DUODENO

Enciclopedia Italiana (1932)

DUODENO (lat. duodēnum da duodeni, perché lungo circa "dodici volte" la larghezza d'un dito, secondo la denominazione d'Erofilo: δωδεκαδάκτυλος: ted. Zwölffingerdarm)

Agostino PALMERINI
Mario BARBARA Leonardo ALESTRA Mario DONATI

In anatomia umana è la porzione fissa dell'intestino tenue (v. digerente, apparato), situata sulla parete posteriore dell'addome, nel limite fra la zona epigastrica e la mesogastrica. È lunga in media 25 centimetri, in forma d'un anello incompleto che abbraccia nella sua concavità la testa del pancreas; s'estende dall'estremità pilorica dello stomaco fino all'angolo duodeno-digiunale (sul lato sinistro della seconda vertebra lombare), dove si continua con il digiuno-ileo o intestinum tenue mesenteriale.

Si dirige dapprima a destra, in alto e in dietro fino al collo della cistifellea (pars superior), poi discende lungo la testa del pancreas (pars descendens: in questa parte sboccano nella papilla di Vater il coledoco e il wirsungiano), quindi decorre orizzontale fin sotto l'incrocio con i vasi mesenterici superiori (pars horizontalis), poi risale obliquo sul lato sinistro della colonna vertebrale fino al margine inferiore del pancreas (pars ascendens), dove forma una brusca inflessione: la flexura duodenoieiunalis; tra quest'ultima porzione e il pilastro sinistro del diaframma è teso, dietro il pancreas, il muscolo di Treitz o sospensore del duodeno. In questo complesso decorso contrae rapporti importanti con le formazioni anatomiche vicine (faccia inferiore del fegato, cistifellea, arteria epatica e gastroepiploica destra, epiploon gastro-epatico, grande epiploon, colon trasverso, coledoco, vena cava inferiore, rene destro, colon ascendente, mesocolon trasverso, aorta, ecc.). Riceve rami arteriosi dall'arteria gastro-epiploica destra e dall'arteria mesenterica superiore; dalla prima l'arteria pancreatico-duodenale superiore, dalla seconda l'arteria pancreatico-duodenale inferiore le quali insieme formano, parallelamente alla curvatura del duodeno, sulla testa del pancreas, l'arco pancreaticoduodenale; le vene sboccano nella grande vena meseraica radice della vena porta; i linfatici nei gruppi ganglionarî preaortici e quindi nella cisterna di Pecquet; i nervi provengono dal plesso solare e si distribuiscono successivamente al plesso sottoperitoneale, a quello mienterico 0 d'Auerbach e a quello sottomucoso o di Meissner. Complessa è la disposizione del peritoneo in rapporto al duodeno (che in gran parte della superficie posteriore è extraperitoneale), e molto importanti sono le formazioni anatomiche che ne derivano: legamento duodeno-epatico, duodeno-cistico, duodeno-renale, e specialmente il mesocolon trasverso che con il suo margine aderente corrisponde alla terza porzione del duodeno; alcune ripiegature semilunari del peritoneo (fossette duodenali) possono essere sede delle cosiddette ernie retroperitoneali o duodenali.

Notevolmente complessa è la fisiopatologìa del duodeno; e strettamente collegata a quella del pancreas del fegato e delle vie biliari. Il duodeno contiene il succo enterico, la bile e il succo pancreatico che iniziano la fase intestinale della digestione (v. digerente, apparato): secondo W. B. Cannon una sufficiente concentrazione dell'acido cloridrico nel contenuto gastrico causa il rilasciamento dello sfintere pilorico; l'acidità del chimo versato nel duodeno determina invece la contrazione dello sfintere che non si rilascia finché, specialmente per l'azione dei succhi del pancreas, la reazione del chimo non è divenuta alcalina.

Ma a questa teoria dell'"acid control of the pilorus" gli studî più recenti (Haneborg, Apperley) hanno mosso gravi obiezioni senza però chiarire definitivamente questo meccanismo fisiologico. Similmente i rapporti fisiologici fra il duodeno e la secrezione pancreatica appaiono ora meno semplici di quanto risultava dalle classiche ricerche di Bayliss e Starling che dimostravano nella mucosa del duodeno una sostanza, la prosecretina, la quale è trasformata in secretina dall'acido cloridrico, e riassorbita per via sanguigna giunge al pancreas attivandone la secrezione esterna. Specialmente Mellanby ha dimostrato che la secretina non è limitata al duodeno e alle parti più alte del digiuno, ma è diffusa nell'ileo e talora anche nel crasso; e ha formulato l'ipotesi che nella produzione e nella regolazione dei fermenti pancreatici predomini l'influenza nervosa (vago) e la secretina non abbia che una parte secondaria assicurando nell'intestino un optimum di reazione alcalina per l'attività degli enzimi pancreatici.

Sono assai importanti le modificazioni di forma, di posizione, di calibro del duodeno in rapporto a flogosi, specialmente d'origine litiasica, delle vie biliari (periduodenite biliare), alle quali si contrappongono quelle dovute alla periduodenite stenosante essenziale (Morris, Harris, Cole, Lane, Mayo, ecc.) nella quale non si trova alcuna causa attuale della produzione delle aderenze. Queste lesioni sono state recentemente bene descritte da P. Duval, I. C. Roux, H. Béclère (Études medico-radio-chirurgicales sur le duodénum, Parigi 1924), insieme con i fenomeni di compressione cronica che può essere esercitata dal peduncolo mesenterico sulla terza porzione del duodeno (che in questo tratto passa fra le due branche d'un compasso arterioso chiuso in alto e di cui la posteriore è rappresentata dall'aorta addominale e l'anteriore dall'arteria mesenterica superiore) e con altri importanti argomenti della patologia duodenale. Fra questi è stata oggetto di numerose ricerche sperimentali (Whipple, Dragstedt) e di controverse interpretazioni patogenetiche la sindrome, che sembra di natura essenzialmente tossica (intossicazione duodenale), nella stenosi incompleta duodenale allo scopo specialmente di precisare perché siano più gravi i sintomi della stenosi duodenale che non di quella pilorica. Meno note delle periduodeniti sono le duodeniti che possono essere determinate da agenti infettivi d'ordine generale o locale (prolungata fermentazione microbica del chimo proveniente da uno stomaco stenosato e dilatato, sepsi da ulcera duodenale, infezioni d'origine biliare, anchilostomiasi, lambliasi). I diverticoli del duodeno sono rari e non hanno sintomatologia caratteristica. Di tutte le lesioni, praticamente la più importante è l'ulcera (v. qui sotto) che oltre alle sue complesse manifestazioni cliniche può repentinamente essere causa d'un'emorragia grave o d'una peritonite da perforazione.

Lo studio della fisiopatologia del duodeno ha tratto grande vantaggio dall'applicazione dell'esame radiologico (v. digerente, apparato) e del sondaggio duodenale, con grande profitto della terapia medica e chirurgica (v. qui sotto e dieteticoterapia).

Sondaggio duodenale. - Consiste nell'introduzione d'una sottile sonda attraverso alla bocca, all'esofago e allo stomaco fino al duodeno. Si pratica sia a scopo diagnostico per l'accertamento della funzionalità del duodeno, delle vie biliari (prova di Meltzer-Lyon), del fegato, del pancreas, in base all'esame del contenuto duodenale estratto con la sonda, sia a scopo terapeutico per fare instillazioni medicamentose direttamente sul duodeno. Il Barlocco, nell'avvelenamento da sublimato corrosivo, ha proposto l'introduzione di albume d'uovo nell'intestino mediante il sondaggio duodenale per trasformare il mercurio in albuminato insolubile e quindi non assorbibile. Il sondaggio duodenale è pure usato per l'alimentazione artificiale, quando si voglia escludere lo stomaco dal lavoro della digestione e non si voglia praticare la fistola duodenale. La sonda che attualmente si adopera è quella di Einhorn (1909), che consiste in un tubo di gomma flessibile, lungo 1 metro, sormontato da un'oliva cava avente un diametro di 23 × 14 mm. e comunicante con l'esterno per mezzo di fori praticati nella parete. Per introdurre la sonda si tiene il paziente in posizione seduta fino a che abbia deglutito metà circa della sonda e poi lo si fa coricare sul fianco destro per facilitare la progressione della sonda verso il piloro. La prova che l'oliva pesca nel duodeno si ha dall'esame del succo duodenale: questo presenta consistenza filante mucosa, colorito giallo, odore caratteristico e reazione alcalina.

Ulcera duodenale. - Nel duodeno e specialmente nella sua porzione orizzontale può svilupparsi un'ulcera perfettamente simile anatomopatologicamente all'ulcera rotonda dello stomaco. Uguale nelle due lesioni è anche l'etiologia che è da mettersi in rapporto con l'azione del succo gastrico acido sulla mucosa del duodeno in qualche modo debilitata e resa meno resistente da turbe vascolari e trofiche. L'ulcera duodenale è più frequente negli uomini che nelle donne e si presenta più spesso in individui dall'abito longilineo (astenico). Le cause sono rappresentate innanzi tutto da una disposizione naturale all'ulcera, poi da forti emozioni, uso smodato di cibo, azioni traumatiche sulla regione, deperimenti organici, azione del freddo sul ventre, estese scottature cutanee.

Può decorrere senza sintomi subiettivi rilevanti e rivelarsi all'improvviso con un'enterorragia (per erosione di un vaso) spesso non accompagnata da ematemesi (il che è importante per la diagnosi); oppure talvolta dà luogo, quasi senza precedenti disturbi, a una perforazione intestinale con conseguente peritonite ed esito letale se non s'intervenga chirurgicamente.

Nella maggior parte dei casi invece si manifesta con dolori che insorgono di solito 3-4 ore dopo i pasti, oppure di notte e a stomaco vuoto (dolori da fame). Il dolore viene localizzato nella regione epigastrica alquanto a destra della linea mediana, dove anche la pressione riesce dolorosa. Il muscolo retto addominale di destra si presenta più teso del sinistro. A carico dello stomaco s'hanno molto spesso segni d'ipercloridria. Nelle feci si riscontra presenza di sangue (emorragie palesi o occulte, perché apprezzabili solo con reazioni chimiche). I disturbi su riferiti di solito presentano periodi di cessazione di tutti i sintomi (guarigione temporanea dell'ulcera) successivi periodi di riproduzione di essi (riproduzione dell'ulcera). Importante per la diagnosi è, oltre a un'anamnesi accurata, l'indagine radiografica. Quando le ulceri si sono riprodotte molte volte, l'immagine radiografica del duodeno appare molto deformata per cicatrici e per aderenze agli organi vicini (v. digerente, apparato).

Se l'ulcera è molto vicina al piloro (ulcera iuxta-pilorica) le sue manifestazioni sono uguali a quelle dell'ulcera pilorica dello stomaco. L'esito dell'ulcera duodenale può essere la cicatrizzazione e quindi la guarigione con o senza stenosi; oppure si formano aderenze con organi vicini e in tal caso l'eventuale perforazione non dà peritonite generalizzata ma non di rado un ascesso subfrenico. Infine, altro esito è la ricordata peritonite (da perforazione) diffusa. Quanto alla terapia, si tenta prima una cura medica identica a quella dell'ulcera gastrica. Se non s'ottengono miglioramenti notevoli e duraturi si ricorre all'intervento chirurgico (v. appresso).

Chirurgia. - Le indicazioni chirurgiche nelle affezioni del duodeno si sono moltiplicate negli ultimi anni in grazia dei progressi della diagnostica clinica e radiologica e delle osservazioni preziose compiute al tavolo operatorio. Affezioni che un tempo erano ignorate o ritenute rare si sono dimostrate invece frequenti, e la chirurgia s'è spesso sostituita utilmente alle cure mediche, contribuendo altresì a delucidare questioni importanti e difficili di fisiopatologia. La sede in parte prevertebrale del duodeno rende questo organo particolarmente esposto a rotture in casi di gravi contusioni addominali, mentre più di rado esso è colpito da ferite penetranti. Queste d'altra parte assumono per lo più gravità non piccola per la contemporanea lesione di organi vicini (pancreas, vie biliari, vasi dell'ilo epatico, stomaco, colon). Nell'un caso e nell'altro il successo della cura chirurgica è in rapporto anche col momento dell'intervento che avrà tanto maggior possibilità di riuscita quanto più pronto, meglio se entro le 3-4 ore; è in rapporto inoltre con la possibilità di diagnosi precisa e con la buona esplorazione del duodeno. Infatti, allorché la lesione è nella faccia anteriore dell'organo o nella sua prima porzione, è facile rilevarla; ma se è lesa la parete posteriore, per vederla è necessario scollare il duodeno dopo aver inciso il peritoneo parietale lungo il margine destro della porzione ascendente. La manovra di scollamento, pur delicata, è indispensabile per poter provvedere alla sutura; la quale d'altro canto, nella faccia posteriore, ha minori probabilità di riuscita che nella anteriore, per la mancanza del rivestimento peritoneale. L'infezione del tessuto retroperitoneale, che consegue facilmente alle ferite del duodeno, è d'altra parte una grave complicazione, che rende necessario il drenaggio operatorio. Le suture debbono essere eseguite a due piani, possibilmente in direzione trasversale; si farà poi una gastroenterostomia complementare, per la derivazione del contenuto gastrico a maggior garanzia della sutura. La presenza di corpi estranei nel duodeno può essere accertata generalmente per mezzo della radiografia; se il corpo è fisso nel duodeno, per evitare peritoniti da perforazione, deve essere asportato con intervento laparotomico, mediante duodenotomia anteriore seguita da sutura della ferita a due piani. Un capitolo importante della patologia del duodeno è quello delle occlusioni acute e delle stenosi croniche, talora determinate dalla stessa causa, e cioè la compressione esercitata dal peduncolo dei grandi vasi mesenterici sulla terza porzione, o ascendente, del duodeno. A volte l'occlusione arterio-mesenteriale è una complicazione postoperatoria, che succede a interventi sia intra- che extra-peritoneali, per es. sul rene. Un tempo ritenuta gravissima, essa è invece facilmente curabile se prontamente diagnosticata, con lo svuotamento gastrico mediante sondaggio, e col porre i malati in posizione prona (Schnitzler) o genu-pettorale: i vomiti infrenabili, la dispnea, il polso piccolo e frequente, la distensione epigastrica, la facies addominale, la sete, l'oliguria, sono sintomi facilmente riconoscibili della complicazione. Nella stenosi duodenale arteriomesentcriale, i sintomi sono attenuati, ma persistenti; per la diagnosi è prezioso ausilio l'esame radiologico, mentre la causa va ricercata per lo più nella visceroptosi. La dilatazione del duodeno a monte della stenosi consente in questi casi di rimediare mediante duodeno-digiunostomia, cioè anastomizzando latero-lateralmente la terza porzione del duodeno con la prima ansa digiunale (Kellogg, Duval, Grégoire, Donati, Fasiani, ecc.). Altre cause importanti di stenosi e vizî di posizione del duodeno, determinanti ristagno intermittente o permanente di contenuto duodenale, ed intrinseche al viscere, sono le angolazioni o inginocchiamenti, le compressioni e le trazioni, dovute a ptosi o ad aderenze, o ad entrambe queste cause associate (Donati). In particolare sono da incolpare la ptosi gastrica con duodenoptosi associata, l'angolazione esagerata determinante stenosi di posizione dell'angolo duodeno-digiunale, certe pre- e periduodeniti, briglie congenite, briglie vascolari ad esempio arterio-mesocoliche paragonabili per l'azione al peduncolo arteriomesenterico, la mesenterite adesiva e retrattile sottomesocolica del Donati, processi infiammatorî o neoplastici di organi vicini ecc. Condizioni tutte alle quali può esser riparato con la duodeno-digiunostomia, e talora con la gastro-digiunostomia. L'affezione di gran lunga più importante del duodeno, anche dal punto di vista chirurgico, è l'ulcera. Analoga per evoluzione all'ulcera gastrica, ma più frequente, suscettibile talora di miglioramento o di guarigione con cure mediche, rende necessario l'intervento chirurgico, o per la sua cronicità e resistenza a codeste cure, o per emorragie o perché perforata. La perforazione ne è la complicazione più temibile e più grave; essa esige l'intervento chirurgico nelle primissime ore e perciò il medico deve saperla diagnosticare rapidamente.

Come si disse per le ferite del duodeno, il successo dell'operazione è legato in massima parte alla prontezza dell'intervento. Nelle perforazioni, da ulcera in cavità peritoneale libera, il modo di comportarsi del chirurgo può variare: taluni consigliano la pulizia della cavità ripulendola accuratamente dalle sostanze versate, e la sutura pura e semplice, a più piani, della perforazione; al più consigliano di cruentarne prima i margini col termocauterio (Balfour) o col bisturi. Altri associano alla sutura della perforazione la gastro-enterostomia, a scopo di cura definitiva; la gastro-enterostomia complementare dà infatti maggiori garanzie di successo, senza contare che diviene indispensabile quando la sutura della perforazione abbia determinato un restringimento del lume duodenale. Altri infine preferiscono la resezione gastro-duodenale; operazione tuttavia che esige condizioni locali e generali del paziente particolarmente favorevoli, e ha perciò minori indicazioni, sebbene possa dare ottimi risultati immediati e definitivi. Il drenaggio della cavità peritoneale è di regola inutile dopo tali interventi. Controversa è stata a lungo l'indicazione dell'intervento chirurgico nelle emorragie gravi da ulcera duodenale. Oggi i più sono d'accordo nel giudicare che un'emorragia improvvisa, unica ma imponente, sia controindicazione all'intervento, sebbene l'uso più frequente della trasfusione del sangue possa indurre a operare casi che sarebbero senza di essa apparsi inoperabili; che emorragie ripetute, tanto più se gravi, siano invece formale indicazione all'operazione. Questa consisterà elettivamente, in tali casi, nell'asportazione dell'ulcera, la quale si ottiene con la resezione gastro-duodenale. La stessa resezione è oggi ritenuta dai più l'operazione di scelta nelle ulcere croniche, ribelli alle cure mediche. Molti tuttavia contrappongono tuttora al metodo dell'exeresi quello derivativo, mediante la gastro-digiunostomia; operazione che ha dato del resto ottimi risultati, soprattutto nelle ulcere stenosanti. Essa però, più che la resezione, particolarmente nelle ulcere in evoluziune non determinanti stenosi organica, espone al pericolo dell'ulcera peptica digiunale postoperatoria; ulcera che si sviluppa sull'ansa del digiuno che è stata anastomizzata allo stomaco o sull'orlo della bocca anastomotica. Questa ulcera peptica, che è ribelle alle cure mediche, esige un'operazione complessa, consistente nel disfacimento dell'anastomosi, nella resezione intestinale con successivo ristabilimento della continuità del digiuno, nella resezione gastro-duodenale. Si comprende quindi come sia temuta e come molti per evitarla preferiscano addirittura, quando possibile, la resezione. Ha invece perduto terreno, come quella che favorisce in modo particolare l'ulcera digiunale postoperatoria, l'esclusione pilorica, ottenuta con la legatura del piloro o con la sua sezione seguita da sutura delle bocche gastrica e duodenale. Associata alla gastro-enterostomia, essa era stata immaginata per garantire meglio la cicatrizzazione dell'ulcera, data la derivazione completa del contenuto gastrico; ma i risultati sono stati di gran lunga inferiori all'aspettativa.

I diverticoli duodenali, che la radiografia mette bene in evidenza in certi casi nei quali i pazienti accusano disturbi digestivi, con o senza emorragie, sono passibili a lor volta di cura chirurgica. La resezione, associata o no a gastro-enterostomia, è l'operazione di scelta. I tumori del duodeno non esigono una particolare trattazione, data la loro rarità. Le fistole duodenali, traumatiche o postoperatorie, sono complicazioni per lo più gravi, che possono essere variamente curate: sia con la sutura pura e semplice, la quale talvolta è riuscita; sia con la sutura e gastro-enterostomia complementare, associata o no a esclusione pilorica. La digiunostomia potrebbe essere anche indicata, ma in casi particolarmente gravi e come operazione di estrema necessità e non definitiva.

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