COTUGNO, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COTUGNO, Domenico

Loris Premuda

Nacque a Ruvo di Puglia (Bari) il 29 genn. 1736 da Michele e dalla seconda moglie Chiara Assalemmi, di umili condizioni sociali ed economiche.

Dimostrando fin dalla tenera età doti non comuni di intelligenza e di memoria, fu inviato a Molfetta ad apprendere il latino dal canonico De Sanctis. A dodici anni ritornò a Ruvo, ove apprese la logica e la metafisica e si avviò più tardi allo studio della matematica, della fisica e delle scienze naturali. Interessato alla medicina ne ebbe da G. B. Guerna, un medico pugliese assai stimato, i primi rudimenti, e cominciò a praticare dissezioni di piccoli animali.

A diciassette anni, nel dicembre 1753, si recò a Napoli per frequentarvi gli studi universitari di medicina. Nella fiorente scuola partenopea ebbe a maestro, tra gli altri, Francesco Serao, boerhaaviano convinto, che lo iniziò ai segreti della medicina a quei tempi più avanzata. Diligente e preparato, partecipò dopo un anno al concorso per un posto di "pratico degl'Incurabili", cioè di assistente ospedaliero, che vinse dissertando in lingua latina sulla pleuresia: l'ingresso al IV pratico-fisico, il 21 sett. 1754, segnò l'inizio della sua brillante carriera medica e scientifica, offrendogli intanto i primi, insperati mezzi di sostentamento. Tuttavia, per lo studio intensissimo e la vita stentata che conduceva, il C. vide ben presto compromessa la sua salute: i rettori dell'ospedale, in considerazione del suo valore, gli aumentarono allora i compensi e gli concessero un migliore ricovero.

Conseguita la laurea in medicina nello Studio di Salerno nel 1756, il C. si dedicò subito alla ricerca anatomica e clinica.

Negli anni seguenti maturò nel C. il desiderio sempre più vivo di conoscere i medici più in vista del resto d'Italia, particolarmente G. B. Morgagni, che reggeva la celebre cattedra di anatomia all'università di Padova: del viaggio intrapreso all'uopo all'alba del 24 marzo 1765 da Napoli e conclusosi dopo ottanta giorni nella stessa città, il C. ci ha lasciato traccia vivida e assai interessante nell'Iter Italicum, manoscritto integralmente pubblicato da L. Belloni nel 1960 in Mem. d. Ist. lombardo di scienze, lettere e arti, importante per le interessanti e non di rado sottili osservazioni che contiene.

Nel 1766 il C. fu chiamato alla cattedra di anatomia dell'università partenopea. Già un anno prima gli era stata offerta la medesima cattedra all'ateneo pavese da parte del conte Firmian, plenipotenziario della corte austriaca e fedele interprete dei disegni dell'imperatrice Maria Teresa.

Nel 1780 venne fondata in Napoli l'Accademia delle scienze: il C. ne fece parte fin dalla fondazione, e vi lesse diverse tra le sue pregevoli memorie. Egli, infatti, si era imposto ben presto come un attento e accurato ricercatore, soprattutto nel campo dell'anatomia.

Memorabile, in questo settore di studi, rimane la sua De aquaeductibus auris humanae anatomica dissertatio (Napoli 1761), un'opera suddivisa in novantaquattro capitoli e corredata di due pregevoli tavole con complessive dieci figure incise su rame e disegnate - tranne quella dell'infundibolo della chiocciola di mano del C. stesso - da Domenico Cirillo.

In essa il C. dette la prima descrizione degli acquedotti del vestibolo e della chiocciola e della presenza ubiquitaria di liquido nel labirinto, negando quindi che in tale formazione fosse presente anche una certa quantità d'aria, come fino allora era stato comunemente ritenuto anche da insigni anatomisti quali R. Vicussens, A. M. Valsalva e G. B. Morgagni. Nella sua opera il C. illustrò il labirinto osseo con minuziosa ricchezza di particolari, con speciale riguardo alla sua parte centrale scavata nella piramide temporale, cioè il vestibolo; mise bene in evidenza i canali semicircolari ossei retrovestibolari, la finestra del vestibolo e della chiocciola e la chiocciola stessa con la scala vestibolare e timpanica, la prima nel suo tratto iniziale molto più stretta della seconda, divise l'una dall'altra, seppur incompletamente, dalle lamine spirale e ossea; compì, ancora, l'esatto rilievo dell'ampiezza della lamina basilare, maggiore all'apice che non alla base della chiocciola. Il C., tuttavia, non individuò anche l'esistenza del labirinto membranoso e non poté operare la distinzione del liquido labirintico in endoperilinfa: comunque, sulla scorta delle sue osservazioni morfologiche, egli ritenne di poter formulare una nuova teoria dell'udito, basata sul concetto che il liquido labirintico, incompressibile e contenuto in una cavità chiusa, per effetto della deformazione della membrana timpanica provocata dalle onde sonore fosse costretto a incanalarsi negli acquedotti, funzionanti come sistema di drenaggio.

Il C. dette comunicazione delle sue scoperte ad altri illustri studiosi: certamente a G. Bianchi (Janus Plancus) con una lettera del 20 luglio 1762 e forse anche a L. M. Caldani, con una lettera della stessa data - mancante però della facciata e quindi del nome del destinatario - conservata alla Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna. Il Caldani, pur non negando il valore delle osservazioni morfologiche del C., ne mise in dubbio però l'interpretazione funzionale in rapporto al meccanismo dell'udito, in quanto riteneva che il calibro degli acquedotti fosse troppo angusto per consentire lo spostamento del liquido. Decisamente in disaccordo col C. sulla stessa validità dei reperti morfologici fu invece A. von Haller. Ma, pur nella sua incompletezza, la teoria del C. deve considerarsi un valido esempio di razionale intuizione scientifica: le attuali concezioni sul fenomeno dell'udito sono, infatti, in gran parte basate sulla dinamica dei liquidi labirintici, il cui studio fu iniziato nella seconda metà del secolo scorso da H. L. F., von Helmholtz (Die Lehre von den Tonempfindungen als physiologische Grundlage fürdie Theorie der Musik, Braunschweig 1863; Die Mechanik der Gehörknöchelchen und des Trommelfells, Bonn 1869).

Il C. fu autore di un'altra opera di rilevante interesse, De ischiade nervosa commentarius, Napoli 1764, dedicata al celebre medico dell'università di Vienna Gerard van Swieten, suddivisa in cinquantasette capitoli e arricchita da una tavola illustrante le zone per l'applicazione dei vescicanti lungo il decorso del nervo sciatico. La sciatalgia, argomento in precedenza trattato da vari altri autori, nessuno dei quali aveva peraltro tentato di spiegarne la patogenesi, fu esaminata dal C. sia sotto il profilo clinico, sia dal punto di vista anatomo-patologico: sulla scorta dei risultati di numerose osservazioni, egli ritenne di poter distinguere due forme di sciatica, l'artritica, dovuta a infiammazione delle vertebre lombari e caratterizzata dalla limitazione alla coscia della diffusione del dolore, e la "nervosa", dipendente da infiammazione o irritazione del nervo sciatico e contrassegnata dall'irradiazione del dolore fino al piede. Nella sua opera il C. riportò la prima osservazione microscopica del nervo sciatico, descrivendone, nei casi di infiammazione, la maggior turgescenza delle guaine e l'idrope e l'arrossamento per congestione; e descrisse, inoltre, la presenza, nello spazio esistente tra aracnoide e pia madre, del liquido cefalorachidiano, simile a quello esistente nei ventricoli cerebrali, che ritenne ricambiato da un continuo processo di produzione tramite gli sfioccamenti delle arterie 'esaltanti' e di riassorbimento attraverso minuscole venule 'inalanti' della dura madre. La sciatalgia venne per un certo tempo designata con l'eponimo, attualmente di impiego assai raro, di "sindrome di Cotugno". Nel XVII capitolo dei Commentarius descrisse inoltre il reperto, nell'urina di un idropico, di una "albam... massam, tenerissimo iam coacto ovi albumini persimilem":egli infatti, mediante l'ebollizione dell'escreto aveva potuto fornire la prima dimostrazione della presenza dell'albumina.

In Sternutamenti physiologia, uno scritto di neanche tre pagine pubblicato postumo nel 1826, il C. interpreta lo sternuto come un fenomeno riflesso che si diparte dal setto nasale e il cui organo effettore ha sede nel diaframma. Ispirazione alla stesura di quelle poche pagine erano state alcune considerazioni su precedenti ricerche, il cui ricordo è in due interessanti tavole anatomiche, pubblicate accanto allo scritto sopra ricordato: nella prima è descritto il "nervo parabolico", ora conosciuto come nervo sfenopalatino interno, riscoperto più tardi da A. Scarpa, che lo denominò nervo naso-palatino; nella seconda è descritto il plesso timpanico.

Alla produzione scientifica del C. appartengono altri scritti interessanti: così il De animorum ad optimam disciplinam praeparatione, del 1778, contenente le regole per raggiungere la sapienza con l'indicazione, quali doti imprescindibili in questo sforzo, di attenzione e meditazione; così il De sedibus variolarum συντςγμα, opera di duecento-otto pagine pubblicata nel 1769 (ventinove anni prima della scoperta di Jenner), in cui è dibattuto essenzialmente il problema della localizzazione delle lesioni vaiolose che il C., sulla scorta di numerose osservazioni dirette, propende a considerare solo esterne e non anche viscerali.

Un cenno particolare merita Del moto reciproco del sangue per le interne vene del capo, in cui il C., proponendosi la rivalutazione del sistema venoso che dopo la celebre enunciazione di W. Harvey del 1628 era decaduto dalla posizione di rilievo per l'innanzi detenuta, intende dimostrare in primo luogo che l'azione "impellente" del cuore sarebbe diretta non esclusivamente alle arterie, ma in parte pure alle vene, per l'esistenza, nella struttura del miocardio, di zone attive sul movimento del sangue arterioso e di altre attive su quello del sangue venoso; e ancora che la direzione del moto progressivo del sangue venoso è fornita di una costante e generale alternativa, e che diverse separazioni di umori, che costantemente si verificano nell'organismo vivente, sono processi prevalentemente venosi anziché arteriosi.

Nel "ragionamento accademico", letto il 5 marzo 1772 nel regio ospedale degli Incurabili, Dello spirito della medicina, a carattere etico ed epistemologico, il C. tra l'altro affermò che "la medicina non è una scienza, è solo una cognizione: sarebbe desiderabile che divenisse capace di essere dimostrativa, ma non sembra fatta per arrivarci": è interessante rilevare come quasi un secolo dopo C. Bernard avrebbe ripreso in modo assai più ampio e sistematico il problema, fissando come meta per la medicina il passaggio a scienza sperimentale, ma riconoscendo al tempo stesso le difficoltà che si oppongono alla realizzazione di un siffatto programma.

Di notevole interesse è anche il diario di un viaggio a Vienna, che il C. lasciò manoscritto col titolo Iter Neapoli Viennam Austriae - Anno 1790 e che fu pubblicato da G. De Gemmis (Il viaggio da Napoli a Vienna di D. C., Bari 1961): in quell'anno, l'ormai celebre anatomista fu invitato a sostituire G. Vairo, medico di corte allora temporaneamente indisposto, per seguire la famiglia reale a Vienna in occasione delle nozze di Maria Teresa e Maria Luisa Amelia, figlie di Ferdinando di Borbone, rispettivamente con Francesco e Ferdinando, figli di Leopoldo d'Austria. Come era sua abitudine, analogamente cioè a come aveva proceduto nella stesura dell'Iter Italicum, il C. descrisse minuziosamente gli eventi, i luoghi visitati, le persone conosciute, lasciando interessanti documentazioni e giudizi specialmente sulle condizioni della medicina in varie città; in occasione di tale viaggio egli ebbe modo, tra l'altro, di conoscere il celebre chirurgo G. A. Brambilla, dell'università di Pavia, e J. F. Quarin, direttore dell'ospedale Maggiore di Vienna, nonché di visitare la Biblioteca Cesarea.

Appena un cenno, infine, a una curiosa osservazione del C., che, sottoposto a vivisezione un topo che lo aveva morso, toccando col tagliente il nervo diaframmatico avvertì una sensazione simile a quella prodotta dalla corrente elettrica: il fenomeno non fu però confermato da altri esperimenti, e non gli si può certamente attribuire alcun valore nei confronti dei successivi studi sulla cosiddetta elettricità animale.

Nel 1794 il C. contrasse matrimonio con Ippolita Ruffo, duchessa di Bagnara, dalla quale non ebbe figli. A lei lasciò l'usufrutto dei suoi beni, che alla morte, per sua disposizione testamentaria del 3 ag. 1820, passarono agli Incurabili, e la sontuosa villa di Capodimonte, che poi divenne proprietà di Ferdinando Palasciano.

Morì a Napoli il 6 ott. 1822. L'orazione funebre fu pronunciata dall'abate Angelo Antonio Scotti nella chiesa dei padri della missione.

Tutte le opere principali del C. sono racchiuse in Opuscola Medica antehac seorsim ab auctore in lucem edita, nunc primum in duo volumina collecta, Napoli 1826-27.

Bibl.: B. Vulpes, Onori funebri renduti a D. C., Napoli 1824;S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, V, Napoli 1848, ad Indicem;G. Bilancioni, Lettere ined. di D. C. e di L. M. Caldani, Biella 1915; Id., D. C., in Gli scienziati ital., I, Roma 1923, pp. 164-183; M. Mitolo, D. C., l'opera anatomo-fisiologica, la sua umanità, in Puglia chir., IV (1961), pp. 289 ss.;F. Lombardo, Le scoperte anatomiche di D. C. e il suo Iter Italicum Patavinum, Napoli 1964;L. Belloni, L'opera neurologica di D. C., in Per la storia della neurol. italiana. Atti del Simposio internaz. di storia della neurol., Varenna 1961, Milano 1963, pp. 51-66;E. Coturri, La malattia sciatica e l'importanza nella storia della sua conoscenza sia anatomo-patologica che patogenetica del "de ischiade nervosa", di D. C., in Pag. di storia d. med., IX (1965), 3, pp. 11-16; G. Pezzi, D. C., in Atti d. XXIII Congr. naz. di storia d. med., Modena 22-24 sett. 1967, Roma s. a., pp. 13-25;F. Garofano-Venosta, Il viaggio a Vienna di D. C., Capua 1967;G. Romagnoli, La scoperta degli acquedotti del C. e le prime reazioni del mondo scientifico (con una lettera inedita), in Pag. di storia d. med., XII (1968), pp. 78-88;L. Belloni, D. C. e la scoperta del liquido endolinfatico, in Simposi clinici, XI (1974), 1-2, pp. I-VIII; F. Garofano-Venosta, D. C. e G. B. Morgagni, in Atti d. XXV Congresso naz. di storia d. med., Caserta-Capua-Salerno 12-14 sett. 1975, Capua 1977, pp. 151-159; A. Hirsch, Biograph. Lex. der hervorragenden Ärzte, II, p. 125; Encicl. Ital., XI, pp. 748 s.

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