nel momento in cui si doveva trattare la causa della precedenza. Il B. stesso, il 3agosto, faceva presente la falsità della propria situazione: "L'aver la patente solo per la causa della precedenza è causa che non posso presentarmi al Papa né con lettere né con patenti di queste altre due cause di Gragno e Cospaia" (Mediceo 543, c. 44, il B. a B. Concini). Anch'egli, d'altra parte, sottolineava il timore che "trattar ora la questione di Gragno non avesse a debilitare le ragioni della precedenza"; comunque chiedeva carte per documentarsi e, tra l'altro, "il libro di Matteo Villani che è in istampa et è una parte della historia di Fiorenza dacché lasciò Giovanni fino a ché visse detto Matteo" (ibid., c. 93). Nel frattempo studiava come trattare la questione della precedenza dinanzi al pontefice, non appena il Camaiani lo avesse autorizzato; sembrava che su questo punto i Medici fossero pienamente d'accordo con lui, tanto che con grande urgenza gli inviarono l'autorizzatone per le indispensabili e non indifferenti spese notarili: si trattava invece di un'abile manovra intesa ad ingannare, attraverso il B., il duca di Ferrara. Frattanto il Camaiani (non essendo per più rispetti possibile conferire al Medici il titolo di re) lavorava per persuadere Pio V a concedergli il titolo di arciduca o di granduca.

Nelle more di tale decisione, vennero inviate al B. le nuove patenti e i negozi di Cospaia e Gragno, prima secondarissimi, divennero ora gli unici oggetti della sua missione. Ma quando il Camaiani riuscì ad ottenere dal pontefice, per Cosimo e per i suoi successori, il titolo di granduca di Toscana, la missione del B. poté dirsi esaurita, come egli stesso scriveva a Cosimo il giorno seguente: "messer Noferi mi parla in modo che possa esser che questa causa di precedenza non s'habia a trattar più et dicemi che tra pochi giorni se ne vedrà risolutione" (Mediceo 543, c.386). Il conseguimento del titolo aveva trionfalmente risolto a favore di Cosimo la questione della precedenza tra lui e gli altri principi italiani, tutti inferiori a lui in dignità eccetto il papa e Venezia. Per Cospaia Cosimo dispose che "si rimettesse pienamente il negozio in S. Beatitudine non intendendo egli mai di voler litigar seco quando pure ella applichi quella villa alla Sede Apostolica" (Mediceo 234, c. 55r). Per Gragno fu più tardi emesso il lodo di Pio V (10 apr. '70), favorevole più a Cosimo che ai Lucchesi. Ma già tre mesi prima il B. era rientrato a Firenze; nel maggio 1572, insieme conGiovanni Ugolini, Lorenzo Guicciardini, Matteo Strozzi e Iacopo Pitti, venne incaricato dell'ambasceria di omaggio al nuovo pontefice Gregorio XIII, ambasceria in seguito revocata non avendo il papa acconsentito ad accordar udienza in sala regia.

Dalla moglie Costanza, figlia di Piero Vettori, il B. ebbe quattro figli, Roberto, Francesco, Piero e Giovanni, l'ultimo dei quali fu cardinale. Morì nel 1583.

Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Firenze, Mediceo del Principato, med. 2635; Ibid., ibid.,Cart. med. 234; 542-544; 548 s.; 552 s.; 555; Ibid., Carte strozziane, s. 1, XII n. 74 cc. 427 s.; n. 75, cc. 387-90, 393, 395; XLIII, nn. 1, 15, 18, 20, 53, 56, 79, 99; LXIV, nn. 7, 9, 12, 23-25, 31, 34, 36, 39, 41, 43 s., 47-53, 63, 67-69, 70, 78, 85, 86; XLVI, nn. 15-20, 22, 30-33, 37, 39-41, 43, 45, 47, 49, 51-54, 59, 61-69, 71-75; XLVII, n. 24; CCXC, n. 4; CCCLII, cc. 166 ss. (importante n. 4); Firenze, Bibl. Naz. Centr., Conv. Soppr. B. 10.434: G. De Ricci, Ristr. di famiglie nobili fiorentine alla data 19 ag. 1567; G. B. Adriani, Istoria dei suoi tempi, Venezia 1587, p. 1503; S. Ammirato, Storie fiorentine, Prato 1824, l. XXXV, pp. 307-308; Suppl., p. 265 (Nota dei ribelli di Cosimo I fatti dagli Otto di Balia dall'aprile1550 al 3 agosto 1556); A.Fabroni, Historia Academiae Pisanae, II, Pisis 1792, p. 175; L. v. Pastor, Storia dei papi, VIII, Roma 1929, p. 452; L. Carcereri, Cosimo I granduca, Verona 1926, II, pp. 186-191, 194 s., 209-211, 218-220; III, p. 25.

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