DONATO di Neri

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 41 (1992)

DONATO di Neri

Paolo Viti

Le notizie su questo cronista senese sono scarse e frammentarie. Nato con molta probabilità a Siena ai primi del secolo XIV, apparteneva a una famiglia di media condizione, abitante nel "terzo" di S. Martino, che si dedicava alla vendita di stoffe di lino, lana e seta; essa faceva quindi parte della corporazione dei "ligrittieri", come si chiamavano a Siena questi venditori. Il Muratori, primo editore della cronaca di D., pensava invece che il termine "ligrittiere" fosse il corrispondente del fiorentino "rigattiere", e quindi credette che la famiglia di D. si occupasse della rivendita di panni usati.

Una precisa testimonianza documentaria su D., conservata nell'Archivio di Stato di Siena (Provveditori della Biccherna. 1338-1339, c. 34r), risale al 1339 e si riferisce al versamento da lui fatto il 30 marzo di quell'anno ai provveditori della Biccherna di io fiorini d'oro come prestito, e che poi gli fruttarono lire 8 soldi 5 e denari 2. Un altro prestito è documentato nel 1347, quando D. era creditore, nei confronti del magistrato dell'Abbondanza, di 14 fiorini e un quarto: il credito fu poi versato al figlio di D., Neri, in quantità corrispondenti di grano (Ibid., Magistrato dell'Abbondanza. Prestiti. 1347. c. 94r).

Sulla base dei cambiamenti istituzionali del 1355 anche D. e la sua famiglia dovettero essere in condizione di accedere alle magistrature cittadine (in particolare nell'Ordine o nel Monte), come membri della corporazione dei ligrittieri. Non si sa, però, se D. abbia ricoperto qualche carica pubblica. Nel 1368, con l'avvento dei riformatori, le condizioni politiche mutarono nuovamente, per cui si ha notizia - riferita dallo stesso D. - di tasse imposte dai nuovi magistrati agli avversari politici. Cosi, ad esempio, nel 1370 D. ricorda di essere stato tassato di 100 fiorini d'oro e di averli pagati regolarmente; nel 1372 uguale condanna toccò anche al figlio di D., Neri, che l'assolse, come pure un'altra multa comminatagli per alcuni disordini.

A presumibile che D. sia morto fra il 1371 e il 1372: lo fa pensare il fatto che la narrazione delle sue Cronache senesi, l'opera a cui è legato il suo nome, venne continuata dal figlio Neri a partire dall'anno 1372.

Il periodo storico preso in considerazione da D. va dal 352 al 1371. Il procedimento seguito è sostanzialmente quello annalistico, teso a segnalare gli avvenimenti principali che caratterizzarono anno per anno la vita della città di Siena. Allo stesso tempo, però, D. non appare legato ad una visione esclusivamente municipalistica dei fatti - anche se tende ad una naturale esaltazione della sua città -, ma amplia i suoi interessi e le sue riflessioni ad avvenimenti più generali, senza perdere mai di vista il rapporto che tali avvenimenti possono avere con Siena.

La narrazione si apre col ricordo della costruzione, a Siena, e del relativo costo, della fonte al Mandorlo, fatta nel 1352, e quindi con la rievocazione della ratifica di una lega stipulata nel mese di aprile dello stesso anno fra questa e le città di Firenze, Perugia e Arezzo. E in questa alternanza di citazioni di fatti tipicamente cittadini (a volte, ad esempio, là semplice ricordanza di periodici incendi che distruggevano case e masserizie, o dei risultati dei raccolti o delle vendemmie, o dei mercati dei bestiame, o della piantagione di alberi) con altri meno legati alla vita interna della città, sta il pregio maggiore della narrazione di D., attento spettatore e cronista scrupoloso nel ricordare avvenimenti e personaggi. La minuzia con cui soprattutto cita i nomi dei personaggi - dai notai che stipulavano atti pubblici agli ambasciatori inviati in missioni diplomatiche, dai magistrati della città ai vari cittadini - fa pensare che D. non solo abbia avuto libero accesso ad atti e documentazioni pubbliche, anche di un certo rilievo, ma che abbia pure ricoperto un ruolo non secondario nella vita sociale della città, forse al di là delle cariche ufficiali. Particolare attenzione è rivolta da D. a tutte quelle occasioni in cui Siena assunse una posizione di guida o di dominio rispetto alle città o ai paesi vicini, e quindi a tutte quelle più disparate situazioni in cui Siena accrebbe la sua potenza grazie alla conquista, alla dedizione, alla resa di queste città, o anche agli aiuti finanziari che essa concedeva affermando in modi diversi la propria supremazia.

Alla stesso tempo spazio notevole è dato, soprattutto all'inizio della narrazione, al racconto dei fatti più rilevanti che caratterizzarono di anno in anno i rapporti fra le maggiori città della Toscana, in particolare fra Firenze e Pisa, e ancor più in generale al ricordo di avvenimenti italiani di grande importanza, quali, ad esempio, le vicende legate ai tentativi di supremazia dei Visconti sulla Toscana o le discese dell'imperatore Carlo IV di Lussemburgo. Ma anche in questi casi, quando se ne dà l'occasione, D. non manca di mettere in relazione tali fatti con le vicende specifiche della sua città. Frequente è, naturalmente, l'attenzione del cronista alle questioni politiche di Siena: soprattutto ai rivolgimenti del 1368 è dato ampio risalto. D. ricostruisce le varie fasi degli avvenimenti, dando anche un quadro preciso della spartizione del potere fra le più potenti famiglie senesi. Manca, però, un'analisi sostanziale delle cause che portarono al cambio del "reggimento" della città, e l'indagine è limitata al cattivo governo dei Dodici signori, alla loro suddivisione in sette. Lo stesso cambiamento istituzionale è visto solo come frutto di una reazione delle famiglie nobiliari contro i Dodici.

Per quanto riguarda il metodo dell'esposizione, è da osservare che mentre molte volte la notizia è data in modo estremamente sintetico, indicando cioè lo stretto necessario, altre volte D. si diffonde in modo ampio nel racconto, mostrando un'attenzione curiosa ai particolari. Il racconto di D. si ferma al 1371, per essere poi continuato a partire dal 1373 dal figlio Neri. La mancanza di attenzione a questa cesura, spiegata dallo stesso Neri all'inizio del suo racconto, ha determinato, in certi casi, confusione nell'indicazione dell'autore, ad incominciare dal Muratori che pubblicò anche la parte scritta da D. delle Cronache senesi sotto il nome di Neri di Donato di Neri. Nell'edizione curata da A. Lisini e F. Jacometti sulla base del manoscritto 187 (A.VI.14) della Bibl. com. degli Intronati di Siena (mutilo alla fine; un frammento si trova anche nel ms. 172, cc. 57r-60v) sono stati anche recuperati alcuni passi, in genere di non grande rilevanza, non stampati dal Muratori.

C'è da segnalare che la cronaca di D. e il proseguimento del figlio Neri si pongono in stretta connessione con altre cronache senesi che furono redatte non per incarico pubblico ma per iniziativa di singoli cittadini, come quella di Andrea Dei relativa agli anni 1186-1328, che fu poi ripresa fino al 1352 da Angelo di Tura, a sua volta continuata da D. e da suo figlio Neri fino al 1382.

La prima edizione delle Cronache senesi di D. fu pubblicata con il titolo Annales Senenses da L. A. Muratori in Rer. Ital. Script., XV, Mediolani 1729, coll. 135-294; un'edizione critica fu curata da A. Lisini e F. Iacometti per la nuova edizione dei Rer. Ital. Script., XV, 6, pp. 569-685.

Bibl.: G. Lisio, La storiografia, Milano s.a., pp. 494 ss.; A. Dondaine, Sainte Catherine de Sienne et Niccolò Toldo, in Arch. fratr. praedic., XIX (1949), pp. 180, 190; E. B. Garrison, The Agnolo di Tura Chronicle, in Studies in the history of Medieval Italian painting, IV, Firenze 1960-1962, pp. 52-55; Repertorium fontium Historiae Medii Aevii, IV, p. 241; G. Garosi, Inventario dei manoscritti della Bibl. comunale di Siena, II, Firenze 1980, pp. 31, 49 s.

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