CAMBELLOTTI, Duilio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMBELLOTTI, Duilio

Rossana Bossaglia

Nacque a Roma il 10 maggio 1876. Diplomatosi in ragioneria, dal 1893 al 1895 frequentò il liceo artistico industriale, sotto la guida di Alessandro Morani e di Raffaello Ojetti, specializzandosi in cesellatura in metallo. Si inserì presto nell'ambiente artistico romano di più aperta avanguardia e più profondamente impegnato nelle problematiche estetico-sociali. In armonia con tali interessi, pur amando sempre considerarsi scultore, si dedicò alle arti applicate, subito qualificandosi come cartellonista pubblicitario, illustratore di libri, giornali e riviste (nel 1900 collaborava al periodico Italia ride, dal 1902 al Fantasio e quindi a Novissima, nel 1904 al Divenire sociale e all'Avanti della domenica)e come esecutore di piccoli bronzi (il noto Gorgo del 1900), targhette, gioielli, vasi, lampadari in materiali diversi, presentati in parte alla Mostra amatori e cultori del 1905. È suo anche il modello di una delle targhe Florio e così varie copertine e illustrazioni per la rivista delle competizioni Florio, Rapiditas. Nel 1901 fu tra i vincitori del concorso Alinari per illustrazioni della Divina Commedia, pubblicate nella edizione del 1902-03. Nel 1904 entrò a far parte del gruppo "i XXV della Campagna romana", fondato da P. Ferretti, producendo una serie di paesaggi (alcuni nella Galleria naz. d'arte moderna di Roma).

Nel 1905 fece le prime scenografie per la Stabile romana, preparando tra l'altro quelle per la prima della Nave di D'Annunzio (teatro Argentina, 11 genn. 1908: Enc. d. Spett., II, tav. CCX), di cui illustrò anche il volume pubbl. a Milano da Treves nello stesso anno. Dal 1913 divenne il principale scenografo degli spettacoli nel teatro greco di Siracusa, ideando fino al 1939 (con una ripresa nel 1947) tutte le scene e i costumi, e molti manifesti, per le rappresentazioni classiche del Comitato (poi Istituto) del dramma antico. Operò parimenti per il teatro di Taormina (Enc. Ital., VIII, tav. XCV; Enc. dello Spett., II, tavv. CCX e a colori 28). Nel 1928 aveva partecipato alla Biennale di Venezia, curando l'allestimento del palcoscenico per il teatro dell'Opera di Roma (il Nerone di Boito, con sue scenografie, inaugurava appunto, nel 1929, il teatro rinnovato: cfr. Encicl. dello Spettacolo, II, tav. CX). Nel frattempo aveva avviato anche una collaborazione con il cinema, preparando scene e costumi per numerosi spettacoli importanti, tra cui Frate sole (1918), Gli ultimi giorni di Pompei (1926). Nel 1908 aveva ottenuto all'Accademia di BelleArti di Roma la cattedra di ornato modellato che conservò per ventidue anni, e dal 1912 al '14 aveva insegnato anche nelle scuole professionali femminili; continuando nel contempo una fitta attività di illustratore, che raggiungeva le punte più alte con i disegni per le Mille e una notte eseguiti tra il 1912 e il '14 per le edizioni dell'Istituto editoriale italiano.

Non trascurava parallelamente di produrre pitture e sculture autonome, con opere ispirate per lo più a temi sociali (come il polittico L'Altare, ammirato da Massimo Gorkij nel 1908: vedi A. Cervesato, M. Gorkij e l'Italia, in Lavoro fascista, 30 luglio 1936) e a simbologie rurali e contadine. Infine, sviluppando gli interessi per i problemi dell'arredamento in connessione con l'architettura, nell'impegno di dar luogo ad abitazioni economiche ma esteticamente dignitose, pubblicava nella rivista La casa del 1908 una serie di progetti. Dal 1911 interveniva, specie con l'esecuzione di affreschi, tempere murali e ceramiche decorative (oggi scomparse o in rovina), nell'impresa delle scuole dell'Agro romano (Colle di Fuori, Casal delle Palme, Scauri, Torre Spaccata), teorizzata e promossa da Angelo Celli, Giovanni Cena e Alessandro Marcucci (Enc. Ital., VIII, tav. XCV: bozzetto per la decorazione della scuola di Torre Spaccata); inoltre allestì, con Giacomo Balla, la mostra delle scuole dell'Agro tenutasi a Roma (Valle Giulia) nel 1911 nell'ambito delle manifestazioni per il cinquantenario dell'Unità (per le quali il C. aveva preparato anche il manifesto) e contribuendo alla preparazione di libri per i contadini, con lo stesso spirito di educatore del gusto che presiedeva alle sue illustrazioni in libri per fanciulli. Nel 1912, con Bottazzi e Vittorio Grassi, organizzò la prima mostra della vetrata (il mezzo espressivo che gli sarebbe divenuto sempre più consueto); come disegnatore di vetri (che di solito realizzava per lui Cesare Picchiarini), oltre che di mobili e arredi, e come ideatore di vasi in terracotta e biccheri, partecipò alle mostre internazionali di arte decorativa a Monza (Catal., 1923, pp. 873 109-112, 160, 1925, pp. 119 s.; 1927, p. 40), presentando per lo più opere del decennio precedente; nel '23 espose anche giocattoli e nel '27 tappeti realizzati da Brunilde Sapori. Intorno al 1940 diede i cartoni per le vetrate dell'abside nella cappella di S. Barbara nell'Istituto storico e di cultura dell'arma del genio a Roma. Ancora nel 1959 ideava la vetrata rotonda, con l'Incoronazione della Vergine, per il santuario di Montevergine. Come scultore, nel primo dopoguerra, aveva realizzato soprattutto alcuni monumenti ai caduti (Terracina, Fiuggi). L'attività dopo il 1920 appare tuttavia meno interessante, oltre che proporzionatamente meno abbondante, mantenendosi ferma su posizioni acquisite. Si ricordano comunque le xilografie nell'edizione speciale per il centenario dei Fioretti di s. Francesco (Roma, Danesi, 1926) e quelle della serie Leggende romane (1927-50).

Presidente dell'Associazione artistica internazionale nel secondo dopoguerra, il C. morì a Roma il 31 genn. 1960.

La multiforme attività del C. rende arduo un giudizio complessivo sulla sua opera. Nelle pitture giovanili si avverte la libera utilizzazione della tecnica e del gusto divisionisti, mentre gli oggetti sono ispirati a un personale, secco liberty (per i gioielli egli si attiene in particolare ai modelli franco-belgi, specie Wolfers e Morren). Attirato dal simbolismo di orientamento populista, che ben gli sembra rappresentare la sua ideologia, vi si adegua facendosi uno stile vigoroso e sintetico, ma tendenzialmente retorico, che finirà con il collimare con lo stile dei "nazionalisti" del gruppo dannunziano. Mentre, dove la ricerca formale è meno sottoposta a impegni ideali, egli mantiene una nettezza e pertinenza di segno in linea con la migliore "secessione" austriaca (si vedano le illustrazioni per le Mille e una notte, affini alle xilografie di von Bayros dei medesimi anni). La difficoltà a trovare un discorso espressivo che traduca direttamente il suo credo rivoluzionario si riconosce anche nella sua produzione di architetto-arredatore: rifiutando il modernismo di tipo borghese e avendo individuato nella città moderna il mito da distruggere, il C. si convince a cercare, per i mobili, l'arredamento e la stessa architettura, dei modelli nella tradizione rustico-popolare italiana, con risultati ben diversi dal "razionalismo" cui aspirava, giacché egli resta ancorato a una visione simbolica dell'uomo e del suo ambiente e quindi a un concetto idealizzante della funzionalità. L'avanzare del futurismo, a dispetto del suo precoce sodalizio con Balla e Boccioni, e della sua disposizione verso una figuratività dinamica (il rilievo con i Cavalli maremmani, del 1910 circa, il cui gesso è a Roma, propr. Cambellotti, sembra l'interpretazione futurista di un soggetto tipico del simbolismo) lo trova in una posizione negativa, generata, a livello ideologico, dal suo socialismo radicale, e a livello sentimentale dalla sua istintiva avversione per il progresso tecnico, in nome di una civiltà più naturale riconosciuta nel mondo dei contadini. Questo rifiuto contribuisce a raggelarlo in una situazione espressiva senza sbocco, e in effetti il C. non si inserirà più in alcun grande movimento artistico, mostrando di non sapere evolvere dal nucleo della sua poetica giovanile; continuerà ad usare un drammatico linguaggio di tipo simbolista che, nella sua asciuttezza, assumerà col tempo apparenza espressionistica (Bellonzi), ma sarà sempre più avulso dalla realtà e da quel programma sociale che negli anni più fecondi egli aveva così appassionatamente servito.

Fonti e Bibl.: D. Angeli, Lo scenografo della Nave: D. C., in Il Marzocco, 29 dic. 1907; C. Agostinoni, D. C., in Il Secolo XX, 3 marzo 1908, pp. 188-192; A. Benedetti, Cronache d'arte, in Vita d'arte, V (1910), pp. 194 s.; F. Sapori, D. C., in Emporium, XLIX (1919), pp. 75-85; R. Papini, Vetrate, in Architettura e arti decorative, IV (1921-22), pp. 463-476; G. Zucca, Un decoratore nostro: D. C., ibid., pp. 161-164; V. Mariani, Vetrate italiane moderne in Palestina, in Boll. d'arte, IX (1929-30), pp. 433-437; G. Marangoni, Encicl. delle moderne arti decorative: Le arti del fuoco, Milano 1927, tav. 140; F. Sapori, L'amico degli artisti, in Sapientia, 1931, pp. 61-66, 68, 70, 194; V. Bonaiuto, La scenografia degli spettacoli siracusani, in Dioniso, V (1935), pp. 113-126; E. Cozzani, D. C., in L'eroica, XXVI (1937), nn. 231-232 passim; F. Sapori, I maestri di Terracina, Roma 1954, passim; M. Maroni Lumbroso, D. C. e l'Agro romano, in L'Urbe, XXIII (1960), 1, pp. 27-30; Accademia naz. di S. Luca, V. Fraschetti, D. C., Roma 1961 (con ill.); Id., in Quarta rassegna arti figurative di Roma e del Lazio (catal.), Roma 1963, pp. 38 s.; F. Bellonzi, D. C., in Notiziario d'arte, 1964, pp. 164-168; R. Bossaglia, Testimonianze critiche dell'età Liberty in Italia, in Arte in Europa, Milano 1966, I, pp. 927, 936, 936, 940, 943; Archivi del divisionimo, Roma 1968, I, p. 442, II, p. 202; A. M. Damigella, Idealismo e socialismo nella cultura figurativa romana del primo Novecento: D. C., in Cronache di archeologia e storia dell'arte, VIII (1969), pp. 119-73; F. Bellonzi, La grafica tra le due guerre, in Seconda Biennale internazionale della grafica, Firenze 1970, pp. 53-55; D. C. Opere grafiche (catal. a cura di A. M. Damigella - G. Piantoni), Roma 1970; A. Nava Cellini, Note e ricordi sull'ambiente artistico ... in Roma, in L'Urbe, XXXIV (1971), pp. 11-18 passim; A. M. Damigella, in 1870-1914: Aspetti dell'arte a Roma (catal.), Roma 1972, pp. LXII, 49-57; Mostra del Liberty italiano (catal.), Milano 1972-73, pp. 16, 21, 39, 50, 86, 131, 175 s., 179, 216 ss. e tav. 76; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 426; Enc. Ital., VIII, p. 498; tavv. XCV s.;L.Servolini, Diz. ill. degli incisori ..., Milano 1955, pp. 147 s.; Encicl. dello Spettacolo, II, coll. 1547 s.

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