MOROSINI, Domenico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 77 (2012)

MOROSINI, Domenico

Giorgio Ravegnani

– Figlio di Pietro o, secondo altri, di Francesco, apparteneva al ramo della famiglia che aveva sullo stemma una banda azzurra su fondo d’oro. Se ne ignora la data di nascita. La prima notizia su di lui risale al 1124, allorché – come ricordato nella sua epigrafe funeraria – fu il «primus expugnator» della città di Tiro.

L’assedio e la conquista di Tiro segnarono l’ultimo episodio della fortunata campagna in Levante condotta dalla flotta veneziana al comando del doge Domenico Michiel.

Nel 1119 il re di Gerusalemme Baldovino II aveva chiesto aiuto militare a Venezia contro i Fatimidi di Egitto, in cambio di privilegi commerciali, e il suo appello, appoggiato anche da papa Callisto II, venne accolto favorevolmente dal governo della Repubblica che approntò una consistente armata navale su cui si imbarcarono circa 15.000 uomini. Tuttavia la flotta, partita da Venezia l’8 agosto 1122, anziché dirigersi alla volta della Terra Santa, si fermò a Corfù assediandone la cittadella. In tal modo, infatti, i veneziani rispondevano al torto subito dall’imperatore bizantino Giovanni II Comneno, che nel 1119 aveva rifiutato di rinnovare i privilegi, consistenti per lo più in facilitazioni nell’esercizio del commercio, concessi nel 1082 dal padre Alessio I alla città lagunare. L’assedio non ebbe successo e si protrasse fino alla primavera del 1123 quando, dietro sollecitazione dei cristiani di Oriente, la flotta riprese la navigazione giungendo ad Acri alla fine di maggio. I veneziani ottennero una brillante vittoria sui musulmani al largo di Ascalona, seguita, durante il ritorno ad Acri, dalla cattura di dieci vascelli mercantili appartenenti al nemico. A Natale del 1123 i comandanti veneziani, a Gerusalemme, si accordarono con i Latini del regno di Gerusalemme per un prossimo attacco a Tiro, da cui avrebbero ottenuto consistenti vantaggi commerciali: l’operazione prese avvio il 15 febbraio 1124 con l’assedio della città, appartenente al califfato fatimida, che capitolò il 7 luglio dello stesso anno. Al rientro in patria, nella seconda metà del 1124, i veneziani proseguirono le operazioni contro Costantinopoli saccheggiando Rodi e ponendo la propria base a Chio, da dove condussero operazioni di pirateria contro Samo, Lesbo e Andro. Nella primavera del 1125, infine, la flotta riprese la via di Venezia portando il bottino, in cui erano comprese le reliquie di s. Isidoro trafugate a Chio e, a seguito di questi avvenimenti, nell’agosto 1126, Giovanni II Comneno rinnovò i privilegi precedenti.

Nel settembre 1147 Morosini, assieme ad Andrea Zeno, si trovava a Costantinopoli come legato del doge Pietro Polani. Si trattava, questa volta, di definire i termini di un accordo di cooperazione militare contro i normanni che, approfittando del passaggio della seconda crociata in territorio bizantino, avevano occupato a sorpresa Corfù facendo poi un’incursione alla volta della Grecia. L’imperatore Manuele I Comneno inviò ambasciatori a Venezia per chiedere aiuto e il governo veneziano a sua volta fece arrivare nella capitale bizantina i due legati. L’accordo venne concluso nell’ottobre del 1147, attraverso l’emissione di una crisobolla di cui si conserva la traduzione latina e, in cambio dell’appoggio militare, il Ducato ottenne il rinnovo dei precedenti privilegi con in più l’autorizzazione a commerciare senza pagare dazi anche a Creta e a Cipro. A questo, poi, avrebbe fatto seguito nel marzo 1148 un nuovo trattato con il quale Manuele I concesse un ampliamento del quartiere veneziano già esistente a Costantinopoli.

La flotta per intervenire in appoggio a Bisanzio fu allestita a Venezia nell’inverno 1147-48 e prese il largo sotto la guida del doge Polani, ma questi a Caorle si ammalò lasciando il comando al fratello Giovanni e al figlio Naimerio e rientrò a Venezia dove morì. Morosini fu quindi eletto doge e, come primo compito di politica estera, dovette far fronte alla guerra contro i normanni. L’assedio di Corfù, condotto dalle forze veneziane e bizantine, si rivelò meno facile di quanto si era pensato e l’impegno si protrasse oltre i sei mesi inizialmente previsti fino a concludersi nell’estate del 1149 quando la guarnigione normanna si arrese. Nel frattempo la flotta veneto-bizantina riportò un successo a Capo Malea dove sconfisse le navi che il re Ruggero II aveva inviato dalla Sicilia a devastare le coste della Grecia.

A conclusione della guerra, Morosini dovette sostenere la ribellione di Pola e di altre città istriane. Nel 1150 inviò una flotta di 50 galee al comando del figlio Domenico e di Marco Gradenigo che, nonostante la forte resistenza, costrinse alla resa la città causando la dissoluzione della lega che aveva appoggiato la sollevazione. Nel corso dello stesso anno, di conseguenza, Pola, Parenzo, Rovigno, Cittanova e Umago promisero fedeltà alla Repubblica sottoscrivendo un trattato giurato da 17 persone (2 aprile) e successivamente dal vescovo di Pola. All’interno Morosini riuscì a riappacificare con un’accorta opera diplomatica il contrasto fra la famiglia Polani, il patriarca di Grado Enrico Dandolo e la famiglia Badoer.

Lo scontro, frutto anche di vecchi rancori, si era manifestato al momento della richiesta di aiuto da parte di Manuele I Comneno, che aveva incontrato la contrarietà del patriarca e dei Badoer. Il doge Polani aveva avuto la meglio con un colpo di mano facendoli esiliare e ordinando poi di abbattere le case dei Dandolo a S. Luca, cosa che gli costò la condanna da parte di papa Eugenio III con l’interdetto su Venezia. Morosini, verso il 1150, riuscì tuttavia a pervenire alla riconciliazione facendo sposare una figlia di Raniero Polani, figlio del suo predecessore, con Andrea Dandolo nipote del patriarca, motivo per cui quest’ultimo tornò a Venezia con i suoi partigiani, e il patto concluso con i Dandolo ebbe anche l’approvazione di Eugenio III.

Nel 1152 la Repubblica intervenne militarmente contro Ancona, da dove provenivano incursioni piratesche contro il naviglio veneziano, inviando una flotta al comando di Marino, altro figlio del doge, che ottenne il successo sperato: nel corso dello stesso anno venne concluso un trattato di amicizia con cui Morosini concedeva all’intera popolazione della città piena libertà di commercio a Venezia e in altri luoghi promettendo inoltre che gli anconetani sarebbero stati trattati alla stregua dei suoi concittadini e da lui aiutati come gli appartenenti a «una delle migliori contrade di Venezia». Per rafforzare il controllo sulla Dalmazia, Morosini fece nominare il figlio Domenico conte di Zara, ma l’instabilità della regione condusse alla sottomissione di Spalato, Traù e Sebeni da parte del re di Ungheria, per cui nel 1154 papa Anastasio IV, al fine di evitare che le città non soggette agli ungheresi ricorressero a un metropolita in terra straniera, concesse il pallio a Lampridio vescovo di Zara promuovendola sede metropolitana della Dalmazia. Tre anni più tardi Adriano IV confermò la concessione del predecessore stabilendo che tutta la Dalmazia fosse soggetta al patriarcato di Grado. Ancora nel 1154, dopo lunghi negoziati, Venezia concluse un trattato col re normanno Guglielmo I, che poneva fine ai contrasti originatisi con la guerra degli anni precedenti.

Al dogato di Morosini deve ascriversi anche un trattato con il principe di Antiochia, con facilitazioni per il commercio veneziano nonché il riconoscimento da parte di Federico I Barbarossa, raggiunto nel dicembre del 1154 alla Dieta di Roncaglia dai suoi ambasciatori (il figlio Domenico, Vitale Faliero e Giovanni Bonaldo), degli antichi privilegi di cui godeva la Repubblica di Venezia.

Sotto Morosini, a quanto pare, venne introdotta l’usanza della promissione ducale e furono emanate alcune leggi civili riguardanti principalmente i rapporti fra i coniugi, in seguito rifluite nei più antichi statuti veneziani. Intensa fu anche l’attività edilizia in città, consistente nella ricostruzione della contrada di S. Maria Mater Domini, bruciata con altre adiacenti nel 1149, nell’edificazione della chiesa di S. Matteo a Murano a opera della famiglia Corner e di quella di S. Maria, poi detta dei Crociferi, per la beneficenza della famiglia Gussoni, cui fu annesso un ospedale o albergo delle povere donne che avessero perduto il marito o il figlio, loro unico sostegno, al servizio della patria. Il campanile di S. Marco, la cui costruzione era iniziata nel 912, fu infine elevato fino alla cella campanaria.

Morosini morì nel febbraio 1156 e venne sepolto in un’arca marmorea presso la chiesa di S. Croce in Luprio, soppressa dopo il 1810 per essere adibita a usi civili e in seguito demolita.

Si conserva però il testo dell’epigrafe sepolcrale, in cui  viene ripercorsa la sua carriera, ricordando la partecipazione alla presa di Tiro, la sottomissione di Pola, la pace fra i Dandolo e i Polani, la pace con il re di Sicilia dopo la discordia intervenuta a causa dell’imperatore di Bisanzio e il rinnovo dei privilegi da parte di Federico I. Fino ai giorni nostri è giunta una bolla plumbea di Morosini con la legenda che lo ricorda come duca di Venezia, Dalmazia e Croazia e le immagini di s. Marco e del doge.

Nulla si conosce della casata della moglie Sofia, menzionata soltanto nell’epigrafe posta sulla tomba del doge e che con lui fu sepolta. Il figlio Domenico, oltre agli incarichi già ricordati, fu inviato come capitano contro Zara nel 1170-71 e l’anno successivo fu tra gli undici elettori del doge Sebastiano Ziani. Oltre a Domenico e a Marino, probabilmente Morosini ebbe altri tre figli (Giovanni, Marco e Roberto) e, forse, anche un ulteriore di nome Morosino, ma è probabile che per quest’ultimo si tratti di una confusione con Domenico. Avrebbe avuto infine anche una figlia, andata in sposa in seconde nozze al doge Pietro Polani.

Fonti e Bibl.: E.A. Cicogna, Delle inscrizioni veneziane, I, Venezia 1824, pp. 240 s.; A.S. Minotto, Acta et Diplomata e R. Tabulario Veneto, IV, Venezia 1885, p. 10; M. Sanudo, Le vite dei dogi, a cura di G. Monticolo, in Rer. Ital.Script., nuova ed., XXII, pt. 4ª, Città di Castello 1900, pp. 228-256; G. Luzzatto, I più antichi trattati tra Venezia e le città marchigiane (1141-1345), in Nuovo Archivio veneto, n.s., XI (1906), 1, pp. 7, 49 s.; P.F. Kehr, Regesta pontificum romanorum, VII, 2, Venetiae et Histria, Berlin 1925, p. 62 n. 115; A. Dandolo, Chronica per extensum descripta aa. 46-1280, a cura di E. Pastorello, in Rer. Ital.Script., nuova ed., XII, 1, Bologna 1938-58, pp. 243-246; G. Majer, La bolla del doge D. M. 1148-1156, inArchivio veneto, s. 5, LXV (1959), pp. 1-10; F. Thiriet, La Romanie vénitienne au Moyen Age. Le développement et l’exploitation du domaine colonial vénitien (XIIe-XVe siècles), Paris 1959, pp. 42, 45; Venetiarum Historia vulgo Petro Iustiniano Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi - F. Bennato, Venezia 1964, pp. 111-114; A. Pertusi, Quedam regalia insignia. Ricerche sulle insegne del potere regale a Venezia durante il Medioevo, in Studi veneziani, VII (1965), pp. 23, 25 s.;San Giorgio Maggiore, II, Documenti 982-1159, a cura di L. Lanfranchi, Venezia 1968, n. 224, pp. 449-451; S. Romanin, Storia documentata di Venezia, II, 3ª ed., Venezia 1973, pp. 48-53; A. Da Mosto, I dogi di Venezia, Firenze 1977, pp. 62 s.; G. Zordan, L’ordinamento giuridico veneziano, Padova 1980, p. 191; R. Cessi, Storia della Repubblica di Venezia, Firenze 1981, pp. 156 s.; M. Pozza, I Badoer. Una famiglia veneziana dal X al XIII sec., Abano Terme 1982, p. 43; I trattati con Bisanzio 992-1198, a cura di M. Pozza - G. Ravegnani, Venezia 1992, p. 59; A. Castagnetti, Il primo Comune, in Storia di Venezia, II, a cura di G. Cracco - G. Ortalli, Roma 1995, pp. 88-90; B. Benussi, L’Istria neisuoi due millenni di storia, Venezia-Rovigno 1997 (rist. anast.; Trieste 1924), p. 148; G. Dolfin, Cronicha dela nobil cità de Venetia et dela sua provintia et destretto. Origini-1458, I, a cura di A. Caracciolo Aricò, Venezia 2007, pp. 197-199; C. Rendina, I Dogi. Storie e segreti, Roma 2007, pp. 116-120; Cronica di Venexia detta di Enrico Dandolo. Origini-1362, a cura di R. Pesce, Venezia 2010, pp. 62 s.

TAG

Repubblica di venezia

Federico i barbarossa

Ordinamento giuridico

Principe di antiochia

Regno di gerusalemme